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I Black Crowes, formati ad Atlanta alla fine degli anni '80 da un gruppo di
tardi hippie innamorati degli REM, furono protagonisti di un effimero revival
del blues-rock degli anni '70. Come gli Aerosmith avevano copiato
Rolling Stones, Free e Faces, i Black Crowes copiarono gli Aerosmith.
Il loro revival del blues-rock fu la quintessenza della reazione all'hardcore.
L'album Shake Your Money Maker (Def American, 1990) desto` sensazione e
Atlanta: i Black Crowes. Il loro sound era il vecchio soul-rock
di matrice britannica degli anni '70: il canto rauco e intenso di Chris
Robinson, che ha studiato il "phrasing" di Rod Stewart, di Joe Cocker, di
Steve Tyler e di Mick Jagger, ma non imita direttamente nessuno di loro;
le chitarre ruvide e adorne di Rich Robinson e Jeff Cease, che hanno mandato a
memoria Keith Richard e Duane Allman;
la batteria di Steve Gorman e il basso di Johnny Colt, robusti e chiassosi come
si conviene a un complesso del Sud, spesso coadiuvati
dall'organo di Chuck Leavell (Allman Brothers).
Nati come Mr Crowe's Garden, quando i Robinson erano ancora minorenni,
hanno fatto tutta la gavetta del caso.
Le loro canzoni, peccando di melodie memorabili, devono reggersi soltanto
sugli arrangiamenti, i quali non sono altro che valanghe di citazioni.
Dal coro soul di Twice As Hard al piano barrelhouse di
Jealous Again (fra le
righe del cui pentagramma si ascoltano il ritmo di Honky Tonk Women e il
riff di Street Fighting Man) e` una parata di banalita` ben confezionate.
Dal loro cilindro escono fuori tutti i trucchi del genere, dal "jump blues"
sgangherato e fragoroso di Thick N'Thin al boogie sguaiato di
Could I've Been So Blind, sprofondando spesso nel prediletto gospel
(la commovente She Talks To Angels,
Sister Luck, con tanto di organo alla Band, o
Seeing Things, con tanto di coriste alla Leon Russell),
per terminare con la quadriglia isterica di Stare It Cold.
Il modello piua abusato e` quello dei Rolling Stones, dei quali sembra di
ripercorrere la carriera da Buttons a Exile.
Nel solo primo anno l'album vendera` tre milioni di copie, per nulla danneggato
dalle colorite disavventure del quintetto (espulsi da un tour e arrestati in un
negozio), e lancera` su grande scala il revival degli anni '70 che
complessi come Raging Slab avevano avviato in sordina.
Se il rhythm and blues Britannico degli anni '60 era stato l'ispirazione
per il primo album, il boogie sudista degli anni '70 e` il riferimento
del secondo,
The Southern Harmony And Musical Companion (Def American, 1992).
Il sound e` piu` grintoso grazie anche a una formazione piu` compatta che
ha sostituito Cease con il piu` esperto Marc Ford (ex Burning Tree) e
Leavell con un organista permanente, Eddie Hawriysch ("Harsch").
Come il precedente, l'album non offre un solo secondo di originalita`, ma
l'efficacia e` persino maggiore, vuoi per gli arrangiamenti piu` curati,
vuoi per canzoni che vivono dei propri meriti e non soltanto del baccano
strumentale, vuoi per il tono spirituale del cantante.
Con immutato cinismo e necrofilia, i Robinson scavano fra le macerie del
blues-rock piu` roccioso con Remedy (con solenne coro femminile) e
Sting Me,
sfiorando il grottesco nelle canzoni piu` emotive, come
Sometime Salvation.
Come il precedente, il disco fa soprattutto leva sul fascino della nostalgia,
rispolverando i fantasmi di Rod Stewart (My Morning Song),
Rolling Stones (Hotel Illness),
e Jeff Beck (No Speak No Slave).
Il sound ha indubbiamente raggiunto un suggestivo grado di dettaglio atmosferico
(Black Moon Creeping, Thorn In My Pride).
Gelosi custodi di un ghetto musicale, piu` che di un genere musicale, i Black
Crowes non sono altro
(e non vogliono essere altro) che cloni degli Free e dei Faces, peraltro spesso
superiori agli originali (il che' dice molto sul valore degli originali).
Amorica (American, 1994) vorrebbe essere il loro album
sperimentale. Le canzoni sono effettivamente un po' piu' elaborate, ma
il risultato e' soltanto di penalizzare l'unica dota del sestetto: l'arroccarsi
roccioso attorno a un tema lineare.
Cambi di ritmo, spunti discreti delle tastiere ed evocazioni esotiche affogano
le power ballad Cursed Diamond
e Non Fiction in ambizioni che sono forse
fuori dalla portata del sestetto.
Se il trattamento riesce a impreziosire il rude boogie di Gone e a pennellare
l'intricata ritmica latina di High Head Blues,
e a rinnovare le musiche delle
"radici" iniettate a forti dosi in P. 25 London e
Downtown Money Waster,
la vocazione del gruppo rimane quella
di A Conspiracy (ritornello romantico e cadenza sincopata alla Faces)
e di
She Gave Good Sunflower (melodia ariosa su un rozzo country-rock da saloon)
E' in questo formato senza fronzoli che eccellono i pigri duelli fra Rich
Robinson e Ford, nonche' il rullo sciatto di Gorman.
Con questo album il gruppo si emancipa parzialmente dal "riff", che era
stato la colonna portante del loro sound (ma che finiva inevitabilmente
per ricordare i Rolling Stones) a favore della dinamica della canzone,
avvicinandosi in tal modo al soul di Memphis.
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