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Herman Melville (USA, 1819)
"Typee" (1846) Dopo aver vagabondato per l'isola come due Crusoe, finiscono proprio in mezzo ai Typee, dai quali vengono bene accolti. Dopo aver descritto (come in un libro di viaggi) le bellezze dell'isola, è la volta degli abitanti: re Moheri, il fido servitore Kory-Kory, la bella adolescente Faraway. Ferito ad una gamba, Tom resta solo quando Toby si reca ad accogliere una nave; il suo fato è ignoto, ma a Tom è chiaro che i Typee non vogliono lasciarlo partire. Tom descrive la vita felice delle isole, selvaggia ma non ancora contaminata dall'uomo occidentale; poco a poco Tom penetra nei rituali dei Typee, e scopre la loro mitologia: vengono minuziosamente descritti usi e costumi degli abitanti, flora e fauna dell'isola; è testimone anche delle frequenti battaglie contro gli Happar e dei banchetti antropofagi. Sempre più preoccupato d'essere destinato a quella fine, Tom tenta la fuga, ma ci riesce soltanto quando, avvertito dal matto nomade Marnoo (l'unico aborigeno che parla inglese) un vascello britannico lo va a cercare: giunto a Tahiti, non ha notizie della sorte di Toby. Nella continuazione, Tom racconta come, anni dopo, incontrò Toby, ed allega il racconto della fuga di Toby, che in realtà si conlcuse felicemente. "Omoo" (1847) "Mardi" (1849) + "Redburn" (1849) "White Jacket" (1850) "Moby Dick" (1851) ++ A Nantucket Queequeg trova lavoro sulla nave del capitano Ahab, un uomo cui una balena ha strappato una gamba; dopo di lui vengono Starbuck, Stubb e Flask, i cavalieri di Ahab/re Artù; prima della partenza, il profeta Elijah mette in guardia Ismael; gli arpionieri sono Queequeg, l'indiano Tashtego ed il negro Dagger. Attorno alla balena si compiono riti biblici e pagani, sorgono fantasmi dell'Antico Testamento e delle leggende medioevali; su tutti domina Ahab, tormentato dal ricordo e dal bisogno di vendicarsi. I destini di questi uomini isolati su uno scafo di legno in mezzo all'oceano vengono subito contrapposti al potere smisurato della balena; la mistica sacrilega e profana di Melville innalza la balena a Dio/Demonio, un infinito che soltanto un titano come Ahab può tentare, un essere soprannaturale da rispettare ed odiare, onnipotente ed immensamente malvagio. Ahab è folle, Starbuck è l'unico che gli oppone un comportamento cristiano (Anticristo e Cristo); dopo il pronunciamento del capitano, i marinai sfogano sulla tolda i loro istinti in una specie di sabba, giurando odio e vendetta alla balena bianca. Al primo avvistamento di una balena vengono calate in mare le barche per la caccia: su una di esse prende posto il capitano, e con lui compaiono cinque volti nuovi, capitanati da Fedallah, un orientale; la balena si mostra e scompare, navi incrociate ne danno notizia. Il Pequod segue la sua misteriosa scia di leggende e orrori, con Ahab sempre più immerso nei suoi sogni di vendetta (l'avvistamento, l'uccisione e la lavorazione di una balena costituiscono un rituale magico in cui pratica e superstizione si confondono). Le operazioni di bordo sono intervallate di quando in quando da una caccia o da un incidente: un piccolo marinaio che cade due volte in mare, e la seconda viene trascinato per un miglio dalla balena arpionata, o Ahab che si scheggia la gamba e se ne deve far costruire una d'avorio dal carpentiere, Queequeg che, colto da una violenta febbre, si prepara la bara, o un tifone, o Ahab che confessa a Starbuck un momento di crisi, o ancora Ahab che si rifiuta d'aiutare il capitano di un'altra nave a caricare suo figlio, smarrito in mare. Quando finalmente viene avvistata Moby Dick, comincia una caccia lunga e spietata; il secondo giorno Ahab perde di nuovo la gamba ma non s'arrende; il terzo giorno Ahab arpiona la balena, ma viene trascinato da lei in acqua; poi la furia di Moby Dick s'abbatte sulla nave. Dal naufragio si salva soltanto Ismael, mentre non è detto di Moby Dick se sia sopravvissuta. La struttura del libro è multiforme: è un romanzo in cui s'intromettono note storiche, tecniche, geografiche e meditazioni filosofiche; molti capitoli sembrano scene di un'opera teatrale, certi sproloqui invasati somigliano a poemi visionari. "Pierre" (1852) + Pierre Glendening è un giovane aristocratico, ricco ed idealista, che vive con la madre (da lui chiamata "sorella Mary"), bigotta ortodossa del paese: è fidanzato alla bella, ed altrettanto ricca, Lucy Tartan, ed il loro amore è un modello di cavalleria cortese. Un giorno Pierre scopre però che suo padre, lungi dall'essere l'eroe immacolato che gli è sempre stato descritto, mise al mondo una figlia illegittima, la quale gli si rivela trepidante d'amore fraterno; Pierre decide d'aiutare a tutti i costi Isabel: deciso a portarla via dal paese e a non svelare nulla alla madre, inventa d'essersi sposato a New York; spezza così il cuore a madre e fidanzata, viene diseredato, ma può partire con Isabel e la perseguitata Delly, una ragazza madre che proprio sua madre vuole bandire dal villaggio. A New York cerca invano l'aiuto del cugino Stanley, che si rivela un perfido ipocrita, e decide di diventare scrittore. Alla morte della madre, Stanley eredita tutto, fidanzata compresa, ma Lucy dà retta al cuore e fugge a New York: Pierre l'accoglie e difende da Stanley, che la rivuole. Lei viene a sua volta diseredata, e, deluso dall'insuccesso letterario, Pierre finisce per uccidere il cugino: Lucy ed Isabel lo raggiungono in prigione, e si suicidano con lui. Anche parodistico. "Bartleby" (1856) + L'inerzia di Bartleby è dovuta alla solitudine e all'inspiegabile desiderio di non cambiare le proprie abitudini; in realtà, sembra dire Melville con l'ultima esclamazione, la paura dei cambiamenti è della natura umana. "The Piazza" (1856) "Benito Cereno" (1856) "The Confindence Man" (1857) + Nella prima parte l'impostore assume otto identità: il mutilato negro con il tamburino, smascherato da un uomo con la gamba di legno ma difeso da un sacerdote; il signore malinconico, che con le sue storie di sfortuna raggira il mercante; il signore in cravatta che vaneggia d'un business organizzato delle carità e strappa soldi a due passeggeri; il rappresentante di un'inesistente società di carbone che riesce a vendere azioni della società ad un avaro, al mercante e ad un pedante; l'erborista che approfitta delle paure d'avaro, malato e veterano; l'"agente filosofico" che vende un ragazzo tuttofare al più scettico di tutti. I vari ruoli si aiutano e cross-riferiscono; ogni ruolo ha come scopo di far emergere l'ipocrisia e l'egoismo delle vittime, parodiandone la scarsa fiducia nel prossimo. Al porto di Caire l'impostore muta nel filantropo "cosmopolita" Frank Goodman, che rinasce fino alla fine del libro: diventa amico di Charlie Noble (nomi sempre romantici), che gli racconta la parabola del colonnello John Mondock, un uomo pieno di odio per gli indiani, e che poi gli rifiuta un prestito, tanto è avaro ed egoista. Conosce poi il filosofo idealista Mark Winsome, che gli presenta Egbert, un suo discepolo; a questi il cosmopolita propone un gioco: lui, Goodman, sosterrà la parte d'un amico bisognoso di soldi, ed il discepolo sosterrà quella dell'amico cui i soldi vengono chiesti (cioè Charles); neppure nella finzione Goodman riesce a farseli dare; poi Goodman parla col barbiere, al quale rinfaccia il cartello "no trust" e, infine, raggira. Infine, in un finale affollato di fantasmi ed apparizioni (il bambino che vende lucchetti ed istruzioni per scoprire le banconote false), Goodman incanta un vecchio che legge la Bibbia, e nella stessa Bibbia legge versi d'egoismo e cinismo, che invitano a non riporre fiducia nel prossimo; ora Goodman non è più sarcastico, è serio e preoccupato. Il vecchio, che dal bambino ha comprato i lucchetti e le istruzioni, chiede all'impostore di guidarlo nell'oscurità. La vicenda dura dall'alba al tramonto, ed è una metafora delle avventure umane dalla Creazione all'Apocalisse: l'impostore impersona il demonio, che piano piano conquista tutte le anime, fino a trionfare # il vecchio, tanto ansioso di proteggersi contro il male quanto follemente cieco nel consegnarsi a lui. L'avventura umana è soltanto un macabro scherzo d'Aprile? I pellegrini stanno salendo sulla zattera di Caronte! Il romanzo è un dialogo filosofico che tenta di rispondere alla domanda di fondo di tutta l'opera di Melville (in particolare al duello Achab- Moby Dick): al cuore di tutte le cose c'è infinito Bene o infinito Male? La comicità è il riso isterico del panico esistenziale. L'umanità viene presentata in tutta la sua decadenza morale: un gregge d'impostori ed ipocriti, avidi ed egoisti, che il demonio si diverte a smascherare. La condanna è totale: l'uomo è caduto dal paradiso all'inferno; lo scherzo d'Aprile del demonio è che alla fine verranno tutti precettati per l'inferno. Il finale, lugubre e profondo, mostra tutta la follia del genere umano, così preso dal proprio egoismo da non rendersi neppure conto d'essersi messo nelle mani del demonio. "Billy Budd" (1891) + Billy Budd è la creatura perfetta ed innocente che perisce in balìa d'una forza cieca ed inarrestabile, e la storia è un'apologia del destino come vero protagonista della vita umana indipendentemente dalle azioni dell'uomo; qui non c'è la lotta tra l'uomo ed il destino, e la vittima è indifesa ed innocente; lo stesso dramma di Moby Dick senza eroismi, senza lotte titaniche, più realista e vicino alla vita di tutti i giorni.
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