One of the founding fathers of world-music,
Pennsylvania-born white alto-saxophonist Paul Winter (1939)
formed his first sextet (alto sax, baritone saxophone, trumpet, piano, bass and drums) while he was studying in Chicago to play an aggressive (and self-penned) form of bebop, as documented on Paul Winter Sextet (december 1961).
Instead, they were dispatched to Latin America and, when they returned, they
helped popularize the Brazilian sound with Jazz Meets Bossanova (1962)
and two albums recorded in Brazil with Brazilian musicians.
That Winter's interest extended beyond Brazil was proven by Jazz Meets The Folk Song (december 1963), that integrated the spirit of folksinger Pete Seeger and Woody Guthrie into the context of jazz.
And that Winter's interest extended beyond popular music was proven by
the Consort, the ensemble that he formed to play a hybrid of jazz, folk and
classical music.
The Winter Consort (1968) and Something In The Wind (1970) mixed chamber instruments such as the English horn and the cello with the saxophone's jazzy lead and African and/or Latin-American percussion, and the repertory included folk dances and classical pieces. Last but not least, the Consort adhered to the hippies' utopian mood.
Road (june 1970) represented the Consort at its artistic peak: cellist David Darling, classical guitarist Ralph Towner, oboe and English horn player Paul McCandless, contrabassist Glen Moore and percussionist Collin Walcott (tablas, congas). The repertory included Towner's Icarus and Darling's Requiem.
Towner was the main composer of Icarus (1971), although the longer piece was Winter's joyful anthem Whole Earth Chant. The instrumentation was expanded, with McCandless also on sarrusophone, Towner also on piano and organ, Walcott on sitar and all sorts of ethnic percussion.
After Towner, McCandless, Moore and Walcott left to form Oregon, Winter convened a group of friends (including Darling, McCandless, drummer Steve Gadd, guitarist Oscar Castro-Neves) at a farm and recorded Common Ground (1978) amalgamating the voices of the animals with the jazz improvisation. The most influential experiment were Ocean Dream, featuring a humpback whale on lead vocals, three human vocalists and a Latin-jazz sextet, and Wolf Eyes for wolf, two human vocalists and neoclassical sextet.
The mesmerizing sound pattern of whales had been popularized by Songs of the Humpback Whale (1970), produced by the zoologist Roger Payne, but Winter turned it into an instrument of a broader ensemble.
The "new age" of the 1980s recognized Winter as its spokesman, and his fusion of jazz improvisation, chamber music, world-music and natural sounds as its manifesto.
The ecological and spiritual spirit of Winter's program permeated Callings (september 1980), a jam session between sea mammals (recorded all over the world) and jazz musicians playing soprano saxophone (Winter), cello (Eugene Friesen), oboe and English horn (Nancy Rumbel), pipe organ and piano and harpsichord (Paul Halley), guitar (Jim Scott) and percussion (Ted Moore), including the ten-minute Blues Cathedral.
Resonating with the new-age spirit of the era, Winter's albums led to the
Missa Gaia (recorded between may 1981 and march 1982), the first ever mass to feature a wolf and a whale in the choir, a work drenched in hippy, pan-ethnic and gospel spirituality
(the eleven-minute Return To Gaia), and to
the Concert For The Earth (june 1984).
In the meantime, the impressionist in Winter surfaced on Sunsinger (1983), a trio with Halley and percussionist Glen Velez, and on
Canyon (1985), recorded in the Grand Canyon and in a cathedral.
Their delicate, evanescent vignettes blended folk melody, neoclassical composure and Eastern meditation.
Whales Alive (january 1987) used the droning melodies of whales to score the chamber music for Winter and Halley.
Prayer For The Wild Things (1994), scored for 27 animal voices, seven instruments evoking animal voices, soprano saxophone, Native American choir and
three percussionists, was his most ambitious collage ever.
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"In realta`, tutto ebbe inizio un giorno del 1958, ben dieci anni prima che
registrassi "Common Ground"! Ascoltai per puro caso un nastro di versi di balene
e rimasi subito incantato dalla bellezza e dall'armonia delle loro voci.
Ai tempi mi spiegarono che le balene cantano pattern complicati, e ciascun
pattern puo` durare fino a 30 minuti senza interruzioni. Il fatto sorprendente
e` che la balena ripete esattamente lo stesso pattern, anche quando e` molto
complesso e molto lungo. Non ha importanza. La balena si ricorda il suo
pattern suono per suono, un po' come un musicisti potrebbe ricordarsi uno
spartito nota per nota. Non solo. Tutte le balene in una certa zona tendono
a emettere lo stesso partner. In un certo senso, cantano insieme la stessa
complicata canzone. Se torni sullo stesso posto l'anno dopo, scopri che hanno
coniato una nuova canzone e, ancora una volta, la cantano tutte insieme.
Sono creature che hanno un genere insolito di intelligenza, e la usano per
armonizzare. La musica e` parte integrante della loro vita sociale. La musica
e` il modo in cui comunicano. Rimasi assolutamente stupefatto da queste
rivelazioni, e capii che l'uomo aveva perso qualcosa del suo stato naturale,
del modo naturale di vivere e comunicare. Decisi allora di apprendere il
massimo sul comportamento delle balene e poi di trovare un modo per trasferire
la bellezza della loro musica nella mia musica, in maniera tale che la gente
potesse ascoltarla e magari ricordarsi di un evo lontano in cui anche noi
eravamo cosi` spontanei e armoniosi. In un certo senso volli fare la stessa
cosa che avevo fatto per violoncello e corno, strumenti che il pubblico della
musica popolare non conosce molto bene, e che io avevo integrato in strutture
piu` facili per l'orecchio popolare. Credici o meno, integrare i versi delle
balene fu piu` semplice che integrare i suoni del violoncello!"
Paul Winter (1939) è uno dei padri fondatori della world-music e forse il
musicista che meglio impersona lo spirito ecologico e umanitario della new age. La sua pluri-decennale
carriera ha tracciato la scia per l'intero genere: partito dal jazz degli anni '60, è pervenuto a una
fusione sempre più audace di suoni che abbracciano le culture più disparate della Terra,
umane e non, al punto da coniare il termine "earth music" in contrapposizione a quello troppo vago e
astratto di "world music".
Il suo Consort è il modello a cui si sono ispirati tanti ensemble di
world-music: una formazione che accosta strumenti provenienti da tutti i continenti, mescola spunti etnici
di tutte le culture, si basa in maniera indiretta sull'improvvisazione del jazz e si propone di armonizzare
con l'habitat naturale.
Nato in Pennsylvania (ad Altoona), educato in famiglia al pianoforte e al
clarinetto, Winter iniziò suonando in una banda paesana, poi in un complesso di Dixieland, poi in
un'orchestrina da balera. Alla high school si innamorò del bebop che stava dilagando in quegli
anni e a 17 anni si cimentò nel suo primo tour. Iscritto al corso di composizione alla
Northwestern, mentre frequentava i club di jazz di Chicago e imparava a suonare il sassofono, ebbe la
ventura di vincere un concorso nazionale prima ancora di laurearsi.
L'improvvisato sestetto jazz venne così prescelto nel 1962 dal
governo americano per uno degli annuali tour "della buona volontà" ("goodwill tour"). Quei tour
erano pagati dal governo e portavano il complesso selezionato a suonare in giro per il mondo, in decine e
decine di nazioni.
Il Paul Winter Sextet immortalato nel disco omonimo per la Columbia del
1961 era composto da compagni di studi: Warren Burnheardt al piano (che ha poi registrato diversi dischi
solisti), Harold Jones alla batteria (che ha suonato poi per diversi anni con Count Basie), Les Rout al sax
baritono (deceduto), Dick Whitfell alla tromba (anch'egli deceduto) e Richard Evans al basso (che oggi
insegna alla Berkeley School of Music). I sei si divertivano a suonare un bebop aggressivo e assordante,
come era di moda fra i giovani beatnik di allora.
La svolta decisiva nella carriera di Winter venne dal goodwill tour in
America Latina: dal febbraio al luglio 1962 Winter visse immerso nei ritmi della bossanova. Tornato in
patria, pubblicò quello che fu il secondo disco di bossanova a uscire in Occidente (dopo quello di
Stan Getz e Charlie Byrd).
Poi vennero ancora un paio di album con il Sestetto.
Nel 1964 Winter tornò in Brasile da solo a registrare due dischi di
bossanova autentica, accompagnato da musicisti brasiliani. La musica brasiliana, la sua languida
emotività, il suono caldo e distaccato della chitarra acustica, l'ipnotico continuum delle
percussioni, la filosofia agrodolce della saudade, che erano l'esatto opposto dell'aggressività del
bebop, cambiarono per sempre la sua vita.
Winter maturò così l'idea di formare un gruppo che si
ispirasse alla bossanova e che in più unisse il violoncello e il corno inglese, due strumenti classici.
Winter finì per dar vita nel 1967 al Consort, un ensemble con violoncello, liuto, corno inglese,
flauto, marimba, chitarra e basso, ovvero con un'orchestrazione parte jazz, parte classica e parte etnica.
Per la prima volta il mondo occidentale venne esposto al tripudio sonoro delle percussioni africane e
sudamericane in un contesto jazz che annoverava anche strumenti classici come il violoncello e il corno
inglese.
I primi dischi accreditati al Consort furono raccolte di brani tradizionali ri-
arrangiati secondo uno stile classicheggiante e secondo un umore utopista ed ecologista affine all'ideologia
hare krishna. Nel primo disco sfilano balli medievali, song rinascimentali, canzoni popolari e brani di
musica classica.
Dopo un altro disco preparatorio prese forma quella che sarebbe stata la
formazione classica, composta in gran parte dai musicisti che avrebbero poi formato gli Oregon: Paul
McCandless all'oboe (l'unico che c'era fin dall'inizio), Ralph Towner alla chitarra, Collin Walcott alle
percussioni (l'uomo che lanciò la moda per le tabla), Glen Moore al contrabbasso, David Darling
al violoncello.
Con questi accompagnatori Winter incise Road, il disco che gli
astronauti portarono sulla Luna nel 1971, battezzando due crateri con nomi di sue canzoni (Icarus
e Ghost Beads).
L'anno successivo fu la volta di Icarus, che mise a punto la sua
forma di fusion etno-pop-jazz-classica. La title-track, una sua tipica bossanova, sarebbe rimasta la loro
sigla più celebre, così come la gioiosa fanfara africaneggiante di Whole Earth
Chant ne è tuttora l'inno programmatico. Gli strumentisti del Consort contribuivano gran
parte delle composizioni (in particolare Towner, autore di Icarus e A Big Hug). Lo stile,
un jazz senza nerbo adulterato dai raga, era però ancora di transizione. Il produttore era George
Martin, il genio dietro il successo dei Beatles, che nella sua autobiografia considera questo disco superiore
a qualsiasi cosa abbiano fatto i Favolosi Quattro.
La personalità invadente di Towner mise di fatto fine a
quell'esperienza. Passarono anni di attività ridotta prima che Winter registrasse Common
Ground, forse il disco più importante della sua carriera. Fu infatti quello in cui, senza
abbandonare le velleità classicheggianti e l'amore per il Sudamerica, il sassofonista iniziò
ad amalgamare suoni della Natura con le sue improvvisazioni di stile jazz. Vi suonarono Darling,
McCandless, Steve Gadd (batteria) Lauvir DeOlivera (percussioni), Oscar Castro-Neves (chitarra), Robert
Chappell (organo), e tanti altri.
Fu quello il primo disco mai registrato che abbracciasse davvero l'intero
spettro della world-music, che fondesse le culture di tutto il mondo e che rendesse omaggio alle creature
del pianeta. Vi figurano una canzone con le balene, Ocean Dream, una con i lupi, Wolf
Eyes, e una con l'aquila, Eagle Cry (una trilogia che voleva simbolizzare le voci della
natura).
Un trattamento di riguardo avevano anche le voci, a partire dal salmo
religioso africano in crescendo di Ancient Voices, il cui ritornello è degno del pop, alla
leziosa melodia di Ocean Dream, che è a un pelo dal rock psichedelico. La fusione fra
percussioni e coro è al culmine in The Promise Of A Fisherman. Ma a far colpo furono
soprattutto i duetti con gli animali: Wolf Eyes rimarrà uno dei brani più
atmosferici della musica jazz.
Formata una propria etichetta, la Living Music, Winter diede alle stampe
Callings, evoluzione naturale del suono manieristico di Common Ground e opera
prototipica del nuovo corso, all'insegna di una fusion estremamente scorrevole e cristallina che amalgama
altresì i suoni di foche e leoni marini (13 i mammiferi marini scomodati per l'occasione). E' anche
il disco in cui Winter cominciò a sperimentare con l'organo a canne.
Il disco rivelava anche una nuova generazione di talenti: Jim Scott alla
chitarra, Eugene Friesen al cello, Nancy Rumbel al corno inglese, Gordon Johnson al basso, Ted Moore
alle percussioni e Paul Halley all'organo.
Due anni dopo Winter compose la prima messa new age, la Missa
Gaia, fondendo fanfare hare krishna, gospel, tribalismi pan-etnici, liturgia cristiana e una forma
estatica e malinconica di bebop da chiesa. La messa, l'unica al mondo con un kyrie composto e cantato da
un lupo, viene celebrata ogni ottobre in onore di San Francesco, patrono degli animali, nella cattedrale di
San Giovanni a New York.
Dopo Sunsinger, che doveva essere un disco per solo sassofono,
come di moda in quegli anni, ma poi divenne un disco in trio con Halley e Glen Velez (percussioni),
Winter riprese il discorso e l'orchestrazione di Callings con il Concert For The
Earth.
Un'altra prova suggestiva fu Canyon (per metà registrato
nel Grand Canyon e per metà in una cattedrale di New York), con McCandless all'oboe (suo
l'assolo di Elves' Chasm) e John Clark al corno francese (suo l'assolo di Bed Rock).
Winter trova la sua dimensione più spirituale in pezzi come Sockdolager, per sassofono e
due violoncelli in fondo al Gran Canyon.
Gli anni successivi furono molto intensi, ma in realtà le
fondamenta erano state gettate nei dischi precedenti. Dopo il minore Wintersong,
prevalentemente dedicato a canti popolari europei, uscì Whales Alive, i cui spartiti
prendono lo spunto da melodie delle balene e sono orchestrati prevalentemente per il suo sassofono e
l'organo di Halley.
Earthbeat (june 1987), con Halley, Velez, Friesen e Castro-Neves, fu dedicato
a canti popolari russi e arrangiamenti latin-jazz.
Earth: Voices Of A Planet elegge questa forma a ideologia e
compone un commosso omaggio alle diverse culture etniche del pianeta, ciascuna rappresentata dai suoi
strumenti. Il concerto, orchestrato per rombo di elefanti in corsa, tamburi del Ghana, corni di antilope e
così via, è più che mai un testamento spirituale.
Seguirono due album dal vivo, fra cui Spanish Angel, uno dei
suoi risultati più maturi.
Su Prayer For The Wild Things al fianco di Winter c'è la
Earth Band, una nuova formazione che ripropone Glen Velez, Paul Halley e Eugene Friesen, ma anche sei
nuovi musicisti (corno inglese, corno francese, oboe basso, fagotto, clarinetto contrabbasso) e tre
percussionisti. I primi due brani sono due preghiere, una suonata da sette strumenti europei e una intonata
da un coro di pellerossa, ma il resto è tutto dedicato alla natura selvaggia.
All'album "partecipano" 27 animali. Sette strumenti sono scelti per evocare
in particolare sette di loro (la Buffalo Song è suonata da uno strumento a fiato del secolo
scarso, l'orso dal violoncello, il leone di montagna dal fagotto, l'alce dal corno francese e così via),
e le partiture ambiscono a rendere i loro movimenti. Anche i suoi assoli al sassofono (più
numerosi del solito) sono ispirati dalla natura: sono infatti tutti eseguiti all'aperto, in canyon e foreste, su
spiagge e montagne (North Fork Wolves In The Midnight Rain è un assolo nella pioggia
con gli ululati in sottofondo).
Negli anni '90 Winter è diventato un ambasciatore della pace,
volando da una parte all'altra del mondo a portare il suo messaggio di fratellanza universale. Nel 1994 ha
tenuto un concerto nel deserto del Sinai al confine fra Egitto e Israele.
Sincero assertore di una fede umanitaria che trascenda razze e religioni e
che ponga al centro dell'universo la vita e non l'uomo, Winter è stato una guida morale prima
ancora che musicale per il movimento new age. Fra i suoi allievi si contano innumerevoli talenti del jazz e
della new age.
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