Storia della Musica Rock: 1967-69

Generi e musicisti del periodo 1967-69
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(Copyright © 2002 Piero Scaruffi) - Traduzione di Massimiliano Osini

L'Avanguardia

Il Minimalismo: 1961-70

Limitatamente all'influenza esercitata sulla musica rock, la più rilevante delle scuole d'avanguardia degli anni '60 fu il minimalismo.

La Monte Young, un pupillo di John Cage e uno dei fondatori del movimento Fluxus, fu il vero ideatore del minimalismo. Il termine si riferiva in origine alla sua "dream house", una mansarda di New York nella quale Young e il suo Theater of Eternal Music (comprendente il violinista Tony Conrad, il suonatore di viola John Cale, il trombettista Jon Hassell, il tastierista Terry Riley e altri) sviluppò una musica fatta di onde semi-stazionarie e di suoni amorfi che si evolvevano lentamente. La musica divenne un organismo vivente. Colossali pezzi quali The Tortoise His Dreams and Journeys (1964) e A Well Tuned Piano (1964) avevano poco o nessun rispetto per l'armonia occidentale e tracciarono un coraggioso ponte tra "l'alea" di John Cage, la meditazione buddista e la psichedelia.

Uno dei suoi discepoli, Terry Riley, diffuse la visione minimalista di Young con In C (1965), una composizione incentrata sulla ripetizione di semplici campioni, ed esplorò la connessione tra raga e psichedelia con la sublime suite A Rainbow in Curved Air (1968). Il fervore spirituale di Persian Surgery Dervishes (1974) segnò la fine di un'era in quanto il minimalismo venne legittimato sia dall'Establishment della musica classica che da quello della musica rock. Riley si sarebbe quindi indirizzato verso forme più convenzionali, ma sempre conservando la spinta titanica dei suoi anni hippie, soprattutto con i monumentali quartetti Cadenza on the Night Plain (1985) e Salome Dances for Peace (1989).

Il maestro della ripetizione minimalista o, per meglio dire, della "slow motion music" fu Steve Reich il quale arrivò gradualmente a utilizzare ensemble da camera e piccole orchestre per i suoi capolavori Drumming (1971), Music for 18 Musicians (1976), Music for Large Ensemble (1978) e Desert Music (1984). Anche il suo vocabolario si espanse negli anni appena venne accettato dal mondo della musica classica.

Philip Glass iniziò da simili premesse, ma evitò l'austera scienza di Reich rimanendo sempre più vicino alla musica popolare che alla musica classica. Egli si allontanò dagli ardui pattern ripetitivi di Music in Twelve Parts (1974), riscoprì la melodia e si avvicinò alla forma dell'opera da una diversa prospettiva con Einstein on the Beach (1976). Colonne sonore cinematografiche, opere e collaborazioni con i musicisti rock/pop divennero i suoi mezzi espressivi preferiti.

La musica elettronica dal vivo: 1963-70

I caotici tornado di Morton Subotnick, quali ad esempio Silver Apples of the Moon (1967), The Wild Bull (1967) e Touch (1968), non importa quanto ingenuamente, trasportarono i "poemi elettronici" di Edgar Varese in un'altra dimensione.

Apocalypse (1966) e Quatermass (1966) di Tod Dockstader sono lavori visionari se non addirittura capolavori tecnici.

Spacecraft (1967) di Frederick Rzewsky, eseguito dall'ensemble Musica Elettronica Viva formatosi a Roma con gli espatriati Alvin Curran e Richard Teitelbaum, Megaton (1963) e Dresden Interleaf (1965) di Gordon Mumma, dense e apocalittiche messe sonore e Ping (1969) di Roger Reynolds sono lavori emblematici per comprendere il modo in cui l'elettronica possa essere utilizzata per produrre il massimo impatto emotivo.

Alvin Lucier, invece, ritornò alle statiche onde di LaMonte Young ma da un più austero, matematico, scientifico punto di vista in lavori quali Music for Solo Performer (1965) e Music on a Long Thin Wire (1977).

Uno dei pionieri del minimalismo scarsamente documentato, Phill Niblock cercò fondamentalmente di creare musica senza ritmi o melodie, con lente accumulazioni di microtoni. I ronzanti paesaggi sonori di Niblock's originavano dalla sovrapposizione e giustapposizione di suoni prolungati che erano a loro volta ottenuti rielaborando strumenti acustici. Niblock scelse deliberatamente di limitare il numero delle sue registrazioni, ritenendo che la sua vera composizione fosse il concerto dal vivo e il suo strumento il nastro. Chiunque può suonare un nastro ovunque, ma come ogni altro strumento il modo di suonarlo dipende dall'esecutore. I nastri di Niblock dovevano essere suonati da lui stesso in un ambiente di sua scelta. Quando finalmente vennero pubblicati su compact disc, pezzi come Early Winter (1993) e Pan Fried 70 (2003) dimostrarono la sua statura di musicista.

Expanding Universe (1975) di Laura Spiegel e Zones of Influence (1985) di David Rosenboom furono tra le opere che utilizzarono i computer per comporre musica.

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