Summary:
Canadian pianist Michael Jones (1942), the new-age master of the lyrical stream of consciousness, penned the psychological double-CD concept Pianoscapes (january 1981), the impressionistic trilogy of Windsong (1982), Seascapes (january 1984) and Sunscapes (december 1985), the sophisticated cello-piano duets of Amber (march 1987) with David Darling, the majestic chamber music of After The Rain (december 1987) with Darling and oboe player Nancy Rumbel, one of new-age's melodic zeniths, and the four ambitious suites of Air Born (february 1994).
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Il genere della fantasia melodica per pianoforte della new-age music
ha toccato lo zenith con Michael Jones.
La sua opera e` la sintesi di un neo-impressionismo spirituale.
Il pianismo di Jones è tanto "classico" da far pensare che i suoi
dischi siano rielaborazioni di sonate classiche di
Chopin, Debussy, Rachmaninov e Skrjabin. In realtà dietro le sue
fantasie melodiche di ampio respiro si nasconde una personalità complessa e variegata.
Nato nel 1942 in un'ospedale militare d'Inghilterra da genitori canadesi, ma
cresciuto in Ontario, prese lezioni di pianoforte fin da tenera età. Laureatosi nel 1966 in Musica e
Psicologia, visse per qualche anno una doppia esistenza, di giorno a fare l'assistente sociale per
guadagnarsi da vivere, di sera a comporre musica.
Nella convinzione che il ruolo dell'artista stia nell'entrare in comunione con
la natura, Jones sviluppò uno stile allo strumento che voleva semplicemente rendere le sensazioni
di fatti naturali, come la pioggia o il tramonto. In breve l'interesse degli amici lo spinse a registrare una
prima cassetta auto-prodotta, Michael's Music, e poi un'altra, Windsong, contenente quattro lunghe meditazioni. Il successo di
quei nastri, nati quasi per caso, lanciò la sua carriera discografica. Il suo segreto era, in
realtà, la capacità di trasferire in musica la curiosità e la voglia di giocare dei
bambini.
Windsong venne ri-registrato come Wind And Whispers (Sona Gaia, 1985).
Michael's Music venne ristampato come il doppio LP Pianoscapes.
Negli anni seguenti riusci` anche con successo di fondere il suo
background artistico con i bisogni del suo mestiere di psicologo e sociologo. In collaborazione con l'MIT,
ha continuato il progetto "Dialogue" che era stato originariamente concepito dal fisico David Bohm.
Questi aveva soltanto formalizzato le idee di un guru indiano: gli uomini hanno difficoltà a stare
insieme, a comunicare, ad ascoltarsi; bisogna pertanto insegnare loro ad ascoltare più
attentamente gli altri. Il progetto ruota attorno al concetto di "spazio di dialogo", che è uno spazio
collaborativo, usato da tutti i presenti, e il pianoforte di Jones serve a creare quello spazio. Jones ha
compiuto esperimenti persino in Russia e in Africa.
Pianoscapes (april 1985) si presenta come una raccolta di bozzetti pianistici
senza pretese. In realtà, sposando le armonie più cristalline della musica classica con lo
spirito meditativo, umanista ed ecologista della new age, l'album si pone come sintesi e manifesto di un
neo-impressionismo spirituale.
Le fantasie più lunghe e complesse, Tapestries e
Pianoscapes, lasciano fluttuare liberamente le note in maniera simile a quella del folk progressivo
di John Fahey: la tecnica di improvvisazione non è né quella del raga né quella del
jazz, benché prenda in prestito da entrambe qualcosa (il salmodiare in crescendo del primo,
l'andamento sincopato del secondo), è musica occidentale popolare che trasmette emozioni laiche
dell'animo tentando di metterle in risonanza con il succedersi tonale degli accordi. In questi lunghi
excursus sonori, che potrebbero durare virtualmente all'infinito, Jones non sviluppa un leitmotiv preciso,
ma dà via libera a un flusso ininterrotto di temi, seguendone alcuni a caso, lasciando svanire gli
altri nel nulla.
Se le melodie più patetiche scaturiscono dal tema di
Daybreak, gli apici lirici si trovano forse negli acquerelli più impressionisti, la vertiginosa
ed eterea Swallows, la delicata e tintinnante Dancing Waters, la soffusa e notturna
Twilight, motivi tanto spontanei e lineari da ricordare le filastrocche dei carillon.
Jones eccelle soprattutto nell'improvvisare liberamente su un tema, nel
gioco con i tasti tramite cui esorcizza i casi umani strazianti che deve affrontare quotidianamente nel suo
lavoro. La sua è anche una continua ricerca di tonalità, ma senza mai sforzare l'orecchio
dell'ascoltatore. Jones tenta di di far suonare il suo pianoforte come un altro strumento, come tanti altri
strumenti, come un'orchestra intera. In un certo senso più che un pianista Jones è un
arrangiatore.
Completata la trilogia "impressionista" con Seascapes (sul quale
spiccano le Mexican Memories, il flusso di coscienza di Beyond The Dream e la lunga
title-track, una serie di variazioni su un leggiadro tema "da carillon") e
Sunscapes (december 1985) (che si affida
soprattutto alle filastrocche ataviche di Butterflies In Space e alle cascate di accordi di Touch
The Wind), Jones varò una collaborazione con David Darling, al quale si devono gli
arrangiamenti sofisticati di violoncello e dulcimer sui dischi successivi.
I duetti con Darling di Amber segnano l'inizio del nuovo corso: il
soliloquio introspettivo dei primi dischi viene superato da strutture formali più vivaci ed eleganti,
da una musica da camera tenue e raffinata e al tempo stesso più immediata e coinvolgente. Il
felice contrappunto di pianoforte e archi trasforma piece improvvisate come Rainfall e Indian
Summer in polifonie suadenti con una forte qualità cromatica e contrappuntistica che
mancava del tutto agli assoli pianistici.
Lungi dalle astruse elucubrazioni del nuovo jazz e dai freddi astrattismi
dell'avanguardia atonale, anche le composizioni più ardite, Wu Wei (l'unica in cui siano
percepibili influenze orientali) e Dreamlight (forse il brano più stralunato e onirico della
sua carriera) conservano una cristallina limpidezza. All'aumentare della complessità armonica
aumenta anche, quasi miracolosamente, il melodismo spontaneo e naif dei brani, dando origine ad
acquerelli d'infinita tenerezza come Sunshine Canyon e After The Sun, da annoverare fra
i vertici della new age tutta.
After The Rain è il capolavoro di questa fase.
Accentuando ritmo, melodia e arrangiamenti, la musica di Jones raggiunge il massimo di suggestione e di
comunicatività. Memore della musica da camera improvvisata di Teja Bell, ma dando preminenza
ai contrappunti melodici piuttosto che all'impasto cromatico (ovvero all'aspetto narrativo, dinamico della
musica, piuttosto che a quello descrittivo, statico), Jones conia uno stile classico di flusso strumentale
libero, uno stile che rifugge tanto dall'ermetismo quanto dal preziosismo. Ogni accordo è
essenziale e perfettamente inserito nel contesto (al contrario dell'avanguardia dissonante), benché
del tutto imprevedibile (al contrario della melodia tradizionale).
Jones regala altre incantate serenate, fra cui Morning Mist, con il
suo ritornello da carillon, Water's Edge, aperta da uno dei suoi temi più orecchiabili (che
viene poi ripetuto al flauto ed elaborato dall'oboe), e soprattutto la suite After The Rain, il cui
quarto movimento è un altro dei suoi vertici melodici. Della maturazione di Jones fanno testo la
fantasia lirica ed esuberante di Swallows In Flight, per la quale il riferimento è ora il
Beethoven delle sonate romantiche e delle ultime sinfonie, o Aspen Summer, a sua volta
reminescente dei concerti di Mozart.
Jones, Darling, Nancy Rumbel (oboe) e gli altri collaboratori compongono
uno degli ensemble più felicemente amalgamati della new age. Se nel disco precedente a brillare
erano soprattutto i concisi madrigali di Sunshine Canyon e After The Sun, qui trionfa una
forma più solenne ed elaborata, di dimensioni più ambiziose, ma non meno calibrata,
quella di Water's Edge, After The Rain e Swallows In Flight, che è discendente
diretta dei flussi di coscienza di un tempo.
Magical Child si attiene a quella formula. Jones e il suo ensemble
possono ricamare per minuti e minuti su qualsiasi melodia, inseguendo il piano nelle sue semplici ma
raffinate evoluzioni. Così il tenero ritornello di Spring Meadow dà luogo a un
altro lungo excursus mozzafiato, e l'aria bucolica di Country Dance si trasforma in una sonata
d'intensità e impeto sinfonici. Prayer, dal canto suo, che indulge in un trepido arpeggio,
è la composizione più trascendentale.
Il pezzo forte del disco è comunque Sunrise, che il piano
apre in solitudine per poi lanciarsi con l'oboe e il violoncello in un gioioso saltarello, primo tema della
suite. Il secondo tema è un'aria struggente ripetuta da Rumbel e Darling nell'adagio successivo. Il
primo tema, quasi "vivaldiano", ritorna di continuo tintinnato al pianoforte, intrecciato alle fiorite
variazioni del quartetto.
Lo stile pianistico di Jones è sempre più barocco, gonfio di
cascate e cascate di rintocchi, e petulante, capace di aggiungere sempre alla frase che è
già finita una coda di note in dissolvenza.
Morning In Medonte contiene quattro lunghe composizioni che
rappresentano il vertice formale della sua carriera. Il suo tocco non è mai stato così
leggero e sicuro, la naturalezza dei suoi monologhi è sbalorditiva, il suo modo di comporre per
puro intuito sembra al riparo dalle banalità. E' impressionante come prende forma il primo tema
cantabile di Morning In Medonte, e come svanisce piano piano, mutando nel più virile
secondo tema per finire in un tintinniio confuso.
Rinuncia persino alla melodia A Breath Of Autumn, un'ode alla
stagione che sembra soltanto voler imitare le foglie che si staccano e cadono lentamente dai rami.
Altrettanto "visiva" è la Dance Of The Trumpeter, un quadretto degno di Ravel in cui
vengono condensate la grazia e la vanità del cigno. Song For The Earth è una
serie di variazioni sul traditional Greensleeves in cui dell'originale rimangono poche tracce.
I brani evolvono in continuazione, seppur evitando accuratamente le
fratture tematiche. Le note rotolano più che piovere sull'ascoltatore. Ogni pezzo ha una storia ed
è una storia.
Air Born riprende lo stesso formato (quattro suite), ma lo spinge
ancora più in là, allungando le improvvisazioni fino a lambire il limite della mezz'ora per
un pezzo. Ciò che perde in spontaneità lo guadagna in potenza fotografica e
cinematografica. Il moto di una farfalla è alla base dello schema ripetitivo di Air Born,
con i suoi frenetici tremolii, le sue pause delicate, le sue brusche impennate. Lark In The Clear
Air ritorna al luminoso lirismo di Morning In Medonte, con le melodie più intime
nascoste in flutti scomposti di accordi.
Summer In Chimo è invece una delle sue improvvisazioni
più ostiche, davvero un flusso di coscienza, privo di un'unità tematica o di riferimenti
visivi. Voices In The Wind è un discorso altrettanto astratto e protratto, ma questa volta
anche appassionato e vivace, sempre imprevedibile nello svolgimento, senza l'assillo di arrivare a una
conclusione razionale, come in un rigurgito di emozioni incontrollabili. La regressione all'infanzia, che
era sempre stata un po' la chiave di letturia primaria,
Le dita di Jones sono ormai quelle di un grande maestro, a cui è
possibile praticamente fare di tutto. La sua ispirazione è quella di un esploratore forte di un senso
dell'orientamente praticamente infallibile. Jones non ha rivali nella storia della musica per la
capacità di rendere sonoramente le immagini che si formano nella sua mente.
Pudica e solipsista, istintiva ed emotiva, la musica di Jones è
pregna di calore umano pur chiudendosi in un formalismo impeccabile. Di tutti i pianisti new age Jones
è quello meno facilmente riconducibile ai generi tradizionali della musica leggera, del jazz o della
musica classica. La sua arte nasce dalla sintesi (tutta occidentale) di civiltà romantica e
civiltà moderna, ripudiando però tanto il titanismo disperato della prima quanto il lugubre
fatalismo della seconda a favore di uno spirito contemplativo che è invece di chiara matrice
orientale.
Nel 1995 ha pubblicato anche un libro di memorie, "Creating an
Imaginative Life".
Ci si aspettava la conclusione di una terza trilogia, invece Jones ha deciso
con Touch (Narada) di virare drasticamente verso la romanza melodica da
salotto.
Il risultato
e` brillante come sempre (tanto nei temi romantici di Evening e Longing,
quanto nei carillon innocenti di Walking e Rebirth),
ma e` come se un grande filosofo avesse scritto una favola per bambini.
Le composizioni piu` lunghe (River e Storm) si lasciano andare a qualche
riflessione meno mondana, ma sempre intrisa di un lirismo superficiale per lui
un po' insolito. Siamo nel reame di Satie, Debussy e Ravel, non in quello di
Beethoven o anche soltanto Schubert.
Jones has ristampato i primi dischi nel doppio Deluxe Edition (Pianoscapes).
Rocco Stilo scrive:
A distanza di quasi sei anni dal suo ultimo lavoro,
dedicati all'insegnamento e alla redazione di saggi e articoli, Michael Jones
rompe il digiuno registrando in una sola seduta a casa sua Echoes of Childhood (Pianoscapes, 2002),
un «piano solo» di oltre un'ora, integrato dalle simulazioni
orchestrali al sintetizzatore di Lance Anderson, intese più che altro
a fornire un punto di appoggio per sottolineare talune intuizioni del compositore,
opera che, come viene detto nei credits, segue il canovaccio del poema Intimations of Immortality
di William Wordsworth. Da una citazione di quest'ultimo, «alla nascita
l'anima cresce all'interno di noi... per un breve momento siamo bimbi del
piacere. Ma ben presto le ombre dell'età adulta incalzano il bambino
che sogna. E ora nella perduta oscurità la nostra anima viaggia per
la valle dell'oblìo e del dolore fino al giorno in cui gli echi dell'infanzia
non ritornano con una ventata di freschezza che suona la danza e riporta
con sè l'innocenza e la luce di un nuovo natale».
Il disco sembra quindi costituire un lontano richiamo alla carriera artistica
di Jones, che dopo un lungo silenzio ripropone un approccio in chiave di
«neoimpressionismo spirituale», secondo l'espressione già
da altri utilizzata per caratterizzare il suo personalissimo stile musicale.
Tale è la sensazione che affiora alla mente già all'ascolto
della prima traccia, Song of the Wood Thrush, una memorabile pièce sognante che rievoca le pagine più liriche e delicate di After the Rain. La stessa atmosfera perdura nell'incipit della successiva Call to the Dance, il brano più lungo (17 minuti), da cui però Michael si distacca presto in favore di un sound
più «discorsivo», figlio dei suoi dischi più recenti,
e certamente meno immediato; questa peraltro sarà la costante tutto
sommato prevalente del disco, e per poter tirare bene le somme bisognerà
da una parte fare i conti con la sintonia che si potrà stabilire con
questa musica, e l'effettiva capacità dell'artista di dare la stura
alla propria ispirazione. In realtà, anche nei momenti meno facili
sono riconoscibili gli sviluppi sostanzialmente melodici dei temi musicali,
che non vengono certamente risparmiati, e che vivono dei guizzi improvvisi
e discontinui dell'intuizione, che talvolta si sottrae per ricomparire all'improvviso
con estro rinnovato. In definitiva, è sotto questo profilo che possono
essere letti tutti i brani, da Dream of the World (ripreso alla fine),
che, come i precedenti due, è quello più vòlto a ricreare
il clima di «innocenza» che costituisce la trama iniziale, a
Summer's End, soffuso «presagio autunnale» di una perdita imminente. L'esordio apparentemente rassegnato di In Dark Wood Lost è il cuore drammatico dell'opera, l'episodio più triste e più ricco di temi e suggestioni cromatiche. La title-track
è il brano più breve e nel contempo più statico e forse
meno riuscito, prontamente riscattato dalla conclusiva New Born Day,
tredici minuti in cui si succedono vivaci spunti melodici, probabilmente
intesi ad esprimere il gaudio dell'innocenza ritrovata, meglio ispirati nella
seconda parte, più riflessa e cristallina.
Forse Echoes of Childhood non toccherà i vertici dei capolavori
del passato, ma dimostrerà almeno che accanto al Jones maestro c'è
ancora quello compositore, tuttora in grado di regalare sensazioni non indifferenti,
asservite da un tocco pianistico che col trascorrere del tempo si è
vieppiù raffinato, fino al limite della perfezione stilistico-formale.
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