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Introduzione
Non esiste un’unica storia del rock, ne esistono diverse.
Una tipologia molto diffusa è la storia degli hit, nella quale il valore di un musicista viene determinato dal numero di dischi venduti. Potrebbe sembrare un sistema molto obiettivo e, in considerazione del fatto che a decidere sono le masse, anche Marx potrebbe applaudirlo. Tuttavia le cose non sempre sono come appaiono: le masse tendono infatti ad acquistare quanto viene pubblicizzato attraverso i mass-media ovvero quello per la cui promozione le grandi multinazionali pagano profumatamente. A determinare le classifiche di vendita è quindi il marketing e se un giorno qualcuno decidesse di investire qualche milione di dollari su di me, anch’io, indipendentemente dal mio reale talento, sfonderei le classifiche ed entrerei a far parte di questo tipo di storia musicale. Purtroppo la maggior parte dei libri sulla musica rock non sono altro che libri sull’industria musicale. Molto spesso il profilo di un complesso è semplicemente una lista dei suoi successi nelle classifiche di Billboard ("quell’album entrò in classifica", "quell’album raggiunse il quinto posto", "quell’album vendette un milione di copie"). In altre parole le storie del rock tendono a trattare i musicisti alla stregua di aziende, giudicandoli dal punto di vista dei profitti, dei fatturati e delle strategie di marketing.
Poi esistono le versioni nazionali della storia del rock, i cui autori sono stati evidentemente influenzati dalla musica che era possibile ascoltare nel loro paese di origine, nonché dai gusti dei propri concittadini. Ad esempio gli italiani sono stati molto più esposti alla musica britannica che a quella americana. Gli Eagles e i Creedence Clearwater Revival sono quasi sconosciuti, mentre Moody Blues e David Bowie sono nomi noti pressoché a chiunque. È chiaro quindi che la storia del rock vista da Milano si presenta nettamente diversa da quella vista, ad esempio, da Boston (per dire).
Infine esistono le storie del rock che potremmo definire individualistiche, nelle quali l’autore viene influenzato nei suoi giudizi dalla propria personale crescita intellettuale. Ogni persona è cresciuta con degli "idoli" o dei "miti" e molti autori tendono a incentrare la propria storia del rock attorno a quei complessi che sono stati emotivamente più importanti durante la loro formazione, siano essi i Led Zeppelin o i Doobie Brothers.
La mia storia del rock non è una storia dei successi commerciali (che io considero un’aberrazione), non è una versione nazionale (sono cresciuto in due continenti diversi e ho viaggiato in circa 70 paesi) e non è una versione individualistica (mi sono formato con musica classica, scienza e letteratura, non con la musica rock).
Semplicemente, ho ascoltato una grande quantità di musica andando alla ricerca delle origini dei vari stili e alla fine ho tratto le mie conclusioni. Molto spesso ero all’oscuro di quanti dischi un artista vendesse (l’ho appreso in seguito quando migliaia di fan mi hanno tempestato di lettere protestando contro le mie analisi). Molto spesso ero all’oscuro di cosa fosse di moda in Italia o a Boston. Inoltre non provo una particolare simpatia per alcun musicista rock. Gli idoli della mia adolescenza sono stati Ernst, Shostakovic, Pessoa, Coltrane... ma nessun musicista rock.
Posso quindi affermare che questa è la più soggettiva delle storie del rock, ma al tempo stesso anche la più imparziale, indipendente ed equilibrata.
In retrospettiva posso dire che si tratta per lo più di una storia del cosiddetto rock "alternativo". Benché si tratti di un’approssimazione, è diventata consuetudine distinguere la musica "mainstream" (commerciale, di consumo, alla moda) dalla musica "alternativa" (di ricerca, antagonista, di nicchia). È molto probabile che chiunque faccia ciò che ho fatto io (ascoltare dischi senza lasciarsi influenzare dalle vendite o dalla pubblicità) non rimanga particolarmente impressionato dai musicisti che raggiungono il primo posto in classifica e rimanga viceversa colpito da numerose oscure registrazioni che precorrevano i tempi nell’indifferenza generale.
I fan della musica mainstream potrebbero obiettare che si tratta di una mera questione di gusti, ma io non sono d’accordo. Al di là delle considerazioni squisitamente qualitative esiste un metodo empirico molto efficace che sancisce inequivocabilmente la superiorità della musica alternativa. Basta dire ad un qualsiasi musicista (alternativo o mainstream) che sta suonando musica mainstream e quello si sentirà sconvolto. Se invece si dicesse ad un qualsiasi musicista (alternativo o mainstream) che sta suonando musica alternativa quello si sentirà adulato. I fan possono acquistare dischi facendosi influenzare dalle campagne pubblicitarie, ma anch’essi riconoscono implicitamente la superiorità della musica alternativa. Chiunque provi a dire a un fan dei Beatles che i Beatles erano mainstream, rischia la vita. L’evidenza è semplicemente sconcertante: anche il più commerciale di tutti i musicisti tacitamente concorda sul fatto che la musica alternativa è molto più apprezzabile così come anche le masse che acquistano i dischi commerciali tacitamente considerano la musica alternativa più rilevante.
In un certo senso riscoprire il rock alternativo e restituirgli l’importanza che merita è un modo per risollevare la reputazione della musica rock tra le platee più sofisticate. Troppi critici rock seguono ciecamente le indicazioni delle grandi compagnie discografiche e salutano in termini di "next big thing" qualsiasi artista che abbia alle spalle un consistente piano di marketing. I critici rock che non riescono a liberarsi da questo legame con le case discografiche hanno reso un enorme disservizio alla musica rock. Se ad un qualsiasi appassionato delle sinfonie di Beethoven o delle opere di Wagner viene detto che le canzonette orecchiabili dei Beatles sono i capolavori del rock quello potrà anche sorridere e annuire educatamente, ma è improbabile che ascolti ancora qualcosa legato alla musica rock; e così facendo non apprenderà mai che la musica rock ha anche prodotto suite d’avanguardia di venti minuti o poemi elettronici di un’ora che sono tanto complessi e futuristici quanto la musica classica contemporanea. Se i Beatles sono in cima alla piramide chi mai vorrebbe ascoltare il resto della piramide? Ma se i Beatles, Elvis Presley, Michael Jackson… sono la base della piramide (e secondo me sono effettivamente più vicini alla base che alla cima), allora ha molto senso per chiunque sia interessato ad ascoltare buona musica, esplorare il resto della piramide.
Purtroppo il concetto di musica alternativa, inteso nel senso di musica che antepone la creatività alle vendite, è tutt’altro che assoluto e deve anzi essere continuamente aggiornato. Da questo punto di vista infatti esistono quattro anni spartiacque nella storia del rock: il 1955, quando Chuck Berry "inventò" il rock'n'roll così come lo conosciamo; il 1966, quando Bob Dylan, Frank Zappa, i Doors, i Velvet Underground… causarono una massiccia rivoluzione all’interno di una scena musicale sonnolenta; il 1976, quando la "new wave" e il punk-rock produssero una simile rivoluzione all’interno di una scena altrettanto sonnolenta; e il 1987-88, gli anni in cui gruppi alternativi inventarono l’indie-pop. Ognuna di queste epoche creative fu seguita da un periodo di "riallineamento" nel quale l’industria discografica capitalizzò le intuizioni creative di questi musicisti vendendo le loro idee al grande pubblico.
Il libro è diviso in cinque parti che all’incirca corrispondono a questi periodi. Il mio unico rammarico è quello di non aver terminato gli anni ottanta nel 1988, anno in cui sono emersi un cospicuo numero di nuovi paradigmi. E’ stato solamente comodo utilizzare il 1990 come spartiacque, ma se mai dovessi rivedere questo libro sposterei tutte le band nate dopo il 1988 negli anni novanta.
Tradizionalmente le storie del rock iniziano definendo la musica rock come l’incontro tra country e rhythm'n'blues, una definizione non del tutto corretta (in particolare ritengo che la componente del rhythm'n'blues fu molto più forte di quella country, ma d’altronde tutto dipende dal fatto di considerare Chuck Berry o Elvis Presley alla stregua di padre fondatore del rock'n'roll). In ogni caso questa definizione è totalmente fuorviante ai giorni nostri. Oggi la musica rock è un genere che sfrutta i campionamenti, gli strumenti elettronici, la tecnologia digitale, la cacofonia, sonorità etniche che esulano dalle consuete afro-americana e anglo-irlandese. Le radici della musica rock di oggi vanno ricercate in una serie di innovazioni stilistiche e tecniche che ebbero luogo in tutta la prima parte del ventesimo secolo. La musica rock si inserisce anche nella tradizione della musica popolare, i cui inizi vanno retrodatati alla fine del XIX secolo. In definitiva una più accurata definizione della musica rock dei giorni nostri dovrebbe essere: incontro tra la musica d’avanguardia e la musica pop. Per questa ragione la mia storia del rock inizia molto prima della maggior parte dei libri sull’argomento.
Essendomi imbarcato in uno sforzo così monumentale, era inevitabile che sentissi il bisogno di dare indicazioni che permettessero di confrontare in modo numerico il valore dei singoli musicisti e che guidassero il lettore in una discografia essenziale. Il numero tra parentesi dopo il nome di un gruppo o di un musicista è un modo per valutare la sua carriera. Si tratta di un numero di tre cifre che sintetizza a quanti album ho assegnato i voti 9/10, 8/10 e 7/10. Così, ad esempio,
Captain Beefheart ha 214, il più alto voto del libro (due dei suoi dischi valgono 9/10, uno 8/10, e quattro 7/10). Quando il numero ha solo due cifre significa che il musicista non detiene album meritevoli di 9/10; quando ha solo una cifra significa che non ci sono album da 8/10. Sfortunatamente questo meccanismo penalizza tutti quegli artisti che sono vissuti prima della diffusione dell’album. Spiacente, ma non sono riuscito a trovare un sistema migliore.Nel valutare questi dischi sono stato del tutto indifferente al fatto che le copie vendute fossero centinaia o milioni (informazione che non dice nulla sulla qualità intrinseca della musica). È capitato quindi che gruppi famosissimi abbiano ricevuto voti inferiori a quelli di perfetti sconosciuti e immagino che molti lettori rimarranno molto più sorpresi dei voti assegnati alle grandi star di quelli quelli assegnati a oscuri album mai sentiti nominare. Anche questo tuttavia non dice molto sulla qualità intrinseca della musica.
Per ulteriori approfondimenti sul mio sito
www.scaruffi.com sono presenti nella sezione musica migliaia di pagine relative ai musicisti citati in questo libro. Sono disponibili inoltre bibliografie dettagliate e una lista di riviste musicali da tutto il mondo.Desidero inoltre ringraziare Chris Ford per la correzione di bozze della versione inglese del libro; Gianluca Patané, Alberto Magini e Rocco Stilo, che conoscevano i miei vecchi libri sulla storia del rock (1987) e mi hanno aiutato a riorganizzare il materiale; Ornella Grannis, il cui aiuto è stato determinante per la diffusione dei miei articoli su internet. Ringrazio infine i numerosi lettori che mi hanno inviato le loro critiche e mi hanno segnalato errori.
Bibliografia minima
All Music Guide: www.allmusic.com
Bertoncelli, Riccardo & Rizzi, Cesare: Enciclopedia Rock (1989)
Christgau, Robert: Christgau's Record Guide (1981)
Clarke, Donald: Penguin Encyclopedia of Popular Music (1989)
Gillett, Charlie: The Sound of the City: The Rise of Rock and Roll (1970)
Hardy, Phil & Laing Dave: Faber Companion to 20th Century Popular Music (1990)
Pareles, Jon: The Rolling Stone Encyclopedia of Rock & Roll (1983)
Prenderast, Mark: The Ambient Century (2000)
Robbins, Ira: Trouser Press Record Guide (1985)
Robbins, Ira: Trouser Press Guide to '90s Rock (1997)
Scaruffi, Piero: Storia della Musica Rock (1991)
Southern, Eileen: The Music of Black Americans (1971)
Sul mio sito www.scaruffi.com è disponibile una bibliografia più esaustiva.