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Joris Ivens nacque in Olanda, ma, laureatosi in ingegneria a Berlino, si
impiegò in una fabbrica di Dresda. Al ritorno in patria fondò il primo cineclub nazionale
e girò
De brug (1928), sinfonia alla Ruttmann. Dopo
Regen (1929), ancora sotto l'influsso dello
sperimentalismo, si pose alla testa dei circoli intellettuali europei con una serie di documentari impegnati,
di chiara matrice marxista, fra i quali
Zuiderzee (1934), sul prosciugamento di una zona di mare e la
costruzione della diga relativa, a cui collaborarono Eisler per le musiche e Brecht per i testi, e
Borinage,
su uno sciopero di minatori, opere coraggiose che gli procurarono guai con le autorità. La lotta fra
natura e uomo si incrocia con quella fra capitalismo e lavoratore, come se il capitalismo facesse parte della
natura. Questa doppia tematica si ritrova nei film girati in giro per il mondo, sui posti dove simili conflitti
scoppiavano in tutta la loro immane ferocia:
The spanish earth (1937) (irrigazione dei campi sullo sfondo
della guerra civile), a cui collaborarono scrittori americani,
Four hundred millions (1939) (sull'invasione
giapponese della Cina),
Indonesia calling (1941), etc.
Negli anni sessanta un impegno politico ancor più marcato lo
portò da Cuba al Vietnam, fino alla Cina, dove realizza
Comment Vukong deplaca les
montagnes (1975), undici ore di celebrazione di una civiltà post-rivoluzionaria.
Il suo documentarismo militante, lirico e politico, populista e proletario, sempre
pronto ad accusare con le immagini i soprusi del capitalismo e dell'imperialismo, cioè proletario e
terzomondista, conferisce una grande importanza all'elemento storico-geografico, unificando popoli
lontani sotto l'egida della stessa lotta di liberazione.
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