I Charlatans di Tim Burgess si presentarono sulla scena di "Madchester" al
momento opportuno per strappare ai veterani locali lo scettro della scena
rave. Perfettamente in regola (abbigliamento, lingo e atteggiamenti) con la
moda del momento (un ennesimo "Sixties revival"), si affermarono con un trio di
hit banalissimi al limite del plagio (organo alla Steve Winwood,
cantilenare "lisergico", armonie vocali alla Hollies, cadenze pulsanti):
Indian Rope (il primo
singolo, uscito proprio quando gli Stone Roses cominciavano ad aver successo),
The Only One I Know, una litania psichedelica cadenzata dall'organo in
maniera jazzata, e Then, gia` molto piu` confusa.
Il secondo era destinato a rimanere la loro canzone piu` celebre.
I Charlatans approfittarono del momento di crisi dei cugini e rivali
Stone Roses per
piazzare l'album Some Friendly (Dead Good Dead, 1990) al
primo posto in classifica: You're Not Very Well, un altro nostalgico
soulrock organistico, Polar Bear, un torrido ballo psichedelico,
Believe You Me, con le sue bordate funky di chitarra e l'organo scatenato
in assoli viscerali, il ritornello "spaziale" di Flower,
sono i piu` brillanti tributi ai loro antenati. Il metodo strumentale, sensuale
e sonnolento, tocca l'apice nel jamming di chitarra e organo di Sproton Green.
Il declino sara` tanto rapido quanto l'ascesa.
I singoli Over Rising (in cui risuona Gary Numan)
e Me In Time ripetono il trucco fino ad
annoiare anche i fan piu` accaniti.
Between 10th And 11th (Beggars Banquet, 1992), prova a dare piu`
spazio alla chitarra, ovvero al rock, in I Don't Want To See The Sights e
Weirdo (peraltro un piccolo capolavoro
all'organo Hammond di Rob Collins).
L'apoteosi e` questa volta quella di Can't Even Be Bothered (liberamente
ispirata a Under My Thumb dei Rolling Stones).
Up To Our Hips (Beggars Banquet, 1994) riporta il gruppo
alle sue radici, rinunciando ad ambizioni che forse non sono alla sua
portata. I Charlatans eccellono nell'imitare i gruppi britannici
degli anni '60 che suonavano blues con un approccio melodico e psichedelico,
con un organo Hammond in primo piano, ovvero in Come In No 21
e Can't Get Out Of Bed. Di fatto, tanto nelle armonie della
title-track quanto nella
partitura strumentale di Feel Flows, si assiste a un matrimonio fra il
soul di Memphis e la psichedelica californiana.
Il problema e` che cio` toglie al sound gran parte della sua effervescenza.
Patrol e Jesus Hairdo sono le uniche canzoni briose.
Charlatans (Beggars Banquet, 1995)
li presenta nei panni di vecchi hippie inebetiti
dall'acido che continuano a sorridere malgrado vivano di stenti.
Just Lookin' e Just When You're Thinkin' Things Over
(un'altra imitazione degli Stones)
ripetono un trucco che non ha mai funzionato troppo bene e
stentano a trovare ancora fans sprovveduti.
L'ouverture Nine Acre Court e
lo strumentale Thank You, che pure sfoderano idee interessanti,
non bastano a salvare il disco.
Morto Rob Collins in un incidente d'auto nel luglio 1996,
i Charlatans seguirono fino in fondo la parabola dei loro padri, abbandonando
l'acid-rock a favore del blues-rock. Con Tellin' Stories (MCA, 1997)
si spengono pertanto le luci psichedeliche e si accendono i grandi fari nella
nebbia di Rolling Stones e Free (How High), per non parlare di Bob Dylan
(North Country Boy e Get On It), i fari che rimangono sempre
dopo ogni diluvio. Il quinto album, orfano delle tastiere di Rob Collins, il
Brian Jones della situazione (gia` assente da Up To Our Hips per problemi
con la giustizia e deceduto l'estate scorsa in un incidente automobilistico),
si affida al canto di Tim Burgess (non il massimo di originalita` o potenza)
e alla chitarra di Mark Collins (non il massimo di virtuosismo o coraggio).
D'altronde gia` One To Another (ultimo singolo registrato da Collins,
destinato a diventare il massimo successo della loro carriera) segnava una
svolta, lontano dal "Madchester" degli Stone Roses e verso un suono ancora
funky ma altresi` vigorosamente rock, forse quello tracciato nello
strumentale space-rock Area 51.
Il problema e` che gran parte del disco, dall'iniziale With No Shoes
alla title-track, procede semplicemente per inerzia,
lungo le coordinate di canto lezioso e viluppi di chitarre.
Come esercizio postmoderno sul cadavere di Bob Dylan,
e` senza dubbio interessante.
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