Juliana Hatfield

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Blake Babies: Nicely Nicely , 7/10 (EP)
Blake Babies: Earwig , 7.5/10
Blake Babies: Sunburn , 7/10
Hey Babe , 8/10
Become What You Are , 7/10
Only Everything , 7/10
Bed , 6/10
Beautiful Creature , 5/10
Juliana's Pony: Total System Failure , 6/10
Blake Babies: God Bless , 5/10
Some Girls: Feel It (2003), 4/10
In Exile Deo (2004), 6/10
Made In China (2005), 5/10
How To Walk Away (2008), 5/10
Peace and Love (2010), 4.5/10
There's Always Another Girl (2011) , 5/10
Wild Animals (2013), 4/10
Minor Alps: Get There (2013), 4/10
Whatever My Love (2015), 4/10
I Don't Cares: Wild Stab (2016), 5/10
Pussycat (2017), 5/10
Weird (2019), 4/10
Blood (2021), 5/10
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Summary.
Juliana Hatfield, already the Blake Babies' bassist and vocalist, continued to offer a moderate view of youth's troubles. Hey Babe (1992) was a masterpiece of whim and contrarian morals, penned by girlish voice, modest melodies, and graceful guitar rock. The self-pitying and self-loathing themes that recurred throughout the album painted a charming and anthemic biography of a teenager growing up. That existential implosion began to show a muscular side on Become What You Are (1993), whose sound ranged from folk-rock to hard-rock, and Hatfield definitely lost her (musical) virginity with Only Everything (1995), which submerged her artful whining with loud and furious riffs. Suffering with manic depression since her late teens, Hatfield had to undergo therapy during the second half of the 1990s.
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I Blake Babies si formarono nel 1986 alla Berklee School Of Music di Boston, nel pieno del risveglio musicale della citta`, per iniziativa della diciottenne Juliana Hatfield e del chitarrista John Strohm (che aveva suonato anche la batteria nei Lemonheads), ai quali si aggiunsero la batterista Freda Boner e il bassista Seth White. Fin da Nicely Nicely (Chewbud), l'EP pubblicato l'anno dopo, il gruppo si segnalo` per le tenui armonie di pop chitarristico e per il canto di Hatfield, che unisce le inflessioni da ragazzina debole, insicura, spaventata alla Suzanne Vega a testi feroci, ultra-femministi, che vivisezionano i traumi delle ragazze della sua generazione.

Proprio i bozzetti di vita del college come Let Them Eat Chewy Granola Bars, Swill And The Cocaine Sluts, Better'N You fecero la fortuna dei Blake Babies, che divennero presto beniamini del pubblico locale. Dietro la tematica sociale si celava in realta` un enorme talento pop, come in Wipe It Up, all'insegna di un elettricissimo garage-rock. Inedita fino al 1992 rimase Boiled Potato (con Evan Dando al basso), che peraltro indicava come si sarebbe mossa Hatfield da grande: e` una filastrocca da bambina canticchiata con tono incantato su un accompagnamento scarno.

Quel talento venne a galla in tutto il suo fulgore sul primo album, Earwig (Mammoth, 1989), registrato con Evan Dando dei Lemonheads al basso. Cesspool e Lament sono due dei loro capolavori pop, e ritornelli non meno memorabili si trovano in Rain (una delle loro primissime composizioni, scritta da Strohm) e Alright. I legami con la tradizione country sono evidenti in Grateful e Your Way On The Highway, fra inflessioni REM e imitazioni dei Grateful Dead. A far epoca sono comunque ancora una volta le denunce amare e violente di Don't Suck My Brain, Take Your Head Off My Shoulder e Outta My Head, e non stupisce che in quest'ultima invettiva Hatfield finisca per gorgheggiare come Joni Mitchell.
L'accompagnamento di Strohm in punta di piedi, per tocchi minimali, non potrebbe essere piu` discreto e talvolta evanescente, ma l'insieme risulta invece magicamente maschio e vitale. Il contrasto fra la dolcezza del sound e la violenza dei testi non potrebbe essere maggiore.

Il secondo album, Sunburn (Mammoth, 1990), con Hatfield ormai assestata al basso, ha piu` grinta e velocita`, sfiorando talvolta il sound abrasivo del powerpop e talaltra l'impeto psichedelico delle Bangles. Hatfield sfoga il suo velenoso stato d'animo in I'm Not Your Mother e Star, ma tocchera` toni ancor piu` duri in Gimme Some Mirth, con un riff alla AC/DC. Questa volta il suo registro infantile dilania canzoni che hanno piu` spessore, anche se forse troppe sono ridondanti. A contendersi il primato di miglior canzone dell'album sono Look Away, un agile numero pop con arrangiamento lunare, e Out There, una delle ballate folkrock piu` perfette della loro carriera. Strohm trova finalmente un po' di spazio e compone Train, che potrebbe essere un singolo dei Modern English.
Hatfield e` piu` che mai portavoce dell'ansia delle ragazze del suo tempo, per le quali il problema principale rimane quello del "lui", da un lato con i soliti problemi, mutatis mutandis, del maschilismo e dall'altro acuito da tutte le ulteriori insicurezze e le brutture che la rivoluzione sessuale ha apportato negli anni. Sanctify e` l'elegia di quella generazione. Quella voce cosi` normale, per nulla cattiva, punk, perversa o altro, e` proprio cio` che puo` convogliare l'emozione nel modo piu` efficace, e farne grande arte.

L'EP Rosy Jack World, con Temptation Eyes e la ballata acustica Nirvana, segno` pero` la fine prematura dell'avventura dei Blake Babies.

In quei tre dischi Hatfield aveva avuto modo soltanto parzialmente di mettere in luce la sua personalita`. Nata e cresciuta a Duxbury, nel Massachussetts, sull'oceano, Hatfield puo` vantare una delle poche adolescenze in cui alcool, droga e sesso non abbiano avuto alcuna parte. Emarginata dai coetanei, si prese la sua rivincita cantando nei complessi locali, finche' prese la laurea in canto al prestigioso Berklee College Of Music. Fu allora che inizio` a scrivere canzoni, che imparo` a suonare il basso e la chitarra, e che decise di formare un suo complesso rock.

Appena ventiquattrenne, ma gia` diventata un personaggio da culto, Hatfield registro` allora il suo primo album solista, Hey Babe (Mammoth, 1992), un tenero testamento del romanticismo adulto. Il suo melodismo e` un ibrido di beat e gospel, di pop e opera, di blues e di jazz, di Broadway e di musical, capace di fondere tutti questi elementi nel modo piu` modesto e timido in capolavori formali come Lost And Saved (con un ritornello beat smaccatamente sentimentale e quel registro affannato, da bambina che si sta giustificando) e Forever Baby (in rapito abbandono), tanto briosi quanto intimisti, tanto spensierati quanto pensierosi, tanto casual quanto lambiccati, in un festival di contrasti e di sfumature che ben rappresenta i turbamenti post-puberali della sua generazione; senza dimenticare il registro da ragazzina, che trasforma i languori sentimentali in filastrocche da girotondo, vedi I See You.
Hatfield sperimenta anche bizzarrie armoniche e canore (come Ugly, un bisbiglio solitario che implora affetto, protezione e comprensione; No Outlet, con la sua atmosfera onirica; e The Lights, lenta rapsodia per tre chitarre e una batteria) che aprono nuovi orizzonti. Al tempo stesso sa imbastire accordi di hardrock (Quit) ed essere rabbiosa (Get Off Your Knees), ovvero contraddire quelle stesse premesse.
Ma il suo genere piu` tipico, e piu` spontaneo, e` la ballata malinconica, genere in cui cesella nuove, eccitanti variazioni sul folkrock come la deliziosa Everybody Loves Me But You, in cui questa Belinda Carlisle del liceo dietro l'angolo si sgola perche' lui non ricambia il suo amore. Sono canzoni cantate da una ragazzina che e` stata prematuramente immersa nella solitudine abissale e nella grigia desolazione di un mondo cinico e materialista. Sospesa in un limbo inesplorato fra la tradizionale cantautrice folk e le forbite performer di Broadway, Hatfield inventa la musica-diario, riscoprendo il valore della melodia in quanto mezzo di comunicazione interpersonale e di esaltazione emotiva dei significati.

Negli EP dell'autunno e dell'inverno di quell'anno Hatfield inseri` anche Raisins, Rider, Here Comes The Pain, Feed Me, Tamara, che completano il quadro di questa poetessa dell'animo femminile.

Become What You Are (Mammoth, 1993) e` felice conferma dell'immaturita` (esistenziale e musicale) di Juliana Hatfield. La sua musica e` sempre piu` un fatto di tenui emozioni, e sempre meno un fatto di tecnica o di stile. Il tema di fondo e` una forma morbosa ma innocua di frustrazione giovanile, che trova il suo corrispondente piu` naturale non in un movimento letterario o artistico, ma nelle lettere di adolescenti pubblicate da "Sassy".
Il piglio e` per lo piu` triste e solitario, ma la maggior parte delle sue storie sono dei "sotterfugi esistenziali" tramite i quali riesce a trasmettere un messaggio universale senza compiere il relativo sforzo intellettuale. Non a caso qualche volta torna alla mente Jonathan Richman (per esempio in Spin The Bottle, una delle filastrocche piu` orecchiabili). Metaforici sono anche i suoi atteggiamenti da bambina, al tempo stesso maliziosa e impaurita, audace e vergognosa. E` tutto un trucco, astutissimo, per parlare della vita e della condizione umana.
Musicalmente, Hatfield ha coniato un genere di canto che approccia con il massimo dell'umilta` i piu` arditi vocalizzi free-form (esemplare la nenia di Supermodel, cullata in frasi lente ed eteree e protratta in gorgheggi al limite dell'acidrock). E` quella forma di canto nobile e piano a trascinare la musica.
Gli arrangiamenti sono anzi minimali, sanno di amatoriale e di approssimativo. Seguono con tessiture lievi la cantante nei suoi teneri melismi, contrassegnano con una ritmica violenta i frequenti passaggi sincopati, nei quali lei sembra scandire uno slogan piu` che cantare una canzone (come This Is The Sound, che sembra canticchiata da una bambina mentre gioca in cortile) prima di distendersi in un ritornello spaziale; creano contrasto drammatico accompagnando il registro piu` mellifluo di Hatfield con onirici tintinni folkrock e poi anteponendogli aggressivi riff elettrici. In questo senso My Sister, una sua tipica parabola di vita "non vissuta", rimarra` uno dei vertici.
La sua e` peraltro una musica che sa essere anche incalzante e rumorosa, come nella partitura grunge di A Dame With A Red, che deve sottolineare una melodia ondulata, quasi jazz; o nel veemente blues-rock di Addicted (tipica posa da ragazza innamorata e tradita); o quando Hatfield proclama fiera e vigorosa il suo anthem personale, I Got No Idols.
Ancora una volta le composizioni sembrano disposte in maniera calcolata, affinche' l'ascoltatore sia prima costretto a entrare nel suo mondo di contorte emozioni e soltanto poi possa godersi le melodie piu` ariose di For The Birds (cantico delle meraviglie naturali contrapposte agli orrori dell'umanita`) e Little Pieces (commovente ed orgogliosa confessione di cuore infranto). Album piu` commerciale, ancor piu` lontano dai Blake Babies, segna un ulteriore stato della regressione esistenziale di Hatfield, uno stato di bambina sperduta.

La grande novita` di Only Everything (Mammoth, 1995) e` che Hatfield ha perso la verginita` (musicale): con un complesso di feroce hardrock alle spalle, con uno stile di canto piu` modulato e meno spigoloso, con cadenze piu` veloci, questa non e` piu` la ragazzina sconsolata che si lamenta in continuazione su un paio di accordi dimessi. Nei testi Hatfield da` Le canzoni sono dedicate ai piccoli drammi sentimentali della sua vita (veri o immaginari?), che attorno al "lui", ora adorato, ora denigrato, ora rimpianto, ora sognato, con non poche allusioni di natura sessuale. Il disco nel suo insieme si presenta anzi come un ciclo di canzoni erotiche (autobiografiche o meno che siano).
What A Life da il la` al disco con il suo rock and roll a tutto volume: la sua vocina da bambina, che sembra concentrata nell'imbastire girotondi sempre piu` arditi, viene sommersa dai chitarroni e si lascia trasportare da quegli immani rumori. Lo schema viene ripetuto in maniera piu` banale per il rave-up di Ok Ok e per il valzerone di Congratulations, fino al massimo di contrasto in Dumb Fun, la filastrocca piu` innocente, incalzata da un altro riff colossale, e in You Blues, il sussurro finale, intriso di romanticismo adolescenziale, tristissimo, e altrettanto spaesato in cotanto frastuono.
Che alla base di quest'operazione sia un orecchio formidabile per il contrappunto si vede in Fleur De Lys, costruita stratificando il riff piu` violento e trascinante del disco, un ritornello innocente guaito nel modo piu` lezioso, una distorsione da capogiro (degna della Hurdy Gurdy Man di Donovan) e una figura di basso molto orecchiabile (impostata dalla cantante in solfeggio).
In molti casi l'elettricita` ha un preciso ruolo drammatico. Quando esplode il riff glaciale di chitarra, la musica si impenna di colpo frantumando un'atmosfera delicata che era stata creata dal canto in sordina. Bottles And Flowers sfrutta questo effetto per costruire un crescendo degno degli shoegazer, con la voce che salpa sul vortice di distorsioni protesa in vocali lunghissime, echi dei Cocteau Twins e un languore che sa di fantasia erotica ("reach inside carefully/ make it last").
Man mano che il chiasso diminuisce, aumenta il fascino del suo infantilismo vocale, che in Outsider si avvale di uno strimpellio in stile Luna e in Universal Heartbeat di un vibrafono funky-jazz. E si arriva cosi` ai due brani piu` semplici e umili, che forse sono pero` anche i capolavori: My Darling, un'aria pop da anni '50, una melodia tanto romantica che cantata da un'altra sarebbe una parodia, con versi del tipo "It's killing me/ my darling"; e Live On Tomorrow, in cui il bisbiglio piu` fievole che si possa immaginare scende un'ottava piu` bassa per imbalsamare anche la fibra piu` intima di emozione.
Il limite di Hatfield e` quel continuo piagnucolare sulle proprie sventure (self-pity, self-loathing), una forma paranoica di auto-analisi che la colloca sempre in un universo ostile e minaccioso. Questa psicosi acuta sembra quasi la ragione stessa di vivere. Il suo motto e`, giustamente: "a heart that hurts is a heart that works" (Universal Heartbeat).

Dopo la registrazione dell'album, Hatfield dovette ricoverarsi in ospedale per guarire dalle crisi di depressione che l'affliggevano fin da ragazzina.

Protagonista del rock intimista femminile, Hatfield ha trovato con i testi standard del suo teatro (Lament, Rain, Look Away, Out There, Temptation Eyes, Everybody Loves Me But You, Lost And Saved, For The Birds, A Dame With A Red) la forma perfetta per trasferire in musica il diario privato delle "riot grrrrls". Il suo repertorio e` fatto di fantasie private di vita giovanile (fantasia, non vita vissuta) che utilizzano il gergo adolescenziale e mescolano toni agrodolci, prediligendo, per ragioni misteriose (visto che sono, per sua ammissione, soltanto fantasie) le sfumature grige dell'acrimonia e della delusione. La sua opera e` una sorta di autobiografia immaginaria, ma nella quale tutta l'enfasi e` nell'ostilita` del mondo circostante. Hatfield e` l'adolescente ossessionata e impaurita dai messaggi che i media amplificano di giorno in giorno (dalla seduzione dell'innocente allo stupro per strada).

La sua statura musicale prescinde dalla mancanza del carisma di rock star e persino dalla mancanza di doti canore straordinarie. La sua voce pochissimo dotata, peraltro, ha il piglio (se non il registro) delle grandi cantanti blues. La sua immagine e la sua musica ne fanno un'anti-Madonna (a ventisei anni ha ripetutamente dichiarato di essere vergine), che non ricorre ne` allo spettacolo multimediale, ne` all'esibizionismo erotico, ne` agli arrangiamenti magniloquenti; che rifugge da tutto cio` che potrebbe essere provocazione e oltraggio, e forse proprio per tale ragione finisce per essere la piu` provocante e oltraggiosa della sua generazione.

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Hatfield then recorded an entire album of new material, God's Foot (1996), that was never released.

She returned with a mere EP, Please Do Not Disturb (Zoe, 1997). No matter how much rock and roll sarcasm and anger she packs in Sellout and Give Me Some of That, she fares much better when she is both tender and tragic, as in Trying Not to Think About It and Get Off. As If Your Life Depended On It feels like one Lisa Germano's odes to loneliness.

Hatfield tries hard on Bed (Zoe, 1998) to play the role of a male, suicidal, post-punk James Dean. Heavy guitar riffs propel Down On Me and the catchy Bad Day. The suicide fantasy Swan Song has terrible and memorable lyrics. But she still can't resist the power-pop of I Want To Want You (the title is not the only thing that recalls Cheap Trick) and she still hasn't figured out the role of her voice's breathy register, her main gift but also her main liability in low-key, half-whispered ballads like Sneaking Around, Backseat, and the acoustic Running Out.

Juliana Hatfield came out of the tunnel a changed person. A new solo album, Beautiful Creature (Zoe, 2000), a new band, the Juliana's Pony, that debuted with Total System Failure (Zoe, 2000), and a Blake Babies reunion album, launched a new stage of her life and her career. The solo album is a quintessential Juliana Hatfield autobiography, a little too whiny, a little too verbose. When she was a rare "virgin", her stories had a metaphysical quality that could appeal to an entire generation. Now that she's one of the many aging liberated women dealing with her tormented relationships, she can appeal mainly to her prospective psychiatrists. There are thousands of songwriters who write bare songs like Daniel and When You Loved Me. Only a couple of tracks (Somebody Is Waiting For Me and Might Be In Love) hark back to Become What You Are's punchier and fresher style. If you take her sexy, girlish voice away, Cry In The Dark sounds like Mariah Carey without the arrangements, and Don't Rush Me is mainstream pop.

The band album, Total System Failure (Zoe, 2000), stands up much firmer and stronger than her solo album. Bassist Mikey Welsh and drummer Zephan Courtney propel Hatfield into a raging mood that is a welcome change in her career. Metal Fume Fever and Let's Get Married could be leftovers from Only Everything. But the last thing she wants to be is a living ghost: Hatfield is clearly trying to leave her past behind, like she has been doing most of her life. There may be a limit to how far she can run.

The Blake Babies reunion album, God Bless The Blake Babies (Zoe, 2001), is mainly a showcase for Hatfield's vastly improved vocal style (Disappear, What Did I Do, Waiting For Heaven). Do not be misled by the credits: this is a Juliana Hatfield album. It has little or nothing in common with classic Blake Babies.

Feel It (Koch, 2003) is the debut album of Some Girls, which is Juliana Hatfield, Freda "Love" Boner and Heidi Gluck.

Juliana Hatfield's In Exile Deo (Zoe, 2004) marks, finally, a return to the melodic/rocking combination of Only Everything, particularly with Get in Line, Tourist, Sunshine. The ballads (Forever, My Enemy) reenact the self-indulgent, "whining" part of her career in a more mature voice, but they still detract from her (still under-utilized) potentialities. The overall mood is, finally, optimistic, as if Hatfield had finally left behind her teenage depression.

By the time Made In China (Ye Olde, 2005) came out, the times had dramatically changed since Hatfield first surfaced as an icon of college-pop. However, Hatfield still pretended that she had not aged, and that the world around her had not aged. Her protagonists still roamed the same teenage world, and recited the same delusional roles. Her playing and her singing had changed only in that she allowed more spontaneity and shunned the studio perfection of the previous album. Otherwise, she did everything she could to create a dejavu impression in an almost suicidal way. That said, this is her heaviest, loudest and fuzziest album, notable mainly for Rats in the Attic and especially Stay Awake.

The bitter autobiographical How To Walk Away (2008) presented Hatfield as an adult woman who converted to mainstream pop (Shining On). One has to wait until the very last song (Law of Nature) to hear the Hatfield of the early days.

Peace and Love (Ye, Olde, 2010) was entirely self-produced and self-played, and in a very minor key, a sort of personal catharsis.

There's Always Another Girl (2011) continued to play the young woman confessing her troubles (and in a style remarkably closer to the one of her classic days) but with a bit more bite and wit than on the two previous albums. The trouble with this stage of her career is that she had very little to say that was relevant to the new world, and she didn't even say it in a very musical manner. She was a relic from another era. To her credit, she did not pretend otherwise.

Juliana Hatfield released the mostly acoustic concept Wild Animals (2013).

Nada Surf's frontman Matthew Caws and Juliana Hatfield formed Minor Alps that debuted with Get There (2013).

Whatever My Love (2015) was a reunion of the Three after 20 years but yielded only one remarkable song, Invisible.

She and Paul Westerberg of the Replacements launched the project The I Don't Cares with the album Wild Stab (2016).

Pussycat (2017), mostly a protest album, focused on the angry sneering punkette of Short-Fingered Man and I Wanna Be your Disease, with standouts like the poppy (and gross) political satire of Kellyanne and the nonpolitical Wonder Why.

Weird (2019) is too much about the lyrics and too little about the music, and only All Right Yeah deserves to be remembered.

Sings Olivia Newton-John (2018) is an album of Police covers, and Sings the Police (2019) is an album of Police covers.

For the first 15 minutes Blood (2021), on which she played most of the instruments, ranks as one of the melodic peaks of her career, aptly combined with a punkish attitude. The Shame of Love is catchy grunge-rock that is also heavy and dissonant, an unlikely blend of Nirvana, Kyuss, REM and Green Day. Chunks is another example of rock that is both noisy and hummable, and Had a Dream is a neurotic boogie. Gorgon is a childish singalong with power-pop hooks. Nightmary sounds like a Beatles medley, from Get Back to Abbey Road. Alas, the other half of the album is a letdown, with Hatfield entering with less inspiration her depressed introspective mode (the anti-anthemic Dead Weight, the psychological ballad Torture). Over the years Hatfield has always been more interesting when she was angry, in Bed, Total, Made in China and Pussycat, than when she plays the shy introverted, and this album tries to find a compromise, but it works only for a few songs.

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