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Allievo di Gavcenko a Mosca, e Armeno di nascita,
Sergei Parajanov (Sergej Parazdanov)
fece ritorno
nel 1951 a Kiev, dove diresse alcune opere minori prima di trasporre un racconto di Kocjbinkij:
Tini Zabutykh Predkiv/ Shadows of Forgotten Ancestors (1964).
Ambientato in una piccola comunità di montagna, si rifaceva a due
filoni di moda: quello etnografico, studio dei costumi dei popoli periferici, e quello poetico,
figurativamente molto curato, senso panico della natura, colori violenti e irreali, gran movimento di
macchina.
Il fatto saliente del film sono le inquadrature. Non solo i soggetti che
vengono accostati dietro la cinepresa, ma le posizioni stesse. Un paio di volte
la cinepresa e` sott'acqua e riprende Ivan che beve.
Parazdanov e il suo fotografo Vlienko si riallacciarono agli esperimenti
futuristi, infiorettando il testo di interventi pittorici e montaggi al limite del sogno e dello straniamento
(pellicola colorata secondo lo stato d'animo del protagonista).
Il film e` ambientato nelle montagne boscose della Carpazia. Gran parte del
film consiste di cerimoniali tradizionali della tribu` o di inquadrature
solenni della natura. Per salvare
un bambino, Ivan, un taglialegna muore schiacciato dall'albero che ha
appena finito di tagliare. In chiesa un ricco viene insultato da un povero
e fuori lo uccide con un'ascia. Durante il funerale Ivan, figlio del morto,
corre a salutare la bambina Maricka, figlia del ricco. Quando crescono, si
giurano eterno amore, ma le due famiglie si odiano. Ivan parte per andare
a cercare lavoro, lasciando sola la madre. Si aggrega a dei pastori di pecore.
Un giorno sogna che Maricka e` in pericolo di vita. E infatti Maricka e` morta
davvero, annegata nel fiume. Ivan non si riprende dallo shock. Conduce
un'esistenza solitaria, invecchia, imbruttisce. La madre muore e lui vende
i suoi averi. Vive di carita`, di lavoretti. Tutto il villaggio ne parla.
Alla fine pero` accetta di sposare una giovane avvenente. Rimesso a nuovo,
si comporta da marito buono e laborioso, ma rifiuta di fare l'amore con la
sposa. La donna ricorre persino ai sortilegi per farsi desiderare dal
consorte, ma invano. Quando chiede aiuto al mago di paese, questi ne
approfitta per fare lui l'amore con lei. La loro tresca diventa pubblica
al punto che un giorno in una taverna Ivan non puo` piu` fare finta di non
vedere e deve sfidarlo a duello. Il mago lo colpisce con l'ascia e lui va
a morire presso il fiume, rivedendo ancora una volta la sua Maricka.
Mentre le vecchie lavano il cadavere, e la moglie segue svogliatamente il
rituale, nella stanza di fianco si tiene una festa.
Sayat Nova/ The Color of the Pomegrenates(1970),
girato in Armenia, è l'eresia narrativa
più rigorosa del regista; la storia di un trovatore del Settecento
(the 18th-century Armenian poet-monk Sayat Nova)
è il pretesto per
stravolgere il rapporto organico che lega il cinema alla storia nazionale: la sintesi di secoli di umiliazioni
collettive emerge dalla carica simbolica attribuita all'iconografia popolare e, data la dissoluzione della
trama in un grandioso poema nazionale, l'effetto proviene dall'accumulo delle scene. L'esuberanza
etnografica del film precedente cede il posto a un immobilismo innaturale, a una staticità ipnotica,
a un ritmo largo che accentua la portata simbolica degli eventi. A differenza del misticismo di maniera di
Tarkovky, Paradzanov critica, attraverso la figura del suo prete solitario (interpretato da tre attori, due
uomini e una donna), i riti e le strutture clericali.
Il film e` un susseguirsi di scene allegoriche, alternate
a "nature morte" e a ritratti di famiglia. E` come muoversi in una galleria
di dipinti o di foto d'epoca. Molte delle scene si ispirano ai film
surrealisti: forti contrasti dei soggetti inquadrati, colori sfarzosi,
spazi vuoti, geometrie snervanti, movimenti nevrotici.
This is not a narrative film but a visual poem, a sequence of vividly-colored
tableaux with no dialogue and
still-life portraits.
The actors behave more like mimes, and mimes whose
faces rarely display any emotion.
The characters stop for a few seconds after having performed an action
so we have time to absorb the scene.
The "story" begins with the pages of the diary written by a medieval poet
of Armenia, followed by a series of religious symbols.
A child is crouching on a couch, staring at a scene upside down:
flickering images of books and of blood pouring down a wall.
Monks are piling up ancient books in the courtyard of the monastery.
The child climbs to the roof where other books are lying open, their pages
moved by the wind. He leafs through one of the books.
He hangs from a tower to ring a bell.
The child never smiles.
Women are washing carpets.
Men pull red and black dyes out of boiling cauldrons.
Two monks massage and bath.
Children pour water from a balcony on men being washed down below.
As a young man, the poet is represented as a
mannequin with an expression-less face.
A mysterious woman appear, holding a veil in front of her face while in the back
a sculpture is rotating inside a mirror.
He is staring at the camera and holding different objects, performing ritualistic actions in slow motion.
A processions take place in front of small churches by people who look like
circus performers.
Knights assemble, one bouncing a white ball.
The young poet, staring glacially into the camera, stands in front of a crowd, one of the girls also bouncing a white ball.
Then he is hauled onto a horse, all the time staring at the camera.
The poet enters a crypt and lays his lands on a mummy, always staring at the camera, and holds a sign written in an ancient script.
The woman now is wearing red and her veil is red, while the poet tunes his
musical instrument.
A shaman is drumming.
A man pours wine like an automaton.
The woman drinks it and either dies or gets drunk.
The shaman drums accompanied by a child.
There are dancers among red carpets hanging from scaffolding.
The poet leaves the monastery in which he was raised
(a scene that feels like it has been cut with scissors).
A group of monks eats pomegranates.
A trios of monks: each trio washing the feet of one of them.
Two monks plunging into menholes and reemerging inside a church.
Scenes of monks at work.
A boy and a girl are married in the church.
A baby is being christened.
Goats are slaughtered in front of a church as offerings to God.
The patriarch is dead, the monks mourn it and someone digs a hole in the church's floor while a herd of lambs crawls in, eventually flooding the whole space.
The poet's parents die and he mourns them in an elaborate ceremony.
We see him as a child again eating bread that the parents hold in the air,
a scene that takes place inside a cave and that soon is flooded with feathers
or foam.
The poet is now old. He stares at mosaics in the dome of a chapel and
sees an archer shooting arrows at them, but he is actually inside a ruined
church.
Men are carrying the open coffin of a dead woman wrapped in a white dress.
He is accompanied by two angels.
Then he holds and beholds a skull in his hand.
We are back to the monastery that he left as a young man.
Monks take off their black clothes and kneel in their white underwear.
The poet is walking on the roof.
The angel of death is a woman holding a sword but she only
pours wine on his chest.
He looks up and sees himself as a child floating suspended from a dome
and holding two wings.
He lies down and chickens rustle around his body.
The two white angels carry him away but then take his musical instrument
and run away leaving him alone.
L'acceso sperimentalismo delle sue opere mise in cattiva luce Paradzanov, che
si vide bocciare diversi progetti e che nel 1971 fu costretto a interrompere le riprese del nuovo film.
Accusato di rapporti omossessuali, nel 1974 fu internato in un campo di lavoro. Anche dopo la
scarcerazione, concessa nel 1977 su pressione di intellettuali di tutto il mondo, Paradzanov non ebbe
più modo di dirigere.
Legenda o Suramskoi Kreposti / The Legend of Suram Fortress (1984),
dopo 15 anni di silenzio, arrestato per
omossessualità e contrabbando d'arte, si ispira a leggende popolari
della Georgia che narrano
l'epopea della fortezza di Suram, che può essere salvata soltanto se un giovane si farà
murare vivo nei bastioni.
Ashik Kerib (1988) was set in Azerbaijan.
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