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Il neorealismo aprì numerose porte al cinema Italiano. Il declino del neorealismo non segnò perciò la fine del dibattito culturale sul cinema impegnato. Segnò piuttosto una netta divaricazione fra il cinema di consumo e il cinema d'autore. Il cinema d'autore lavorò sul modello neorealista ma senza farsi condizionare dai suoi dogmi. La generazione di intellettuali che successe a quella di de Sica, Rossellini e Visconti proseguì la loro ricerca ma in direzioni del tutto personali (come, d'altronde, fecero loro stessi). Fellini e Antonioni aprono in grande stile la nuova epoca e danno già la misura del nuovo clima creativo: non più un'etichetta comune a raccogliere, sotto l'egida dell'antifascismo, i cineasti (attori, sceneggiatori e registi) che avevano esordito fra le rovine della guerra, ma un pullulare di cervelli liberi e indipendenti.
L'unico motivo accomunante è la presa di coscienza di una crisi storica che travaglia la società borghese nell'epoca del consumismo, del boom e della massa. Tutti i registi avvertono questa crisi e reagiscono secondo carattere e cultura, proponendo diverse varianti di esistenzialismo. La lezione del realismo insegnò pertanto come riprendere i dati essenziali della vita sociale; ma il resto, l'intrapretazione della crisi, fu un contributo di ciascun regista.
All'utopia neorealista si andò anzi sostituendo un più concreto approccio (critico e talora pessimista) alla realtà vera (non quella astratta di un quartiere romano o di una baraccopoli milanese); l'umore dei tempi era cambiato anche perchè, dal punto di vista politico, la generazione precedente aveva praticato nel mezzo degli entusiasmi e degli idealismi della nascente democrazia, mentre la nuova generazione aveva sotto gli occhi le prime storture e i primi fallimenti. Erano cambiate anche le disponibilità economiche, e il successo internazionale del neorealismo dirottò ingenti capitali, privati e pubblici, sul cinema; la stessa internazionalizzazione del cinema italiano fornì un'intenso scambio culturale, con l'acquisizione di quei generi che negli anni Trenta non erano penetrati in Italia.
Il consolidamento dell'opposizione parlamentare comunista aprì un nuovo fronte culturale, all'interno del quale militarono numerosi esponenti di primo piano della nuova intelligentia e favorì lo sviluppo del cinema civile, dedicato allo smascheramento dei mali e della corruzione del regime cristiano democratico.
Il Sessantotto moltiplicò i film di intervento e ampliò la gamma delle problematiche su cui intervenire: crisi generazionale, crisi della coppia, lotta di classe etc.; analogamente agì il riflesso: crisi di ideali, crisi del movimento, sbandamento dei reduci etc.
La crisi economica completò l'era delle crisi; negli anni Settanta il cinema d'autore, già smorzato dalla serie di fallimenti programmatici delle ideologie alternative a cui si era ispirato, fu la prima vittima del tracollo di incassi e di spettatori. Le porte di Cinecittà si chiusero per molti vecchi militanti del cinema impegnato e per i progetti faraonici dei grandi registi, ma soprattutto si chiusero per i giovani talenti e così si arrestò il processo di continuo ricambio che aveva fino ad allora alimentato il cinema italiano, facendone uno dei più vivaci del dopoguerra.
Ancora una volta però, come ai tempi del neorealismo, l'arte di arrangiarsi trovò una via d'uscita: i giovani più intraprendenti scoprirono la produzione autarchica, a basso costo, in super8, con attori non professionisti. Cineclub e circuiti alternativi, organizzazioni politiche e Stato fomentarono il fe-nomeno e fu l'inizio di una nuova spinta creativa.
Marcello Mastroianni
Proveniente dal teatro, dove era stato diretto da Visconti, si impose nel cinema durante gli anni Cinquanta nell'ambito del neorealismo rosa impersonando macchiette. Rivelato come attore di ben maggiore spessore da La dolce vita (Fellini, 1960), divenne il maggiore interprete dell'esistenzialismo storico attraverso La notte (Antonioni, 1961) e Otto e mezzo (Fellini, 1963). Venne lanciato come divo internazionale dai film interpretati con Sophia Loren.
Negli anni Settanta si aprì ad interpretazioni anche grottesche (per Scola e Ferreri), ma soprattutto divenne la maschera preferita di Fellini.
Il maggior adattatore di testi letterari italiani, Mauro Bolognini, fu lanciato da due sceneggiature di Pasolini, La notte brava (1959) e Una Giornata Balorda (1960), che si inoltravano nel mondo dell'emarginata gioventù suburbana. Cominciò poi la serie delle riduzioni, di stile quasi calligrafista, e che spiccano per penetrazione psicologica e ricostruzione ambientale, con le quali sarebbe campato per un ventennio, trovando soltanto al crepuscolo della sua carriera il coraggio di cambiare genere, volgendosi alla ricostruzione di casi e figure celebri [la pazza che uccise e saponificò tre amiche in Gran bollito (1977), farsa macabra e surreale, la Signora delle Camelie in La storia vera (1981), affresco ottocentesco di turpitudine e perversione].
Luigi Magni: storico romanista anticlericale: Nell'anno del Signore [(1969) affresco dialettale dei primi moti popolari dell'Ottocento, con Manfredi umile calzolaio che scrive satire anonime contro i preti ed è l'oppositore più pericoloso]; In nome del Papa Re [(1977) altra dura requisitoria contro il potere assoluto dei Papi, feroce e spietato nei confronti dei sovversivi fino alla breccia di Porta Pia]; le sue ricostruzioni del passato sono sempre attraversate da una vena lirica e comica, personificata in Manfredi.
Francesco Maselli: Sbandati [(1955)
rievocazione dei conflitti sociali durante l'occupazione tedesca]; Lettera aperta [(1969)
satira degli intellettuali di sinistra poco disposti a unirsi praticamente alle masse]; Il
sospetto [(1975) ritratto di un militante comunista durante il Fascismo, storia a suspence di
cospiratori e di un eroe fedele fino all'ultimo al partito]; Storia d'amore [(1986) suicidio
di una brava ragazza di borgata che non si adegua a una relazione a tre, con i suoi due amanti].
Cinema civile
Damiano Damiani: Attento alla cronaca e al costume con i suoi thriller popolari, quasi sempre sulla mafia: Confessione di un commissario di polizia al procuratore della Repubblica [(1971) sulle connivenze fra mafia e Stato]; L'istruttoria è chiusa, dimentichi [(1971) sull'aberrante situazione carceraria].
Giuliano Montaldo: Cinema di denuncia dei crimini internazionali: Gott mit uns [(1970) contro il militarismo e l'autoritarismo]; L'Agnese va a morire [(1977) ritratto didattico di una fiera lavandaia che diventa antifascista].
Cinema Politico
Gillo Pontecorvo: La battaglia di Algeri [(1966) dura requisitoria contro la repressione francese del movimento di liberazione algerino].
Carlo Lizzani: indagine storico-sociale: Achtung, banditi! [(1951) sulla Resistenza]; La banda Casaroli [(1962) gangster all'italiana]; Le stagioni del nostro amore [(1966) crisi ideologica degli idealisti esistenziali]; Banditi a Milano [(1968) gangster all'italiana]; La casa del tappeto giallo [(1983) thriller allucinato dell'assurdo, una girandola di sospetti che ruota attorno al tappeto messo in vendita da una giovane coppia].
Cinema psicologico
Antonio Pietrangeli: acume psicologico e sociale si completano a vicenda nei suoi ritratti femminili; donne indifese e sole, alla ricerca di un'identità in un ambiente borghese attanagliato dall'angoscia: La parmigiana [(1963) che per evadere dalla noia si lascia sedurre da un giovane ma, abbandonata, passa di uomo in uomo finchè finisce sul marciapiede]; Io la conoscevo bene [(1965) narra invece di una provinciale che cerca una collocazione a Roma, sia di lavoro sia sentimentale, ma trova solo illusioni e delusioni, fino al suicidio].
Mario Missiroli: La bella di Lodi [(1962) sulla ricca borghesia milanese].
Valerio Zurlini: Estate violenta [(1959) storia dell'amore di spiaggia fra un giovane, figlio di un gerarca fascista, e una donna, vedova di un ufficiale, e storia della presa di coscienza del ragazzo che finisce per arruolarsi volontario]; La ragazza con la valigia [(1961) altra educazione sentimentale, questa volta di un adolescente di nobile famiglia che, innamoratosi di una ballerina, la segue, la protegge, la difende].
Cinema cristiano
Franco Zeffirelli, regista lirico e teatrale, autore di biografie televisive su san Francesco e Gesù e di un idillio da rotocalco hollywoodiano, Endless love (1981).
Cinema contadino
Gianfranco Mingozzi, padano come Olmi e Bertolucci, documentarista [La vela incantata (1982), storia di due cineati ambulanti che durante il Fascismo proiettano film sulle aie ma poi vengono coinvolti dagli eventi].
Eriprando Visconti: crisi della coppia [La orca (1974)].
Peter del Monte: crisi dei valori [Irene Irene (1975)].
Antonioni Franco Rossi Odissea nuda [(1960) disagio esistenziale e alienazione].
Pasolini Franco Rossi Morte per un amico (1959).
34.
Sergio Citti
Pupi Avati grottesco surreale
Peter del Monte
L'esistenzialismo francese e la crisi dei valori forniscono le basi per il cinema di Peter del Monte.
Irene Irene (1975) è la storia di un magistrato la cui vita è trascorsa monotona e irreprensibile per anni e anni e che improvvisamente viene abbandonato dalla moglie; questo evento scatena una crisi che precipita quando la donna muore e al suo funerale si scopre sconsolatamente solo; muore su un treno qualsiasi: in tutto quel tempo non ha fatto altro che raccogliere le prove della propria colpevolezza, processarsi e condannarsi.
Un altro processo di identificazione in una morta è alla base di Invitation au voyage (1982), la bizzarra allucinata fiaba di un incesto fra due gemelli narrata in flashback dal giovane durante un viaggio in auto attraverso la Francia con il cadavere della sorella chiuso in una custodia di contrabbasso; dopo incontri e avventure il giovane brucia il corpo amato e ne indossa i vestiti.
Piso Pisello (1981) è una favola surreale per bambini:
a un ragazzo milanese compare una procace fata americana che si giace con lui per una notte; nove mesi dopo la fata gli porta a vedere il frutto del loro amore, che per un po' vive con lei in America; quando però lei non può più tenerlo per impegni di lavoro, il ragazzo padre si trova nei guai con i genitori; se ne vanno allora di casa e durante il loro pellegrinaggio affrontano macchiette e metafore della metropoli alternativa: il misantropo che vive nelle fogne, un palo della mala, il ladro di polli; il ragazzo, con l'aiuto di un branco di coetanei, costruisce un luna-park, ma uno speculatore glielo incendia; per lo speculatore c'è la giusta punizione, e il luna-park ricostruito viene affidato al papà-nonno; il ragazzo padre invece torna a casa con il figlio perchè ricominciano le scuole: davanti a un cartellone pubblicitario con una grande bocca carnosa i due si fermano esterrefatti, senza sapere cosa dire.
Piccoli fuochi (1985) fiaba comica:
un bambino trascurato dai genitori si inventa tre compagni di giochi (un re, un alieno, un drago) e gioca al fuoco; si innamora della baby-sitter come di una fata e arriva ad incendiare alla casa del suo ragazzo; allora la mamma decide di dedicargli più tempo e di dargli un fratellino.
Il tutto viene raccontato dalla sua prospettiva e diventa una storia di magie e di sogni.
Julia and Julia (1986):
il promesso sposo di Kathleen Turner muore in un incidente automobilistico il giorno del matrimonio; anni dopo la donna torna a casa e vi trova il marito e persino un figlio, che sono sempre vissuti con lei; quando si è adeguata alla nuova realtà, scopre che il marito la trascura e lei ha un amante: è shockata, si è sempre voluta conservare pulita e ha sognato così tanto di avere una famiglia che ora non può credere di essere lei a tradire; si è ormai integrata in questa parte quando torna nell'altra vita, dove è vedova, e così via fino alla follia.
36.
Salvatore Piscitelli
(1947)
Immacolata e Concetta (1979): due donne si conoscono in carcere e si innamorano appassionatamente, ma una tradisce l'altra con un uomo e viene dall'altra uccisa quando resta incinta. Cinema proletario austero e crudo.
Le occasioni di Rosa (1981): ragazza opportunista alla ricerca di vita facile si dà alla prostituzione, si mette con un criminale e spendaccione (amante di un ricco cliente di cocaina), accetta di sposare il ricco per regalargli il figlio del criminale di cui è incinta, ma alla fine abortisce rovinando tutto. Vita senza scrupoli, disposta a tutto; ma con un'impennata finale d'orgoglio. Visione amorale, fredda e distaccata, della degradazione.
Blues metropolitano (1985) chiude la trilogia napoletana della miseria materiale e morale: storia di ordinaria mediocrità e squallore attorno a un festival rock, che sembra mettere in relazione la decadenza dei costumi dell'americanizzazione di Napoli.
Regina (1987) parabola di decadimento e autodistruzione per un'attrice di mezza età che innamoratasi di un ragazzo, modello pornografo, che spingerà morbosamente nel letto della sua agente-amica, e, pazzamente gelosa, si farà pugnalare.
Ritratto di borghesia in nero (1978) è un affresco della borghesia cittadina in disfacimento durante il ventennio fascista: un giovane studente di musica si innamora di una vedova, madre di un compagno; poi però la lascia per una giovane più attraente e lei si vendica seducendo la bella e minacciando di rivelare i loro rapporti lesbici se non le rende l'amante; la ragazza la uccide, fugge con lo studente e infine si sposano.
Dopo un rifacimento metaforico de Il malato immaginario (1979), in cui Sordi è un vecchietto qualunquista che si finge infermo per poter ignorare che in città imperversano i moti papalini e che la moglie tradisce, Il turno (1981) è un completo stravolgimento della novella di Pirandello: Laura Antonelli è una giovane siciliana contesa fra un anziano nobile impotente, un mafioso prepotente e un barone spiantato ma guardone; la giovane sospira per questi, ma il padre la dà al vecchio; un avvocato maneggione riesce a far annullare il matrimonio e a sposarla; alla fine viene il turno anche quando l'avvocato muore di un colpo del giovane goffo; volgarità e oltraggio; buffonesco.
Veneziano, testimone del disagio giovanile con il dialettale Chi lavora è perduto (1963), slogan anarchico valido tanto più sul piano individuale quanto su quello sociale, ironico e sornione commediante all'italiana con Il Disco Volante (1964); ambientato in un paesino veneto intreccia miserie morali e materiali di gente per bene, un affresco delle ipocrisie del quotidiano universale, raccolta di macchiette provinciali [Sordi fa il prete avvinazzato in motocicletta, il carabiniere ottuso burocrate, il ragioniere dongiovanni seduttore della moglie del sindaco, l'aristocratico rampollo infantile e omosessuale (parroco malato e ubriacone, carabiniere imperturbabile, telegrafista dongiovanni, rampollo viziato, finocchio e idiota, succube della tirannica madre contessa)] e storia di un fantomatico UFO che i paesani usano per i loro misfatti e le loro miserie, finchè il marziano compare davvero: il telegrafista l'ha visto durante un incontro notturno con la moglie del sindaco (Vitti) e perciò viene ricoverato in manicomio; una contadina vedova (Mangano) con sette bambini che da anni conduce una villa miseranda lo cattura e lo vende al rampollo in cambio di una limousine e una pelliccia, ma viene subito denunciata dalla nobile genitrice; il prete, che l'ha visto in casa della contadina, viene ricoverato in una casa di cura, salutato con affetto dai parrocchiani; finalmente il brigadiere, arrestata una marziana durante il carnevale, si convince dell'esistenza degli extraterrestri, si precipita a palazzo per arrestare il marziano, ma, nel bel mezzo di un'orgia, la vecchia lo mette alla porta, fa buttare il marziano nel pozzo, e fa telefonare da un personaggio influente al brigadiere che perciò liquida la faccenda e rilascia la marziana; la pedina però fin dentro l'astronave, dove riceve un messaggio per l'umanità; ma viene ricoverato in manicomio con tutti gli altri, compreso il rampollo che ha gettata la madre nel pozzo; cineasta d'avanguardia con Ça ira, il fiume della rivolta (1966), film di montaggio sulle rivoluzioni moderne, regista delirante di spaghetti western con Yankee (1966), apologo dell'Antonioni thriller in Cuore in gola (1967), giallo figurativo, libertino popolare in Nerosubianco (1969), mette a frutto le accese fantasie e l'estro linguistico con Dropout [(1972) la fuga di un matto evaso e di una casalinga ostaggio (Vanessa Redgrave) attraverso i bassifondi di Londra fino alla tragica conclusione (lui catturato, lei uccisa dal marito geloso)] e con La vacanza, ballata dialettale dove il suo anarchismo rustico ha modo di distendersi in chiacchiere da osteria e vignette da fumetto, a conferma della sua simpatia per gli emarginati (i "tramp" chapliniani e i matti zavattiniani) e del suo rifiuto della società dei consumi: una contadina (Vanessa Redgrave) dimessa dal manicomio e venduta dalla famiglia come animale da tiro a un mugnaio fugge con un bracconiere, ma, dopo numerosi incontri con altri miserabili, viene catturata e rinchiusa di nuovo in manicomio.
L'urlo (1974) è un altro apologo surreale basato sulla metafora del viaggio: se ne vanno in un paesaggio astratto una ragazza di buona famiglia e un anarchico vagabondo; capitano in un albergo frequentato da sadomasochisti, in una fogna rigurgitante di intellettuali; incontrano un filosofo antropofago, un dittatore nano; e quando decide di tornare indietro muore in un incidente. Con spirito iconoclasta, e con quel tono di fiaba-barzelletta, Brass spazzola i miti della civiltà moderna come un Omero del duemila.
La forma del grottesco degenera con Salon Kitty (1976) in parodia goliardica e satira volgare, fra revival nazista, erotismo e spionaggio: una casa di tolleranza tedesca viene adibita da un fanatico tenente delle SS a centro segreto di spionaggio, le donne uccidono il tenente.
Il kolossal orgiastico Caligola (1979), denuncia delle nefandezze di regime attraverso la descrizione delle sue debolezze sessuali e dei suoi tic omicidi, scade nel più turpe degli hard-core.
Action (1979) è il punto più degradante del porno- fumetto brassiano, il vagabondaggio di un attore ridottosi a girare pornofilm, di un'attricetta matta che crede di essere Ofelia e lo butta dalla finestra e di un barbone matto che crede di essere Garibaldi.
La chiave (1983) narra di uno studioso inglese che si autodistrugge nei riti erotici della moglie e dell'amante; il primo sfogo delle sue curiosità sessuali.
Liliana Cavani
Dopo tre documentari storici, Liliana Cavani (giovane dissidente cattolica) esordisce nel film a soggetto con due opere per la TV: Francesco d'Assisi (1966), agiografia apocrifa che voleva mostrare il santo come una specie di contestatore dei tempi suoi, e con alileo (1968), sul conflitto brechtiano fra scienza e religione.
I cannibali (1970), versione moderna del mito di Antigone, è una metafora sulla repressione di Stato e sulla contestazione giovanile: per le strade di una metropoli sono sparsi i cadaveri dei ribelli caduti durante i disordini e le autorità proibiscono ai borghesi di seppellirli; una ragazza, aiutata da uno straniero, sfida il divieto per seppellire il fratello; insieme continuano clandestinamente l'opera di sepoltura, finché non vengono catturati dalla polizia; il fidanzato della ragazza finisce in manicomio per averli difesi, i due insorti vengono martirizzati; i giovani della città allora scendono per le strade in massa per continuare la loro opera. L'apologo austero tratto dalla mitologia rimanda al Pasolini di Medea, la fantasociologia sull'autoritarismo ricorda invece il Truffault di Farenheit 451.
L'ospite (1971), un film-inchiesta sui manicomi, racconta il faticoso reinserimento di una pazza nella società.
Milarepa (1974) mette a confronto l'esperienza mistica del poeta e mago tibetano con l'arida moderna civiltà tecnologica: la storia è raccontata da un giovane a un automobilista morente e segue tutti i tentativi fatti dall'eremita per soddisfare il suo anelito di infinito (dalla magia nera alla trasfigurazione).
Il Portiere di Notte (1974) abbandona lo spiritualismo e si inoltra in zone più torbide dell'animo umano; denuncia della nefanda aberrante ideologia nazista e freudiana analisi del sadomasochismo, il film coltiva assiduamente un inquietante clima di ambiguità. Il portiere di notte di un albergo viennese è un ex-ufficiale nazista addetto a un campo di concentramento; quando nell'albergo giunge una ex-deportata ebrea, che fu da lui seviziata e costretta a diventarne l'amante, fra carnefice e vittima si instaura di nuovo un rapporto di morbosa attrazione; si barricano in casa dell'uomo e poco a poco ricostruiscono la vita del lager: lui la tortura e lei sfoga una sfrenata sensualità; gli ex-camerati del portiere, decisi a cancellare ogni traccia dei loro crimini passati, assediano la coppia senza pietà; quando sono ridotti allo stremo, i due si vestono delle rispettive divise (uniforme nazista e camicia bianca) ed escono tenendosi per mano; sulla soglia vengono falciati con una mitragliata da un omosessuale ex-amante del portiere. Hitchcock per il complotto segreto dei nazisti, Losey per il rapporto fra servo e padrone, Bergman per l'estenuante rito del reciproco annichilimento, Buñuel per la foga autodistruttiva della borghesia (con citazioni letterarie da de Sade, Dovstoevskij) presiedono a questo crudo apologo sulla crisi della coppia.
Al di là del bene e del male (1977) racconta il ménage à trois del filosofo tedesco Nietsche, della fatale russa Lou Salomè e del filosofo ebreo Paul Ree, un altro psicanalitico rapporto sulla crisi della coppia vista attraverso le nevrosi eterosessuali di tre intellettuali decadenti.
La pelle (1981) da un romanzo di Malaparte] è un aberrante infame abietto reportage sulle miserie delle retrovie durante la liberazione a Napoli; per salvare la pelle la popolazione si abbassa a ogni turpitudine: contrabbando di prigionieri tedeschi, mercato di donne e di ragazzini, furti di carri armati, mostre di verginità a pagamento, etc. Sullo sfondo si svolge il tenero idillio fra il giovane soldato americano e l'infermiera che lo ha assistito e piccoli incidenti che tingono la storia di toni ambigui: un carro armato americano schiaccia un italiano festante. Lo spettacolo timbrico d'assalto della Cavani esula dall'affresco storico per inoltrarsi lungo la strada di una sintesi di generi hollywoodiani (horror, bellico, melodramma). Un cinema d'effetto che non lesina scene ripugnanti e traumatizzanti. Cruda riflessione sull'istinto di sopravvivenza.
La regista cerca nell'iperrealismo della degradazione e nell'estetica dell'oltranza la spiegazione al tormento esistenziale della civiltà moderna. Dal punto di vista stilistico inclina sempre più per l'effettismo corale al di sopra di qualunque messaggio.
Oltre la porta (1982) è una storia sul possesso amoroso che si rifà al thriller hitchcockiano più tradizionale melodramma esotico di Hollywood pur conservando sempre quelle caratteristiche di efferato cinismo e di cupa sessualità sadomaso: una ragazza guida turistica di Marrakesh va a trovare spesso in carcere il suo amante (Mastroianni) e poco a poco si scopre che lui è in carcere accusato (ma innocente) di aver uccisa la moglie, che è la madre della ragazza, e che lui è anche il vero padre della ragazza; il rapporto incestuoso continua però morbosamente passionale: lei lo ha praticamente recluso per averlo tutto suo quando vuole; un amore improvviso e il conseguente matrimonio sembrano liberare la giovane dalla schiavitù sessuale, ma appena il padre viene rilasciato ricadono nel vizio.
Pupi Avati
Dopo un'oscura milizia jazz in Romagna, Pupi Avati diresse alla fine degli anni Sessanta un paio di film rimasti sconosciuti.
La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1975) rivela il suo spirito naïf, magico, popolare e goliardico e mette in luce un regista dalla vena surreale [la leggenda di un fico miracoloso rincretinisce anche un ateo che l'ha ereditato]; Bordella (1976) ne conferma la balordaggine provinciale, la dialettica sarcastica, l'eresia burlesca.
La casa delle finestre che ridono (1976) è un horror-thriller paesano; un giovane restauratore alle prese con l'affresco di un pittore suicida si trova al centro di inspiegabili omicidi: sagrestano, tassinaro, maestrina; intanto si scopre che il pittore era un maniaco, che faceva uccidere i suoi soggetti dalle sorelle per ritrarne gli ultimi momenti; tutto il paese custodisce l'orrendo segreto.
Tutti defunti tranne i morti (1977) lo conferma originale dissacratore del gotico, di sinistri maggiordomi, castelli avvolti nella bruma, investigatori e cadaveri, ambientati nella pianura padana dove il regista è nato e cresciuto e rispolverate dal punto di vista farsesco. Un rappresentante di libri che cerca di piazzare un volume araldico presso le famiglie nobili, rimane coinvolto in un'oscura vicenda, costellata di fatti assurdi e di macchiette parodistiche.
Le stelle nel fosso (1978) accentua il suo surrealismo orrifico; quattro fratelli scimuniti, creduloni e vergini spiano le nobili quando si fermano a orinare nel bosco, si dedicano alle più assurde mansioni, fanno dispetti al conte impazzito; un giorno compare una bella fatina che si unisce ai loro innocenti giochi e se li sposa tutti in una volta, per scomparire poi la notte lasciando gli ebeti al loro candido sonno.
Nei tre anni seguenti Avati prepara tre sceneggiature per la televisione: Jazz band, autobiografica rievocazione del dopoguerra; Dancing paradise, altra commedia musicale a ritmo jazz d'ambiente paesano (a struttura fiabesca); e Cinema, diario delle sue prime esperienze cinematografiche.
Aiutami a sognare (1981) batte ancora sul mito americano degli anni Quaranta, quando l'America significava soprattutto cinema, jazz e liberazione; una giovane vedova con tre figlie, sfollata nella casa di campagna, accoglie e aiuta un aviatore americano, che la seduce e poi se ne fa; il film, pur essendo ambientato in periodo resistenziale, racconta di quell'Italia che visse lontano da nazisti e partigiani, che lottò più che altro per sopravvivere e che sognò l'America come qualcosa di mitico; il breve idillio fa sognare la donna, bisognosa di dimenticare i guai e il pericolo. Ancora commedia sentimentale, musical, autobiografismo, ma senza più il tono grottesco e surreale.
Una gita scolastica (1983), pagina dell'album dei ricordi, descrive una gita a piedi da Bologna a Firenze; lungo il percorso i liceali incontrano il mondo contadino dell'epoca, in un'atmosfera fantastica e magica che ricorda le allegorie folk dei sovietici.
Zeder (1983): è il nome di uno scienziato tedesco che aveva scoperto come resuscitare, teoria di cui uno spretato appena morto era seguace e sulle cui tracce si mette un giornalista; atmosfera gotica, suspence, horror.
Noi tre (1984): Mozart fanciullo conosce in un castello emiliano un ambiente familiare fatto di personaggi amabili (la bella contessa) e di pazzi, eccentrici, superbi.
Impiegati (1985), con lo stesso tono patetico-ironico da ricordo personale, racconta l'educazione sentimentale di un giovane impiegato di banca e la sua progressiva integrazione nell'ambiente.
Ultimo minuto (1987), minore.
Regalo di Natale (1988): i tradizionali amici paciocconi di Avati sono trasformati in esseri subdoli e biechi, e una lunga partita di poker ne mette in luce i rancori segreti: un tranello è lo scopo della riunione.
Sergio Citti
Sergio Citti, già assistente di Pasolini, esordì nel '71 con un film di borgata, Ostia, e, nel periodo della trilogia della vita, diresse un film novellistico, Storie scellerate (1973), più boccaccesco e meno decadente: le novelle sono raccontate da due malfattori in attesa di essere giustiziati e comprendono una vasta casistica di grigio materialismo corporale (fame e sesso), con frequenti scenette turpi e blasfeme. La carriera parallela a quella di Pasolini si esaurisce con la morte del maestro.
Casotto (1975) è una commedia all'italiana aperta e naïf, plebea e comica, ligia al campionario sessuale da spiaggio e ancora segnata dalla fame pasoliniana di sesso e di cibo del sottoproletariato.
Due pezzi di pane (1979) fa ammenda con una favola nostalgica e senile in cui due suonatori ambulanti buontemponi che battono le osterie di Roma si contendono il figlio di una donna che all'insaputa l'uno dell'altro andava con entrambi; per evitargli l'orfanotrofio decidono di allevarlo insieme; già sognano di farne un allegro buontempone come loro che lui fugge di casa per costruirsi la propria vita; alla sua ricerca i due sempliciotti scoprono la società della droga e della violenza, tutta diversa dalla loro e, dopo essere stati ripudiati dal figlio, non resta loro che aspettare la morte su una panchina.
Il minestrone (1980) è una grossolana farsa sulla fame: le avventure tragicomiche e picaresche di tre miserabili alle prese con il problema quotidiano di mangiare senza avere i soldi per pagare; un film di novelle quindi.
Sogni e bisogni (1985), bozzetti comici televisivi.
Nanni Moretti
Nanni Moretti realizza cortometraggi amatoriali dall'età di vent'anni, ma gira il suo primo lungometraggio (a bassissimo costo) in presa diretta con attori non professionisti nel 1976: protagonista il regista stesso. Io sono un autarchico è un umile affresco dell'intelligentija giovanile dopo la disfatta del Sessantotto, una commedia di costume ambientata fra i contestatori. Agli stessi principi si ispira Ecce bombo (1978), che affronta con più rigore l'enciclopedia delle crisi nella società (della coppia, generazionale, esistenziale, del movimento) sfruttando fino in fondo la struttura fumettistica (a strisce iterate) del suo umorismo; è ancora satira della classe media, con al centro un mattatore (un po' goliardico) e costruita per gag tradizionali; ma la sincerità assoluta che spira dai suoi immaginari reportage apre la porta a un nuovo cinema del privato, che senza lambire Antonioni e Bergman può fotografare con puntuale acutezza la civiltà dell'alienazione. Con questo film Moretti inventa un cinema giovanile basato sul privato e su una revisione del pubblico in chiave anarchica.
Sogni d'oro (1981) è addirittura mitomane nella sua autoparodia; infarcito di gag dotte e caustiche, racconta di un giovane cineasta che sta girando un film su Freud e che si autoesalta per la propria funzione di rottura all'interno del cinema italiano; in realtà il pubblico non lo ama, e la sua insicurezza è acuita dal rapporto con una ragazza più matura: alla fine si trasforma in lupo mannaro e si dilegua nella notte; la crisi del giovanilismo viene qui calata in un più ampio squilibrio psicanalitico, qualcosa dell'Otto e mezzo felliniano o del Woody Allen che si confessa.
È già manierismo: la struttura a strip come nei fumetti, le nostalgie sessantottine, il sesso libero ma non troppo, etc.
Bianca (1984) è un'altra delle sue commedie sgrammaticate, dirette in modo approssimativo, commedie egocentriche in cui gli altri personaggi sono soltanto macchiette: Moretti è un insegnante maniaco dell'ordine e della professionalità, vergine e austero, che insegna in un liceo grottesco, dove imperano videogame, juke-box e slot-machine; i suoi disperati tentativi di mettere ordine in un mondo che si sgretola (amici che si separano, e vengono uccisi, vicina assassinata, playboy sessantenne, etc.) trova un appiglio nell'altrettanto vergine insegnante di francese; ma poi crolla e si costituisce: è lui l'autore dei tre omicidi, per il bisogno di ordine. Un moralista radicale, un Monsieur Verdoux, ma stilnovista, malato di regressione infantilista.
La messa è finita (1985) è un altro film sull'impotenza di fronte al caos morale. Moretti è un prete di borgata costretto a subire il caos della vita dei laici: il padre che lascia la madre per un'altra, la sorella incinta del suo ragazzo, gli amici sfiduciati e pieni di problemi (terrorista, omosessuale, cattolico intransigente, misantropo); e tutti cercano in lui un nuovo ordine, ma lui è impotente di fronte al dilagare del contagio; finisce per colpire lui stesso, che andrà a fare il missionario nel Nord.