Summary.
Despite having flooded the market with a lot of awful recordings,
Klaus Schulze (126) was one of the most
significant, influential and original composers of the 1970s.
During his first decade alone, Schulze pioneered a number of genres that
would become popular during the following thirty years, from disco-music
to ambient music.
But, mainly, Schulze penned the first aesthetic of popular electronic music,
an aesthetic that inherited from Indian raga the sense of tempo, from jazz
the sense of spontaneity, and from late romantic symphonists the sense of
magniloquence.
In many ways, Irrlicht (1972) created both the archetype and the
reference standard for "kosmische musik". Schulze's recipe included
Bach-ian organ ouvertures, Tibetan-style droning, "Wagner-ian"
polyphonic architectures, Pink Floyd-ian cosmic psychedelia, Gregorian
liturgy, John Coltrane's metaphysical explorations, and perhaps even
Michelangelo's "Sistine Chapel", and many other ingredients.
The synthesis achieved by that electronic symphony was momentous
and ground-breaking. Schulze sculpted/painted an ambience that sounded
like a live recording of galactic life, but, rather than indulging in
rendering cosmic events, he focused on the pathos that the unknown and
the infinite elicit into the human soul.
The symphony alternates moments of catalectic suspense, of
apocalyptic chaos and of moving melody. Schulze sequenced them so as to
maximize awe and angst.
Like Tangerine Dream's Zeit, Schulze's Cyborg (1973) was
a double album containing four side-long electronic suites, and, like
many other German musicians, Schulze was introducing more rhythm into his
visions. However, this new monolith maintained the "symphonic" quality
of the previous one (enhanced by a huge chamber orchestra).
While the lengthy, slowly-unraveling suite remained his favorite medium,
Totem, on Picture Music (1973),
and the inferior Voices Of Syn, on Blackdance (1974), continued
the progression towards a more "accessible" format.
The best results were to be found on Timewind (1975), which contains
two of his most violent (or, better, "Wagner-ian") sonatas:
Bayreuth Return and Wahnfried 1883.
The explosive Floating, on Moondawn (1976),
combined the usual battery of sequencers with manic percussions.
Rhythm disappeared from Mirage (1977), one of the earliest albums of ambient music,
Another stunning masterpiece, X (1978), summarized all his experiments.
The four monumental suites paid homage to teutonic culture like noone had
done since Wagner. Having reached his baroque and romantic zenith, Schulze
began wasting his talent in trivial new-age music. Audentity (1983) and
Dresden Performance (1990) would be his last meaningful works.
If English is your first language and you could translate my old Italian texts, please contact me.
Scroll down for recent reviews in English.
|
Klaus Schulze (1947) e` un tastierista tedesco che invento` la musica cosmica con
i Tangerine Dream e poi ne divenne l'esponente piu` tipico negli anni '70.
Fu uno dei massimi pionieri della musica elettronica popolare, precursore
di decine di stili che prenderanno piede nella musica rock nei 30 anni
successivi.
Dalle aperture d'organo di Bach, dalle stasi dei monaci tibetani, dalle
architetture polifoniche di Wagner, dalla psichedelia cosmica dei Pink Floyd, dalla liturgia gregoriana, dai
vortici metafisici di John Coltrane, Schulze cesello` la prima estetica della
musica elettronica popolare, un'estetica che eredita dai raga il senso del
tempo, dal jazz la spontaneità e
dai sinfonisti tardo-romantici un vizio di grandeur.
Nell'arco della sua prolifica carriera,
Schulze ha personificato pregi e difetti della "kosmische musik":
l'afflato metafisico e il sensazionalismo da colonna sonora,
la maestosa ed elegante lentezza e la fredda e ingenua ridondanza,
la fluida improvvisazione elettronica e la smisurata paranoia. Con lui
l'organo da cattedrale, i ritmi sintetici, i timbri del synth, la suite di mezz'ora e più, diventano non
più esperimenti d'avanguardia, ma stereotipi di consumo.
Dopo essersi prestato come percussionista per le prime opere di Tangerine
Dream (al fianco di Edgar Froese e Conrad Schnitzler) e Ash Ra Tempel (con Manuel Gottsching), nel
1972, forte del suo bagaglio di cultura classica (Bach e Wagner) e contemporanea (Ligeti e i continuum,
Stockhausen e l'elettronica), dà inizio a una carriera solista che lo porterà a fondare un
nuovo genere di sinfonismo sintetico basato sulla disponibilità di macchinari elettronici sempre
più sofisticati.
Il suo primo album, e probabilmente il suo capolavoro e il capolavoro di
tutta la musica cosmica, Irrlicht (Ohr, 1972 - Revisited, 2006),
e`
una magniloquente e monumentale sinfonia
"quadrifonica" per orchestra elettronica di trenta elementi.
Schulze, che aveva cominciato come tardo musicista psichedelica, si re-inventa
una personalita` come pioniere di una nuova musica elettronica barocca,
che si riallaccia piu` alla sinfonia dell'Ottocento che all'acid-rock.
In un certo senso, anzi, stende un ponte fra l'elemento "visionario" di questi
due generi. Schulze condensa anche mezzo secolo di cultura tedesca,
dalle masse sonore di Wagner (che e` forse il primo a replicare nel contesto
elettronico)
alla pittura espressionista (di cui conserva i caratteri ossessivamente gotici).
La sinfonia di Schulze prende lo sputo da un'idea
"pittorica", ma la trascende in atmosfere grondanti cascate di
sensazioni paniche.
Michelangiolesco architetto del suono, è capace di
erigere nel caos universale miraggi abbaglianti, di distillare estasi dal magma, di tessere fiabe e
incantesimi nei silenzi eterni. La sua "fanta-musica" replica all'infinito i suoni siderali e trasmette
presentimenti di cataclismi planetari.
I tre movimenti di Irrlicht
elaborano una musica-documentario che è un lento salire per dolci
sussulti e spezzarsi in scoppi improvvisi, trasudando
di ansia e paura davanti all'ignoto e all'infinito.
I sibili elettronici che aprono l'opera si accumulano
gradualmente in una suspense catalettica che prepara l'ingresso dei violini; la struggente melodia di questi
affonda in un caos di fasce sonore che si è ormai fatto assordante; altri suoni precipitano
riverberati da lontananze galattiche e all'improvviso un organo a canne intona il crescendo liturgico che
è un po' il cuore del disco: deformato, cadenzato, accelerato, simula una pulsar impazzita,
dilaniata da una pressione immane, che infatti esplode all'apice dell'orgasmo. La seconda parte è
una vibrazione monolitica e ipnotica, in cui si sublimano pregi e difetti di questo descrittivismo
atmosferico.
Lo spirito di quel capolavoro infervora anche il monumentale
Cyborg (Kosmische Musik, 1973 - SPV, 2006), che (sulla falsariga del coevo
Zeit dei Tangerine Dream) contiene
quattro suite di venti minuti in quello stile di musica elettronica
psichedelica visionaria. Schulze e` affiancato da un'orchestra da camera
(dodici violoncelli, trenta violinisti, quattro flautisti).
Rispetto a Irrlicht questo secondo album e` piu` "composto" e meno
spontaneo. Ciascuna delle glaciali partiture ha in mente una struttura piu`
che un'atmosfera. Le tecniche che erano nate quasi per caso sul primo album
diventano qui dogma, e in particolare due, che vengono ripetute all'infinito:
gli accordi oceanici che durano all'infinito (un effetto ottenuto appoggiando
dei pesi sui tasti) e le metronomie ipnotiche del sequencer.
Le spirali galattiche di Synphara si dipanano a
ritmi incalzanti nel solenne vibrare di organi millenari, tessendo una
filigrana piu` spirituale che cinematica, piu` zen che Ulysses.
La stasi incantata di Chromengel (reminescente di
Poppy Nogood di Terry Riley)
troneggia in un deserto di suoni spaziali, generando paura e ipnosi.
La frenetica pulsazione di Conphara
riprende il senso di suspense cosmica di Irrlicht e la scaraventa
nelle profondita` della mente, tornando all'equilibrio fra psichedelico e
gotico che era il baricentro del primo album.
Le vibrazioni minacciose di
Neuronengesang chiudono l'opera all'insegna del mistero più cupo,
sorta di meditazione sulla condizione umana e di recupero delle radici
ancestrali della storia umana.
La
tecnica di linee melodiche lasciate cadere con nonchalance nel fitto cinguettio dei sintetizzatori apre
nuove prospettive alla musica elettronica, liberandola tanto dalle pastoie dell'atonalità in cui era
stata rinchiusa dai conservatori quanto dalla sudditanza nei confronti degli strumenti acustici a cui
l'avevano votata i complessi rock.
Picture Music (Brain, 1973), registrato subito dopo il secondo album
ma pubblicato dopo il terzo, sancì l'inizio di
una nuova fase, in cui l'artista abbandonava i presupposti gotici e psichedelici da cui era partito e
sfruttava l'arsenale elettronico a fini puramente sensazionalisti.
Adottando il ritmo da discoteca (sia
pur mimetizzato dietro le sue batterie di sequencer, e sia pur in anticipo
di diversi anni sulla disco-music) ed eliminato i toni piu` angoscianti
delle tastiere elettroniche,
Schulze si inoltra sulla strada di un'elettronica di
consumo, progenitrice di tanta muzak moderna.
Totem (23 minuti), grazie alla sua cadenza incalzante di
sequencer (Schulze si ricorda di essere stato un batterista),
sarebbe diventato un classico, ma il seguito avrebbe portato anche molte opere scialbe e
monotone, annacquate da artifici sempre identici.
Mental Door (24 minuti) si limita a speculare sui pattern ritmici.
Su Blackdance (Brain, 1974) non mancano comunque
i colpi di coda da grande sceneggiatore.
Voices Of Syn (22 minuti) ricicla di arie di Verdi (con tanto di tenore d'opera)
in un contesto "voce-elettronica" alla Stockhausen con l'aggiunta di una
percussivita` ipnotica.
Some Velvet Phasing indulge in una
stasi minimalista quasi zen e proto-ambientale.
Ways Of Changes (uno dei pochi brani di Schulze a usare la chitarra) si
lancia in un raga assordante e martellante.
Timewind (Brain, 1975) e` un concept dedicato a Richard Wagner, e non a
caso e` anche l'album piu` "teutonico" della sua carriera.
Bayreuth Return rimane forse il suo concerto elettronico
più selvaggio, e Wahnfried 1883 trasuda senso panico e titanico
da ogni nota. I due pezzi recuperano il formato della sonata in un contesto
violentemente psicologico.
Queste suite nascono da spunti altrettanto geniali di quelli di
Irrlicht e Cyborg: il loro difetto è quello di non sviluppare più di
tanto lo spunto, di limitarsi a ripeterlo, a sostenerlo, per venti minuti. Il trucco sarebbe diventato metodo e
prassi nel mondo della new age, ma sviliva i presupposti pittorico-narrativi della musica cosmica.
Schulze fu attivo anche negli ermetici Cosmic Jokers (con Gottsching e il
percussionista Harald Grosskopf), autori (involontari) di due album,
Cosmic Jokers (Ohr, 1974), con una suite per facciata,
Galactic Joke e Cosmic Joy,
e Galactic Supermarket (Ohr, 1974),
con altre due suite di 19 minuti ciascuna,
Kinder des Alls e Galactic Supermarket,
che erano semplicemente registrazioni di acid parties,
e poi nell'ensemble di Stomu Yamashta, titolare di Go (1976) e Go Too
(1977), e infine nel
collettivo Richard Wahnfried, dei quali usciranno cinque album:
Time Actor (Innovative Communications, 1979)
il più rock,
Tonwelle (Innovative Communications, 1983)
il più percussivo,
Plays Megatone (Thunderbolt, 1984) il meno interessante,
Miditation (Brain, 1985)
il più sinfonico.
Nel 1976 venne assunto Mike Shrieve, ex Santana, per lavorare ai ritmi, e
la sua influenza è gia` avvertibile nell'esplosiva Floating,
il pezzo forte di Moondawn (Brain, 1976), in cui i
sequencer sono doppiati dalle percussioni di Harald Grosskopf.
Mindphaser (l'altra meta` dell'album) e` invece una suite nell'umore
"spirituale" che Schulze si stava lasciando alle spalle.
In compenso Mirage (Brain, 1977), il suo primo lavoro interamente
elettronico e uno dei primi album di ambient music
insieme a quelli di Brian Eno,
eliminò di colpo i ritmi. Velvet Voyage, che riprende idee da
Pink Floyd (il crescendo gotico-psichedelico) e da Terry Riley (la ripetizione
vorticosa alla "dervish"), e Crystal Lake, una suite impressionista
che sembra la versione radiosa di Irrlicht, hanno il difetto di durare
troppo a lungo (quasi mezz'ora ciascuno).
Una parentesi singolare nella sua carriera è rappresentata dalla
colonna sonora per il film Body Love (Brain, 1977),
che contiene musica di una sensualità quasi allucinata,
realizzata senza fare alcun ricorso a campionamenti di orgasmo.
Body Love 2 (Brain, 1977) ne contiene un altro spezzone.
Schulze tocco` un altro picco artistico con un altro album monumentale,
X (Brain, 1978), forse la quintessenza della sua magniloquenza,
e un altro concept dedicato ai suoi idoli "teutonici" del passato.
In
Nietzsche, su contrappunti di fasce elettroniche e con un coro gregoriano sospeso nel nulla,
Schulze elabora un senso titanico del superuomo: il minimalismo esasperato dello sviluppo tematico
conferisce alle frasi melodiche un tono sinistro, mentre il ritmo incalza fino a dar luogo a un tribalismo
selvaggio. Il coro gregoriano di Heinrich Von Kleist emerge invece, dilatato e lisergico, da un
caos difforme e atonale. Frank Herbert è un rituale catartico per i sintetizzatori selvaggi di
Schulze e le percussioni demoniache di Harald Grosskopf.
Ludwig Von Bayern (con una vera orchestra) è la suite
più movimentata, che dalla sinfonietta per archi barocca, indiana e dissonante dell'inizio,
attraverso un mantra gelido e spettrale, si immerge in un maelstrom di rumori elettronici per poi
risollevarsi in un balletto meccanico che è l'apoteosi della metafora minacciosa insita in tutta la
sua opera.
Il periodo barocco culminò nella colonna sonora di
Dune (Brain, 1979).
Ma Schulze meditava già un altro passo avanti, quello di
Dig It (Brain, 1980)
in cui si serve del computer per sintetizzare il sound.
Con ciò si era compiuta la transizione dal sound analogico a
quello digitale.
Trancefer (Brain, 1981) e` pero` un banale riciclaggio delle
stesse idee degli esordi.
I ritmi di Shrieve saranno responsabili, nel bene e nel male, anche degli
eccessi ritmici dei dischi successivi, in particolare del nuovo colossal,
Audentity (Brain, 1983), un concept che
riassume un po' la maniera dello Schulze maturo.
L'album unisce la sperimentazione più ardita
alla musica di sottofondo più leggera. In Cellistica, per esempio, il violoncello viene
suonato contro una sua replica computerizzata, ma subito dopo Schulze si lancia in una delle sue
più trascinanti progressioni, al limite della disco music; e al tempo stesso Sebastian Im
Traum è la piece più anarchica e atonale della sua carriera.
Pochi come Schulze avevano capito l'importanza di trovare un equilibrio fra
spazio e ritmo, fra stasi e dinamica. Accoppiando pannelli debolmente colorati a pulsazioni frenetiche,
Schulze trovò una risonanza vitale che era probabilmente rimasta nascosta per millenni
nell'animo umano.
Il decennio successivo fu in realtà uno dei più densi della
carriera di Schulze. Da un lato la domanda del mercato new age, dall'altro la riscoperta ad opera delle
discoteche "ambientali", fecero sì che Schulze balzasse al centro dell'attenzione generale.
L'artista, che era sempre stato prolifico, prese a sfornare due/tre album all'anno.
A parte i dischi live, come Live (Brain, 1980) e
Dziekuje Poland (Brain, 1984), e le collaborazioni, come
Drive Inn (Thunderbolt, 1983) e
Aphrica (Inteam, 1983), entrambi con Rainer Bloss,
e Babel (Venture, 1987), con Andreas Grosser,
e le colonne sonore, come Angst (Thunderbolt, 1983) e
Le Moulin De Daudet (Virgin, 1994),
gli album del periodo, ovvero
Interface (Brain, 1985),
Dreams (Brain, 1986) e
En=trance (Brain, 1987), sono fra i peggiori della sua carriera.
FM Delight su En=trance e` il brano che si salva.
Fase più interessante è quella aperta da
Miditerranean Pads (Thunderbolt, 1989)
e culminata nella colossale
Dresden Performance (Venture, 1990).
Schulze
è diventato un musicista d'avanguardia con il buon senso dell'artigiano: esplora ritmi e armonie
(nonchè rumori e voci "trovati") che sono ardui e complessi, ma li confeziona in involucri
scintillanti.
Beyond Recall (Venture, 1990)
continua questo programma di climax molto "teutonico", estratto da
un magma inquietante di suoni in continuo movimento.
Le musiche per la performance alla "Royal Festival Hall", raccolte su
Royal Festival Hall vol. 1 (Venture, 1992) e
Royal Festival Hall vol. 2 (Venture, 1992),
scoprono
le sue nuovi pulsioni verso l'ambientale e l'orientale (rispettivamente Ancient Ambience e
Yen). La terza parte di quelle performance comparirà su
The Dome Event (Venture, 1993),
altrettanto venato di orientalismi e di campionamenti di voci. Una compostezza quasi classica caratterizza
questa terza parte. In questa vena monumentale ed eclettica Schulze darà un'altra prova di grande
respiro con Das Wagner Desaster-Live (ZYX, 1994), che propone due
diversi mixing della stessa esibizione.
Il decuplo Silver Edition (Musique Intemporelle, 1994)
raccoglie decine di musiche realizzate
per occasioni diverse, così come farà il successivo (e altrettanto decuplo)
Historic Edition (Manikin, 1995),
che comprende un frammento della leggendaria Poet (nonchè
materiale del periodo Tangerine Dream).
Riprendendo spunti che aveva lasciato in sospeso ai tempi di Voices Of
Syn e di Aphrica,
Schulze tenta anche la sua prima opera teatrale,
Totentag (ZYX, 1994),
confermando che la maturità lo attrae inesorabilmente verso la musica classica.
L'opera è
dedicata al filosofo Trakl, e riprende temi abbozzati su Audentity e X.
Il doppio In Blue (ZYX, 1995) segna invece un ritorno (dopo cinque anni
di bizzarrie) al suo formato più tipico.
Le tre lunghe composizioni (Into The Blue,
Serenade In Blue e Return Of The Tempel)
danno la misura di quanto sia maturata l'arte
del contrappunto elettronico di Schulze.
Nel frattempo Schulze aveva anche rispolverato la sigla
Richard Wahnfried per gli album
Trancelation (ZYX, 1994),
Trance Appeal (ZYX, 1996),
Drums'n'Balls (ZYX, 1997).
Negli anni '90 l'attività di Schulze oscilla pertanto fra slanci
titanici alla ricerca dell'opera che lo consacri ai posteri e meschinità
commerciali di nessun valore artistico.
Il doppio Are You Sequenced (ZYX, 1996)
e il live/studio album Dosburg Online (ZYX, 1997)
denotano un'altra profonda crisi creativa.
Jubilee Edition (ZYX, 1997) e` un insulto all'intelligenza dei
suoi fans: 25 album che raccolgono tutti i brani scartati dagli album
precedenti per un totale di quasi duemila minuti di pessima musica.
Altrettanto deprimente e` la serie dei
The Dark Side Of The Moog (Fax, 1994 - 2001), registrati
con Pete Namlook, che usciranno a cateratta nel decennio successivo.
|