Bay Area electronic composer Gregg Kowalsky, whose chamber electroacoustic compositions are documented on the one-side LP Tendrils In Vigne (Root Strata, 2008), recorded in 2005, composed the seven droning ambient pieces of
Through The Cardial Window (Kranky, 2006).
The mini-album
Tape Chants Arroyo (2007) contains two lengthy "psalms": the
subliminal
Psalm 121 for sparse church bells and fluctuating radio signal,
and a rhythmic experiment that could belong to an album of minimal techno,
Psalm 118 for power-drill and distant rumble, although he slowly
and methodically disintegrates the noise through a process a` la
William Basinski.
Kowalsky's main effort went into the "tape chants". These were live performances
in which the polyphony was created by simultaneously playing a number of drones
recorded on mono cassettes placed around the audience in such a way that
each listener would perceive a slightly different version of the piece.
The mini-album Tape Chants A Million (Root Strata, 2006) already
documented
a 33-minute live performance of such chants.
The colossal Indian-inspired drones are reminiscent of
LaMonte Young's "dream house" but they vary
a lot more and a lot more often as Kowalsky alters the volume of each of them
during the performance thus emphasizing one or the other.
Unfortunately, it feels very much like a sequence of idea rather than an
organic piece of music in time.
More cassette-driven compositions surfaced on
Tape Chants (Kranky, 2009).
The 21-minute fairly static "om" drone of I-IV sounded again a bit naive and self-indulgent despite the subtle manner in which Kowalsky materializes a
heartbeat-like pulsation (a case of "too late" if not "too little").
Ditto for the 13-minute VI-VII, another monolithic drone that morphs
slowly like a rotating prism while exposed to different lighting.
The haunting, suspenseful IX does a much better job in just four minutes
thanks to a glitchy background noise and some disappearing piano notes.
Another morbid noir atmosphere is created by X-XI, that, again,
disposes with the pretentious spiritual overtones and focuses on psychology.
By now the "chants" had developed into conventional electronic compositions
and lost all of their original contextualization.
Date Palms was a collaboration with Marielle Jakobsons that indulged in
a kind of ambient Indian shoegazing whose most obvious referent is
Popol Vuh's Hosianna Mantra.
Their debut Of Psalms (ThrillJockey, 2010) indulged in
droning exotic instruments and languid melodies.
The anemic raga Psalm 7 slowly decomposes into an abstract soundscape
of discreet languid tones, the musical equivalent of someone falling asleep.
Psalm 3 Intro is just a mellow tinkling tapestry.
The 14-minute Psalm 3 continues that inward trip but this time
wavering fuzztones create both movement and tension before a whole swarm of
droning stringed instruments takes over leading to a polyphonic symphony of
sorts.
Psalm 4 is a "rocking" piece in that it has a pulsing eletronic polyrhythm and a distorted riff that is looped around in a spiraling manner. The two
undercurrents influence each other and evolve respectively into a
Steve Reich-ian
minimalist pattern and a
Jimi Hendrix-ian guitar improvisation.
The organ-tinged Psalm 5 creates psychedelic suspense via a
skeletal noir slow-motion version of
Pink Floyd's Set the Controls for the Heart of the Sun or Weather Report jamming with slocore kings Low.
Date Palms' Honey Devash (Mexican Summer, 2011) contains
Honey Devash, possibly their most solemn piece yet, an
electroacoustic raga for sitar and electronics with
suspenseful jazzy piano notes and a repeating King Crimson-ian bass melody
that ends in a tranquil (almost funereal) state of mind.
The flute-driven
Honey Dune, however, is a bit too bucolic and celestial, with little
or no development, not redeemed by the somnolent drumming by the last five
minutes and by the reprise of the bass melody.
|
(Translation by/ Tradotto da Andrea Marengo)
Il compositore originario della Bay Area Gregg Kowalski, le
cui composizioni da camera elettroacustiche vennero documentate nell'LP
registrato nel 2005 Tendrils In Vigne (Root Strata, 2008), compose le sette
tracce ambient-drone di Through The Cardial Window (Kranky, 2006).
Il mini album Tape Chants Arroyo (2007) contiene due lunghi
"salmi": il subliminale Psalm 121, una composizione per campane da
chiesa rareatte, segnale radio oscillante ed esperimenti ritmici che potrebbero
appartenere ad un ipotetico album di techno minimale, e Psalm 118, una
composizione per trapano e rimbombi distanti che vengono disintegrati
lentamente e metodicamente in un processo musicale alla maniera di William
Basinski.
La prima opera maggiore di Kowalski fu uno dei suoi
"cantici su nastri". Questi erano esibizioni dal vivo nelle quali la
polifonia veniva generata da droni riprodotti simultaneamente da cassette
monofoniche piazzate nel pubblico, in modo che ciascuno di quegli ascoltatori
potesse ascoltare una versione leggermente diversa della traccia rispetto agli
altri. Il mini album Tape Chants A Million (Root Strata, 2006) venne già
documentato in un'esibizione dal vivo di trentatre minuti. I droni monumentali
ispirati alla musica indiana rimandano alla "white house" di LaMonte
Young, benché Kowalski modifichi il loro volume enfatizzandoli.
Sfortunatamente, l'album sembra essere più una semplice sequenza di idee che
un'unica traccia organica.
Altre composizioni basate sulle riproduzioni delle cassette
vennero pubblicate su Tape Chants (Kranky, 2009). Il drone ultra-statico che
caratterizza i ventuno minuti di I-IV risulta essere nuovamente abbastanza naif
e auto-indulgente, il che va a scapito dell'abilità di Kowalski nel generare
una pulsazione cardiaca (un caso di "troppo tardi" se non di
"troppo poco"). Lo stesso vale per i tredici minuti di VI-VII, dove
un drone monolitico si trasforma lentamente come un prisma rotante che viene
esposto a luci differenti. I quattro minuti della suspense spettrale di IX sono
migliorati grazie alla presenza di un sottofondo di rumori glitch e di note
evanescenti di un pianoforte. Un'altra atmosfera noir e morbosa viene generata
su X-XI che, ancora una volta, rifiuta gli elementi più spirituali e
pretenziosi adoperati nelle prime due tracce per concentrare la propria
attenzione sull'aspetto più psicologico di questa musica. Da questo momento i
suoi "cantici" si sono evoluti in composizioni elettroniche più
convenzionali che hanno perso il loro contesto originario.
I Date Psalms, una collaborazione fra Gregg Kowalski e
Marielle Jakobson, erano autori di una musica ambient shoegazing
"indiana" il cui riferimento più ovvio è Hosianna Mantra dei Popol
Vuh. Il loro debutto, Of Psalms (ThrillJockey, 2010) si abbandonava nei suoni
riprodotti dalle melodie languide e dai droni degli strumenti esotici. Il raga
anemico di Psalm 7 si decompone lentamente in un paesaggio sonoro di languide
note discrete che sarebbe l'equivalente musicale di qualcuno che si addormenta.
Psalm 3 Intro è un semplice decoro languido e tintinnante. I quattordici minuti
di Psalm 3 proseguono quel viaggio introspettivo fra note fuzz oscillanti che
generano movimento e tensione prima che uno sciame di droni di strumenti a
corda prendano il sopravvento su una sinfonia polifonica mutante. Psalm 4 è
invece un brano più "rock che presenta un poliritmo elettronico pulsante e
un riff spiralico distorto messo in loop. Queste due correnti sotterranee si
evolvono rispettivamente in un pattern minimalista alla maniera di Steve Reich
e in un'improvvisazione chitarristica che rimanda a Jimi Hendrix. L'organo di
Psalm 5 genera suspense grazie ad una variazione psichedelica, minimale e noir
di Set The Controls For Heart Of The Sun dei Pink Floyd o di una jam dove
duettano Weather Report e i re dello slocore Low.
Honey Devash (Mexican Summer, 2011), attribuito ai Date
Psalms, contiene Honey Devash, forse la loro traccia più solenne fino a quel
momento, dove un raga elettroacustico per sitar, elettronica, note di
pianoforte jazz ricche di suspense e una melodia di basso alla maniera dei King
Crimson termina in un quieto (e piuttosto funereo) stato mentale, mentre la
troppo bucolica e celestiale Honey Dune, un brano per flauto forse privo di un
vero e proprio sviluppo, non è certamente migliorato dal sonnolento tamburellio
dei suoi ultimi cinque minuti e dalla ripresa di una melodia di basso.
|