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Nella seconda generazione di ensemble di world-music i migliori sono forse
gli Eternal Wind, un quartetto che esegue piece trascendentali con una piccola orchestra di strumenti a
corda, fiato e percussioni.
I due compositori principali, Adam Rudolph (che suona le percussioni
più svariate) e Charles Moore (alle trombe), sono dei veterani del jazz, il primo allievo di Don
Cherry e il secondo di Ken Cox. Ma i suoni più innovativi delle loro piece sono quelli di Ralph
Jones, il cui flauto vellutato disegna vortici eleganti e crea le atmosfere più liriche (la tenera
cantilena di Yansa, i richiami di jungla di Savannah), e quelli di Federico Ramos, un
allievo di Moacir Santos la cui chitarra ricama i giri di flamenco più eccentrici della storia del
genere (vedi l'assolo rocambolesco di Savannah sul primo album).
Se al lato più spettacolare dell'etno-musica dedicano un paio di
fanfare scatenate (Otherwise, Migrations), gli Eternal Wind ottengono le sonorità
più singolari nelle danze occulte di Dervish e Xingu, due festival delle percussioni
che mettono in luce le qualità simboliche e rituali delle musiche etniche.
Evoluti attraverso le sonorità preziose di Terra Incognita
(la title-track del disco successivo), gli Eternal Wind porteranno alle estreme conseguenze l'aspetto ludico
del loro sound nel terzo Wasalu, che da un lato è sempre più immerso nel
ritualismo africano e sudamericano (Departure), sempre più paganamente orchestrale
(Garden Of Enigmas), sempre più sinistramente abulico (The Lost Mantra, uno
dei loro vertici), dall'altro approfondisce il potere subliminale di suoni naturali, canti arcani e timbri etnici
(Deep Heart).
Se il secondo aspetto è facilmente riconducibile alla scuola
estetizzante della world music che parte da Hassell, il primo è prerogativa soltanto di questo
ensemble: i climi decadenti delle loro orge pseudo-etniche sono contrassegnati da fanfare stordenti, da
poliritmi soffusi, da armonie sconnesse. Non a caso ad essere penalizzati sono la melodia (salvo che nel
tema swingante della title-track) e il folklore autentico (salvo che nel lamento mediorientale e nei passi di
flamenco di Passion Of The Inquisition).
Eredi del free-jazz più "africano", gli Eternal Wind eseguono la
world music più nevrotica del loro tempo, composta con cura maniacale amalgamando i cicli
ritmici dell'India, i poliritmi dell'Africa, le timbriche suadenti del jazz-rock e l'atonalità delle
avanguardie. Rispetto agli altri ensemble sono forse i meno "mistici", i meno "classici", i meno
"atmosferici".
Vedi anche Adam Rudolph
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