Mickey Hart


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Rolling Thunder (1972), 6/10
Diga Rhythm Band: Diga (1976), 7/10
Rhythm Devils: Apocalypse Now Session (1980), 5/10
Yamantaka (1982), (1991) 7.5/10
Music To Be Born By (1989), 6/10
Dafos (1983), 6.5/10
At The Edge (1990), 6/10
Planet Drum (1991), 6/10
Mystery Box (1996), 6/10
Supralingua (1998), 6/10
The Bali Sessions: Living Art Sounding Spirit (1999), 5/10
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La carriera solista di Mickey Hart, ex leggendario batterista dei Grateful Dead, ma ora etnomusicologo e scrittore, è stata una ricerca testarda delle radici mistiche e mitologiche delle percussioni. I suoi dischi sono summit multi-etnici in cui le culture di tutto il mondo ritrovano l'essenza umana che hanno in comune.

Hart era gia` stato titolare di Rolling Thunder (Warner Bros, 1972), un disco in cui comparivano pero` quasi tutti gli amici dell'acid-rock.

La carriera maggiore di Hart ebbe inizio quando nel 1975 si unì alla Tal Vadya Rhythm Band di Zakir Hussain, un combo di sole percussioni provenienti da tutto il mondo. Il complesso cambiò nome in Diga Rhythm Band e produsse un album intitolato Diga (Round, 1976 - UA, 1976 - Ryko, 1988), una delle pietre miliari world-music quando non si chiamava ancora cosi`. Il disco, che incorpora prevalentemente elementi indiani, è animato da una verve mistica. Nella moltitudine crepitante delle tabla si fanno largo i vibrafoni ad imporre un po' di ordine e di melodia, soprattutto nella jazzata Magnificent Seven. Ma Diga è soprattutto le feste irrefrenabili di Sweet Sixteen e Tal Mala, entrambe ottenute elaborando stili indiani ma talmente invasate da poter sfidare il folle tribalismo africano e brasiliano.

Alla testa dei Rhythm Devils il percussionista eseguì poi la colonna sonora di Apocalypse Now Session (Passport, 1980 - Ryko, 1990), accreditata ai Rhythm Devils (Airto Moreira e Flora Purim a simulare i suoni della jungla).

Ad Hart si deve anche e soprattutto un disco con Henry Wolff e Nancy Hennings, Yamantaka (Rolling Thunder, 1982), un concerto di tocchi e rintocchi che rimane una delle pietre miliari del genere percussivo. Alle risonanze infinite dei campanelli tibetani, che fungono da radiazione cosmica di fondo, Hart sovrappone ogni tanto pochi colpi di percussioni metalliche, lasciati cadere con estenuante lentezza. Se questa suite è il non plus ultra della quiete, il suo retro, The Revolving Mask Of Yamantaka, stride di ronzii supersonici fino alla nevrosi.

Rocco Stilo scrive:

Appositamente per la riedizione, il trio di autori (e` noto che con Hart collabora il duo Hennings-Wolff, gli autori dei dischi di campane tibetane usciti agli inizi degli anni '70),ha aggiunto tre tracce, di cui ecco titoli e durata: «Towards the Bending of the Light» (3:01), «Solar Winds» (5:24) e «Field of Souls» (7:31). A tali brani collabora inoltre il percussionista Brian Keane. «Yamantaka» (che e`, secondo la tradizione tibetana, il dio della morte) e` un rarissimo esempio di musica orientale eseguita da Occidentali nel sostanziale rispetto dei principali canoni in cui si esplica questa particolare forma di arte. La comunanza poi del tema, che e` quello della morte, avvicina questa opera alla trilogia di Elian Radigue, ad onta della estrema diversita` della strumentazione impiegata (percussioni metalliche da un lato, puro mezzo elettronico dall'altro). Per l'Orientale, in realta`, la morte non rappresenta una fine, ma semplicemente un trasferimento della coscienza su un piano diverso della realta`, in cui la coscienza non e` più corporea, ma e` quella delle condizioni diverse (psichiche o spirituali) in cui si ritrova l'essere dopo l'abbandono del corpo. Ed e` proprio questa continuita` di una coscienza che viene resa in «Yamantaka» dall'eco di indefinita lunghezza prodotta dallo squillare metallico delle percussioni. Lo squillo e` la coscienza corporea, l'eco e` il nuovo piano di esistenza della coscienza, eco che pian piano si rende impercettibile, traducendo così la «distanza» che separa chi rimane tuttora prigioniero della coscienza corporea da chi se ne e` ormai distaccato. Relativamente ai brani aggiunti, esemplari in tal senso appaiono Towards the Bending of the Light e Field of Souls, mentre ancora più propizi alle meditazioni emergono gli arcani rimbombi di Solar Winds.

Forte di quelle esperienze, Hart divenne un patrono della world-music. In prima persona pubblico` Dafos (Ryko, 1983), una collaborazione con Airto Moreira e Flora Purim, con tour de force della statura di Dry Sands Of The Desert (protagonista Steve Douglas ai fiati).

In uno stile ambientale Hart cesello la suite di settanta minuti Music To Be Born By (Ryko, 1989), in cui il ritmo è dato dal battito cardiaco di un feto nel grembo materno.

Nelle sue composizioni e nei suoi scritti Hart ha studiato le origini preistoriche della musica, pervenendo a tesi illuminanti che accostano mitologia e storia delle percussioni. Coerentemente nel lussureggiante e sinistro affresco di At The Edge (Rykodisc, 1990) la strumentazione primitiva si immerge in una selva di ritmi vitali (a partire dagli stessi suoni della natura: grilli, tuoni, ruscelli) da cui emergono lentamente i suoni delle varie culture etniche. Il disco è corredato dalla sua autobiografia, "Drumming At The Edge Of Magic".

The lush and sinister fresco of At The Edge (Rykodisc, 1990), the musical counterpart of his autobiography "Drumming At The Edge Of Magic", aims for a supernatural equilibrium between nature and human civilization, musically represented by simple primitive instruments (whistles, rainstick, rattles, tom-toms, gongs, cowbells, thumb piano, shakers, etc). #4 for Gaia duets with the sounds of the forest themselves. In a sense, pieces such as Slow Sailing, a percussion duo with Zakir Hussain, Brainstorm, a percussion duo with Babatunde Olatunji, and Lonesome Hero, for percussion quartet plus berinbau and panpipes, try to recreates with human-made sounds the haunting atmosphere of primitive unspoiled natural environments. The frantic Fast Sailing for Afro-Indian-American percussion quartet, is more a display of "language" skills, of the range of emotions that rhythms can produce. While the electronic experiment of The Eliminators is rather shallow, the even more experimental eight-minute Sky Water concocts a hypnotic game of tones that involves Jerry Garcia's guitar, Zakir Hussain's tabla and Hart's droning bells (and that sounds like an extended ambient remix of Pink Floyd's languid ballads).

Se i dischi precedenti avevano anteposto il "tema" alla tecnica, Planet Drum (Ryko, 1991), che e` il nome al tempo stesso di album, libro, complesso e tour, e` un tributo alla tecnica. Hart e gli altri percussionisti (sono rappresentati tutti i continenti) sembrano voler vivisezionare i timbri degli strumenti. Lavoro più di gruppo, più scientifico che artistico, Planet Drum testimonia di un'ossessione più che di un'ispirazione.

Mystery Box (Ryko, 1996) applied the same techniques to the song-format (Mint Juleps on vocals, lyrics by Robert Hunter), using an "orchestra" of synthesizer, flute, piano, didjeridu, guitar, bass, and, of course, percussions. From the soulful elegy of Where Love Goes to the festive Afro-funk of Sandman, from the Dylan-ian storytelling of Down The Road (with gospel choir and rootsy accordion) to the solemn choral prayer of Sandre De Cristo, the album mostly proves Hart's knack for rhythmic orchestration, while adopting the postmodernist aesthetics of the Talking Heads and the Golden Palominos. The pounding quasi-techno and orgiastic funk music Full Steam Ahead and the surreal stylistic collage of John Cage Is Dead (propulsive but syncopated polyrhythm, 1940s' pop vocal harmonies, chaotic metallic noise) rank among his most accomplished experiments.

Similarly, Supralingua (Ryko, 1998) use a superb cast of performers, including several guest vocalists, to compose more regular "songs". Angola opens the album with a sample of the Gyuto Monks Tantric Choir.

Hart ha anche promosso le musiche del terzo mondo attraverso dischi antologici.

Global Drum Project (2007) is a collaboration with Indian tabla master Zakir Hussain, the third one after the Diga Rhythm Band and Planet Drum. They enlisted Giovanni Hidalgo on congas and Sikiru Adepoju on talk drum.

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Legendary Grateful Dead percussionist Mickey Hart reinvented himself as one of the most brilliant ideologues and mentors of world-music with albums that are dazzling displays of percussions-based music.
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