Alberto Lattuada
L'accanito cinefilo milanese Alberto Lattuada
esordi` come sceneggiatore nel 1940 all'interno della corrente dei calligrafi e nella stessa direzione si
inseri` con le prime due regie, entrambe letterarie e moraleggianti. Con Il bandito (1946) si converti` al
neo-realismo: la storia di un reduce che diventa un ricercato dopo aver ucciso l'assassino della sorella, che
si unisce a una banda di rapinatori e muore in un conflitto a fuoco con la polizia, era l'occasione per
guardare la realta` del dopo guerra. Senza pieta` (1948), un film noir molto pessimista che accomunava in
una tragica ineluttabile sorte un negro disertore e una ricercata costretta a prostituirsi, rinnega parte di
quei propositi, e Il mulino del Po (1949, da Bacchelli) deviava verso l'epopea contadina con una
concezione dello spettacolo cinematografico che rimandava piuttosto all'epica sovietica e al western
hollywoodiano. Tocco` il vertice di un suo personale realismo poetico con il satirico Il cappotto (1952, da
Gogol) e con il ...iniano Luci del varieta` (1951). Stilista accurato e narratore ordinato, Lattuada continuo`
a tratteggiare vicende borghesi con un realismo nel quale immise a dosi crescenti un erotismo ignoto agli
altri neorealisti, anticipato da Anna (1951), ballerina per la quale uno spasimante ammazza il rivale e che
per penitenza si fa suora, che porta a drammatiche e morbose tensioni in La lupa (1953, da
Verga), a imbarazzate ipocrisie in La spiaggia (1953), commedia storica che colloca una prostituta con
prole in mezzo alle signore per bene di una spiaggia alla moda, a delicate notazioni psicologiche
sull'adolescenza in Guendalina (1937).
L'eros borghese e la psicologia adolescenziale impregnano cosi` I dolci
inganni(1960), storia di una ragazza turbata da situazioni ambigue e dai discorsi dei compagni, che si
innamorata di un uomo di mezza eta` e, dopo molta reticenza gli si concede, e Lettere di una novizia
(1960, da giovane), ripropone una situazione de rivalita` sessuale fra madre ferina e figlia impotente. Nel
torbido e nel conturbante, Lattuada trova la sua misura. Il suo classicismo approda a un cinema di sottile
introspezione.
Questa strada viene pero` interrotta da una inopinata revisione tematica in favore
di una maggiore spettacolarita`, anche se ammantata di intenti moralistici. Per esempio Il Mafioso (1963)
e` Sordi nei panni di un onesto emigrato siciliano in vacanza nel paese natio che viene costretto dalla
mafia a uccidere un uomo a New York, dopodiche` nello spazio di poche ore si ritrova a casa senza che
nessuno sospetti nulla. Fraulein doktor (1969) e` una efferata spia tedesca della grande guerra,
morfinomane e amante appassionata di un agente nemico che, dopo aver portato a termine diverse
brillanti imprese, finisce per impazzire. Sono stato io (1973) e` la storia di un mitomane che si
confessa colpevole di un omicidio soltanto per comparire sulle prime pagine dei giornali, ma la morte
dell'uomo che dovrebbe discolparlo lo condanna davvero al carcere e per di piu` il caso viene presto
dimenticato da tutti.
Se l'erotismo gli prende nel grottesco Le faro` da Padre (1974), dove uno
speculatore sposa una adolescente minorata per appropiarsi di un terreno e poi scopre i piaceri del sesso
proibito, e nel picaresco Oh Serafina (1976), favola bozzettiana dove un giovane candido e ingenuo,
internato in manicomio dalla moglie erotomane, parte su un carro tirato dai buoi in campagna di un
ereditiera reduce da molteplici deludenti esperienze familiari e sessuali alla ricerca dello stato di natura
(quasi una parodia del Toto` di Miracolo a Milano), Lattuada e` anche saltuario autori di pregevoli
riduzioni di classici narrativi sovietici (secondo una consuetudine inaugurata dal Cappotto), fra i quali
impeccabili La steppa (da Cechov) e Cuor di cane (da Bulganov). Il classicismo e l'indole fantastica
del regista si dispiegano qui con maggior cura e attenzione psicologica.
Il cinema letterario e pittorico del regista, pagano e libertino per eccellenza,
tenta una sintesi conclusiva allo scadere degli anni settanta con Cosi` come sei (1978) e La cicala (1980).
Nel primo una ninfetta seduce un padre di famiglia che probabilmente e` il suo vero genitore e, nonostante
il terribile sospetto, i due mandano al diavolo amici (Lei) e famiglia (lui) per godersi una vacanza
d'amore. Il secondo comincia dall'incontro fra una candida ninfomane (che va a confessarsi seminuda) e
una soubrette decaduta; un barista di mezza eta` decide di sposare la seconda e assume anche la prima, per
di piu` deve accogliere anche la figliastra adolescente appena uscita dal collegio. Mentre la madre
esaudisce il marito a forza di amplessi e i camionisti avventori del bar vanno in delirio o per l'una o per
l'altra delle tre, la verginella si smalizia alla svelta e cerca persino di prendere il posto della madre (ancora
una volta si riaffaccia il tema della gelosia fra madre e figlia). Si scatena la violenza con feriti e morti e
una suicida: la madre, che corona cosi` la sua decadenza. Lattuada concentra l'azione in una specie di
isola per vagabondi, maschi e femmine, che ricercano la propria identita` nel sesso. Il dramma popolare si
trasforma in una rappresentazione alla ... del grottesco.
Lattuada stesso definisce "fotoromanzo" la sintesi di semplicita` narrativa, temi
popolari e letterarieta`. Le note piu` positive che emergono da questa sintesi sono il virtuosismo (quello
che una volta si chiamava calligrafismo) e il senso borghese. Il primo, cromaticamente impressionista,
stilisticamente liberty, e spiritualmente dannunziano, e` anacronistico ma unico. Il secondo, condensato
nei vezzi voyeuristici che lo spingono a scoprire sempre nuove e bellissime debuttanti da spogliare
propone, da un lato, una galleria di femminilita` voraci, disposti all'odio piu` feroce per soddisfare i propri
bisogni inconsci, e dall'altro, senilita` terrorizzate il cui bisogno inconscio consiste in una illusione di
giovinezza, illusione che puo` venire soltanto da un confronto con la verginita` in fiore.
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