George Winston (1949), un pianista scoperto da
John Fahey nel 1975, si
affermò con la trilogia di Autumn (june 1980), Winter into Spring (march 1982) e December (october 1982) come il più
caratteristico solista della new age.
Le composizioni di quegli album erano lunghi excursus sentimentali
strutturati secondo la forma arcinota e arci-sfruttata della fantasia melodica, con l'ambizione di descrivere
gli stati d'animo derivati dall'osservare quelle manifestazioni della Natura. Calme e composte, facili e
anonime, romantiche e jazzate, quelle suite annullavano qualunque valore estetico, conferendo alla musica
un ruolo di puro sottofondo. Arrangiate per di più per un solo strumento, il pianoforte,
sostituivano alla complessità della composizione (limite ambito dall'avanguardia tradizionale) la
facilità di ascolto, sovvertendo tutti i canoni dell'arte progressiva.
Non a caso sarebbe approdato all'album di rivisitazioni classiche, in cui
propina i ritornelli più celebri facendone regredire le armonie a livelli da cocktail lounge.
Il meglio del suo canzoniere si trova su Autumn. Lo svolgimento
di Colors è quasi in contraddizione con il suo titolo, perché i "colori" li lascia
soltanto intuire, sembra negarli di continuo man mano che li richiama alla mente. Longing, che
dovrebbe essere una serenata romantica per cuori infranti, finisce invece per suonare come un'operazione
post-moderna di "decostruzione" di uno stereotipo, per cui alla fine l'ascoltatore ha in mano tutti gli
elementi sintattici dell'emozione di attesa, ma non l'emozione stessa. Che l'arte di Winston si avvalga in
effetti di mezzi anche eruditi è dimostrato da Moon, che assimila tratti di ragtime e di
jazz, e da Woods e Stars, venate di minimalismo. Ma il nocciolo della sua arte rimane la
tradizione popolare, il vasto oceano della musica folk americana.
L'obiettivo di Winston è un misto fra l'evocare stati d'animo e il
crearne di nuovi: il pianismo di Winston in fondo creò proprio questo "paradigma" di musica che
trasforma uno stato d'animo facendo riferimento ad altri, ideali, stati d'animo.
Winter into Spring presenta già uno stile più duro e sofferto,
dalla spigliata romanza di Raindance alla sonata concettuale di February Sea, con un
momento di felice distensione in Venice.
Sono brani in cui Winston mescola sapientemente il pianismo swing degli
anni '30, il pianismo blues di New Orleans degli anni '50, il pianismo minimalista degli anni '70 e l'intera
tradizione folk.
Molto più banale e sentimentale risulta December,
dedicato a cantici natalizi da caminetto, come Thanksgiving. Altrettanto disimpegnato
Summer.
Winston è responsabile di uno degli aspetti più deteriori
della new age: quel riciclare banalità all'infinito con il pretesto del relax e della meditazione. Ma
la sua opera ha realizzato una fusione storica fra i diversi generi (leggeri e classici) che si servono del
pianoforte. Se l'idea venne presa di sana pianta da Keith Jarrett, lo stile di Winston è molto
più umile: ha poco della tradizione jazz e semmai qualcosa della tradizione blues e folk.
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