Quanto fu lunga e ardua la strada che l'ha portato al successo?
"Veramente lunga. La mia carriera comincio` quando avevo undici anni, nel 1971,
e vinsi un concorso per musicisti bambini. Crebbi in una famiglia molto
musicale e mio padre mi abituo` fin da bambino a tenere concerti in giro per
l'Inghilterra. Suonavo negli stessi posti in cui suonavano gruppi come i
Chieftains. Continuai a mietere premi su premi finche` nel 1975 registrai il
mio primo disco, The Pride Of Wexford (Outlet, 1975). Avevo 14 anni. Benche'
nato a Londra e cresciuto in un villaggio inglese, ero imbevuto di cultura
irlandese perche' la nostra era una comunita` di figli di immigrati. Ho ancora
le fotografie di mio nonno che suona con gruppi Irlandesi in Irlanda. Il primo
album fu cosi` una raccolta di danze tradizionali (jig e reel), registrate
quasi tutte in un solo giorno. Nel 1980 mi trasferii negli USA e continuai
a suonare nel tempo libero, ma senza aspettarmi molto da questo hobby.
Se suoni la fisarmonica, non diventi una star della musica, questo e` chiaro.
Poi un giorno decisi di formare la mia casa discografica personale per
pubblicare un lavoro a cui tenevo molto. L'album si intitolo` Fresh Takes
(Green Linnet, 1987). Lo stile fece scalpore in quanto eseguivo un misto di
jazz e rock ma senza basso o batteria e impiegando soltanto strumenti
acustici. Praticamente, non piacque a nessuno, ne` ai tradizionalisti ne`
ai modernisti. Qualcuno mi domando`: ma cosa stai facendo alla nostra
cultura? Evitato come la peste dai puristi, mi ritrovai a brancolare in una
strada che non era ancora stata costruita. Fui il primo ad essere sorpreso
quando il vento` cambio` direzione e il successivo From The Heart (Oenoke,
1990) ricevette tanta attenzione critica. Avevo si` curato maggiormente
gli arrangiamenti, ingaggiando suonatori professionisti di basso, fiddle e
piano, ma non avevo cambiato di una virgola la mia concezione molto "aperta"
della musica celtica. Il mondo della musica indipendente mi tributo` invece
una piccola ovazione, anche in termini di premi. Cio` genero` l'interesse
della Narada, una casa discografica che segue seriamente i propri investimenti.
Prima decisero di prendere in prestito un paio di vecchi brani per due loro
compilation e poi mi lasciarono registrare in assoluta liberta`
Celtic Reflections (Narada, 1996). Fu il primo album di musica completamente
composta da me. E potei avvalermi dei musicisti che preferivo. Il risultato
fu davvero soddisfacente. Mi tolsi persino la soddisfazione di suonare tango e
flamenco in un disco di musica celtica! Celtic Crossroads (Narada, 1997) ha
semplicemente proseguito in quella direzione, forse ancor piu` succube della
mia passione della world-music."
Quindi si e` trattato di una progressione naturale. Pensa che il pubblico sia diventato piu` attento a fenomeni originali come il suo? "Senz'altro c'e` un atteggiamento diverso. Un fisarmonicista passa normalmente inosservato. Un fisarmonicista che suona musica celtica e` un dilettante a mala pena sopportato dai circoli irlandesi. Un fisarmonicista che suona musica celtica e la mescola con musiche degli altri paesi non dovrebbe avere un pubblico. Per nulla. Credo di dover un po' di gratitudine allo show "Riverdance", che da anni sta pubblicizzando queste musiche in giro per l'America."
Cos'ha di particolare la fisarmonica?
"E` uno strumento che si presta molto bene a suonare tutta la musica folk
europea, dalla Galizia alla Svezia. E` persino adattabile al rock e al
blues, come ho dimostrato con le mie partecipazioni a dischi di varie star".
La sua dinamica e` cosi` ampia che sta soltanto al musicista capire come
sfruttarla. Mio padre mi insegno` ad ascoltare tutti gli sturmenti, non soltanto
il mio, e io amo ascoltare violino e flauto. Cerco di adattare le espressioni
di questi strumenti al mio. Per questo il mio stile e` spesso lento, melodico,
romantico, a differenza di gran parte dei fisarmonicisti folk che sono
specializzati nella rapidita` di esecuzione".
Come le venne l'idea di prendere in prestito elementi di altre musiche etniche?
"Credo che sia stato importante un tour in Europa di qualche anno fa, in cui
ebbi modo di ascoltare musicisti di altri paesi. Ricordo l'effetto che mi
provoco` un gruppo di musica folkloristica a cappella dell'Argentina.
Se stai attento, impari sempre qualcosa. E ogni nuova idea ti motiva a scrivere
della nuova musica."
Le sue composizioni nascono allora da un fattore tecnico?
"Al contrario. Tutte le mie composizioni sono dedicate agli amici o ai
familiari. Con la mia musica celebro sempre piccoli eventi di vita domestica.
Sono un uomo semplice. Mi piace usare le mie mani e pertanto faccio il
carpentiere di professione. Nella vita ho sempre cercato le cose piccole
e semplici."
La sua attivita` e` sempre piu` eclettica... Santana, Journey, new age, adesso
questa enciclopedia di stili...
"C'e` di piu`. Oltre a collaborare alla reunion dei Santana e ai tour dei
Journey, sto sperimentando in studio una tecnica di musica techno derivata
dalla manipolazione elettronica della mia chitarra. Ho pronto un intero album,
ancora senza titolo. Poi sto cercando di formare un complesso per suonare
il mio stile favorito, blues e soul. I Journey sono fermi perche' il cantante
ha problemi fisici. Io non voglio rimanere fermo e l'unica alternativa e`
mettere insieme un altro complesso. No, proprio non voglio stare inattivo."
Le 21 canzoni del nuovo album coprono un'infinita` di generi musicali...
"Volutamente. Questa volta proprio non sono riuscito a trattenermi. Ho
rinunciato ad avere un tema unificante e ho preferito lasciare che la
mia ispirazione svariasse a 360 gradi. Ho usato un team di eccezione:
due tastieristi, programmazione drum & bass, Zakir Hussein alle percussioni...
Rispetto al mio primo album solista si tratta certamente di un progresso,
anche se non la chiamerei una continuazione in quanto lo stile e` troppo
cambiato. Il nuovo album sembra fatto da un altro musicista! Quanto dicevo
prima, che non mi piace rimanere fermo, vale anche dal punto di vista dello
stile! Contrariamente a quanto molti penseranno, non si tratta di canzoni
accumulate nel cassetto che finalmente ho trovato il tempo di registrare.
Al contrario: quasi tutte sono state composte nel giro di poche settimane."
Se manca un tema unificante, c'e` almeno una strategia di fondo?
"Direi che queste canzoni rappresentano altrettanti fotogrammi di un film
immaginario. Anzi, l'album sarebbe perfetto come colonna sonora di un film.
Alcuni titoli riflettono ambienti ("Highway 1", dedicata all'autostrada
costiera californiana, "NYC" dedicata a New York, "Emerald Forest" e cosi`
via), altri riflettono visioni di rituali o di scene folkloristiche
(la mediorientale "Night Spirit", la "Gypsy Dance", il "Memphis Voodoo",
il "Medicine Man" e cosi` via). Le tre canzoni che le radio preferiranno
sono probabilmente le prime tre ("Highway 1", "NYC" e "Night Spirit").
Personalmente sono legato emotivamente a "Eye On The World" e alla preghiera
per la pace che chiude il disco. Sono soprattutto contento di essere riuscito
a convincere la casa discografica a pubblicare un doppio CD al prezzo di uno,
due ore di musica per meno di venti dollari."
Da cosa deriva tanto eclettismo?
"Comincia da mio padre jazzista, che mi fece ascoltare Miles Davis e le big
band di Quincy Jones prima ancora che io imparassi a suonare. Poi venni
influenzato da tanti altri jazzisti, Wes Montgomery, John McLaughlin,
Larry Coryell. E poi ebbi la fortuna di suonare con i bluesman,
BB King e ALbert King, Jeff Beck e Eric Clapton. Poi Carlos Santana .
Per forza sono diventato un chitarristico camelontico. Ho suonato di tutto
un po' con tutti. Puoi mettermi in una stanza con qualunque tipo di
musicisti e vedrai che riusciro` a improvvisare con loro."
Ma alla base di tutto cosa c'e`?
"Il blues. Le mie radici sono quelle di un chitarrista blues, che poi durante la
sua carriera ha assorbito altre influenze. Io cominciai come chitarrista blues,
poi divenni famoso come chitarrista rock. Non posso farci nulla: la gente
mi conosce come il chitarrista dei Journey. Ma sono sempre stato prima di
tutto un musicista blues. Anche questo doppio per me e` una raccolta di
canzoni blues, ciascuna arrangiata in maniera diversa."
Il pregio della musica strumentale?
"Ognuno la puo` interpretare alla sua maniera. Nella musica cantata i testi
guidano l'ascoltatore, che deve soltanto ascoltare. La musica strumentale
lascia libera la tua mente di costruire il mondo in cui si svolge e il
significato che covnoglia."
Come ti senti nei confronti della musica new age?
"Non vado per correnti, giudico soltanto sulla base di come mi fa sentire la
musica che ascolto. Il mondo e` una varieta` di umori e di suoni e di eventi.
La musica new age tende talvolta ad essere troppo uniforme, soffice e ottimista.
Spero di aver contribuito a cambiare lo steretipo proponendo un album di musica
molto diversa."
Altri progetti in programma?
"Penso che i media e il pubblico impiegheranno un po' a digerire questo
album, ad assorbire tutto cio` che vi ho messo dentro. Ma, come dicevo,
non mi piace restare nello stesso posto troppo a lungo. Per cui sono certo
che presto comincero` a fare qualcos'altro..."
Come le venne la voglia di suonare?
"Penso che fosse fin dall'inizio la voglia di ricreare con la musica le
immagini visive di un film.
Quando compongo un nuovo brano, prima vengono le immagini, poi le note. Quando
ho chiara la scena, devo soltanto improvvisare sui tasti: la musica comincia
a fluire in maniera naturale, come se stessi raccontando a braccio la scena.
Queste scene sono in gran parte scene naturali, e soltanto in questo puoi
riconoscere l'influenza degli altri musicisti new age. Naturalmente a un
certo punto divenni cosciente che la mia musica apparteneva allo stesso
filone di quella di, per esempio, George Winston, e allora cominciai a
subire (involontariamente e indirettamente) l'influenza della new age.
Continuo pero` a pensare che la mia ispirazione sia molto piu` succube dei
maestri romantici. In altre parole, della musica classica. In questo mi
sento piu` vicino a Mannheim Steamroller."
E fin dall'inizio decise che sarebbe stato un tastierista e che avrebbe prediletto lo stile sinfonico dei "cosmici"?
"Penso che in gran parte l'approdo alle tastiere elettroniche avvenne per
mancanza di fondi... Non potevo permettermi di assoldare un'orchestra per
suonare tutti gli strumenti che volevo usare. La tastiera elettronica
e` la soluzione naturale a questo problema. Poi, certo, ho scoperto
affinita` elettive fra la mia espressivita` e la pienezza del suono, il senso
di melodramma, la grandeur delle tastiere elettroniche.
Direi che oggi il mio sogno e` di dirigere una vera orchestra."
Su "Moonrise" cio` che colpisce e` soprattutto l'aspetto melodico...
"La melodia e` ovviamente sempre la parte piu` importante della musica. Se non
c'e` melodia non la chiamiamo musica. Sto cercando di sviluppare, attorno
al mio talento melodico, uno stile articolato, capace di svariare con
disinvoltura fra jazz, classico e pop. All'ascoltatore decidere quanto sono
ancora distante dal mio obiettivo. Credo, comunque, che ciascuno di questi
generi abbia un'impostazione diversa quando si tratta di giocare con la
melodia, e non credo che nessun genere sia piu` importante degli altri. Credo
che un musicista moderno debba saper prendere il meglio di tutto cio` che
gli capita di ascoltare."
Quale considera il tema di fondo della sua arte?
"IN qualche modo voglio stabilire una connessione con l'ascoltatore, un
canale privilegiato attraverso il quale far fluire sensazioni.
Quando ascolto la mia musica, immagino una sequenza di film, e generalmente
e` un film commovente. Spero che l'ascoltatore "senta" almeno la commozione,
naturalmente non mi aspetto che "veda" anche le stesse scene che avevo in
mente io".
Al cinema ha piu` pensato?
"Come no. Ho appena formato una compagnia cinematografica. Per me la musica
e il cinema sono arti complementari. Non puoi essere un bravo musicista senza
essere un bravo cineasta. La mia carriera si propone di dimostrarlo.
Faro` un film questa prossima estate..."
Come tutte le rivoluzioni, anche quella apportata da Kitaro alla musica moderna nasce da un'idea piuttosto elementare: fondere moderno e antico, tecnologia e melodia, divertimento e religione. L'idea poteva venire soltanto a qualcuno, come lui, cresciuto in una cultura che si e` specializzata nei millenni ad armonizzare fattori antitetici, la vita e la morte, il piacere e il dolore, lo yin e lo yang. La sua musica cosi` compatta e uniforme e` in realta` una musica di contrasti estremi, che alla melodia piu` dolce puo` appendere il ritmo piu` marziale, che all'atmosfera piu` serena puo` sovrapporre i presentimenti piu` minacciosi. La sua calcolata scienza dei contrasti parte d'altronde fin dalla superficie, ovvero dall'orchestrazione, nella quale si mescolano e coagulano strumenti elettronici e strumenti tradizionali, nonche' cori e assoli di flauto, figure minimaliste e motivetti orecchiabili.
Kitaro non e` certo il primo a tentare di fondere culture, tradizioni, strumentazioni, stili e mentalita` assai diversi fra di loro. E` il primo, pero`, ad averlo fatto con la grazia sublime di un guru religioso. Nella sua arte si condensano secoli di eleganza di scrittura (grafica, narrativa, musicale, cinematografica) che hanno fatto della cultura giapponese soprattutto un fatto di gesti, piu` che di contenuti. Nei film del cinema classico giapponese spesso non capita nulla: il regista si limita a seguire le vicende quotidiane di una famiglia media. Il film coglie pero` la logica tenerissima che si nasconde in quei gesti quotidiani. Il lirismo nasce dal rendersi conto di quanto dolore e quanta gioia possano penetrare in quegli schemi cosi` consueti e mediocri. Lo stesso si puo` dire per gran parte della narrativa moderna del Giappone. Sono sempre i gesti piccoli a dominare. Ma al tempo stesso la cultura giapponese deve molto all'epica dei samurai, all'arte marziale, al concetto di eroismo individuale. Si tratta ancora di gesti, che i romanzi e i film spesso semplicemente si limitano ad elencare pedestremente, ma, ancora una volta, di gesti che sfoggiano un'eleganza di coordinazione e di organizzazione, sia pur in questo caso un'eleganza tenebrosa.
Da questa cultura del gesto nasce l'arte di Kitaro, che ha saputo incorporare entrambi gli estremi della sua cultura nativa, quello domestico e quello epico. Ogni suo poema elettronico/sinfonico e` al tempo stesso un inno alle piccole gioie della vita domestica e un inno all'immane forza che trascina il mondo verso il suo futuro. La musica di Kitaro e` musica del Fato, fato dell'uomo che attende piccino nella sua cuccia insignificante la morte, e fato dell'universo sterminato che si espande a dismisura verso l'ineluttabile cataclisma finale. Fato terreno e fato celestiale trovano un provvisorio punto d'incontro nei lamenti accorati di Kitaro. Esemplare rimane la sua interpretazione della "Via della Seta" (che diede origine all'omonima composizione per sintetizzatore, poi rivista in versione per orchestra), in cui la Via della Seta viene vista sia nel suo aspetto umano, di carovane in marcia nella steppa, sia nel suo aspetto cosmico, di viaggio verso l'ignoto attraverso un paesaggio ostile.
Per questa ragione la musica elettronica di Kitaro differisce profondamente dalla "kosmische musik" del suo maestro Klaus Schulze. Laddove Schulze era pittorico, Kitaro e` contemplativo. Laddove Schulze sogna, Kitaro medita. Laddove le sinfonie di Schulze tratteggiano epopee galattiche, quelle di Kitaro sono praticamente prive di svolgimento drammatico. Laddove Schulze tenta di sconcertare e disorientare l'ascoltare, Kitaro vuole provocargli l'ipnosi, la trance. Kitaro predilige le armonie semplici: " Le mie armonie sono ordinarie in quanto i suoni ordinari sono meravigliosi. Voglio suonare come il flusso di un fiume, lento e maestoso. Voglio suonare come la bellezza".
Il suo e` un "impressionismo eroico" che ripete un cerimoniale millenario, quello dell'individuo che osserva la natura e paragona la propria esistenza alle eternita` cosmiche. Si e` scritto che Kitaro ha preso in prestito materiale tanto dai mantra tibetani quanto dalle colonne sonore di Hollywood. In realta` la sua prima e massima ispirazione viene dai suoni piu` dolci della natura, quelli delle onde e degli uccelli. Non a caso le sue composizioni sembrano statiche, anche se in realta` sono ricche di correnti sotterranee in continuo e talvolta rapido movimento. Esattamente come l'oceano sembra statico a distanza, ma da vicino e` composto di infinite e tumultuose onde che si accavallano di continuo. Esattamente come il cinguettio di uno stormo di uccelli sembra un suono unico, ma in realta` e` composto da mille e mille voci diverse.
Kitaro ha dichiarato di concepire la musica come un film: "Ho la sensazione che si tratti di un film. La scena cambia e la sensazione cambia con essa. Man mano che la storia avanza, la sensazione diventa piu` profonda." Tutta la sua opera si puo` dire un lungo, epico film: il film della condizione umana.
Da cosa nacque il bisogno di lanciare una nuova carriera, visto il successo
della precedente?
"Sentivo di avere molto di piu` da offrire. Mi sento prima di tutto un
compositore, e poi un arrangiatore e produttore. Ho idee molto personali,
e credo molto innovative, in fatto di produzione e arrangiamento.
Volevo uscire dal ruolo ristretto che avevo in Window, dove ero soltanto
il batterista. Certo, la vita era infinitamente meno complicata, ma ho la
mia visione di cosa vorrei fare con la musica, e adesso posso finalmente
esprimerla."
Qual'e` il tema del nuovo disco?
"La differenza principale fra questo disco e il precedente e` il budget.
Avendo soldi alle spalle, si puo` fare molto di piu`. Il primo album ricreava
canzoni che avevo composto durante la mia carriera e tentato invano di
registrare per anni. Questa volta sono ripartito da zero, in pratica. Sul
il nuovo disco tutto e` nuovo. Ho avuto ampia liberta` di strutturare il suono
nella maniera che preferivo. Il risultato e` stato un lavoro molto piu`
focalizzato. Mi sono potuto avvalere di grandi musicisti, ho potuto mettere
assieme una formazione di stelle del jazz (il violinista Doug Cameron,
i chitarristi Joe Reyes e Peter White, il trombettista Jeff Beal, il bassista
Randy Tico, il sassofonista Michael Acosta), gente che conosco da anni e con
cui lego facilmente. Sono riuscito con facilita` a creare quel senso "magico"
della musica che rappresenta il coronamento di una carriera."
Da cosa deriva la sua passione per i suoni latini?
"Difficile dare una spiegazione razionale. I ritmi del Sudanmerica e di Cuba
sono cosi` sensuali, che il ritmo sia lento o rapido... il musicista prima
ancora dell'ascoltatore viene catturato, trascinato, estasiato.
In generale, preferisco la musica romantica, la sensualita` in musica.
Penso che quello fra jazz e musica latina sia un matrimonio naturale, che
in fatti dura dai primi esperimenti di Stan Getz. Benche' origini cosi`
diverse, sono generi che si complementano: la musica latina ha un ritmo che
stablisce una groove su cui viene naturale improvvisare. Il ritmo latino ti
spinge ad avviarti in un viaggio musicale durante il quale puoi muoverti
con spontaneita`."
Cosa le piace in particolare di questo album?
"Il modo in cui tutto e` venuto al pettine. Penso che l'album convogli
bene il mio messaggio spirituale: la musica come ponte fra le genti, la musica
come simbolo degli elementi che ci legano ma che ci possono anche separare.
L'idea mi venne una volta, mentre stato ascoltando il compositore medievale,
Orlando Di Lasso. Rimasi commosso dalla passione di quella musica antica,
ancora cosi` attuale dopo cosi` tante generazioni. Quella musica stabiliva un
ponte fra me e lui, fra la sua epoca e la mia epoca, fra la sua gente e la
mia gente. Cominciai a compiere una mia ricerca personale su altri "ponti"
che le musiche costruiscono fra le razze, le religioni, i sessi...
Non devi essere brasiliano per essere catturato dalla musica brasiliana,
non devi essere africano per lasciarti andare ai poliritmi africani...
E la musica classica e` sempre stata internazionale."
Cosa manca alla sua carriera?
"Ho ancora molte idee da esplorare. Ho scritto musica da camera che prima o poi
vorrei riuscire a registrare. Mi piacerebbe registrare un album di batteria e
percussioni. Ci sono tanti fiori nel campo e non sono sicuro quali vogliero`
domani."
Cosa le piace ascoltare?
"I classici. Mi piacciono i grandi musicisti, quelli che hanno trovato un modo
di convogliare le loro emozioni attraverso suoni immortali. Che siano di musica
classica o di jazz, di hip hop o di blues, ha poca importanza. La grande musica
e` grande musica e basta."
L'elemento piu` importante della musica?
"La melodia. A me viene naturale, sono sempre stato attratto alla melodia piu`
che da ogni altra cosa. La melodia mi commuove. Anche le piu` semplici canzoni
pop possono catturare l'immaginazione. La melodia viene dal cuore e non dal
cervello. Piu` di qualsiasi altro elemento sonoro, piu` della voce stessa,
rappresenta cio` che davvero abbiamo da dire agli altri e a noi stessi"
Ma non ci sono dubbi che gran parte della sua ispirazione musicale provenga dalla cultura europea, che assorbi` abbondantemente durante la sua infanzia.
"Da bambino vivevo prevalentemente con i nonni, che erano immigrati dalla
Grecia. Non solo la Grecia e` parte del mio codice genetico, e non solo ho
avuto modo di assorbire gli elementi della musica liturgica greco-ortodossa,
ma greco fu anche il primo musicista elettronico che ascoltai:
Vangelis."
Spheeris comincio` pero` come cantautore folf, in coppia con un altro greco, Paul Voudouris. Era la fine degli anni Settanta e il duo seguiva le orme di stelle del folk come James Taylor, Loggins & Messica, Carole King, Cat Stevens. Negli anni Ottanta la new age prese il sopravvento, e Spheeris si converti` alle tastiere elettroniche, anche se per la verita` lo stile rimase quello del pop soffice e vellutato delle origini.
La sua musica e` molto romantica, tenera ed emotiva. Su "Mystic Traveller",
disco di grande successo commerciale, Spheeris si e` anche divertito a usare
campionamenti di musica indigena, riscoprendo un po' il suo lato "etnico".
Ma rimane, piu` di tutto, un poeta.
Non bisogna pero` dimenticare che ha anche studiato filosofia, tanto per
accentuare il suo eclettismo. E` una passione iniziata da adolescente e
continuata all'Universita` in Inghilterra.
"Tutti i greci sono tutti filosofi naturali," dice Spheeris, "ma oggi io credo
piu` alla vita corporea. Voglio vivere piu` con il mio corpo che con la
mia mente. La nostra esistenza e` un delicato equilibrio fra le connessioni
"orizzontali" (quelle legate ai paesaggi, umani o naturali, del mondo
tridimensinale in cui viviamo ogni giorno) e le connessioni "verticali"
(quelle spirituali). Mantenere l'equilibrio fra questi due aspetti della
nostra esistenza e` il senso ultimo della nostra vita."
E meno male che non gli piace piu` la filosofia...
Robertson non si considera pero` parte della generazione new age:
"Mi considero fortunata, fortunata di aver cominciato a registrare dischi
quando questo movimento stava portando, o riportando, alla ribalta l'arpa.
Rispetto agli arpisti new age, io sono molto piu` celtica, e molto meno
spirituale. Ma e` vero che intrapresi un progetto, intitolato "Crimson",
di cui uscirono sette dischi, che era un vero e proprio progetto new age.
A parte quella serie, pero`, non ritengo che la mia musica si possa
classificare semplicemente come new age. La componente celtica e` molto
forte."
Da cosa nacque la passione per l'arpa celtica?
"E` una storia un po' anomala. Sono nata e cresciuta nel Wisconsin,
una terra alquanto ostile all'arpa. Venni educata all'arpa classica e
al pianoforte, e soltanto nel 1975 scopersi l'arpa celtica. Un po' per
seguire la moda, un po' per avvicinarmi ai costruttori d'arpa celtica,
nel 1979 decisi di andare a vivere nella California del Sud, vicino a
Santa Barbara. In effetti il trasferimento mi porto` fortuna, perche'
ebbi modo di inserirmi in un milieu che era molto piu` benevolo nei
confronti della mia passione. Rimasi in California per 14 anni, durante
i quali posi le basi di cio` che faccio ancora oggi."
La sua musica e` rimasta sostanzialmente fedele alle proprieta` acustiche dello strumento, a differenza di tanti altri che tentano di "modernizzarne" il suono...
"Mi piace suonare l'arpa celtica perche' suona come suona, altrimenti
suonerei qualcos'altro. Ho usato in passato strumenti elettronici, ma soltanto
per la serie "Crimson", e non ne rimasi particolarmente entusiasta.
Arrangio i miei dischi in maniera barocca, facendo ricorso a strumenti
classici e medievali, ma sempre acustici. L'ultimo disco, "Woodfire And Gold",
e` forse il piu` orchestrato della mia carriera, ma ancora una volta e` un
disco puramente acustico."
Quindi una testarda purezza nei confronti dello strumento...
"L'arpa e` strumento di sovratoni delicati. Qualunque manipolazione artificiale
di quei suoni farebbe degenerare il timbro fondamentale dell'arpa. Un
arrangiamento elettronico finirebbe per rimuovere il senso magico dello
strumento. A meno, ovviamente, di elettrificare anche l'arpa, ma allora stiamo
parlando di un altro strumento."
Il nuovo album costituisce comunque uno spartiacque nella sua carriera, in quanto e` di gran lunga il piu` luminoso e complesso...
"Ho trovato il coraggio di proporre qualcosa di diverso grazie a un amico
violinista. Avevo sempre avuto paura di circondare l'arpa con troppi strumenti.
Non volevo che l'arpa finisse in sottofondo, com'e` in gran parte dei dischi
di musica classica. Questo mio amico e` riuscito a produrre il sound in maniera
tale che l'arpa rimane sempre al centro dell'azione. Forse il risultato e`
piu` commerciale e meno esoterico di come i fan mi ricordano, ma rappresenta
un'importante progresso per le mie ambizioni artistiche."
Gran parte del suo repertorio e' composto di pezzi celtici, o comunque antichi, ma alternati a composizioni originali. E` facile bilanciare i due aspetti?
"Compongo pezzi per me stessa, quindi per un fattore molto soggettivo e
personale. Scelgo melodie tradizionali, invece, in quanto sono universali,
vi si possono riconoscere tutte le eta` e tutte le classi sociali.
Quando suono musica tradizionale, parlo di tutti noi. Quando suono composizioni
originali, parlo di me stessa."
Qual'e` il rapporto fra la sua musica e la filosofia orientale?
"L'unico vero punto di incontro si ebbe con la serie dei "Crimson". Ma in
generale direi che il suono dell'arpa e` un suono capace di guarire
spiritualmente, cosi` come gran parte delle sonorita` orientali. Scelgo
melodie in funzione di un aspetto contemplativo/meditativo che e`
sostanzialmente simile a quello delle musiche orientali. Rispetto ad altri
arpisti, tendo anche a improvvisare molto di piu`. Per me l'improvvisazione e`
una forma di meditazione. Ogni volta che suono compio un'azione spirituale
diversa. La musica celtica racchiude d'altronde una forte dose di misticismo,
di poteri magici. L'arpa veniva usata come uno strumento per rituali magici.
Oggi ci siamo dimenticati perche' facevamo musica. Forse a quei tempi la gente
aveva piu` tempo per meditare..."
Come si sposano la sua filosofia di vita e la sua arte?
"La vita e` un viaggio alla scoperta di se stessi. La mia musica e` un viaggio
alla scoperta di me stessa. Direi che sono la stessa cosa. Quando suono,
esprimo me stessa, e prima di tutto esprimo me stessa a me stessa.
Cerchiamo continuamente il nostro senso di essere qui, e l'arpa per me esprime
proprio questo qualcosa che cerchiamo per tutta la vita, attraverso tutti i
viaggi, materiali e spirituali, che intrapendiamo."
Quale considera la principale differenza fra il nuovo disco e i due precedenti, fra il nuovo Chaquico e quello di quattro anni fa?
"Direi il fatto che non e` un disco solista. Ci sono numerosi ospiti, tutti
di grido. La chitarra acustica rimane la voce principale, ma condivide il
palcoscenico con altre voci. L'idea ebbe origine dal tour dell'anno scorso.
In un certo senso il successo del primo album mi diede la credibilita` per
suonare con musicisti di questa caratura. Lo stile e` di conseguenza diverso.
Direi che si tratta di musica rock. I dischi precedenti erano
piu` acustici, folk, new age. Questo si avvale di una sezione ritmica
che e` tipica dei complessi rock.
Ma al tempo stesso e` un album di musica jazz, perche' venne composto in gran
parte durante un tour in cui mi ero circondato di musicisti jazz (alcuni
dei quali suonano anche sull'album).
In un certo senso si tratta di un ritorno alle radici, perche' cominciai
ascoltanto il jazz dei Weather Report e il rock di musicisti come
Pink Floyd e Jimi Hendrix che avevano dentro elementi di jazz (anzi, secondo
me quella fu la prima musica new age)."
I primi album erano forse anche piu` autobiografici...
"Ci sono differenze, ma anche somiglianze, nello spirito delle canzoni.
I dischi precedenti erano dedicati alla mia famiglia. Anzi, molti dei
brani erano stati originariamente composti per mia moglie e per mio figlio.
I brani del nuovo album riflettono una condizione meno autobiografica.
Ma io spero che anche le canzoni piu` personali diventino sempre canzoni
universali. Una canzone romantica composta per mia moglie spero che serva
a risvegliare il romanticismo in chiunque, spero che tutti possano sentire la
tenerezza per la propria compagna. La bellezza della melodia dovrebbe
prescindere dalla specifica occasione che l'ha creata.
Non c'e` dubbio che mi piace ancora l'approccio spirituale della new age."
Pero` l'album e` intitolato alle immagini, non alle emozioni...
"C'e` un detto molto popolare, che un'immagine vale mille parole. Vuol dire
che un'immagine dice molto di piu` di quanto tu possa dire con un lungo
discorso. Analogamente, secondo me, una melodia vale mille immagini.
A me piace pensare alla mia musica come a una musica personalizzabile.
Io metto insieme elementi visuali, ma non compongo l'intero film.
L'ascoltatore puo` comporre la storia a suo piacimento.
In ciascuna canzone ci sono elementi di avventura, passione, natura,
che ciascuno puo` personalizzare a piacimento."
Da tutti i suoi dischi trapela una sincera preoccupazione ambientale. In piu`,
e` famoso per concedere spesso concerti di beneficienza, in particolare
negli ospedali. A cosa si deve questo aspetto cosi` umanitario della sua
personalita`?
"Penso che derivi dalla mia infanzia. A dodici anni trascorsi un lungo periodo
in ospedale, circondato soltanto da infermiere e dottori. Fu un periodo molto
brutto per me, ma al tempo stesso fu il periodo in cui intrapresi a suonare la
chitarra, l'unico hobby che potevo permettermi immobilizzato a letto. Quella
triste esperienza ha lasciato un'impronta profonda nel mio animo, perche'
ancora oggi mi sento vicino a chi soffre. Al tempo stesso mi avvicino` di
piu` alla natura, che tutt'ora amo e rispetto."
Che ruolo ha giocato nella sua vita l'amicizia con Grace Slick, la cantante dei
Jefferson Starship che fu un mito della musica rock psichedelica degli anni
Sessanta, e che continua a citare nelle sue interviste?
"La vedo spesso. Adesso abita a Los Angeles. Non canta piu`, ma rimane un
faro di riferimento per la mia generazione. Quando cominciai a suonare nei
Jefferson Starship ero giovanissimo, e lei era una leggenda vivente, ma
cio` nonostante mi tratto` sempre come un suo pari. Per me e` rimasta un
modello di vita, prima ancora che di arte. Penso che Grace rappresenti anche
un'epoca, che non e` per nulla morta. Molta della moda triviale degli anni
Sessanta e` svanita nel nulla, e forse e` giusto cosi`. Ma e` rimasto quello
che era il messaggio positivo di fondo della generazione hippie: cercare di
costruire un mondo migliore, basato su una qualita` della vita piu` elevata
a livello spirituale, non materiale, e su un amore profondo per il mondo
e per gli altri. La musica come esperienza comunitaria, la musica come amore.
La vita come amore. Penso che questi messaggi siano universali, e certamente
sono parte integrante del mio messaggio agli ascoltatori".
Quando ti sei reso conto che la tua missione nella vita era fare il musicista?
"Ero molto giovane. Direi che mi sono reso conto di essere nato musicista
al liceo, quando cominciai a suonare in un complesso con i compagni di scuola
e mi resi conto che avevamo successo dappertutto dove suonavamo, dai matrimoni
alle feste. A quei tempi suonavo il sassofono alto, poi sarei passato al
sassofono soprano, che e` tuttora il mio strumento preferito."
Perche' il sassofono?
"Non ci credera` nessuno, ma... suono il sassofono perche' le mie mani sono
grandi. A sette anni venni affidato a un insegnante che doveva decidere cosa
farmi studiare. Mi guardo` le mani e decise che erano grandi abbastanza da
far di me un sassofonista. Non mi sono mai guardato indietro. Il sassofono
e` diventato la mia vita e la mia seconda voce. Oggi il sassofono risuona con la
mia personalita` e ne e` parte integrante. Non riuscirei a vivere senza suonarlo
tutti i giorni. Non sono certo il primo a sostenere che e` uno degli
strumenti piu` vicini alla voce umana, che ne ha la stessa comunicativita`.
Le sue composizioni sono tutte originali. Come nasce una canzone?
"A volte sento le melodia nella mia testa e le aggiungo la groove. A volte
viceversa, parto con un accordo e una groove, e poi cerco una melodia che
sia appropriata. Sono ispirato un po' da tutti, gente, eventi, emozioni.
Non credo che la mia musica abbia un particolare messaggio da convogliare, non
ho un tema unitario. Le canzoni riflettono in forma musicale le mie esperienze.
Il mio animo fluttua libero sul mondo e raccoglie cio` che mi rende felice.
Sono felice di fare musica, e pertanto sono felice nella vita.
Ma il segreto di far musica sta nell'equilibrio fra melodia e ritmo.
C'e` una linea molto sottile che separa l'uno dall'altra. Nella mia musica
voglio che entrambi siano preminenti. Il ritmo e` un fattore chiave, in quanto
prepara il terreno per la melodia. Il ritmo deve trascinarti e metterti
nell'umore giusto per apprezzare la melodia. E` un'arte di sfumature da
cui dipende il successo o il disastro".
Le maggiori influenze?
"Dal punto di vista tecnico, citerei senz'altro John Coltrane, Charlie Parker,
Herb Washington Jr, David Sandborn. Sono influenza sullo stile, piu` che sulla
poetica."
La direzione del futuro?
"Probabilmente prestero` piu` attenzione all'orchestrazione. Ormai la tecnica
ha raggiunto un punto che non puo` essere facilmente migliorato. Arrivi a un
livello in cui semplicemente ti scordi la tecnica e semplicemente suoni.
A quel punto e` inutile migliorare, significa che sei bravo abbastanza da
dire tutto cio` che vuoi poter dire."
Cosa ascolta?
"Molto jazz, un po' di pop, complessi alternativi come Depeche Mode e
Dishwalla, molto rhythm and blues."
Discografia
Pleasure Seeker (Unity, 1997) On The Horn (Unity, 1995)
Forse le sue referenze migliori, certamente quelle piu` durature, sono nell'ambito della musica d'avanguardia rock e jazz. Ricordiamo un album con la Third Ear Band, leggendaria band di improvvisatori pan-etnici dei primi anni Sessanta, e dischi con Stomu Yamashta, Nucleus, etc. E cinque album con il cantante sperimentale Shawn Phillips. Neil Ardley, a sua volta arrangiatore jazz, si servi` della sua preziosa collaborazione per la sinfonia jazz di "Kaleidoscope Of Rainbows". Per non parlare di Miles Davis, che aiuto` a registrare l'album "On The Corner"! Uno dei singoli piu` leggendari della storia della musica rock, "Space Oddity" di David Bowie, va annoverata come un'altra delle sue invenzioni. Quel singolo del 1968 (che divenne famoso l'anno successivo, dopo lo sbarco dei primi astronauti sulla Luna) rivoluziono` l'arrangiamento della canzone rock. Tutto cio` che fece dopo, dalla Third Ear Band a Miles Davis, e` forse meno importante di quella canzone. Con la Third Ear Band, con i Nucleus, Con Stomu Yamashta il giovane Paul fu piu` che un arrangiatore: suono` le parti di violoncello e compose gran parte della musica. Sui dischi di Elton John, a partire dal 1970, fu responsabile di tutto l'accompagnamento. E` in queste partiture piu` ardite che Buckmaster trovo` la vera ispirazione. Qui davvero entra in gioco l'orchestra, e Buckmaster si scopre compositore e direttore, oltre che arrangiatore. La sua scrittura diventa improvvisamente nervosa e drammatica, capace di affondare in stati d'animo al limite dell'onirismo.
Insomma a Paul furono sempre aperte le porte della composizione. Fu lui a preferire operare dietro le quinte, dalla cabina di regia. Negli anni Ottanta si limito` a lavorare come arrangiatore. Nel campo del rock alternativo le collaborazioni annoverano Julian Cope, Meat Loaf, Belinda Carslile, Lloyd Cole, 10,000 Maniacs, Marc Almond, Stevie Nicks, Kenny Loggins, Ozzy Osbourne, La sua influenza si estende al country, in quanto ha pennellato due successi di Dwight Yoakam, "Ani't That Lonely Yet" e "Try NOt To Look So Pretty". Naturalmente non si fece sfuggire l'occasione di lasciare la sua impronta anche sulla nascente musica new age, che in pratica metteva a frutto molte delle sue intuizioni senza l'obbligo di accompagnare un cantante. La "Silk Road" di Kitaro divenne una composizione orchestrale grazie alla sua geniale conduzione della London Symphony Orchestra. Pensavate che mancasse il rhythm and blues? Paul ha lavorato con le Pointer Sisters. Il soul? Lionel Ritchie e` stato uno dei suoi clienti. Il pop femminile? Alannah Miles, Paul Abdul, Debbie Gibson, Tori Amos vi dicono nulla? Etcetera, etcetera, etcetera. Per tutto il decennio, Paul fece il pendolare fra Europa, Giappone e USA.
Nato a Londra, da madre italiana, una pianista classica, Paul Buckmaster imparo` a suonare il violoncello alla tenera eta` di quattro anni. A sei anni vinse il suo primo premio musicale. Non c'e` da stupirsi, pertanto, che gli venisse assegnata una borsa di studio per studiare alla prestigiosa Royal Academy of Music di Londra, dove si laureo` all'eta` di 15 anni.
Dal 1987 vive e lavora a Los Angeles, monopolizzato dall'industria del cinema e della televisione. La sua prima colonna sonora data dal 1971, ma soltanto con il trasferimento a Los Angeles la musica per film e` diventata una delle sue principali occupazioni. Adesso e` tornato a lavorare con Elton John, dopo uno iato di ben sedici anni.
Il nuovo disco dell'eccentrico cantante e pianista inglese si avvale di
sofisticati arrangiamenti orchestrali, come non accadeva da tempo immemore.
Paul si schermisce:
"La parte piu` importante e` quella del pianoforte,
sulla quale non ho alcuna voce in capitolo. Poi hanno scelto la sezione
ritmica, che costituisce l'accompagnamento essenziale di ogni canzone pop.
A mio avviso sono anche molto importanti, come sempre, i testi di
Bernie Taupin, ai quali Elton affida con grande maestria interpretazioni
che strappano l'applauso. Infine ci sono i miei arrangiamenti, per i quali
ho avuto la massima liberta`, ma che sono inevitabilmente vincolati da tutti
questi elementi. Sono un professionista della rifinitura, non un vero
compositore."
Con il suo curriculum potrebbe pretendere di essere considerato uno dei
padri fondatori del sound degli anni Ottanta, cosi` come, per esempio,
Phil Spector lo fu degli anni Sessanta. Ma Buckmaster e` contento di
essere considerato un artigiano delle colonne sonore e un vecchio hippie
un po' bizzarro; e che, ogni sedici anni, un divo come Elton John si ricordi
di dovere a lui i milioni di dischi che ha venduto.
Perche' la spiritualita` e` importante?
"E` la cosa piu` importante. E` anzi ironico che proprio la cosa piu`
importante della nostra esistenza e` anche quella che viene piu` facilmente
dimenticata. E` fin troppo facile dimenticare chi siamo e di cosa siamo fatti
quando veniamo travolti dalla frenesia della vita quotidiana, dallo stress,
dagli affari, dagli impegni familiari, dalle mille incombenze mondane.
Poi, all'improvviso, ti fermi, ti guardi attorno, ti rendi conto di dove
ti trovi... e allora provi il bisogno di ricordarti da dove veniamo,
e chi siamo e dove stiamo andando. La prospettiva cambia di 180 gradi.
Sei sempre tu, ma hai riconquistato qualcosa che stavi perdendo.
Quel qualcosa e` la parte piu` profonda ed essenziale di te stesso.
Nella nostra epoca la spiritualita` e` l'unica cosa che ci possa salvare.
Viviamo in un'era in cui abbiamo portato tutto sull'orlo della catastrofe.
Tutto va al contrario, e` capovolto, come in un incubo. I valori veri, onesti,
puri della vita sono stati relegati in secondo piano per lasciar spazio ai
valori dell'avidita` e della corruzione. I valori che guidano le nostre vite
sono valori che implicano mancanza di rispetto per la Terra, per gli animali,
per gli alberi, per la gente, per noi stessi. I valori piu` importanti sono
rimasti in fondo. Le qualita` piu` basse guidano il mondo. E che cio` non
funzioni e` facile constatarlo: basta leggere i giornali, o
le statistiche di omicidi e suicidi. L'unica via d'uscita consiste nel
riconoscere e vivere nel cuore i valori spirituali. I
valori spirituali sono sempre stati importanti e lo diventeranno sempre di
piu` precisamente perche' l'umanita` si e` spinta cosi` lontano da essi.
La gente rispetta il dollaro invece rispettare la vita umana."
Come puo` la musica operare in questo scenario apocalittico?
"Certi tipi di musica, non tutta la musica, possono aiutare a recuperare
quella spiritualita` perduta. Parlo della musica nella quale il compositore
e` entrato in contatto con una sorgente, in cui il compositore e` autenticamente
ispirato da una sorgente. L'ascoltatore viene allora avvolto nella musica
e viaggia, insieme al compositore, nello stesso luogo in cui il compositore
ha trovato la sua sorgente. L'ascoltatore viaggia verso quel luogo e la` si
ricorda, si ricorda chi e` e da dove viene. E si eleva al di sopra delle
tre ordinarie dimensioni della vita quotidiana.
L'ascoltatore assorbe energia dal compositore, si leva biblicamente e
resuscita nel reame dello spirito e del cuore. Il mio "Novus Magnificat"
aveva precisamente questo obiettivo. E molti dei miei fan mi scrivono che
sono stati cambiati dalla mia musica, sono stati aiutati a ricordare che
esiste anche un reame dello spirito.
Questo tipo di musica parla una lingua spirituale con ogni singola nota,
e ricorda continuamente all'ascoltatore che esiste qualcosa di molto piu`
grande, un universo di emozioni senza confini da cui possiamo trarre energia
infinita. Ma il limite e` che l'ascoltatore puo` andare soltanto
tanto lontano quanto e` andato il compositore: anzi, e` gia` tanto se arriva
li`. Per cui il compositore e` determinante. E` lui a decidere cosa ne sara`
dell'ascoltatore. Quando ascolto musica, spesso mi annoio, perche' mi rendo
rapidamente conto che il compositore non e` andato abbastanzs in alto e a
fondo rispetto a quanto faccio io. Un altro modo, piu` tradizionale, di dire
la stessa cosa e` che lo scopo dell'arte e` nobilitare l'umanita`.
Dopo aver ascoltato o guardato un grande lavoro d'arte, il fruitore ne
viene trasformato perche' ha ascoltato una lingua universale.
Penso alla differenza fra arte soggettiva e arte oggettiva. L'arte soggettiva
si riferisce a un'esperienza personale, e tutti hanno un'esperienza diversa.
L'arte oggettiva, invece, e` universale. Una cattegrale gotica ispira la stessa
sensazione a tutti. Per nobilitare l'umanita` abbiamo bisogno di piu` arte
oggettiva, ma oggi non vedo questo bisogno riflesso nella musica popolare."
Quindi l'artista ha una precisa responsabilita`?
"Certamente. L'artista deve rendersi conto della grande responsabilita` che
ha quando porta qualcuno con se` in un viaggio: se li porti in una zona d'ombra,
li danni, non sai quello che puoi causare loro. Per esempio, la musica
ambientale che e` di moda oggi non ti fa necessariamente bene, spesso vieni
lasciato nella zona d'ombra. L'artista deve essere capace di prenderti
per mano, ma poi non deve abbandonarti nel mezzo del viaggio. C'e` un passo
di redenzione che non puo` essere omesso. Altrimenti ti rimangono dentro
soltanto sensazioni tenebrose, e sono certo che alcuni artisti ti lasciano li`
apposta. Ma secondo me la mia responsabilita` e` di completare il viaggio,
di portarti dentro e fuori la zona d'ombra. E` cosi` che il dolore puo` essere
guarito. Non basta portare il malato in camera operatoria: bisogna anche
operarlo. Nei miei pezzi l'ascoltatore viene spesso condotto in un mondo di
emozioni tristi, e talvolta si commuove e talvolta piange, ma alla fine del
viaggio e` successo qualcosa di catartico e l'ascoltatore ha riacquistato la
pace. E` il concetto di "agape" degli indiani. Il compositore deve escogitare
qualcosa per lasciare l'ascoltatore non nel buio ma in agape.
Alla fine, deve rimanere soltanto la bellezza."
A che punto si trova lei nella sua carriera?
"A una regressione verso l'uomo. Per questa ragione "Aeterna" e` dedicato al
cuore umano. "Novus Magnificat" era dedicato all'eternita`, agli spazi
intergalattici, "Aeterna" ritorna all'uomo, alla Terra.
Lo spirito sta per venire sulla Terra in molte forme e il caos e` un esempio
di luce che penetra la materia e la distrugge. E` come quando Gesu entra nel
tempio. Stiamo entrando in un altro millennio, in un'altra era.
L'accelerazione e` spaventosa. Ci stiamo muovendo sempre piu` in fretta.
Aiuta tutti avere una tecnica, una disciplina, per fermarsi e meditare.
"Aeterna" proponeva proprio questa tecnica. Allo stesso tempo ho accentuato
i contatti con il mio pubblico, ho tenuto concerti, workshop di guarigione,
forum di composizione per giovani e adulti. Mi sono avvicinata all'industria
cinematografica. Quest'estate ho aperto un mio studio, che considero un
tempio di musica sacra. Nel 1998 comincero` a lavorare a un nuovo album,
che sta crescendo da anni dentro di me. Sara` la logica prosecuzione, un
ritorno alla nostra Madre Terra, che mi sta chiamando da ani e ha una canzone
che vuole che io le canti, una canzone cosi` immensa... Sto procedendo verso
il mio immenso amore per la nostra Madre Terra. Spero che il mio prossimo
disco sara` una comunione sacra con la Terra."