Bill Douglas
(Copyright © 1998 New Sounds)

Due parole con Bill Douglas, veterano delle scene musicali rock, pop, jazz e classica che ha portato nella musica new age una ventata di professionalita` e maturita`.

Ci puo` riassumere la sua carriera?
"E` cominciata molto tempo fa. Incisi il primo disco a otto anni, quando ero appassionato di rock and roll. Elvis Presley fu il mio idolo per molti anni. Crebbi ascoltando Elvis Brothers, Buddy Holly e cosi` via, gli idoli dei primi anni Sessanta. Poi a scuola studiai fagotto, pianoforte e composizione, e cominciai a suonare in orchestre classiche. Mi laureai all'Universita` di Yale nel 1969 e venni assunto dalla Toronto Symphony Orchestra. Per sbarcare il lunario, di sera suonavo nei club di jazz. Nel 1970 trovai un lavoro di insegnante a Los Angeles, presso il California Institute of the Arts. Fu un'esperienza importante, sia perche' lancio` anche la mia carriera di insegnante, che continua tuttora, sia perche' mi consenti` di studiare musica indiana e africana. La mia fortuna fu di incontrare Richard Stoltzman, un celebre clarinettista classico. Grazie a lui mi ritrovai con una nuova carriera. Non solo girai il mondo al suo fianco, suonando il pianoforte, ma lui mi chiese sempre piu` spesso di comporre musica per i suoi dischi, e quindi mi aiuto` a diventare un compositore maturo. Nel 1988 ebbi l'occasione di registrare il mio primo disco, e in breve mi ritrovai associato alla new age e al revival della musica celtica, per la quale avevo sempre avuto una segreta passione."

Insomma, nel suo bagaglio ci sono un po' tutti i generi...
"Si`, la mia musica nasce dalla combinazione di tutti questi elementi. Sono chiaramente un musicista classico, nel modo in cui compongo e nel modo in cui suono il pianoforte. Ma al tempo stesso sono un arrangiatore jazz, che ha addestrato le proprie orecchie ai lavori di Bill Evans e Miles Davis. E sono un intrattenitore pop, che studia accuratamente l'effetto della melodia. E sono un conoscitore di musica etnica. E sono uno specialista di musica celtica. Devi mettere tutto insieme per ottenere la formula dei miei dischi."

Qual'e` il ruolo del sintetizzatore nella sua musica?
"All'inizio era predominante. Oggi preferisco altri suoni, suoni piu` naturali e piu` umani, a quello del sintetizzatore, per cui tendo a usarlo sempre di meno e sempre piu` in sottofondo. La melodia e` quasi sempre affidata al fagotto o al pianoforte, e il contrappunto e` fornito prevalentemente da altri strumenti dell'orchestra".

I titoli dei suoi dischi sono chiaramente ispirati alla spiritualita`. Si considera un musicista in qualche modo mistico?
"Trent'anni fa mi convertii al buddismo, e il buddismo ha certamente influenzato la mia visione della vita. Indirettamente ha pertanto anche influenzato la mia musica. Devo pero` dire che i titoli dei miei dischi e dei miei brani sono ispirati soprattutto dalle poesie che metto in musica. A partire dal disco precedente la musica corale e` diventata un elemento portante dei miei dischi, e si tratta sempre di poesie messe in musica. Le poesie le prendo in prestito dalla tradizione inglese (Shelley, Keats, Shakespeare,...) L'ultimo disco per esempio e` intitolato alla terra e al cielo perche' alcune delle poesie (in particolare quella che lo apre) fanno continuo riferimento a quei due elementi. La poesia e` un'altra grossa parte della mia vita. La poesia e` un fatto molto spirituale, anche quando e` laica. Mi piace poi in particolare un poeta come William Blake, che era esplicitamente mistico."

Cosa ascolta una persona cosi` eclettica?
"Letteralmente di tutto. Mi piace la musica classica, e in questo periodo sono particolarmente affamato di musica sacra rinascimentale, William Byrd, Palestrina e cosi` via. Ma anche il jazz contemporaneo, il rock, il pop, da Paul Simon a Sting, da Bach a John Coltrane."

Quale'e` l'aspetto piu` importante per il suo stile di composizione?
"Il mio mestiere e` innanzitutto quello di scrivere melodie. La melodia e` l'elemento piu` importante per invocare sensazioni, e le mie melodie sono influenzate dalla tradizione celtica e da quella classica. Poi e` anche importante il modo in cui la musica viene eseguita. Per questa ragione mi circondo di musicisti classici, non pop. Per ogni disco voglio attorno a me i migliori musicisti sinfonici che posso trovare. Recentemente ho cominciato a dare sempre maggiore spazio alla voce umana, e per quest'ultimo disco sono stato fortunato di poter usare un gruppo corale di primo piano come gli Ars Nova Singers del Colorado. Ogni volta cerco di trovare i migliori musicisti per quello che ho intenzione di fare."

La tentazione di fare musica classica tout court?
"In un certo senso e` una tentazione che si e` gia` realizzata. Scrissi alcuni concerti per Stolzman, uno dei quali venne eseguito con la London Symphony Orchestra. Recentemente il gruppo di percussionisti classici Nexus mi ha commissionato un concerto per percussioni e orchestra che verra` eseguito dalla Rochester New York Philarmonica nel 1999."

La professione di musicista le assorbe molto tempo?
Mi considero prima di tutto un insegnante. Insegno nello stesso modo in cui compongo: un misto di classica, jazz, pop, rock, etnica... O forse dovrei dire che compongo nello stesso modo in cui insegno...


Paul Winter
(Copyright © 1998 New Sounds)

La pluri-decennale carriera di Paul Winter e' una metafora per l'evoluzione dell'intera world music: partito dal jazz degli anni Sessanta, e' pervenuto a una fusione sempre piu' audace di modi, temi e suoni che abbracciano le culture piu' disparate del mondo. Il suo Consort e' il modello a cui si sono ispirati tutti gli ensemble di world music: una formazione in cui sono accostati strumenti dai timbri intensi e delicati, ignorando i dogmi del jazz tradizionale.

Fra le sue innumerevoli innovazioni, Winter vanta anche quella di aver fuso l'improvvisazione musicale all'improvvisazione dei suoni della natura. E` infatti lui l'artista che rese popolare la commistione fra musica moderna e suoni naturali. Fu lui a coniare il termine "earth music" in contrapposizione a quello troppo vago e astratto di "world music". Il suo Consort non e` soltanto un ensemble da camera: e` un tentativo di armonizzare con l'habitat naturale.

Tutto ebbe inizio con "Common Ground", il fenomenale album del 1978...
"In realta`, tutto ebbe inizio un giorno del 1958, ben dieci anni prima che registrassi "Common Ground"! Ascoltai per puro caso un nastro di versi di balene e rimasi subito incantato dalla bellezza e dall'armonia delle loro voci. Ai tempi mi spiegarono che le balene cantano pattern complicati, e ciascun pattern puo` durare fino a 30 minuti senza interruzioni. Il fatto sorprendente e` che la balena ripete esattamente lo stesso pattern, anche quando e` molto complesso e molto lungo. Non ha importanza. La balena si ricorda il suo pattern suono per suono, un po' come un musicisti potrebbe ricordarsi uno spartito nota per nota. Non solo. Tutte le balene in una certa zona tendono a emettere lo stesso partner. In un certo senso, cantano insieme la stessa complicata canzone. Se torni sullo stesso posto l'anno dopo, scopri che hanno coniato una nuova canzone e, ancora una volta, la cantano tutte insieme. Sono creature che hanno un genere insolito di intelligenza, e la usano per armonizzare. La musica e` parte integrante della loro vita sociale. La musica e` il modo in cui comunicano. Rimasi assolutamente stupefatto da queste rivelazioni, e capii che l'uomo aveva perso qualcosa del suo stato naturale, del modo naturale di vivere e comunicare. Decisi allora di apprendere il massimo sul comportamento delle balene e poi di trovare un modo per trasferire la bellezza della loro musica nella mia musica, in maniera tale che la gente potesse ascoltarla e magari ricordarsi di un evo lontano in cui anche noi eravamo cosi` spontanei e armoniosi. In un certo senso volli fare la stessa cosa che avevo fatto per violoncello e corno, strumenti che il pubblico della musica popolare non conosce molto bene, e che io avevo integrato in strutture piu` facili per l'orecchio popolare. Credici o meno, integrare i versi delle balene fu piu` semplice che integrare i suoni del violoncello!"

Che cosa differenzia, emotivamente, la voce di un animale dalla voce umana?
"Ogni specie ha una voce unica. E all'interno della stessa specie gli individui hanno voci uniche. Ogni persona ha una voce unica, persino i gemelli identici hanno voci diverse. Quindi non c'e` da sorprendersi che le voci degli animali siano diverse dalla nostra. Cio` che dovrebbe sorprenderci e` che noi la usiamo in maniera diversa. Siamo l'unica specie che censura la propria voce. Le altre specie vocalizzano liberamente nel loro habitat naturale, e quel vocalizzare, costituisce parte integrante del loro vivere integrati con quell'habitat. Noi invece abbia costruito questa cosa chiamata "civilta`", che ci impone di esprimerci in una lingua e ci vieta di usare versi "poco educati". Lo consentiamo per qualche anno ai bambini, ma poi insegniamo loro come esprimersi in maniera educata, ovvero insegniamo loro che non e` bene emettere quei suoni "selvaggi". Noi civilta` evolute esitiamo ad usare la voce in maniera naturale. Abbiamo cosi` sviluppato un talento per le voci addestrate, per i registri dei cantanti. Siamo diventati molto bravi ad ascoltare. Ogni tanto sentiamo una "bella" voce e decidiamo che quella persona ha talento. Ma in realta` tutti siamo cantanti, e non c'e` nulla in natura che privilegi la voce di un tenore da quella di un pescivendolo. Siamo noi ad aver confuso tutto con l'idea che emettere suoni con la bocca e` un'arte."

Allora tutti dovrebbero cantare?
"Capisco l'ironia della tua domanda. Forse nemmeno io sarei troppo contento se i miei vicini si mettessero a cantare a squarciagola... Ma il punto e` che non e` importante cosa gli altri provano quando tu canti. Io devo rispettare il diritto di ciascuno di cantare. Lo scrittore americano Thoreau scrisse che i boschi sarebbero molto tranquilli se gli unici uccelli a cantare fossero quelli che cantano meglio. E` proprio cio` che facciamo noi: soltanto i Pavarotti e i Domingo hanno diritto di cantare, e il nostro mondo assomiglia a un bosco in cui soltanto uno o due uccelli cantano. E` un mondo quantomeno strano. La bellezza del bosco non sta nel fatto che gli uccelli piu` bravi cantano, ma nel fatto che tutti (tutti) gli uccelli cantano, e cantano insieme! Le voci degli uccelli suonano sempre armoniose, e non c'e` bisogno di scoprire quale canta meglio degli altri. La voce esprime la vera natura di una creatura, e in tal senso e` sempre armoniosa. Il problema e` che la voce umana non esprime piu`, da millenni, la nostra vera natura, e pertanto risulta armoniosa soltanto se e` quella di Pavarotti. Gli uccelli cantano in uno stato naturale, spontaneo e disinibito. Invece la nostra espressivita` e` stata castrata dalla nostra educazione. Noi cantiamo in maniera artificiale, forzata, condizionata dallo stress, dalla compliessita` e dall'innaturalezza della nostra vita. E allora si`, e` vero, non mi farebbe piacere se tutti gli abitanti di una citta` si mettessero a cantare insieme!"

Come fa Paul Winter a comporre musica per voci di animali?
"In generale ascolto passaggi nella vocalizzazioine delle creature. Ma talvolta mi piace anche imitare quelle voci su uno strumento umano, come il sassofono o il violoncelli, e poi usare quella cosa come un seme per sviluppare un tema, per sviluppare la composizione. In generale, pertanto uso un grammo minuscolo di queste voci. Ma anche in questi casi considero il pezzo come una collaborazione fra me e l'animale. La collaborazione e` simbolica, ma in realta`, se ci pensi, un secondo di quel suono e` determinante per l'intero disco, e pertanto ho ragione a sostenere che la balena e` co-compositrice del mio pezzo."

Quindi non si tratta di una vera e propria performance comune?
"Dipende. Per esempio, per "Canyon Lullaby" ho semplicemente suonato in un ambiente naturale, dove c'erano per caso altri animali che vivono li` e che facevano quello che fanno normalmente. La registrazione ha catturato cio` che succedeva per puro caso mentre suonavo dal vivo in tempo reale. Come tecnica, rappresenta l'estremo opposto rispetto a usare un nastro delle loro voci. Un'altra tecnica ancora e` improvvisare con un nastro che suona in sottofondo."

Nelle tue musiche non usi mai suoni morti (vento, pioggia, mare), soltanto suoni di animali...
"Forse sono stato fortunato nell'incontrare gli animali giusti. Ma potrei usare il suono del vento invece del suono delle balene. Ogni suono della natura e` vita. Anzi, il messaggio dei miei dischi e` proprio che abbiamo un pianeta in comune con tutte le altre creature."

Di tutte le voci quali preferisci?
"Quella che ascolto nel momento in cui me lo chiedi. Sono tutte qualcosa di estremamente intimo. E` una musica sublime che non puo` essere quantizzata. Ogni grande pezzo di musica ha questa qualita`, che pensi sia la piu` grande che tu abbia mai ascoltato."

La relazione fra voci della natura e spiritualita`?
Grande musica e natura coincidono con la spiritualita`.

Come vede questo generale movimento verso l'integrazione dei suoni naturali nella musica occidentale?
"Alle origini, anche gli uomini cantavano. Abbiamo fatto parte della comunita` della natura per il 99% della nostra esistenza su questo pianeta, per circa 290.000 anni. E` nei nostri geni. Non c'e` nulla di nuovo in cio` che io e altri stiamo facendo. Stiamo semplicemente riscoprendo quella relazione con la nostra famiglia. La dimenticammo millenni fa, creammo civilta`, adottammo uno stile di vita urbano, diventammo sordi, incapaci di comunicare con i nostri suoni. Adesso stiamo cominciando a invertire quel trend che ci ha spinto via via piu` lontano dalle nostre origini naturali."

Cosa ascolta?
"Un po' di tutto: musica africana, Bach, musica brasiliana, russa, Bartok, Charles Ives, molto jazz... La musica classica e` un caso interessante. La ritengo responsabile di averci spinto progressivamente lontano dalle nostre origini. Anzi, e` una delle arti che meglio riflette la societa` responsabile di questo fenomeno. E` il sistema culturale europeo che ha prodotto la musica classica, con i suoni preconcetti di "noi e loro" (quelli che suonano contrapposti a quelli che ascoltano), del virtuosismo, dell'ascolto mediato e cosi` via, insomma la negazione di quel rituale participatorio che sarebbe piui` consono alla nostra natura. La musica classica e` tipica del voler costruire un comportamento innaturale. Ma al tempo stesso non posso nascondere che poche cose in natura equivalgono la bellezza della musica di Bach... e` un paradosso che non ti so spiegare. Forse per questo li chiamiamo "geni"....


Steven Halpern
(Copyright © 1998 New Sounds)

Steven Halpern e' un credente del potere psicologico della musica. Ha persino fondato una nuova disciplina scientifica, la "psicoacustica olistica" al suo Spectrum Research Institute, a nord di San Francisco. La sua produzione ventennale non puo` neppure essere considerata davvero artistica, in quanto gran parte dei suoi dischi sono ispirati e dedicati a una preziosa azione psichica. Per lui la musica e` un modo di entrare in contatto con una sorgente di energia spirituale. Fin dal suo primo disco, registrato nel 1975, la sua musica non e` altro che una diretta emanazione delle sue teorie psicofisiche.

A cosa serve la musica?
"Serve a migliorare le nostre condizioni di vita. Per esempio, io adesso mi sto dedicando a sviluppare programmi di relax per anziani. Pratico la mia attivita` in collaborazione con ospedali e ospizi. Negli ultimi anni sono tornato in contatto con professionisti e utenti che avevo conosciuto o che mi avevano conosciuto anni fa. La mia musica e` sempre stata usata per migliorare qualita` fisiche, per esempio per accelerare l'apprendimento. In fondo, fin dall'inizio la mia musica e` stata pensata e usata per promuovere effetti fisici. Vent'anni fa io fui il primo compositore contemporaneo a concepire la musica in questo modo. Nel corso degli anni, a causa della scarsita` di collaboratori, non sono riuscito a tenere il conto di chi usava la mia musica e per quali fini la usava, ma adesso sto cominciando a fare un piccolo censimento, e ho cosi` scoperto che per tutti questi anni fior fiore di professionisti e di organizzazioni hanno continuato ad usarla. Mi riferisco a usi non musicali. Continuo a sentire gli stessi commenti: ospedali e ospizi usano la mia musica e la musica barocca. Nient'altro. Siamo sempre io e i barocchi. E, a mio avviso, ci complementiamo a meraviglia. La mia musica viene usata in particolare nei laboratori piu` avanzati di Giappone, Europa, Australia e naturalmente America. E` pertanto dimostrato scientificamente che la mia musica serve a migliorare la qualita` della vita, e migliaia di persone in tutto il mondo sono prove viventi che funziona".

Ci sono altri musicisti attivi in questo campo?
"Ci sono soprattutto scienziati e pensatori di varie discipline. Citerei per tutti Jorge Losano, fondatore della "suggest-ologia", secondo il quale la musica e` parte di un processo di cointrollo del corpo e della mente. Losano, che vive in Bulgaria, ha scritto diversi libri negli anni Settanta, prima di diventare famoso in tutto il mondo con "Super Learning". In questi libri ha documentato come certi tipi di musica facilitano l'apprendimento delle lingue e virtualmente di qualsiasi materia."

Ma perche' questi studi non sono noti al grande pubblico?
"In questi anni sto anche conducendo una guerra personale contro i mezzi d'informazione e le istituzioni classiche. Sto conducendo una campagna basata su venti anni di successi per dimostrare che non e` soltanto la musica classica ad aiutare la mente, a guarire, a rilassare. Non solo c'e` chi nega il potere guaritore della musica: c'e` anche chi sostiene che soltanto la musica classica ha questo potere. Cio` che continua ad affascinarmi e frustrarmi al tempo stesso e` che tanti analisti che si professano obiettivi continuano a ignorare una mole di dati che e` cosi` sterminata e mondiale. Per esempio, e` uscito recentemente un libro a cui non voglio fare pubblicita` che ignora completamente tanto me quanto altri ricercatori influenti della nostra era, nonostante ci conosca benissimo. E` chiaro che qualcuno ha interesse a nascondere la verita`. Chiaramente, sono in gioco vitali interessi economici, e sfortunatamente cio` oscura i meriti delle ricerche. Le case discografiche specializzate in musica classica non hanno interesse a far sapere al loro pubblico che esiste altra musica in grado di "guarire" nello stesso modo in cui guarisce la musica classica. Non hanno neppure interesse a rivelare cio` che ha scritto John Diamond nel libro "The Mozart Effect", che tutto dipende da quale composizione di Mozart uno usa e da chi la interpreta. Basta cambiare l'interpretazione per ottenere risultati psicofisici completamente diversi. Insomma, c'e` bisogno di combattere la disinformazione e gli interessi di parte, e cosi` in questi anni ho deciso di scrivere di piu` e comporre di meno. Sono diventato il ministro dell'informazione e della evangelizzazione... E` importante educare il pubblico, in maniera che non vinca soltanto cio` che scrivono gli uffici marketing delle grandi case discografiche. La musica ha un potere enorme, ed e` importante che il pubblico lo sappia".

Che cosa si intende esattamente per "guarigione"?
"Guarigione e` un fenomeno che comprende un ampio spettro di responsi. Io mi sono sempre concentrato su quelli relativi al relax, in quanto costituiscono i precursori fondamentali a tutti gli altri. Infatti, uno dei fattori principali di tutte le malattie e` lo stress. La mia musica riduce lo stress, quindi riduce la causa prima delle malattie. Per quanto mi riguarda cio` costituisce uno sviluppo straordinario del concetto di musica.

La carriera musicale comunque prosegue?
"Certamente. In questi ultimi due anni ho pubblicato un'antologia di composizioni per solo pianoforte, "Legacy", che documenta il mio lavoro in questo campo nell'arco di vent'anni. Praticamente si tratta di un miglioramento di "Timeless", l'antologia che era uscita un po' di anni fa. Gran parte del pubblico mi identifica soltanto con la musica elettronica, e mi e` sembrato giusto far loro sapere che ho anche questo background alle spalle. Poi sono usciti altri due titoli della serie "subliminale", uno intitolato "Attracting Prosperity" e l'altro "Stop Smoking". Adesso sto lavorando con un guaritore francese, Fabian Maman, l'uomo che ha inventato lo strumento chiamato "monochord" che crea sovratoni di spessore sinfonico.

Come fa Steven Halpern a comporre musica dedicata a una specifica attivita` subliminale, per esempio alla prosperita`?
"Compongo sempre nello stesso modo. Prima mi prefiggo un obiettivo, come quello della prosperita`. Poi entro in quella "zona" mentale. Richiamo gli stati profondi alfa e beta del cervello, mi rilasso e ascolto. La musica che sento, e` quella che suono. A volte comincia a fluire soltanto quando mi siedo di fronte al pianoforte. I critici hanno ragione a dire che sembra sempre la stessa musica, a prescindere dal fatto che io la usi per il relax o la prosperita`. E` la stessa musica, a un livello grossolano. E` come quando sintonizzi la radio su una stazione. Prima cambi frequenza in maniera rapida, poi quando sei in zona sintonizzi la radio in maniera piu` accurata. Lo stesso succede con queste "zone": prima entri in questo stato mentale, poi ti sintonizzi sulla specifica attivita` che ti interessa. La musica e` simile, ma non uguale. Nel caso della prosperita` mi concentro sulle sensazioni positive, sulle idee di abbondanza e affluenza. C'e` un livello di auto-stima e auto-amore che va risvegliato, riportato in superficie. Devo convincermi che e` possibile diventare ricco, e che diventare ricco non e` un male. Quando entro in questo stato mentale, sento la musica relativa e la compongo al pianoforte. Tutto qui."

La prosperita` non e` nemina della spiritualita`?
"No, proprio l'opposto. Questa fu la grande scoperta del 1975 che mi porto` a diventare cio` che sono. Scopersi che la spiritualita` non e` contraddetta dalla prosperita`. Anzi. Io riesco a meditare meglio se non devo preoccuparmi di pagare l'affitto! E` piu` facile ottenere l'accesso al livello piu` profondo della coscienza. Vent'anni fa la gente assumeva che spiritualita` significasse rinunciare a tutti i piaceri terrestri. La verita` che alcune delle persone piu` spirituali che ho mai incontrato vivono esistenze molto confortevoli. Ricordo che nel 1968-9 stavo studiando musica con il bassista jazz Ron Carter e discutevamo di queste cose. Lui mi disse: "e` un mito che per suonare il jazz o il blues devi essere morto di fame, la poverta` interferisce con la creativita`."

Ma cos'e` la prosperita`?
"La prosperita` e` un insieme di diversi generi di prosperita`, e secondo me devi possederli tutti per poterti veramente definire prospero. Intanto comincia nella tua mente, ed e` soprattutto un atteggiamento con cui ti poni di fronte alla vita. E` un atteggiamento di contemplare l'universo come un posto di abbondanza, e la nostra posizione come quella di chi deve lasciare che qualcosa di quell'abbondanza fluisca nella nostra vita. Con questo atteggiamento, se non altro, aumentiamo le probabilita` che quel "flusso" di abbondanza si verifichi. Deepak Chopra ha parlato diffusamente di queste cose: affinche' ti capiti qualcosa di buono, occorre che tu sia in grado di riceverlo. E non significa che debba succedere qualcosa di brutto a qualcun altro. L'abbondanza significa anche che possiamo essere tutti ricchi, senza bisogno di impoverire nessuno. Ma tutto comincia nella tua mente. E` il subconscio a determinare il suo comportamento nei confronti della vita, e questo comportamento ti predispone alla prosperita`."

E gli altri tipi di prosperita`?
"La prosperita` non e` limitata agli aspetti materiali della vita, si estende ai rapporti con il mondo e con gli altri. Sei prospero anche e soprattutto se sei ricco di amici, se sei in buona salute. L'abbondanza e` in tutte le cose. Non e` soltanto soldi. Hai bisogno di tutte queste forme di abbondanza. Il segreto sta nell'equilibrio, nell'armonia di tutte queste sorgenti di abbondanza. Non e` una coincidenza che la musica sia fondata sul concetto di armonia..."


Liz Story
(Copyright © 1998 New Sounds)

Liz Story e` cresciuta in California ma vive da anni in Arizona. Appartiene alla prima generazione di pianisti new age, quella dei George Winston. Con i primi sei album, fra il 1982 e il 1990, si impose fra i pianisti new age piu` melodiosi e cristallini, appena lambita dall'improvvisazione jazz. Le sue partiture avevano qualcosa del tepore domestico, anche quando il pianoforte era accompagnato da arrangiamenti quasi orchestrali. A partire da "My Foolish Heart", nel 1992, Story si era invece "ritirata" come compositrice e si era limitata a arrangiare musiche altrui. Con il nuovo disco, "17 Seconds To Anywhere", e` tornata invece prepotentemente nelle vesti di compositrice.
"E` un disco per me molto importante, perche' e` il primo di materiale originale registrato in quasi otto anni. Ho sentito il bisogno di scrivere la mia musica, forse soprattutto per verificare se ho trovato la mia vera voce. Sono rimasta sorpresa nel constatare che la mia voce non e` cambiata molto. Piu` o meno suono ancora come suonavo quindici anni fa. E` stato interessante, insomma, scoprire che la mia vera voce e`... la mia voce! Mi sarei aspettata invece un cambiamento drastico, visto come la mia vita e la mia carriera sono state colme di insegnamenti. Questo album e` in pratica una firma che appongo alla mia carriera. E` me stessa. Ma giuro che e` tutto materiale attuale. Molte delle composizioni sono recenti, qualcuna risale a qualche anno fa. Ma in tutti i casi la versione definitiva e` stata costruita pazientemente negli ultimi mesi."

Ma perche' aspettare tanto tempo prima di tornare al mestiere di compositrice?
"Le regole d'oro per un artista sono due: cercare la propria voce e non imitarsi mai. Io non sapevo di aver trovato la mia voce, ma sentivo che stavo cominciando a imitarmi. Quando usci` "Escape", senti` un brivido di freddo giu` per la schiena. Provai il bisogno di fare qualcos'altro e la prima cosa che mi venne in mente fu di cimentarmi agli standard, perche' mi avrebbe consentito di imparare qualcosa di nuovo e di espandere il mio vocabolario. Tanto il repertorio classico quanto quello jazz sono ricchi di passaggi cromatici e complessi che sono l'opposto del mio stile. Decisi di buttarmi in un'area completamente nuova. Avevo studiato con Dick Grove a Los Angeles e lui mi insegno` una cosa fondamentale, ad arrangiare le note in famiglie di accordi, un processo che ti aiuta a improvvisare meglio, ad arrangiare la musica in maniera piu` creativa. Ero pronta per mettere in pratica i suoi insegnamenti. C'e` anche un'altra ragione, molto piu` pratica. Quando la Windham Hill venne comprata la prima volta, mi trovai a dover interagire con un management che non capivo. Mi chiedevano mi chiedevano di fare progetti che non mi andavano. Decisi che forse l'universo mi stava dicendo di cercarmi un'altra carriera e pensai seriamente a studiare medicina. Invece la BMG rilevo` i diritti sulla Windham Hill e di colpo mi trovai circondata da persone che mi amavano e incoraggiavano. Adesso mi sento a mio agio e questo mi aiuta a comporre".

Qual'e` il tuo retroterra culturale?
"Ho studiato musica classica, ma a lungo non riuscivo a pensare di me stessa come una performer. Eppure fin da bambina avevo l'atteggiamento del compositore, in quanto non riuscivo mai a completare un brano cosi` com'era stato scritto, finivo sempre per cambiarlo un po'. Pochi pezzi mi piacevano cosi` com'erano Chiamala "mancanza di disciplina". Mi piace guardare grandi pianisti suonare, ma non mi sentivo in grado di fare la stessa cosa, richiedeva una disciplina di cui non ero capace. Oggi so qual'era il problema: c'e` un livello di intimita` che puoi avere soltanto con la tua musica. La tua musica e` intima perche' la conosci da dentro. Comunque sia, decisi che sarei diventata una storica della musica, non una musicista. Cominciai a scrivere musica per caso: stavo studiando a Los Angeles e decisi che, non essendo una brava compositrice, era meglio se mi trovavo un lavoretto in un ristorante e cominciavo a eseguirmi davanti a un pubblico piccolo e non colto. Mi tocco` di improvvisare a un pianoforte scalcinato e quella fu la mia fortuna, perche' su quel pianoforte non potevo eseguire nulla di cio` che avevo studiato, ero costretta ogni sera a comporre qualcosa di mio. Imparai anche che c'e` una differenza fra suonare per te stessa e suonare per altri: quando suoni per te stessa, stai provando, stai imparando, stai perfezionando lo stile; quando ti siedi davanti a un pubblico, usi lo stesso accordo che hai provato e riprovato, ma questa volta ne fai qualcosa di ascoltabile anche per loro. C'e` uno spirito che ti guida, c'e` una forza della comunicazione a cui non puoi resistere. Durante quei mesi in quel ristorante trovai la mia voce. Naturalmente scelsi il linguaggio che conoscevo meglio, quello tonale della musica classica. Pensavo che una volta maturata avrei trovato una voce completamente diversa. E, quando cominciai a lavorare agli standard, pensavo proprio quello, che lavorando agli standard avrei trovato la mia vera voce. Ascoltavo anche molta avanguardia ed ero pertanto convinta di potermi spingere oltre la semplice musica tonale dei miei esordi. Invece, sorpresa, continuo a fare la stessa musica, quella e` la mia voce! All'inizio cerchiamo sempre di imitare cio` che ci piace. Io fui fortunata che, grazie a quel piano sbilenco, non ebbi quella possibilita`. Oggi quando compongo non ho davanti un pubblico, ma me lo immagino. Se immagini che ti stiano osservando, assumi immediatamente una certa eleganza, un po' per timidezza un po' per rispetto degli altri."

La musica del nuovo album mi sembra gioiosa... riflette la gioia della tua vita?
"No, e` un fatto curioso. Dentro mi sento come un affresco astratto di Jackson Pollock, ma poi la musica viene fuori semplice e lineare. La mia carriera mi ha senz'altro insegnato un grande senso dell'umorismo, grazie al quale posso guardare alle mie nevrosi con un certo distacco. Sono fortunata che posso sedermi in qualunque stato mentale, angoscia o stress, e riesco sempre a rispondere in maniera positiva. Gioco con le note finche' non trovo un'idea che mi piace e allora mi concentro per sviluppare quell'idea. E` un fatto che prescinde da come mi sento. A volte penso che siano vite che non siamo coscienti di avere. C'e` una grossa differenza fra il mondo esteriore e quello interiore e penso che l'arte costruisce ponti fra dentro e fuori. Inoltre scrivere musica per me e` un'attivita` molto fisica. Mi chiedono spesso "a cosa pensi quando suoni?" Rispondo che e` come chiedere a un giocatore di basket a cosa pensa quando gioca a basket. Ovviamente non pensa a nulla, e` concentrato sul fatto fisico di giocare. Per me suonare il pianoforte e` un fatto altrettanto fisico, corporale, istintivo. Non e` pensiero, e` movimento. E` un grande mistero la voce che ho."


Wayne Gratz
(Copyright © 1998 New Sounds)

Wayne Gratz e' uno dei pianisti new age della seconda generazione, quella che ha fatto tesoro della lezione della generazione di George Winston e David Lanz. La sua formazione musicale avvenne in un complesso di musica pop della Florida, ma divenne celebre nel 1989 con "Reminescence", in cui il suo pianoforte e` accompagnato da sintetizzatore, flauto, violino, basso e percussioni. Le sue eleganti melodie prendono sempre a pretesto un tema: cosi` gli scenari naturali in "Panorama", cosi` l'ambiente domestico in "Follow Me Home". "Blue Ridge" e "Gift Of The Sea" sono stati anche grandi successi di vendita. Poi sono venuti due album di pezzi classici, tratti dal repertorio folk e classico, "Somewhere In Time/ Songs Of Endless Love" e "Simple Gifts/ Songs Of Inspiration".

Diamo uno sguardo retrospettivo alla sua carriera...
"Non c'e` molto da dire, sinceramente, poiche' e` stata una carriera molto lineare e indolore. Impiegai diversi anni a comporre e registrare il primo album. Come tutti gli esordienti, non mi sentivo sicuro di me stesso e non erano in molti a incoraggiarmi. Quando finalmente usci`, mi sentii rinato: avevo una carriera. La casa discografica mi incoraggio` a continuare, facendomi notare il riscontro positivo che l'album stava avendo in termini di critica e di pubblico. Poi e` chiaro che ogni album successivo e` stato piu` facile da comporre e registrare del precedente. Col passare del tempo diventa quasi una routine. Ma in realta` per me ci sono state poche differenze fra un album e l'altro. Sono stati tutti composti e registrati qui, a casa mia, a Orlando, in Florida. La mia musica non e` cambiata molto, di proposito: ho cercato di conservare il mio stile. Di qualche album ho un ricordo piu` bello ma piu` che altro perche' e` stato piu` divertente registrarlo. Per esempio, "Blue Ridge" e` il mio preferito perche' lo registrai con un'apparecchiatura completamente nuova e mi sentivo come un bambino quando mette mano a un nuovo giocattolo. Gli ultimi dischi sono dischi di musica altrui, e questo e` un fatto stimolante. L'idea e` stata della Narada, cosi` come la scelta dei pezzi. Erano tutti pezzi che conoscevo molto bene, ma non e` facile cimentarsi con la musica altrui. Di alcune non ho neppure voluto imparare lo spartito. E` stato interessante entrare nel mondo di un'altra persona, sapendo che quel mondo e` stato condiviso nei decenni da milioni di ascoltatori, e provare a ritagliarsi un posticino personale. Adesso sto lavorando al mio nuovo album, che sara` invece di materiale interamente mio."

Qual'e` il suo background musicale?
"In realta` non ce l'ho! Da piccolo presi lezioni di pianoforte, ma nulla di particolare, le stesse cose che fanno milioni di bambini negli USA. Poi imparai da solo a suonare la chitarra e entrai a far parte di alcuni gruppi di musica rock. Volevo diventare una star, come tutti a quell'eta`. Presto passai alle tastiere, perche' i miei miti erano gli Emerson Lake & Palmer e gli Yes, e infine tornai al pianoforte. Sono del tutto autodidatta, non so nulla di musica! Le mie influenze sono le piu` disparate, da Keith Emerson a Rachmaninov. Mi piace la musica classica e la ascolto spesso, ma da profano. La musica che eseguo al piano e` semplicemente cio` che riesco a scrivere. Non cerco di imitare nessuno perche' non saprei chi imitare... Ho appreso per lo piu` ascoltando a caso. Passo la mia giornata ascoltando un po' di tutto. Per esempio, amo un cantautore come Lyle Lovett, ma anche un complesso di rock progressivo come gli Yes. Dei pianisti contemporanei mi piacciono soprattutto George Winston, Michael Jones, David Lanz."

Le tue canzoni raccontano una storia?
"Molte delle mie composizioni sono dedicate a un episodio, a una persona, a un luogo. Spesso ho una visione nella mia mente e qualcosa di magico la trasforma in musica. Altre volte improvviso davanti al registratore e seleziono le melodie che mi piacciono. Poi le arrangio e le trasformo in brani da registrare. E` un po' come quando fischietti mentre ti fai la barba. Tutto e` importante per stimolare l'immaginazione: amici, natura, la societa`... "Blue Ridge" e "Gift Of The Sea" sono stati profondamente influenzati dalla natura."

Perche' fa il musicista? Cos'ha di speciale la musica?
"Sinceramente sono diventato musicista perche' a cinque anni cominciai a sognare di diventare musicista. Sapevo che sarei diventato un musicista, e non ho mai avuto altri stimoli. E` cio` che faccio meglio. Penso che un musicista ha dei vantaggi rispetto a poeti e pittori. Per intanto, hai piu` spazio per manovrare, e` piu` facile comunicare con il pubblico. Poi, se vogliamo essere pratici, e` anche piu` facile far arrivare la tua arte al pubblico, perche' dappertutto ci sono negozi di dischi."

La sua tecnica e` maturata con gli anni?
"Penso di essere migliorato un pochino, ma nella sostanza il mio stile e` rimasto sempre lo stesso. Certo, quando registri la tua musica, poi ti puoi ascoltare e questo ti aiuta a migliorare. La mia musica recente e` forse piu` vivace e gioiosa perche' riflette il successo che mi ha arriso."


Sergio Lara
(Copyright © 1998 New Sounds)

Lara & Reyes e` uno dei duo di maggior successo di musica strumentale per chitarre. Sergio Lara e Joe Reyes sono entrambi di San Antonio, in Texas, profondo Sud degli USA. Gli album "Two Guitars" e "Guitarras Hermanas" hanno imposto il loro brioso jazz latino, infarcito di bolero, rumba e flamenco e di tante altre spezie musicali. "Exotico" (Higher Octave, 1996) e il recente "Riverwalk" (Higher Octave, 1998) sono le opere della maturita`.

Come cominciasti la tua carriera musicale?
"Sono nato a Ciudad de Mexico. Crebbi ascoltando flamenco e musica latina di Caraibi e Sudamerica. Presto sboccio` l'amore: amore per gli strumenti musicali, specialmente quelli a corda. Avevamo un piano in casa ma non ero molto interessato a suonare il piano. Fin dal principio fu l'amore per la chitarra, piu` ancora che l'amore per la musica, a spingermi a suonare. Dall'eta` di nove anni a quella di dodici anni presi lezioni di chitarra. Cominciai a desiderare di suonare con altra gente, e cominciai a studiare altri stili di musica chitarristica. Ascoltavo gruppi pop come i Beatles, e tentavo di imitarli con la chitarra elettrica, ma ero sempre piu` felice quando potevo suonare la chitarra acustica. Lo stile acustico era sempre il mio preferito, anche se in pubblico tendevo a suonare la chitarra elettrica. Cominciai anche ad ascoltare musica jazz, e mi resi presto conto che tutti i jazzisti erano musicisti eccezionali. Django Reinhardt esercito` un'influenza enorme su di me. La musica latina era nel mio sangue. Non ho mai studiato flamenco, ma gente come Paco de Lucia mi erano molto familiari. Non conoscevo gli aspetti tecnici del flamenco, ma dopo il jazz cominciai a studiare anche le musiche con cui ero cresciuto. Venne il momento di scegliere cosa fare "da grande". Come artista sei quasi obbligato a seguire le tue radici se vuoi che l'industria si accorga di te. Non avrei potuto diventare un bluesman perche' ci sono tanti neri di New Orleans che sono piu` bravi di me. Mi sentii obbligato a seguire le mie radici ma al tempo stesso non volevo rinunciare alle altre culture che avevo esplorato. Fu cosi` che divenni il chitarrista eclettico che sono oggi. Rispetto le tradizioni degli altri, ma al tempo stesso voglio fonderle e travalicarle per ottenere uno stile personale."

Come accadde che ti trasferisti negli USA?
"Avevo parenti a San Antonio per cui venivo negli USA molto spesso. Cominciai ad essere invitato a suonare in gruppi texani, e nel 1987 incontrai Joe Reyes e scopersi che anche lui aveva il desiderio segreto di suonare la chitarra acustica. Anche lui aveva un bagaglio culturale simile al mio, e cioe` latino. Non iniziammo con l'idea di registrare un disco e diventare famosi. Cominciammo semplicemente perche' ci piaceva suonare insieme, e suonare la chitarra acustica. Presto questa divenne una relazione molto solida. Ci rispettiamo a vicenda, e il pubblico ci rispetta perche' si rende conto che siamo dei seri professionisti. Il pubblico, i club, i festival cominciarono a chiederci di fare un album. Ci vennero offerti contratti da diverse case discografiche. Higher Octave e` la casa discografica perfetta per noi in quanto stanno cercando di rendere il loro catalogo piu` internazionale."

Come definiresti la tua filosofia artistica?
"Il mio punto di vista e` che la musica riflette la tua vita. E` una risposta molto semplice, ma anche molto grande."

I tuoi album sembrano seguire un ben preciso percorso artistico...
"Per il quarto album volevamo soprattutto ritornare al sound del primo album. "Exotico" era stato un esperimento, un lavoro ambizioso di produzione e arrangiamento per il quale avevamo impiegato un ensemble con tanto di pianoforte, flauto, sassofono. Decidemmo che volevamo recuperare il sound di "Guitarras Hermanas". E` importante scoprire cosa il pubblico desidera da te. Al tempo stesso tu diventi piu` maturo, ti concentri su cio` che sai fare davvero meglio degli altri. Alla fine ci e` parso che il formato a due chitarre, basso e percussioni, sia il piu` congeniale per la nostra musica. Quando suoniamo dal vivo, suoniamo esattamente come su questo disco."

In questo album suoni anche ukulele (Pueblo Magico) e mandolino (Romantique) e Reyes suona l'oud (El Turco)...
"Si`, un'altra differenza di questo album e` che quasi tutti gli strumenti sono suonati da noi. Siamo entrambi polistrumentisti. Ci piace suonare tutti gli strumenti che amiamo. Personalmente mi piace tantissimo suonare il mandolino. Mi sono pertanto sbizzarrito a suonare tutto cio` che poteva servirci. Reyes suona il basso, che in realta` fu il suo primo strumento, e suona persino la chitarra elettrica (non per la melodia, ma per qualche armonia). E entrambi suoniamo le percussioni. Un'altra passione per me sono le percussioni latine."

Cos'altro e` diverso su questo album?
"Il nuovo album, "Riverwalk", e` un album concept. E` un titolo meraviglioso che, per quanto ne sappiamo, non e` mai stato usato prima. Molte citta` del mondo sono state costruite lungo le rive di un fiume. Il fiume era importante per la vita della citta`. Oggi il fiume e` diventato semplicemente un luogo romantico lungo cui passeggiare di sera, meditare, riposare. La gente ha costruito caffe` e case. Lungo le rive incontri innamorati, musicisti, filosofi. Ci sono tante storie e tante emozioni. Ogni canzone riflette le storie e le emozioni che abbiamo immaginato di incontrare durante la nostra passeggiata. Non avevamo necessariamente in mente San Antonio. Potrebbe essere qualsiasi citta` del mondo. Naturalmente il nostro sound e` principalmente flamenco, ma non siamo puramente flamenco, per cui anche chi vive lontano dalla Spagna puo` riconoscersi in queste musiche. E` l'atmosfera che conta. Non ho una canzone preferita, ma forse quelle che suono piu` spesso sono El Castillo e Pueblo Magico. Tutti i titoli sono suggestivi, come Noches De San Miguel e Satellite Island, perche' volevamo davvero che chiunque vi si potesse riconoscere. A mio avviso e` l'album migliore della mia carriera, e non soltanto perche' il nostro stile e` al culmine. Abbiamo dedicato tantissimo tempo a rifinirlo. William Aura, produttore della Higher Octave e musicista lui stesso, un giorno mi ha detto una cosa verissima: non si finisce mai di registrare un disco, si potrebbe continuare per sempre. Un disco non viene ultimato, viene abbandonato. Perche' altrimenti il musicista potrebbe continuare in eterno a migliorarlo."


Douglas Spotted Eagle
(Copyright © 1998 New Sounds)

Douglas Spotted Eagle, del quale e` appena uscito il nuovo Pray (Higher Octave), suona il flauto nativo americano, ma non ha molto in comune con gli altri, piu` superficiali, esponenti del genere. Fu il primo, quasi dieci anni fa, ad accoppiare lo strumento tradizionale dei pellerossa alle tastiere elettroniche e poi persino agli strumenti dell'orchestra. Poco alla volta ha sviluppato un'arte compositiva che assomiglia piu` a quella dei compositori classici che a quella dei solisti new age (un'arte che, fra l'altro, gli e` valsa diverse commissioni nel campo della musica per film). Spotted Eagle nacque in un paesino rurale dello Iowa, ma crebbe nello Utah. La musica fu sempre nel suo sangue, ma soltanto nel 1988, all'eta` di 26 anni, Spotted Eagle trovo` la sua vera vocazione.
"Ci volle un divorzio e un divorzio molto triste. Persi tutto cio` che amavo, e il flauto fu una delle poche cose che mi rimasero. Mi consolai suonando il flauto. Lo strumento mi aiuto` a sopravvivere le emozioni brutali di quel periodo. L'amico di un amico fece un nastro della mia musica e lo spedi` a una casa discografica. Caso volle che la musica piacesse a uno dei manager. Mi chiamarono e mi chiesero di registrare un disco per loro. Usci` nel gennaio del 1989, Sacred Feelings (SOAR, 1989). Sono tuttore molto orgoglioso di quel lavoro, che era il primo tentativo di accoppiare il sintetizzatore al flauto nativo americano. Devo peraltro confessare la vera ragione per cui decisi di adottare il sintetizzatore: non mi sentivo un grande virtuoso del flauto, e non mi sarei mai sentito in grado di registrare un disco di musica solista. Avevo bisogno di accompagnarlo ad altri suoni, suoni della natura e suoni elettronici. In seguito avrei anche provato con suoni di altri strumenti. In retrospettiva, mi piacciono tutti quegli (undici) album che registrai senza fanfara, con umili mezzi e in tutta umilta`. Una cosa importante che ho appreso nel corso della mia carriera e` che ascoltare la mia musica mi fa tornare in mente le emozioni che provavo in quel periodo della mia vita. Riscopro ogni volta le emozioni che avevo dimenticato."

Per cui la musica originariamente ebbe una funzione di guarigione spirituale per te? Funziono`?
"Eccome! Oggi sono un uomo felice."

Cosa ti senti di essere? Un solista del flauto, un compositore classico, un improvvisatore jazz..?
"Si` a tutte le domande! Mi sento un po' di tutto, e faccio un po' di tutto. Sento di avere dentro di me la potenzialita` di diventare un grande musicista, soltanto che e` chiusa a chiave nel profondo del mio subconscio. Ho suonato in tanti contesti diversi: ho suonato il flauto in contesti heavymetal, in contesti jazz, in contesti country, in contesti pop, e in colonne sonore... Non so se esiste un limite a cio` che posso fare con il flauto. L'unico limite sono io... Io sono il mio peggior nemico, nel senso che a volte mi viene un'idea grandiosa ma poi ho paura di realizzarla. Ho paura che ne venga fuori qualcosa che poi mi vergognero` di pubblicare, qualcosa che il pubblico trovera` assurdo. Credo comunque nello sperimentare fin dove posso con il flauto nativo americano. E` una vera e propria sfida per qualsiasi musicista, in quanto si tratta di uno strumento che dispone soltanto di sette o otto note. Non c'e` molto che puoi fare con quelle note, ma la sfida consiste proprio nel riuscire a fare sempre qualcosa di nuovo ogni volta che suoni quelle stesse sette note. E` molto piu` facile con la chitarra (che ha dodici note e tre ottave) o con il pianoforte (che offre il lusso di dodici note e otto ottave).

Come ti vedi evolvere nel tempo? Come un virtuoso del flauto? O come un orchestratore/arrangiatore?
"Probabilmente come un orchestratore. La musica a cui sto lavorando per il mio prossimo disco sara` ancor piu` mainstream di quella di Pray. Anzi, penso che molti lo considereranno un disco di musica jazz. Sto anche lavorando a un film che sara` ancor piu` ambizioso in termini di orchestrazione. Usero` molti strumenti dell'orchestra classica. Una cosa che gli strumenti elettronici non possono ancora fare e` emulare gli strumenti dell'orchestra. Il tocco umano e` ancora troppo importante."

Come ti posizioni nel novero dei tanti solisti del flauto Nativo Americano?
"Penso che abbiamo in comune soltanto lo stesso strumento, e poco altro. Secondo me, Carlos Nakai e` uno dei pochi flautisti che sta facendo qualcosa di eccezionale, ma paragonare me e Nakai e` come paragonare Carlos Santana a Eric Clapton soltanto perche' suonano entrambi la chitarra. Abbiamo due stili completamente diversi. Anzi, se sono influenzato dagli altri flautisti e` soltanto perche' faccio il contrario di quello che fanno loro. I miei primi dischi cercavano di usare il flauto con il sintetizzatore, con la chitarra, con il pianoforte, con l'orchestra... tutto il contrario di cio` che stavano facendo gli altri. Forse un vantaggio per me e` stato quello di non essere un virtuoso dello strumento... per cui non seguo nessuna regola. A volte l'ignoranza paga!"

Da dove prendi ispirazione per le tue composizioni?
"Da tutto. Su "Pray" sono stato ispirato da un treno che passava mentre ero seduto in un ristorante, da una prostituta adolescente tossicodipendente che ho incontrato in India, dalla nascita di mia figlia e cosi` via. Sono ispirato dalla natura, dalla gente, dalla famiglia, dagli eventi storici... Tutto nel mondo ha una voce, persino le rocce hanno qualcosa da dire. Uno deve soltanto imparare a stare zitto e ascoltare."

Ti consideri un poeta?
"No, non un poeta. Sono un po' troppo diretto per essere un poeta. Vedo le cose come sono, le racconto come le vedo. Penso che la poesia sia invece un'astrazione della bellezza delle cose. C'e` certamente della bellezza nella mia musica, ma c'e` anche molta energia. Il mio lato maschile e` molto forte: mi piace andare a cavallo, lavorare nei campi. C'e` forza nella mia mano e rapidita` nella mia lingua..."

Ti consideri un pittore?
"Si`, un pittore, si`. La mia musica e` un dipinto nella mia mente. La musica e` anzi forse un affresco mentale. Il miracolo della musica e` che io posso dipingere un affresco per me stesso ma cio` che tu vedrai guardandolo non e` lo stesso, e` qualcosa che non e` mai stato li`. La musica consente al creatore e all'ascoltatore di essere artisti nelle loro rispettive maniere. Ciascuno forma un'immagine dai suoni. Il movente principale di un artista e` quasi sempre quello di indurre la gente a pensare, e un artista si considera di successo soltanto nella misura in cui riesce ad attaccare un'emozione alla sua arte, a facilitare un'emozione in qualcun altro."

Ti consideri un filosofo?
"Siamo un po' tutti filosofi, no?"

Qual'e` la conquista principale di questo nuovo album?
"E` la prima volta in molti anni che ho avuto mano assolutamente libera, che non sono stato limitato in alcun modo dalla casa discografica. La Higher Octave mi ha semplicemente detto "ci piace la tua musica, registra qualcosa per noi". Ed era la prima volta da tanto tempo. Questo e` pertanto il disco piu` personale che ho fatto in 7/8 anni. Mi ha consentito di provare le emozioni che volevo provare. Non ho ricevuto alcuna pressione per scrivere un tipo particolare di canzone, o per preoccuparmi di qualcosa in particolare. Non c'era alcun tema predefinito. L'album tocca le emozioni piu` elementari del cuore umano. La preghiera del titolo non significa gettarsi in ginocchio di fronte al proprio dio, ma entrare in contatto con se stessi, con il proprio "io". Siamo tutti nati con una verita` fondamentale nascosta dentro di noi e la preghiera e` il modo per raggiungere quella verita`. Alcune religioni insegnano che raggiungere quella verita` e` semplicemnete riconoscere se stessi. Nel comporre questo album ho tentato di toccare questa verita` che e` dentro di me, questo Dio che e` dentro di me. La mia filosofia e` che io vengo da un creatore, sono stato creato e mi e` stato consentito di toccare la mia anima. L'album riflette questa filosofia".

Ma questo non rischia di alimentare il mito dei pellerossa tristi e depressi?
"Lo so, i bianchi hanno una serie di stereotipi assurdi che applicano agli "indiani"! Gli americani nativi sono in realta` gente molto cordiale e allegra, a cui piace soprattutto ridere, quasi l'opposto di cio` che si vede nei film di Hollywood. Il riso e` anzi una forma di preghiera per noi. Quando ci raduniamo, ci piace raccontare barzellette, e in particolare barzellette sui bianchi. E` un mistero come Hollywood abbia creato questo stereotipo dell'indiano sempre serio e minaccioso. Per noi tutto e` preghiera, e in particolare ridere e` pregare. Quando un bambino nasce, uno degli eventi piu` importanti e` la sua prima risata. L'uomo che lo fa ridere viene considerato un personaggio sacro. Si tiene persino una cerimonia formale per festeggiare l'evento. Abbiamo persino clown professionali il cui unico mestiere e` rallegrare la gente nei momenti difficili. Tutto cio` perche' quando ridiamo preghiamo. La preghiera e` l'atto piu` frequente delle nostre vite."


Jesse Cook
(Copyright © 1998 New Sounds)

Jesse Cook's website

Jesse Cook e` un prodigioso chitarrista affermatosi nel 1995 con l'album Tempest (Narada). Le sue radici flamenco sono state contaminate sul successivo Gravity (Narada) da innumerevoli altri stili producendo uno degli approcci piu` originali della new age chitarristica. Il nuovo Vertigo (Narada) non apre nuovi orizzonti, ma approfondisce quella tecnica di composizione e di arrangiamento.

Cos'e` successo dopo "Gravity"?
"Vertigo" ha avuto una gestazione molto lunga. Ho cominciato a lavorarci alla fine del 1996, e la registrazione definitiva e` avvenuta nell'arco di sei mesi, dal settembre del 1997 al marzo del 1998. E` stato un processo lungo e complicato. In pratica, volevo avere il tempo e i mezzi per realizzare cio` che avevo in mente. Volevo lavorare con musicisti che conoscevo da tempo, e al tempo stesso volevo utilizzare i musicisti piu` consoni ai miei pezzi. Per esempio, sono orgoglioso del fatto che la violoncellista classica Ophra Harnoy abbia accettato di suonare su questo disco. Sono orgoglioso che tanti musicisti di tante nazioni diverse abbiamo accettato di collaborare alle mie idee. Spesso e` il materiale stesso a "chiedermi" di utilizzare questo o quello strumento, questo o quel musicista. In un certo senso non ho scelta: il pezzo non termine finche' non gli aggiungo la parte che manca, suonata dal musicista opportuno. Normalmente, registro la mia musica nello studio di registrazione che ho allestito a casa mia. E` un processo relativamente semplice: non appena ho un'ispirazione, entro nello studio e comincio a registrare. Le cose si complicano non appena il pezzo prende forma, perche' a quel punto e` il pezzo stesso a richiedere un certo arrangiamento. Allora divento suo schiavo, devo cominciare a cercare i pezzi che mancano. In questo caso sono stato fortunato a trovare cosi` tanti musicisti prestigiosi disposti a suonare per un giovane sconosciuto. Non mi sognavo neppure che una violoncellista cosi` prestigiosa si prestasse, invece le scrivemmo e lei accetto` quasi subito. Per me e` stata un'esperienza magnifica poter lavorare con un personaggio di quel calibro. Essendo una musicista classica, ho dovuto scrivere la sua parte nota per nota. Ebbene, lei ha cambiato le note, ha introdotto con la sua interpretazione qualcosa di molto profondo. Mi ha insegnato cosa significa suonare la musica di altri."

Rispetto ai dischi precedenti come si situa questo terzo?
"Gravity" aveva piantato molti semi che sono poi cresciuti in questi due anni. In alcune canzoni avevo sperimentato tipi di musica che mi piacevano, ma per i quali non ero del tutto convinto. La mia base e` sembre il rumba flamenco, ma su "Gravity" ben tre canzoni provavano a mescolarla con temi arabici. Avevo poi studiato i ritmi brasiliani. Erano tutte canzoni che in sostanza fungevano da pretesti per sviluppare idee che mi sembravano interessanti. Con il nuovo disco ho preso quegli spunti e li ho portati a compimento. Una canzone e` persino un misto di musica dell'India orientale e di musica del sud degli USA, naturalmente sempre innestate sulla mia base di rumba flamenco. "Vertigo" e`, a posteriori, il disco che ho sempre voluto fare, ovvero la musica che volevo fare fin dal principio. La differenza e` che sul primo album ero ancora incerto dei miei mezzi, adesso mi sento molto piu` sicuro. E` sempre difficile descrivere la musica, in fondo sono soltanto note che fluttuano nell'etere, ma la musica che voglio fare io e` la musica che tutti vogliono fare: quella che ti commuove. Nel mio caso e` musica appassionata, ritmata, e` cibo per l'immaginazione. E` musica che ti consente di chiudere gli occhi e di sentirti librare in un altro mondo.

Quali sono le tue principali sorgenti d'ispirazione?
"La prima e principale influenza che cito sempre e` quella di Peter Gabriel. Quando usci` la colonna sonora della "Passione" di Scorsese, orchestrata appunto da Gabriel, capii quale fosse la mia missione in musica. Gabriel raccolse musicisti da tutto il mondo e lavoro` a lungo sulle loro fonti etniche. Alla fine compose un disco che e` un tour musicale del mondo. Fin da bambino sognavo poi di diventare come Al DiMeola e Paco DeLucia, per cui non posso nascondere che l'ambizione di diventare un frenetico chitarrista di flamenco e` sempre stata con me."

Quali consideri la tua principale dote alla chitarra?
"Difficile da definire. Il mio stile e` talmente ibrido... ibrido di molti elementi diversi... Ho studiato flamenco puro, ma poi sono anche andato a una scuola di jazz, e ho imparato a suonare con il plettro. Naturalmente sono influenzato da tutta la musica occidentale. Molti mi identificano con la velocita` di esecuzione, e certamente la velocita` e` una delle mie caratteristiche, e` eccitante da guardare e cosi` via. Ma spero sinceramente che non sia l'unica ragione per cui la gente ascolta la mia musica. Spero che si sentano anche le emozioni che vi ho immesso. Spero che si sentano librati verso quel mondo dell'immaginazione."

Perche' il nuovo disco si intitola "vertigine"?
"Vertigine" non e` paura dell'altezza, come molti pensano. Il termine si riferisce a un senso di smarrimento creato dal movimento. La mia musica ha proprio come obiettivo quello di creare un senso di smarrimento con il moto, appunto vertiginoso, delle mie dita. La vertigine ha l'effetto di ubriacarti, e io spero che la mia musica abbia lo stesso effetto. E` terribile per me trovare titoli per la mia musica. Penso che sia sempre difficile trovare titoli per la musica strumentale. La musica strumentale, non avendo liriche, trasferisce in suoni una bellezza che non ha nulla a che vedere con il mondo teangibile in cui viviamo, e` aperta all'interpretazione. Sono pertanto riluttante a dare titoli alle canzoni, non voglio finire per ancorarle proprio a quella realta` da cui cerco scampo. Pertanto spesso finisco per scegliere il titolo piu` nebuloso che mi viene in mente!"

Cosa prevedi per il tuo futuro? Una musica ancor piu` eclettica?
"Il pubblico pensa che la mia musica sia eclettica e poliglotta e cosi` via, ma io non sono d'accordo. Tutto dipende da dove fermi lo zoom. Se ti focalizzi molto vicino alla camera, allora hai ragione: io copro un territorio enorme. Ma se ti focalizzi lontano, se guardi la Terra nel suo insieme, ti rendi conto che io suono semplicemente la musica di questo pianeta. Cio` che faccio sembra eclettico soltanto perche' sei focalizzato su una zona geografica particolare. La verita` e` che ogni forma di musica ha radici comuni. La mia base, il rumba flamenco, deriva dalla rumba, ovvero dalla musica che gli spagnoli importarono da Cuba circa 150 anni fa, e dal flamenco, che proviene dall'India settentrionale. I musicisti brasiliani hanno ovviamente radici africane. E cosi` via. Non mi sembra di "divagare", mi sembra anzi di concentrarmi su un luogo ben preciso. E` il mondo ad essere grande."
Web site: http://www.jessecook.com


David Lanz
(Copyright © 1998 New Sounds)

David Lanz's website

David Lanz ha l'indubbia prerogativa di essere riuscito a mettere d'accordo tanto il pubblico piu` esigente, quello che usa la musica classica come sistema di riferimento, quanto il pubblico piu` superficiale, quello che "usa" la musica new age come sottofondo casuale. I suoi dischi uniscono infatti la sofisticazione della musica elettronica e/o pianistica piu` seria alla melodia disimpegnata della musica commerciale. Il compositore che divenne un caso critico e` pertanto diventato anche un caso di costume, in quanto i suoi concerti dal vivo hanno attirato folle sempre piu` imponenti. Il nuovo disco si intitola "Songs From An English Garden" (Narada, 1998) ed e` ispirato nientemeno che dai successi degli anni '60, dall'era del Merseybeat e dei "teen idols". Al suo fianco, fra l'altro figura anche Matthew Fisher, che fu l'organista dei Procol Harum (fra i collaboratori figura anche il piu` illustre, ma meno celebre, Tony Levin dei King Crimson).

Come nacque l'idea di questo progetto di revival?
"E` un progetto legato a un momento particolare della mia carriera. In questi ultimi mesi e` cambiato quasi tutto: ho cambiato produttore, ho cambiato manager e ho cambiato casa discografica. Nella prima riunione con il mio nuovo manager abbiamo discusso come impostare il lavoro futuro. Il suo consiglio e` stato di realizzare un album che si prestasse meglio alla diffusione radiofonica e che andasse incontro alle esigenze di un pubblico diverso da quello mio solito. Negli ultimi anni avevo fatto dischi di grande valore artistico per solo pianoforte per orchestra, ma che le stazioni radiofoniche non avevano particolarmente pubblicizzato. L'idea del mio manager fu quella di puntare su un album di interpretazioni per presentarmi a quell'"altro" pubblico che ancora deve scoprirmi e per farmi accettare da quelle "altre" stazioni radiofoniche. All'inizio l'idea non mi piacque per nulla, anzi mi spavento` un po': non volevo finire a fare le tipiche cover delle musiche di cinema e dei classici di Broadway. Poi all'improvviso mi venne l'illuminazione: perche' non fare una "suite inglese", una suite di canzoni del pop inglese. In fondo sono sempre stato innamorato del pop inglese. In passato ho registrato tre brani di quel genere, ma soprattutto e` una musica che ebbe un forte impatto su di me (ero adolescente quando i Beatles sfondarono). Il manager fu subito entusiasta dell'idea. A quel punto si tratto` soltanto di reclutare i volontari e poi di scegliere le canzoni. Mi sono divertito un mondo, dall'inizio alla fine. Ho dovuto fare diverse ricerche e ne ho approfittato per riascoltare la maggior quantita` possibile di musica del periodo. Ho voluto catturare soprattutto lo spirito dell'epoca, il senso di cio` che successe al principio degli anni '60."

Quindi il programma era di restare fedele agli originali, anche se l'interpretazione orchestrale ovviamente non e` molto fedele...?
"Certamente l'obiettivo era di restare fedeli allo spirito dell'epoca. Durante la registrazione tutti quelli che hanno collaborato si divertiti a farlo, e quest'atmosfera leggera e scanzonata era proprio l'essenza degli anni '60 nella Swinging London dei Beatles: il senso del "fun". Per quanto riguarda l'apparente contraddizione dell'arrangiamento orchestrale, devo precisare che tutti i gruppi con cui sono cresciuto avevano rapporti con l'orchestra. Per esempio, dei Rolling Stones ho scelto "Tears Go By", che venne registrata originariamente per quartetto d'archi. I Beatles usarono sempre orchestrazioni classiche. Ho cercato insomma di unire la mia passione, la mia devozione per quell'epoca e il mio talento per il cromatismo. Ho tentato di vivere per qualche minuto in entrambi i mondi, quello del pop inglese degli anni '60 e quello della musica new age degli anni '90."

Gli arrangiamenti orchestrali di questo disco rappresentano il summa della tua carriera di arrangiatore?
"Rappresentano certamente lo stato dell'arte. Ho composto quasi tutte le musiche in collaborazione con un amico. Prima i musicisti dello studio mi aiutano a registrare la base, poi, ascoltando la canzone originale e quello che abbiamo registrato, io e il mio amico decidiamo cosa far suonare agli arrangiamenti dell'orchestra. Non ho cercato di invetare nulla di nuovo, semplicemente di riecheggiare la musica di quel tempo."

Nel frattempo sono state composte anche nuove musiche originali?
"Si`, ho numerose canzoni originali gia` pronte per un prossimo disco. Ho firmato per la Philips e ho cosi` formalizzato l'inizio della mia nuova carriera."

Cos'altro sta succedendo nella tua vita?
"Sono diventato portavoce di un'associazione di terapisti musicali... Negli ultimi due anni ho svolto lavori di produzione per altri musicisti... Ho persino lavorato con la persona piu` opposta a me che puoi immaginare, il tastierista Jeff Simmons, ex collaboratore di Frank Zappa, per un album di blues eterodosso... Infine sto imparando a suonare batteria: questo weekend sono stato persino assunto da Pat Boone per suonare la batteria in un suo show!"


Vas: Ritorno alle Origini
(Copyright © 1998 New Sounds)

Vas e` un duo di Los Angeles composto dalla cantante Azam Ali e dal percussionista Greg Ellis, un duo esordito recentemente con "Sunyata" (Narada, 1997). Per quanto risulta, si tratta del primo disco in cui il canto viene accompagnato esclusivamente dalle percussioni. Il fatto e` singolare in quanto alle origini esistevano probabilmente soltanto questi due strumenti:
"Sono i due strumenti piu` primitivi", ci dice Ali, "le percussioni e la voce umana. Prima ancora di inventare il concetto di strumento musicale, e il concetto stesso di musica, esisteva la voce umana, ed esisteva il ritmo. Soltanto in seguito nacque l'armonia."

Azam Ali, nata in Iran e cresciuta in India, ha studiato musica classica persiana.
"Cominciai a cantare da sola influenzata prevalentemente dalla musica indiana, ma anche da quella medievale. Il mio tirocinio musicale e` in realta` molto occidentale (feci parte persino di un coro di voci medievali). Dal momento in cui arrivai in America, il mio approccio divenne prettamente occidentale. Ma, se dovessi indicare l'influenza principale, direi ancora la musica indiana. C'e` qualcosa nel processo di canto indiano che ha a che vedere con l'interiorizzare l'emozione, qualcosa che esula dal processo di composizione."

Ventisettenne, Ali inizio` a scrivere musica in maniera piu` o meno professionale nel 1991.
"Il punto pero` non e` cio` che compongo: e` cio` che canto. Per me la musica finisce con la voce. E la voce e` uno strumento musicale, non un veicolo per i testi. Le ho seguite tutte: Joan LaBarbara, Meredith Monk, Diamanda Galas e Enya. Conosco tutte le grandi cantanti d'avanguardia che hanno rivalutato il ruolo della voce. Tutte mi hanno ispirato in qualche misura, ma non potrei citare una musicista che ha influenzato il mio stile in particolare. Semmai, il mio stile deriva dalle musiche del mondo che ho ascoltato, deriva da cantanti di tutto il mondo, anche se non diventeranno mai famose. La mia e` un'arte soprattutto emotiva, e l'emozione pertanto conta piu` della tecnica specifica. Cio` che ho in comune con quelle grandi musiciste d'avanguardia e` il concetto che la musica vada trattata come uno strumento, alla pari del violino e del pianoforte."

Il progetto Vas nacque nel 1995.
"Non fu qualcosa di pianificato a tavolino: ci incontrammo a un concerto e poi ci recammo a una casa di amico a suonare dal vivo. Quella sera scocco` la scintilla. Gregg venne a trovarmi con un tamburo e passammo ore ad improvvisare a casa mia. Fu spontaneo l'impulso di lavorare insieme e da allora non ci siamo piu` fermati".

Greg Ellis e` invece Californiano e si mise in luce al seguito del duo David & David. Ha studiato jazz ed e` appassionato di folk mediorientale e africano.
"Studiai tromba classica, ma la batteria fu fin dal liceo una necessita` fisica. Nel 1984 arrivai a Los Angeles e trovai piccoli lavori da sessionman. Per circa otto anni vivacchiai senza grandi ambizioni, anche se collezionai diverse collaborazioni di prestigio. Ero pero` un po' stanco di dover inseguire la visione di musicisti famosi. Sentivo di avevo da dare qualcosa di piu` come artista. Negli anni avevo raccolto percussioni di tutti i paesi del mondo. Cercavo soltanto un'occasione di mettere insieme il mio hobby e la mia tentazione, e Vas mi consente di dar sfogo a entrambi. Le percussioni mi consumano, sono la mia vita. E` un amore del ritmo, che in effetti non dipende neppure dallo strumento specifico. Le percussioni fanno vibrare la musica, e fanno vibrare tutto attorno a me, il mondo che mi circonda, la natura... Quando entro in sintonia con il ritmo, mi pare di aver decodificato il segreto dell'universo. Il ritmo e` trance..."

Ma quale fu il primo strumento? La voce o la percussione?
"Ci divertiamo un mondo a fare questa discussione" aggiunge Ellis. "E` chiaro che entrambi preesistono gli strumenti dell'orchestra, ed e` chiaro che entrambi esistono in natura, nel senso che la voce e il ritmo c'erano prima che uno potesse pensare di comporre musica. Entrambi arrivano allo stesso punto, alla costruzione di emozioni primordiali. Entrambi parlano direttamente al nostro codice genetico. Penso pertanto che possiamo concludere salomonicamente che nacquero insieme!"

Su disco suona strumenti che raramente si sono uditi in dischi di musica occidentale...
"La scelta degli strumenti dipende dalla canzone, non dalle mie manie. Prima stendiamo la parte vocale. Poi la accompagnamo semplicemente a un tamburo. Gran parte delle melodie nascono nella testa di Ali, poi io passo giorni ad ascoltarle a lasciare che la canzone mi dica quali strumenti impiegare. Talvolta e` naturale scegliere strumenti della stessa area geografica che ha ispirato la melodia. Altre volte e` il periodo temporale a dettare l'orchestrazione."

Ali, quanto contano le liriche?
"Le mie liriche raccontano una storia di emozioni, non di vicende. E sono scritte in un linguaggio che e` quello del mio cuore. Ogni persona ha il suo linguaggio, deve soltanto scoprirlo. Mi piace esplorarlo. L'ascoltatore non puo` capire il persiano o il turco, ma puo` capire il mio linguaggio di esperienze vissute e immaginate. In fondo, molta della musica che mi piace e` cantata in una lingua che non posso comprendere, e probabilmente molti italiani che non sanno l'inglese ascoltano musica cantata in inglese. C'e` un linguaggio che tutti capiamo."

Il duo ha appena ultimato il nuovo disco, Offerings (Narada, 1998).
"C'e` una continuita` fra i due album, ma il nuovo album e` piu` grande e piu` forte. Siamo cresciuti come musicisti e come persone. Abbiamo anche invitato quattro ospiti a suonare con noi, e cio` ha ulteriormente elevato il livello tecnico. Sul primo CD stavamo ancora esplorando, non avevamo mai suonato dal vivo. Questa volta sapevamo cosa volevamo fare."


Mythos
(Copyright © 1998 New Sounds)

A Mythos webpage

Dietro la sigla Mythos si nascondono i canadesi Bob D'Eith e Paul Schmidt. Vivono entrambi a Vancouver e hanno alle spalle carriere gloriose, in particolare nel campo delle colonne sonore. D'Eith, di formazione jazz e classica, ha vinto premi prestigiosi come tastierista e ha militato nel complesso rock Rhymes With Orange, che ebbe almeno due hit, Toy Train (1995) e I Believe (1995), e registro` due album, Introspection (Spark, 1996) (X.25, 1997) e Iridescence (Spark, 1997). Schmidt, otto anni piu` giovane, ha studiato chitarra classica al Conservatorio.
Cosa propone Mythos che non esistesse gia` sull'affollatissimo mercato musicale dei nostri tempi? Lo chiediamo direttamente a D'Eith.

"C'e` indubbiamente tanta elettronica in circolazione, ma secondo me manca l'integrazione con l'elemento organico. Con "organico" intendo tanto il suono naturale quanto il feeling umano. Per questa ragione noi preferiamo contenere l'elettronica con l'uso di strumenti acustici e della voce umana. L'elettronica e` soltanto un medium, un veicolo, uno sfondo. L'elemento vitale rimane quello umano e acustico. L'elettronica non e` mai protagonista, anzi e` appena il supporto su cui si appoggiano la melodia e l'armonia. Le melodie principali sono quasi sempre intessute da piano, chitarra aucvstica o canto (senza liriche). E` un'idea che si evolse in maniera spontanea. Non volevamo porci in antitesi a nessuno, ne' proporre rivoluzioni concettuali. Semplicemente un giorno Paul e io stavamo lavorando alla "demo" per una colonna sonora e cominciammo a registrare un po' di musica in maniera piu` o meno casuale. Dopo un po' di pezzi messi su nastro ci sembro` che ci fosse qualcosa di diverso e di speciale, e continuammo a suonare e registrare, non piu` per la demo, ma per capire cosa stavamo suonando. Alla fine avevamo abbastanza materiale per fare un album intero. Decidemmo di provarci, e cosi` nacque Mythos. Non ricordo esattamente il momento in cui ci rendemmo conto che stavamo facendo qualcosa di piu` di semplice "background music", e forse la consapevolezza vera e propria e` venuta dopo la pubblicazione del disco. Ma la ragione stessa per cui usci` quel primo disco, e la ragione stessa per cui esiste Mythos, e` che ci ritrovammo in mano uno stile musicale che non esisteva in commercio."

Quindi l'antinomia "acustico contro electronico" non ha senso?
"Sono due elementi che si complementano. Dissento totalmente da chi li vedi come stili contrapposti. Anzi, secondo me questo e` il futuro della musica. Il problema dell'elettronica e` che non ha anima, non ha profondita`, non ha un elemneto umano. L'acustica non ha il battito, non ha spessore, non ha complessita`. Se li mescoli nel modo giusto, hai il meglio dei due mondi. L'elettronica con la sua capacita` di creare un'atmosfera, e la melodia elegante, che spezza i ritmi meccanici, 'sequenziati" dell'elettronica. Alla fine ottieni in pratica elettronica con un'anima."

E i campionamenti che ruolo hanno nella vostra musica?
"Utilizziamo i campionamenti soltanto per portare in studio suoni di grande qualita`, come l'orchestrale, il corale, o le percussioni africane o certi strumenti a corda asiatici. In questi casi la miglior qualita` che puoi ottenere e` quella del campionamento. Cio` che non vogliamo invece fare e` di esasperare il metodo fino a produrre del mero collage di suoni rubati a destra e sinistra."

E il ritmo?
"La nostra musica ha una forte qualita` ritmica. In effetti, uno dei nostri brani, November, usci` in versione remixata per le discoteche e divenne un successo in Canada nel periodo in cui Robert Miles furoreggiava nel mondo. Anzi, direi che quel mix ci ha aperto numerose porte, facendoci percepire come una realta` commerciale e non soltanto come un esperimento interessante. Per noi produrre quel tipo di remix non rappresenta un grande balzo in avanti o indietro. Se confronti le due versioni dei brani, sono quasi la stessa cosa. Abbiamo semplicemente accentuato il basso e le tastiere, e naturalmente il battito, lasciando sullo sfondo l'atmosfera e la melodia. Le nostre canzoni nascono quasi sempre acustiche, composte al piano o alla chitarra. Ma quando le produciamo in studio cominciamo con un ritmo ballabile che creiamo in studio. Costruiamo la canzone a partire dal ritmo, e forse per questa ragione siamo spesso classificati nella "ambient dance".

Il nuovo album si intitola Mythos (Higher Octave, 1998), ed e` in realta` una raccolta del meglio degli album precedenti. A prima vista stupisce il fatto di impiegare tre cantanti di estrazione classica, jazz e pop...
"Sembra funzionare meglio con le cantanti, e cantanti femminili, e cantanti che non cantano liriche. Mi e` difficile spiegare perche'. Un paio di volte abbiamo usato cantanti maschili, ma per qualche ragione subliminale la nostra musica funziona meglio con la voce femminile. Forse e` anche un problema trovare cantanti maschili che cantino senza liriche. Per esempio, non avrei problemi a impiegare il cantante che usa Pat Metheny. Quello e` il tipo di cantante maschile che potrei utilizzare, ma non ne conosco nessuno di persona a cui chiedere di collaborare con noi."

I primi nomi che vengono in mente sono Enigma, Delirium e Deep Forest, ma ecco cosa ne pensa D'Eith:
"Devi stare molto attento con i campionamenti. Noi ci sforziamo di non suonare come Enigma, o Delirium o Deep Forest. Quando ascolto i loro dischi, io che sono produttore di professione, riesco a riconoscere i campionamenti che usano e naturalmente cio` rovina il piacere di ascoltarli. Noi abbiamo preferito puntare su un suono che puoi replicare relativamente intatto dal vivo. E lasciare i campionamenti per la coreografia."

Quale concepisci come la tua missione di musicista?
"Cercare di creare qualcosa che abbia una bellezza intrinseca, ma anche che possa soddisfare persone di interessi diversi. Spero che la mia musica possa interessare a diversi livelli, sia che uno stia cercando semplicemente il relax sia che uno voglia studiare suoni complessi."