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Alberto Sordi
cominciò a calcare i palcoscenici romani dell'avanspettacolo all'età di quindici anni.
Giunse al cinema come doppiatore di Oliver Hardy e nell'immediato dopoguerra ottiene grande successo
alla radio con i suoi personaggi caricaturali. Fellini inventò la sua maschera di giovane trafficone
e fannullone capace di improvvise acutissime impennate drammatiche, al limite patetiche [Lo
sceicco bianco "(1952), I vitelloni (1953)].
Negli anni Sessanta interpretò decine di film leggeri nei quali (forte della tradizione di Fregoli)
ebbe meno di mettere a punto le sue capacità imitative nei confronti dell'italiano medio. Si
sviluppò un'ampia galleria di personaggi rappresentativi, in modo caustico ma al tempo stesso
affettuoso, della società italiana del "boom". L'italiano di Sordi è un qualunquista
cinico opportunista, mediocre e meschino, vigliacco ed egoista, che cerca di farsi largo ai danni dei suoi
simili, raramente scosso dalla solidarietà ma spesso condannato a una tragica solitudine, messo di
fronte alla quale è capace di smettere la maschera sorridente e le convenzioni per guardarsi
stupito allo specchio, per cogliere l'assurdo della vita conforme e per inveire contro la società;
benchè alla fine, schiacciato inesorabilmente da un Potere che non ha la forza di combattere,
rientri ordinatamente fra i ranghi. Sordi descrive la miseria morale della società moderna,
l'abiezione e l'ebetismo del cittadino moderno; Sordi nega l'umanesimo fraterno delle borgate neorealiste,
afferma le nevrosi, l'alienazione e la frustrazione del palazzo e dalla fabbrica. L'arte di arrangiarsi
trasferita dal sottoproletariato ideale alla borghesia reale rivela la natura di lotta per la sopravvivenza.
Anche Sordi, come Totò, è un eroe comico negativo, che ritrae il pubblico invece che,
hollywoodianamente, proporsi mito al pubblico, ma Sordi è più realista. La mitologia
caricaturale del cittadino medio proietta il fallimento quotidiano della borghesia sullo sfondo delle
trasformazioni storiche della società industriale.
L'umanità di Sordi è un'umanità di corrotti, sbruffoni,
mammisti, oziosi, avidi, arrampicatori, sanguisughe, profittatori, servili. Ed è un'umanità
di impiegati, industriali, poliziotti, playboy, emigrati, medici, soldati, tutti più o meno falliti, tutti
più o meno soli, nel macrocosmo della loro epoca. La sua personale Storia d'Italia a puntate
è diventata un album di ricordi, con tante fotografie buffe e sintomatiche che descrivono
l'evolversi del costume attraverso gli anni del Fascismo e della democrazia. La saga di una famiglia che
è una nazione intera.
Il soldatino che abbandona i compagni al macello ne La Grande
Guerra (1959, Monicelli) ma poi si fa fucilare dagli austriaci piuttosto che svelare un segreto
militare e muore tremando da codardo quale è sempre stato; l'ex-partigiano che deve svendere i
propri ideali in Una Vita Difficile (1961, Risi); l'emigrato epilettico che sposa per
corrispondenza una prostituta romana di Bello, Onesto, Emigrato Australia (1971,
Zampa); il baraccato de Lo Scopone Scientifico (1973, Comencini) che ogni anno si illude
di poter spennare una vecchia americana piena di soldi; l'emigrato turista di
Detenuto in Attesa di Giudizio (1971, Loy); il burocrate impazzito di
dolore di Un Borghese Piccolo Piccolo (1977) sono le caratterizzazioni più riuscite sul piano tragicomico.
Regista dal 1966, si è autodiretto (molto in coppia con Monica Vitti) in
stanche ripetizioni del suo repertorio, cogliendo un buon frutto satirico in
Finchè c'è Guerra c'è Speranza (1974), apologo che vale un testamento spirituale:
Un ex-rappresentante diventa miliardario dandosi al
commercio delle armi, che gli rende da un capo all'altro dell'Africa; quando la stampa lo smaschera e la
sua attività viene esposta al pubblico ludibrio, la famiglia comincia a disprezzarlo; ma il
mercante, pratico come sempre, chiede a moglie e figli di scegliere una volta per tutte: o le armi e il lusso,
o la dignità e la miseria; e la famiglia non esita a compiere la stessa scelta che aveva compiuto
lui.
Il sarcasmo e il grottesco dilaniano il capitalismo, il consumismo,
l'imperialismo e il qualunquismo, nonchè la crisi della famiglia, l'ipocrisia mondana. La morale
di questo acido apologo è che l'ignobile speculatore fa ciò farebbero gli altri se potessero.
La cruda verità della lotta per l'opulenza.
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