7.0 Neobychainiye Priklucheniya Mistera Vesta/Mister West (1924) 7.0 Po Zakonu/ Dura Lex (1926) | Links: |
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Lev Kulesov cominciò a interessarsi giovanissimo di cinema, dopo
essersi cimentato nella pittura; dopo la Rivoluzione iniziò un'attività di ricerca sul
montaggio, tecnica di cui divenne in breve il tecnico più eminente in terra sovietica, e pur avendo
a disposizione mezzi ridotti potè allestire un laboratorio sperimentale.
I suoi allievi (fra cui Barnet, Pudovkin e Esser Gub) e lui stesso produssero dei montaggi d'attualità che scardinavano i tradizionali canoni del cinema sovietico: non più melodrammi borghesi con ritratti psicologici ma slapstick, acrobazie, città, tecnologia, avventura, secondo i modelli americani. Kulesov era particolarmente influenzato dai film americani, liberi da ogni schema teatrale, in cui gli attori erano addestrati per recitare sullo schermo e non sul palcoscenico, in cui si faceva ricorso al montaggio parallelo di Griffith, e in cui i soggetti erano studiati appositamente per il mezzo cinematografico; Kulesov notava come questi accorgimenti riuscissero a coinvolgere maggiormente il pubblico, soprattutto per quanto riguarda la suspence e la gag. Gli esperimenti di bricolage cinematografico servirono allora per realizzare in modo altamente professionale dei film di carattere medio. Neori cainje prikliucenija Mistera Vesta (1924) utilizza gli attori come pupazzi, in modo cioè iconografico; è un film satirico e scatenato secondo i comandamenti del FEKS, incentrato attorno alle disavventure di due americani a Mosca, un distinto borghese e un cowboy rozzo, che sono partiti convinti di trovare ostilità e complotti politici ai loro danni e di conseguenza equivocano tutto: il cowboy insegue addirittura su un tram un gruppo di motociclisti sparando con tutte le pistole e infine catturandoli come vitelli al rodeo.
I personaggi sono caricaturali, senza spessore psicologico. Dopo Luc smerti (1925), esercizio formalistico sulla falsariga dei serial francesi e americani, con dovizia di banditi mascherati, donne fatali, loschi figuri sui tetti, diresse Po fakonu, un western drammatico sceneggiato da Sklovskij che ha lo spessore di uno studio psicologico alla Bresson e il sapore di un apologo sulla morale borghese:
un cercatore d'oro, che ha ammazzato in una rissa due suoi compagni, viene giudicato e giustiziato da un uomo e da una donna, improvvisatisi tribunale perché un'alluvione impedisce loro di consegnare l'omicida alle autorità. I cinque aveva scoperto un filone, ma l'accusato ha ucciso gli altri due e i sopravvissuti, marito e moglie, tengono prigioniero l'omicida nella baracca aspettando di poter uscire; durante la reclusione i tre attraversano momenti di tensione (il prigioniero tenta di fuggire) e di umanità (per il compleanno della donna cenano allo stesso tavolo e il prigioniero le regala l'orologio); anche le certezze vacillano, e i due coniugi non vogliono più la sua morte, mentre lui è afflitto dal rimorso; infine decidono di tenere un processo e, riconosciuto colpevole l'omicida, lo impiccano.
Le eccentricità non sono più fini a sé stesse, ma parte della costruzione di una realtà immaginaria, il montaggio mira ad aumentare la tensione e l'emotività a parte. Scioltosi il gruppo di allievi della sua scuola, Kulesov si dedicò più alla pedagogia che al cinema, dirigendo pochi mediocri film e terminando la carriera con opere per ragazzi come Kliatva Timura (1942). Velikij grazdanin (1935), acuta riflessione sull'arte sociale e culmine del suo mestiere. Kulesov formò la cinematografia sovietica sul modello di quella americana, rompendo i ponti con i vecchi standard europei. Kulesov fu per i sovietici ciò che Griffith fu per gli americani. |
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