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Il successo gli arrise, improvviso e imprevedibile, con l'album
Yr (Frammis, 1980), un piccolo hit della musica indipendente, ricco di brani
ipnotici e raffinati conditi con bluegrass e blues.
I molteplici e svariati assoli di chitarra (acustica, elettrica, kalimba)
vengono elaborati elettronicamente e
sovrapposti a un vasto repertorio di percussioni esotiche.
Aperto dalla progressione ipnoticamente circolare di Ur, il disco
si tuffa subito dopo in un marasma percussivo da world music (Sphexes),
delicatamente colorato dalle dissonanze della chitarra elettrica,
per calmarsi poi nel quieto tintinno zen di Ten Years, cullato dai
cristallini rintocchi melodici della chitarra acustica e infiammato piu' avanti
da un crescendo di tabla e di distorsioni elettriche. Questo bagno mistico da'
il vero tono dell'opera, che da li' in avanti e' tutta in
salita verso armonie sempre piu' limpide e fluenti, pervase in ogni accordo da
un anelito metafisico, e verso un modo di portare le melodie che diventa
narrativo nella vivace e squillante ballata folk Three Primates e
meditativo nel lirico acquarello di The Alien Lounge,
ma e' ancora puro delirio religioso nelle vertigini incalzanti di
You And It e nel raga ipercinetico di Ten Yr Dance.
Sono impasti cromatici che, per quanto imbevuti di spirito hare krishna e di
nevrosi metropolitane, possono ricordare Leo Kottke e persino Mike Oldfield
nella loro fresca ingenuita' e nel loro variopinto e sinuoso svolgimento.
Il piu' umile e spirituale Northern Song (october 1981), suonato con il solo
accompagnamento delle congas, indulge nel descrittivismo (Big Wind),
nella meditazione trascendentale (Form), nell'arcano e nel soprannaturale
(la lunga suite Nine Doors, tour de force e summa della sua arte di
delicate dissonanze in sordina che soltanto per pochi secondi puo'
"alzare la voce" in vere jam di jazz-rock o tintinnare melodie compiute, e piu'
spesso si limita invece a confabulare assorta fra lunghe pause).
Il suo tocco di corde e' gia' un classico del chitarrismo solista, lento e
cristallino, vellutato e pensieroso laddove Fahey era rustico e spontaneo.
Safe Journey (november 1983 - ECM, 1984) e`
schizofrenicamente conteso fra la batucada in stentoreo
crescendo di Test, il coacervo di dissonanze oniriche di
Going Somewhere (dieci minuti, forse lo zenith della sua carriera),
i tempi psichedelicamente dilatati di
Night Again, il tribalismo ferocemente distorto di Vision,
il raga incalzante di Mission, gli acquarelli esotici alla John Hassell di
Climbing e Any Minute.
Album piu' sperimentale e piu' aggressivo, apri` di fatto una nuova stagione
per Tibbetts.
Su Exploded View (ECM, 1986) brani come
Name Everything rasentano l'heavy-metal e la distorsione psichedelica
piu' feroci, nell'incalzare frenetico della ritmica; mentre
le atmosfere new age sono relegate a dimessi esperimenti dissonanti come
A Clear Day e Your Cat, peraltro nevrotici e sconnessi, e a
fantasie esotiche come Drawing Down The Moon, Metal Summer
e Assembly Field, peraltro fra le piu' cupe e sinistre del genere.
Fra citazioni dei due maestri (John Fahey
e Pat Metheny) e residui della civilta'
psichedelica Tibbetts rinnova il jazz salottiero secondo lo spirito della
new age.
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