Michael Hedges va ormai annoverato fra i più grandi virtuosi e
innovatori della chitarra new age.
Sul primo disco, Breakfast In The Field, Hedges esegue assoli alla
chitarra nella tradizione del suo padrino Ackerman, ma che si avvalgono di uno stile "organistico" simile
a quello di Stanley Jordan. Si tratta di scherzi ragtime (The Funky Avocado), di ballate honkytonk
(Layover), di scorribande di picking a rotta di collo (Peg Leg Speed King), di vignette
liriche e sognanti (Happy Couple), di filastrocche melodiche per l'infanzia (Eleven Small
Roaches).
Hedges vi sfoggia un sound che rimanda spesso ad entità
impalpabili, immaginarie, soprannaturali, capace anche di sprofondare in cadenze e rintocchi "lisergici"
(la title-track). In due brani suona anche in duo con il bassista Michael Manring (Two Days Old)
e con il pianista George Winston (Lennono), cesellando armonie più jazzate e intense,
sempre sostenute da belle melodie. La sua arte si situa al confine fra quella campagnola e realista di Leo
Kottke e quella nobile e fantastica di David Crosby.
L'album successivo, Aerial Boundaries, perfeziona quello stile
naif e picaresco, giungendo al capolavoro nell'incalzante e sincopata title-track. Il suo picking di tocchi
discreti (all'orientale) eppure squisitamente melodico in Bensusan, gli intricati passi di danza
mediorientali di Ragamuffin, il raga minimalista di Spare Change scaturiscono da una
perfetta simbiosi con lo strumento e da una sensibilità sempre più mistica. E brani
rarefatti come Rickover's Dream, che lascia cadere accordi qua e là senza una logica
predefinita, o il trio jazzato con flauto e basso di Menage A Trois, puntano verso soluzioni ancor
più ardite.
Dopo una prova vocale poco riuscita, Watching My Life Go By,
Hedges rimase ai margini del circuito discografico per cinque anni. Il ritorno, Taproot,
costituisce un significativo passo in avanti, il seguito tanto atteso di Aerial Boundaries.
Disco di un'intensità quasi zen, Taproot è un mito
autobiografico raccontato in musica che si serve di tecniche ultramoderne allo strumento (come l'assolo
violentissimo di Rootwitch), che si adagia in atmosfere pastorali quando la chitarra cede il passo
al clarinetto (The Jade Stalk) o al flauto (Song Of The Spirit Farmer), e s'impenna nelle
quadriglie sincopate di Ritual Dance e First Cutting.
Il bisogno di esprimere i pensieri più profondi, di esporre le parti
più nascoste del suo animo, è quello del cantautore. E al canto Hedges ritorna infatti con
Road To Return, il disco più pop della sua carriera.
Il suo stile (da lui stesso definito "savage myth guitar") è uno dei
più complessi della chitarra moderna. Un professore di musica ha vivisezionato le sue
composizioni: per trascriverle ha dovuto inventare una nuova notazione e per eseguirle ha dovuto
impiegare una piccola orchestra di chitarristi.
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