Ci puo` riassumere la sua carriera?
"E` cominciata molto tempo fa. Incisi il primo disco a otto anni, quando
ero appassionato di rock and roll. Elvis Presley fu il mio idolo per molti
anni. Crebbi ascoltando Elvis Brothers, Buddy Holly e cosi` via, gli idoli
dei primi anni Sessanta. Poi a scuola studiai fagotto, pianoforte e
composizione, e cominciai a suonare in orchestre classiche. Mi laureai
all'Universita` di Yale nel 1969 e venni assunto dalla Toronto Symphony
Orchestra. Per sbarcare il lunario, di sera suonavo nei club di jazz.
Nel 1970 trovai un lavoro di insegnante a Los Angeles, presso il California
Institute of the Arts. Fu un'esperienza importante, sia perche' lancio`
anche la mia carriera di insegnante, che continua tuttora, sia perche' mi
consenti` di studiare musica indiana e africana.
La mia fortuna fu di incontrare Richard Stoltzman, un celebre clarinettista
classico. Grazie a lui mi ritrovai con una nuova carriera. Non solo girai
il mondo al suo fianco, suonando il pianoforte, ma lui mi chiese sempre piu`
spesso di comporre musica per i suoi dischi, e quindi mi aiuto` a diventare
un compositore maturo. Nel 1988 ebbi l'occasione di registrare il mio primo
disco, e in breve mi ritrovai associato alla new age e al revival della
musica celtica, per la quale avevo sempre avuto una segreta passione."
Insomma, nel suo bagaglio ci sono un po' tutti i generi...
"Si`, la mia musica nasce dalla combinazione di tutti questi elementi.
Sono chiaramente un musicista classico, nel modo in cui compongo e nel modo
in cui suono il pianoforte. Ma al tempo stesso sono un arrangiatore jazz,
che ha addestrato le proprie orecchie ai lavori di Bill Evans e Miles Davis.
E sono un intrattenitore pop, che studia accuratamente l'effetto della melodia.
E sono un conoscitore di musica etnica. E sono uno specialista di musica
celtica. Devi mettere tutto insieme per ottenere la formula dei miei dischi."
Qual'e` il ruolo del sintetizzatore nella sua musica?
"All'inizio era predominante. Oggi preferisco altri suoni, suoni piu` naturali
e piu` umani, a quello del sintetizzatore, per cui tendo a usarlo sempre di
meno e sempre piu` in sottofondo. La melodia e` quasi sempre affidata al
fagotto o al pianoforte, e il contrappunto e` fornito prevalentemente da altri
strumenti dell'orchestra".
I titoli dei suoi dischi sono chiaramente ispirati alla spiritualita`. Si
considera un musicista in qualche modo mistico?
"Trent'anni fa mi convertii al buddismo, e il buddismo ha certamente influenzato
la mia visione della vita. Indirettamente ha pertanto anche influenzato la
mia musica. Devo pero` dire che i titoli dei miei dischi e dei miei brani
sono ispirati soprattutto dalle poesie che metto in musica. A partire dal
disco precedente la musica corale e` diventata un elemento portante dei miei
dischi, e si tratta sempre di poesie messe in musica. Le poesie le prendo
in prestito dalla tradizione inglese (Shelley, Keats, Shakespeare,...)
L'ultimo disco per esempio e` intitolato alla terra e al cielo perche' alcune
delle poesie (in particolare quella che lo apre) fanno continuo riferimento
a quei due elementi. La poesia e` un'altra grossa parte della mia vita.
La poesia e` un fatto molto spirituale, anche quando e` laica. Mi piace poi
in particolare un poeta come William Blake, che era esplicitamente mistico."
Cosa ascolta una persona cosi` eclettica?
"Letteralmente di tutto. Mi piace la musica classica, e in questo periodo
sono particolarmente affamato di musica sacra rinascimentale, William Byrd,
Palestrina e cosi` via. Ma anche il jazz contemporaneo, il rock, il pop,
da Paul Simon a Sting, da Bach a John Coltrane."
Quale'e` l'aspetto piu` importante per il suo stile di composizione?
"Il mio mestiere e` innanzitutto quello di scrivere melodie.
La melodia e` l'elemento piu` importante per invocare sensazioni, e le mie
melodie sono influenzate dalla tradizione celtica e da quella classica.
Poi e` anche importante il modo in cui la musica viene eseguita. Per questa
ragione mi circondo di musicisti classici, non pop. Per ogni disco voglio
attorno a me i migliori musicisti sinfonici che posso trovare. Recentemente
ho cominciato a dare sempre maggiore spazio alla voce umana, e per quest'ultimo
disco sono stato fortunato di poter usare un gruppo corale di primo piano
come gli Ars Nova Singers del Colorado. Ogni volta cerco di trovare i migliori
musicisti per quello che ho intenzione di fare."
La tentazione di fare musica classica tout court?
"In un certo senso e` una tentazione che si e` gia` realizzata. Scrissi alcuni
concerti per Stolzman, uno dei quali venne eseguito con la London Symphony
Orchestra. Recentemente il gruppo di percussionisti classici Nexus mi ha
commissionato un concerto per percussioni e orchestra che verra` eseguito
dalla Rochester New York Philarmonica nel 1999."
La professione di musicista le assorbe molto tempo?
Mi considero prima di tutto un insegnante. Insegno nello stesso modo in
cui compongo: un misto di classica, jazz, pop, rock, etnica... O forse
dovrei dire che compongo nello stesso modo in cui insegno...
La pluri-decennale carriera di Paul Winter e' una metafora per l'evoluzione dell'intera world music: partito dal jazz degli anni Sessanta, e' pervenuto a una fusione sempre piu' audace di modi, temi e suoni che abbracciano le culture piu' disparate del mondo. Il suo Consort e' il modello a cui si sono ispirati tutti gli ensemble di world music: una formazione in cui sono accostati strumenti dai timbri intensi e delicati, ignorando i dogmi del jazz tradizionale.
Fra le sue innumerevoli innovazioni, Winter vanta anche quella di aver fuso l'improvvisazione musicale all'improvvisazione dei suoni della natura. E` infatti lui l'artista che rese popolare la commistione fra musica moderna e suoni naturali. Fu lui a coniare il termine "earth music" in contrapposizione a quello troppo vago e astratto di "world music". Il suo Consort non e` soltanto un ensemble da camera: e` un tentativo di armonizzare con l'habitat naturale.
Tutto ebbe inizio con "Common Ground", il fenomenale album del 1978...
"In realta`, tutto ebbe inizio un giorno del 1958, ben dieci anni prima che
registrassi "Common Ground"! Ascoltai per puro caso un nastro di versi di balene
e rimasi subito incantato dalla bellezza e dall'armonia delle loro voci.
Ai tempi mi spiegarono che le balene cantano pattern complicati, e ciascun
pattern puo` durare fino a 30 minuti senza interruzioni. Il fatto sorprendente
e` che la balena ripete esattamente lo stesso pattern, anche quando e` molto
complesso e molto lungo. Non ha importanza. La balena si ricorda il suo
pattern suono per suono, un po' come un musicisti potrebbe ricordarsi uno
spartito nota per nota. Non solo. Tutte le balene in una certa zona tendono
a emettere lo stesso partner. In un certo senso, cantano insieme la stessa
complicata canzone. Se torni sullo stesso posto l'anno dopo, scopri che hanno
coniato una nuova canzone e, ancora una volta, la cantano tutte insieme.
Sono creature che hanno un genere insolito di intelligenza, e la usano per
armonizzare. La musica e` parte integrante della loro vita sociale. La musica
e` il modo in cui comunicano. Rimasi assolutamente stupefatto da queste
rivelazioni, e capii che l'uomo aveva perso qualcosa del suo stato naturale,
del modo naturale di vivere e comunicare. Decisi allora di apprendere il
massimo sul comportamento delle balene e poi di trovare un modo per trasferire
la bellezza della loro musica nella mia musica, in maniera tale che la gente
potesse ascoltarla e magari ricordarsi di un evo lontano in cui anche noi
eravamo cosi` spontanei e armoniosi. In un certo senso volli fare la stessa
cosa che avevo fatto per violoncello e corno, strumenti che il pubblico della
musica popolare non conosce molto bene, e che io avevo integrato in strutture
piu` facili per l'orecchio popolare. Credici o meno, integrare i versi delle
balene fu piu` semplice che integrare i suoni del violoncello!"
Che cosa differenzia, emotivamente, la voce di un animale dalla voce umana?
"Ogni specie ha una voce unica. E all'interno della stessa specie gli
individui hanno voci uniche. Ogni persona ha una voce unica, persino i gemelli
identici hanno voci diverse. Quindi non c'e` da sorprendersi che le voci degli
animali siano diverse dalla nostra. Cio` che dovrebbe sorprenderci e` che
noi la usiamo in maniera diversa. Siamo l'unica specie che censura la propria
voce. Le altre specie vocalizzano liberamente nel loro habitat naturale, e quel
vocalizzare, costituisce parte integrante del loro vivere integrati con
quell'habitat. Noi invece abbia costruito questa cosa chiamata "civilta`", che
ci impone di esprimerci in una lingua e ci vieta di usare versi "poco educati".
Lo consentiamo per qualche anno ai bambini, ma poi insegniamo loro come
esprimersi in maniera educata, ovvero insegniamo loro che non e` bene emettere
quei suoni "selvaggi". Noi civilta` evolute esitiamo ad usare la voce in
maniera naturale. Abbiamo cosi` sviluppato un talento per le voci addestrate,
per i registri dei cantanti. Siamo diventati molto bravi ad ascoltare. Ogni
tanto sentiamo una "bella" voce e decidiamo che quella persona ha talento.
Ma in realta` tutti siamo cantanti, e non c'e` nulla in natura che privilegi
la voce di un tenore da quella di un pescivendolo. Siamo noi ad aver confuso
tutto con l'idea che emettere suoni con la bocca e` un'arte."
Allora tutti dovrebbero cantare?
"Capisco l'ironia della tua domanda. Forse nemmeno io sarei troppo contento
se i miei vicini si mettessero a cantare a squarciagola... Ma il punto e` che
non e` importante cosa gli altri provano quando tu canti. Io devo rispettare
il diritto di ciascuno di cantare. Lo scrittore americano Thoreau scrisse che
i boschi sarebbero molto tranquilli se gli unici uccelli a cantare fossero
quelli che cantano meglio. E` proprio cio` che facciamo noi: soltanto i
Pavarotti e i Domingo hanno diritto di cantare, e il nostro mondo assomiglia
a un bosco in cui soltanto uno o due uccelli cantano. E` un mondo quantomeno
strano. La bellezza del bosco non sta nel fatto che gli uccelli piu` bravi
cantano, ma nel fatto che tutti (tutti) gli uccelli cantano, e cantano insieme!
Le voci degli uccelli suonano sempre armoniose, e non c'e` bisogno di scoprire
quale canta meglio degli altri. La voce esprime la vera natura di una creatura,
e in tal senso e` sempre armoniosa. Il problema e` che la voce umana non
esprime piu`, da millenni, la nostra vera natura, e pertanto risulta armoniosa
soltanto se e` quella di Pavarotti. Gli uccelli cantano in uno stato naturale,
spontaneo e disinibito. Invece la nostra espressivita` e` stata castrata dalla
nostra educazione. Noi cantiamo in maniera artificiale, forzata, condizionata
dallo stress, dalla compliessita` e dall'innaturalezza della nostra vita.
E allora si`, e` vero, non mi farebbe piacere se tutti gli abitanti di una
citta` si mettessero a cantare insieme!"
Come fa Paul Winter a comporre musica per voci di animali?
"In generale ascolto passaggi nella vocalizzazioine delle creature. Ma talvolta
mi piace anche imitare quelle voci su uno strumento umano, come il sassofono o
il violoncelli, e poi usare quella cosa come un seme per sviluppare un tema,
per sviluppare la composizione. In generale, pertanto uso un grammo minuscolo
di queste voci. Ma anche in questi casi considero il pezzo come una
collaborazione fra me e l'animale. La collaborazione e` simbolica, ma in
realta`, se ci pensi, un secondo di quel suono e` determinante per l'intero
disco, e pertanto ho ragione a sostenere che la balena e` co-compositrice del
mio pezzo."
Quindi non si tratta di una vera e propria performance comune?
"Dipende. Per esempio, per "Canyon Lullaby" ho semplicemente suonato in un
ambiente naturale, dove c'erano per caso altri animali che vivono li` e che
facevano quello che fanno normalmente. La registrazione ha catturato cio` che
succedeva per puro caso mentre suonavo dal vivo in tempo reale.
Come tecnica, rappresenta l'estremo opposto rispetto a usare un nastro delle
loro voci. Un'altra tecnica ancora e` improvvisare con un nastro che suona in
sottofondo."
Nelle tue musiche non usi mai suoni morti (vento, pioggia, mare), soltanto
suoni di animali...
"Forse sono stato fortunato nell'incontrare gli animali giusti. Ma potrei
usare il suono del vento invece del suono delle balene.
Ogni suono della natura e` vita. Anzi, il messaggio dei miei dischi e` proprio
che abbiamo un pianeta in comune con tutte le altre creature."
Di tutte le voci quali preferisci?
"Quella che ascolto nel momento in cui me lo chiedi. Sono tutte qualcosa
di estremamente intimo. E` una musica sublime che non puo` essere quantizzata.
Ogni grande pezzo di musica ha questa qualita`, che pensi sia la piu` grande
che tu abbia mai ascoltato."
La relazione fra voci della natura e spiritualita`?
Grande musica e natura coincidono con la spiritualita`.
Come vede questo generale movimento verso l'integrazione dei suoni naturali
nella musica occidentale?
"Alle origini, anche gli uomini cantavano. Abbiamo fatto parte della comunita`
della natura per il 99% della nostra esistenza su questo pianeta, per circa
290.000 anni. E` nei nostri geni. Non c'e` nulla di nuovo in cio` che io e
altri stiamo facendo. Stiamo semplicemente riscoprendo quella relazione con la
nostra famiglia. La dimenticammo millenni fa, creammo civilta`, adottammo uno
stile di vita urbano, diventammo sordi, incapaci di comunicare con i nostri
suoni. Adesso stiamo cominciando a invertire quel trend che ci ha spinto via via
piu` lontano dalle nostre origini naturali."
Cosa ascolta?
"Un po' di tutto: musica africana, Bach, musica brasiliana, russa, Bartok,
Charles Ives, molto jazz... La musica classica e` un caso interessante. La
ritengo responsabile di averci spinto progressivamente lontano dalle nostre
origini. Anzi, e` una delle arti che meglio riflette la societa` responsabile
di questo fenomeno.
E` il sistema culturale europeo che ha prodotto la musica classica, con i suoni
preconcetti di "noi e loro" (quelli che suonano contrapposti a quelli che
ascoltano), del virtuosismo, dell'ascolto mediato e cosi` via, insomma la
negazione di quel rituale participatorio che sarebbe piui` consono alla nostra
natura.
La musica classica e` tipica del voler costruire un
comportamento innaturale. Ma al tempo stesso non posso nascondere che poche
cose in natura equivalgono la bellezza della musica di Bach... e` un paradosso
che non ti so spiegare. Forse per questo li chiamiamo "geni"....
Steven Halpern e' un credente del potere psicologico della musica. Ha persino fondato una nuova disciplina scientifica, la "psicoacustica olistica" al suo Spectrum Research Institute, a nord di San Francisco. La sua produzione ventennale non puo` neppure essere considerata davvero artistica, in quanto gran parte dei suoi dischi sono ispirati e dedicati a una preziosa azione psichica. Per lui la musica e` un modo di entrare in contatto con una sorgente di energia spirituale. Fin dal suo primo disco, registrato nel 1975, la sua musica non e` altro che una diretta emanazione delle sue teorie psicofisiche.
A cosa serve la musica?
"Serve a migliorare le nostre condizioni di vita. Per esempio, io adesso mi
sto dedicando a sviluppare programmi di relax per anziani. Pratico la mia
attivita` in collaborazione con ospedali e ospizi. Negli ultimi anni sono
tornato in contatto con professionisti e utenti che avevo conosciuto o che
mi avevano conosciuto anni fa. La mia musica e` sempre stata usata per
migliorare qualita` fisiche, per esempio per accelerare l'apprendimento.
In fondo, fin dall'inizio la mia musica e` stata pensata e usata per promuovere
effetti fisici. Vent'anni fa io fui il primo compositore contemporaneo a
concepire la musica in questo modo. Nel corso degli anni, a causa della
scarsita` di collaboratori, non sono riuscito a tenere il conto di chi usava
la mia musica e per quali fini la usava, ma adesso sto cominciando a fare un
piccolo censimento, e ho cosi` scoperto che per tutti questi anni fior fiore
di professionisti e di organizzazioni hanno continuato ad usarla. Mi riferisco
a usi non musicali. Continuo a sentire gli stessi commenti: ospedali e ospizi
usano la mia musica e la musica barocca. Nient'altro. Siamo sempre io e i
barocchi. E, a mio avviso, ci complementiamo a meraviglia. La mia musica viene
usata in particolare nei laboratori piu` avanzati di Giappone, Europa,
Australia e naturalmente America. E` pertanto dimostrato scientificamente che
la mia musica serve a migliorare la qualita` della vita, e migliaia di persone
in tutto il mondo sono prove viventi che funziona".
Ci sono altri musicisti attivi in questo campo?
"Ci sono soprattutto scienziati e pensatori di varie discipline. Citerei
per tutti Jorge Losano, fondatore della "suggest-ologia", secondo il quale
la musica e` parte di un processo di cointrollo del corpo e della mente.
Losano, che vive in Bulgaria, ha scritto diversi libri negli anni Settanta,
prima di diventare famoso in tutto il mondo con "Super Learning". In questi
libri ha documentato come certi tipi di musica facilitano l'apprendimento
delle lingue e virtualmente di qualsiasi materia."
Ma perche' questi studi non sono noti al grande pubblico?
"In questi anni sto anche conducendo una guerra personale contro i mezzi
d'informazione e le istituzioni classiche. Sto conducendo una campagna basata
su venti anni di successi per dimostrare che non e` soltanto la musica classica
ad aiutare la mente, a guarire, a rilassare. Non solo c'e` chi nega il potere
guaritore della musica: c'e` anche chi sostiene che soltanto la musica classica
ha questo potere. Cio` che continua ad affascinarmi e frustrarmi al tempo stesso
e` che tanti analisti che si professano obiettivi continuano a ignorare una
mole di dati che e` cosi` sterminata e mondiale. Per esempio, e` uscito
recentemente un libro a cui non voglio fare pubblicita` che ignora completamente
tanto me quanto altri ricercatori influenti della nostra era, nonostante ci
conosca benissimo. E` chiaro che qualcuno ha interesse a nascondere la verita`.
Chiaramente, sono in gioco vitali interessi economici, e sfortunatamente
cio` oscura i meriti delle ricerche.
Le case discografiche specializzate in musica classica non hanno interesse
a far sapere al loro pubblico che esiste altra musica in grado di "guarire"
nello stesso modo in cui guarisce la musica classica.
Non hanno neppure interesse a rivelare cio` che ha scritto John Diamond nel
libro "The Mozart Effect", che tutto dipende da quale composizione di Mozart
uno usa e da chi la interpreta. Basta cambiare l'interpretazione per ottenere
risultati psicofisici completamente diversi.
Insomma, c'e` bisogno di combattere la disinformazione e gli interessi di parte,
e cosi` in questi anni ho deciso di scrivere di piu` e comporre di meno.
Sono diventato il ministro dell'informazione e della evangelizzazione...
E` importante educare il pubblico, in maniera che non vinca soltanto cio` che
scrivono gli uffici marketing delle grandi case discografiche.
La musica ha un potere enorme, ed e` importante che il pubblico lo sappia".
Che cosa si intende esattamente per "guarigione"?
"Guarigione e` un fenomeno che comprende un ampio spettro di responsi.
Io mi sono sempre concentrato su quelli relativi al relax, in quanto
costituiscono i precursori fondamentali a tutti gli altri. Infatti, uno
dei fattori principali di tutte le malattie e` lo stress. La mia musica
riduce lo stress, quindi riduce la causa prima delle malattie. Per quanto
mi riguarda cio` costituisce uno sviluppo straordinario del concetto di musica.
La carriera musicale comunque prosegue?
"Certamente. In questi ultimi due anni ho pubblicato un'antologia di
composizioni per solo pianoforte, "Legacy", che documenta il mio lavoro in
questo campo nell'arco di vent'anni. Praticamente si tratta di un miglioramento
di "Timeless", l'antologia che era uscita un po' di anni fa. Gran parte del
pubblico mi identifica soltanto con la musica elettronica, e mi e` sembrato
giusto far loro sapere che ho anche questo background alle spalle. Poi sono
usciti altri due titoli della serie "subliminale", uno intitolato
"Attracting Prosperity" e l'altro "Stop Smoking". Adesso sto lavorando con
un guaritore francese, Fabian Maman, l'uomo che ha inventato lo strumento
chiamato "monochord" che crea sovratoni di spessore sinfonico.
Come fa Steven Halpern a comporre musica dedicata a una specifica attivita`
subliminale, per esempio alla prosperita`?
"Compongo sempre nello stesso modo. Prima mi prefiggo un obiettivo, come
quello della prosperita`. Poi entro in quella "zona" mentale. Richiamo gli
stati profondi alfa e beta del cervello, mi rilasso e ascolto. La musica che
sento, e` quella che suono. A volte comincia a fluire soltanto quando mi
siedo di fronte al pianoforte. I critici hanno ragione a dire che sembra sempre
la stessa musica, a prescindere dal fatto che io la usi per il relax o la
prosperita`. E` la stessa musica, a un livello grossolano. E` come quando
sintonizzi la radio su una stazione. Prima cambi frequenza in maniera rapida,
poi quando sei in zona sintonizzi la radio in maniera piu` accurata. Lo stesso
succede con queste "zone": prima entri in questo stato mentale, poi ti
sintonizzi sulla specifica attivita` che ti interessa. La musica e` simile,
ma non uguale. Nel caso della prosperita` mi concentro sulle sensazioni
positive, sulle idee di abbondanza e affluenza. C'e` un livello di auto-stima
e auto-amore che va risvegliato, riportato in superficie. Devo convincermi
che e` possibile diventare ricco, e che diventare ricco non e` un male.
Quando entro in questo stato mentale, sento la musica relativa e la compongo
al pianoforte. Tutto qui."
La prosperita` non e` nemina della spiritualita`?
"No, proprio l'opposto. Questa fu la grande scoperta del 1975 che mi porto`
a diventare cio` che sono. Scopersi che la spiritualita` non e` contraddetta
dalla prosperita`. Anzi. Io riesco a meditare meglio se non devo preoccuparmi
di pagare l'affitto! E` piu` facile ottenere l'accesso al livello piu`
profondo della coscienza. Vent'anni fa la gente assumeva che spiritualita`
significasse rinunciare a tutti i piaceri terrestri. La verita` che alcune
delle persone piu` spirituali che ho mai incontrato vivono esistenze molto
confortevoli. Ricordo che nel 1968-9 stavo studiando musica con il bassista jazz
Ron Carter e discutevamo di queste cose. Lui mi disse: "e` un mito che per
suonare il jazz o il blues devi essere morto di fame, la poverta` interferisce
con la creativita`."
Ma cos'e` la prosperita`?
"La prosperita` e` un insieme di diversi generi di prosperita`, e secondo me
devi possederli tutti per poterti veramente definire prospero. Intanto comincia
nella tua mente, ed e` soprattutto un atteggiamento con cui ti poni di fronte
alla vita. E` un atteggiamento di contemplare l'universo come un posto di
abbondanza, e la nostra posizione come quella di chi deve lasciare che qualcosa
di quell'abbondanza fluisca nella nostra vita. Con questo atteggiamento, se non
altro, aumentiamo le probabilita` che quel "flusso" di abbondanza si verifichi.
Deepak Chopra ha parlato diffusamente di queste cose: affinche' ti capiti
qualcosa di buono, occorre che tu sia in grado di riceverlo. E non significa
che debba succedere qualcosa di brutto a qualcun altro. L'abbondanza significa
anche che possiamo essere tutti ricchi, senza bisogno di impoverire nessuno.
Ma tutto comincia nella tua mente. E` il subconscio a determinare il suo
comportamento nei confronti della vita, e questo comportamento ti predispone
alla prosperita`."
E gli altri tipi di prosperita`?
"La prosperita` non e` limitata agli aspetti materiali della vita, si estende
ai rapporti con il mondo e con gli altri. Sei prospero anche e soprattutto se
sei ricco di amici, se sei in buona salute. L'abbondanza e` in tutte le cose.
Non e` soltanto soldi. Hai bisogno di tutte queste forme di abbondanza.
Il segreto sta nell'equilibrio, nell'armonia di tutte queste sorgenti di
abbondanza. Non e` una coincidenza che la musica sia fondata sul concetto
di armonia..."
Liz Story e` cresciuta in California ma vive da anni in Arizona. Appartiene
alla prima generazione di pianisti new age, quella dei George Winston.
Con i primi sei album, fra il 1982 e il 1990, si impose fra i pianisti new age
piu` melodiosi e cristallini, appena lambita dall'improvvisazione jazz.
Le sue partiture avevano qualcosa del tepore domestico, anche quando il
pianoforte era accompagnato da arrangiamenti quasi orchestrali.
A partire da "My Foolish Heart", nel 1992, Story si era invece "ritirata" come
compositrice e si era limitata a arrangiare musiche altrui. Con il nuovo disco,
"17 Seconds To Anywhere", e` tornata invece prepotentemente nelle vesti di
compositrice.
"E` un disco per me molto importante, perche' e` il primo di materiale
originale registrato in quasi otto anni. Ho sentito il bisogno di scrivere
la mia musica, forse soprattutto per verificare se ho trovato la mia vera voce.
Sono rimasta sorpresa nel constatare che la mia voce non e` cambiata molto.
Piu` o meno suono ancora come suonavo quindici anni fa.
E` stato interessante, insomma, scoprire che la mia vera voce e`... la mia voce!
Mi sarei aspettata invece un cambiamento drastico, visto come la mia vita e
la mia carriera sono state colme di insegnamenti. Questo album e` in pratica
una firma che appongo alla mia carriera. E` me stessa. Ma giuro che e` tutto
materiale attuale. Molte delle composizioni sono recenti, qualcuna risale a
qualche anno fa. Ma in tutti i casi la versione definitiva e` stata costruita
pazientemente negli ultimi mesi."
Ma perche' aspettare tanto tempo prima di tornare al mestiere di compositrice?
"Le regole d'oro per un artista sono due: cercare la propria voce e non imitarsi
mai. Io non sapevo di aver trovato la mia voce, ma sentivo che stavo cominciando
a imitarmi. Quando usci` "Escape", senti` un brivido di freddo giu` per la
schiena. Provai il bisogno di fare qualcos'altro e la prima cosa che mi venne
in mente fu di cimentarmi agli standard, perche' mi avrebbe consentito di
imparare qualcosa di nuovo e di espandere il mio vocabolario. Tanto il
repertorio classico quanto quello jazz sono ricchi di passaggi cromatici e
complessi che sono l'opposto del mio stile.
Decisi di buttarmi in un'area completamente nuova. Avevo studiato con
Dick Grove a Los Angeles e lui mi insegno` una cosa fondamentale, ad arrangiare
le note in famiglie di accordi, un processo che ti aiuta a improvvisare meglio,
ad arrangiare la musica in maniera piu` creativa. Ero pronta per mettere in
pratica i suoi insegnamenti. C'e` anche un'altra ragione, molto piu` pratica.
Quando la Windham Hill venne comprata la prima volta, mi trovai a dover
interagire con un management che non capivo. Mi chiedevano
mi chiedevano di fare progetti che non mi andavano.
Decisi che forse l'universo mi stava dicendo di cercarmi un'altra carriera e
pensai seriamente a studiare medicina. Invece la BMG rilevo` i diritti sulla
Windham Hill e di colpo mi trovai circondata da persone che mi amavano e
incoraggiavano. Adesso mi sento a mio agio e questo mi aiuta a comporre".
Qual'e` il tuo retroterra culturale?
"Ho studiato musica classica, ma a lungo non riuscivo a pensare di me stessa
come una performer. Eppure fin da bambina avevo l'atteggiamento del compositore,
in quanto non riuscivo mai a completare un brano cosi` com'era stato scritto,
finivo sempre per cambiarlo un po'. Pochi pezzi mi piacevano cosi` com'erano
Chiamala "mancanza di disciplina". Mi piace guardare grandi pianisti suonare,
ma non mi sentivo in grado di fare la stessa cosa, richiedeva una disciplina
di cui non ero capace. Oggi so qual'era il problema: c'e` un livello di
intimita` che puoi avere soltanto con la tua musica. La tua musica e`
intima perche' la conosci da dentro. Comunque sia, decisi che sarei diventata
una storica della musica, non una musicista.
Cominciai a scrivere musica per caso: stavo studiando a Los Angeles e decisi
che, non essendo una brava compositrice, era meglio se mi trovavo un lavoretto
in un ristorante e cominciavo a eseguirmi davanti a un pubblico piccolo e non
colto. Mi tocco` di improvvisare a un pianoforte scalcinato e quella fu la
mia fortuna, perche' su quel pianoforte non potevo eseguire nulla di cio` che
avevo studiato, ero costretta ogni sera a comporre qualcosa di mio.
Imparai anche che c'e` una differenza fra suonare per te stessa e suonare
per altri: quando suoni per te stessa, stai provando, stai imparando, stai
perfezionando lo stile; quando ti siedi davanti a un pubblico, usi lo stesso
accordo che hai provato e riprovato, ma questa volta ne fai qualcosa di
ascoltabile anche per loro. C'e` uno spirito che ti guida, c'e` una forza
della comunicazione a cui non puoi resistere. Durante
quei mesi in quel ristorante trovai la mia voce. Naturalmente scelsi il
linguaggio che conoscevo meglio, quello tonale della musica classica.
Pensavo che una volta maturata avrei trovato una voce completamente diversa.
E, quando cominciai a lavorare agli standard, pensavo proprio quello,
che lavorando agli standard avrei trovato la mia vera voce.
Ascoltavo anche molta avanguardia ed ero pertanto convinta di potermi
spingere oltre la semplice musica tonale dei miei esordi.
Invece, sorpresa, continuo a fare la stessa musica, quella e` la mia voce!
All'inizio cerchiamo sempre di imitare cio` che ci piace. Io fui fortunata che, grazie a quel piano sbilenco, non ebbi quella possibilita`.
Oggi quando compongo non ho davanti un pubblico, ma me lo immagino.
Se immagini che ti stiano osservando, assumi immediatamente una certa eleganza,
un po' per timidezza un po' per rispetto degli altri."
La musica del nuovo album mi sembra gioiosa... riflette la gioia della tua
vita?
"No, e` un fatto curioso. Dentro mi sento come un affresco astratto di
Jackson Pollock, ma poi la musica viene fuori semplice e lineare.
La mia carriera mi ha senz'altro insegnato un grande senso dell'umorismo,
grazie al quale posso guardare alle mie nevrosi con un certo distacco.
Sono fortunata che posso sedermi in qualunque stato mentale, angoscia o
stress, e riesco sempre a rispondere in maniera positiva.
Gioco con le note finche' non trovo un'idea che mi piace e allora mi
concentro per sviluppare quell'idea. E` un fatto che prescinde da come mi
sento.
A volte penso che siano vite che non siamo coscienti di avere.
C'e` una grossa differenza fra il mondo esteriore e quello interiore
e penso che l'arte costruisce ponti fra dentro e fuori.
Inoltre scrivere musica per me e` un'attivita` molto fisica. Mi chiedono
spesso "a cosa pensi quando suoni?" Rispondo che e` come chiedere a un
giocatore di basket a cosa pensa quando gioca a basket. Ovviamente non
pensa a nulla, e` concentrato sul fatto fisico di giocare. Per me suonare
il pianoforte e` un fatto altrettanto fisico, corporale, istintivo.
Non e` pensiero, e` movimento.
E` un grande mistero la voce che ho."
Wayne Gratz e' uno dei pianisti new age della seconda generazione, quella che
ha fatto tesoro della lezione della generazione di George Winston e David Lanz.
La sua formazione musicale avvenne in un complesso di musica pop della Florida,
ma divenne celebre nel 1989 con "Reminescence", in cui il suo pianoforte e`
accompagnato da sintetizzatore, flauto, violino, basso e percussioni.
Le sue eleganti melodie prendono sempre a pretesto un tema: cosi` gli scenari
naturali in "Panorama", cosi` l'ambiente domestico in "Follow Me Home".
"Blue Ridge" e "Gift Of The Sea" sono stati anche grandi successi di vendita.
Poi sono venuti due album di pezzi classici, tratti dal repertorio folk e
classico, "Somewhere In Time/ Songs Of Endless Love" e
"Simple Gifts/ Songs Of Inspiration".
Diamo uno sguardo retrospettivo alla sua carriera...
"Non c'e` molto da dire, sinceramente, poiche' e` stata una carriera molto
lineare e indolore. Impiegai diversi anni a comporre e registrare il primo
album. Come tutti gli esordienti, non mi sentivo sicuro di me stesso e non
erano in molti a incoraggiarmi. Quando finalmente usci`, mi sentii rinato:
avevo una carriera. La casa discografica mi incoraggio` a continuare, facendomi
notare il riscontro positivo che l'album stava avendo in termini di critica
e di pubblico. Poi e` chiaro che ogni album successivo e` stato piu` facile
da comporre e registrare del precedente. Col passare del tempo diventa quasi
una routine. Ma in realta` per me ci sono state poche differenze fra un
album e l'altro. Sono stati tutti composti e registrati qui, a casa mia, a
Orlando, in Florida. La mia musica non e` cambiata molto, di proposito: ho
cercato di conservare il mio stile. Di qualche album ho un ricordo piu` bello
ma piu` che altro perche' e` stato piu` divertente registrarlo. Per esempio,
"Blue Ridge" e` il mio preferito perche' lo registrai con un'apparecchiatura
completamente nuova e mi sentivo come un bambino quando mette mano a un
nuovo giocattolo. Gli ultimi dischi sono dischi di musica altrui, e questo
e` un fatto stimolante. L'idea e` stata della Narada, cosi` come la scelta
dei pezzi. Erano tutti pezzi che conoscevo molto bene, ma non e` facile
cimentarsi con la musica altrui. Di alcune non ho neppure voluto imparare
lo spartito. E` stato interessante entrare nel mondo di un'altra persona,
sapendo che quel mondo e` stato condiviso nei decenni da milioni di ascoltatori,
e provare a ritagliarsi un posticino personale. Adesso sto lavorando al mio
nuovo album, che sara` invece di materiale interamente mio."
Qual'e` il suo background musicale?
"In realta` non ce l'ho! Da piccolo presi lezioni di pianoforte, ma nulla di
particolare, le stesse cose che fanno milioni di bambini negli USA. Poi
imparai da solo a suonare la chitarra e entrai a far parte di alcuni gruppi
di musica rock. Volevo diventare una star, come tutti a quell'eta`. Presto
passai alle tastiere, perche' i miei miti erano gli Emerson Lake & Palmer e
gli Yes, e infine tornai al pianoforte. Sono del tutto autodidatta, non so
nulla di musica! Le mie influenze sono le piu` disparate, da Keith Emerson
a Rachmaninov. Mi piace la musica classica e la ascolto spesso, ma da profano.
La musica che eseguo al piano e` semplicemente cio` che riesco a scrivere.
Non cerco di imitare nessuno perche' non saprei chi imitare...
Ho appreso per lo piu` ascoltando a caso. Passo la mia giornata ascoltando
un po' di tutto. Per esempio, amo un cantautore come Lyle Lovett, ma anche
un complesso di rock progressivo come gli Yes.
Dei pianisti contemporanei mi piacciono soprattutto George Winston,
Michael Jones, David Lanz."
Le tue canzoni raccontano una storia?
"Molte delle mie composizioni sono dedicate a un episodio, a una persona,
a un luogo. Spesso ho una visione nella mia mente e qualcosa di magico la
trasforma in musica. Altre volte improvviso davanti al registratore e seleziono
le melodie che mi piacciono. Poi le arrangio e le trasformo in brani da
registrare. E` un po' come quando fischietti mentre ti fai la barba.
Tutto e` importante per stimolare l'immaginazione: amici, natura, la societa`...
"Blue Ridge" e "Gift Of The Sea" sono stati profondamente influenzati dalla
natura."
Perche' fa il musicista? Cos'ha di speciale la musica?
"Sinceramente sono diventato musicista perche' a cinque anni cominciai a
sognare di diventare musicista. Sapevo che sarei diventato un musicista,
e non ho mai avuto altri stimoli. E` cio` che faccio meglio. Penso che un
musicista ha dei vantaggi rispetto a poeti e pittori. Per intanto,
hai piu` spazio per manovrare, e` piu` facile comunicare con il pubblico.
Poi, se vogliamo essere pratici, e` anche piu` facile far arrivare la tua arte
al pubblico, perche' dappertutto ci sono negozi di dischi."
La sua tecnica e` maturata con gli anni?
"Penso di essere migliorato un pochino, ma nella sostanza il mio stile e`
rimasto sempre lo stesso. Certo, quando registri la tua musica, poi ti puoi
ascoltare e questo ti aiuta a migliorare. La mia musica recente e` forse
piu` vivace e gioiosa perche' riflette il successo che mi ha arriso."
Lara & Reyes e` uno dei duo di maggior successo di musica strumentale per chitarre. Sergio Lara e Joe Reyes sono entrambi di San Antonio, in Texas, profondo Sud degli USA. Gli album "Two Guitars" e "Guitarras Hermanas" hanno imposto il loro brioso jazz latino, infarcito di bolero, rumba e flamenco e di tante altre spezie musicali. "Exotico" (Higher Octave, 1996) e il recente "Riverwalk" (Higher Octave, 1998) sono le opere della maturita`.
Come cominciasti la tua carriera musicale?
"Sono nato a Ciudad de Mexico. Crebbi ascoltando
flamenco e musica latina di Caraibi e Sudamerica.
Presto sboccio` l'amore: amore per gli strumenti musicali, specialmente quelli a
corda. Avevamo un piano in casa ma non ero molto interessato a suonare il piano.
Fin dal principio fu l'amore per la chitarra, piu` ancora che l'amore per
la musica, a spingermi a suonare.
Dall'eta` di nove anni a quella di dodici anni presi lezioni di chitarra.
Cominciai a desiderare di suonare con altra gente, e cominciai a studiare
altri stili di musica chitarristica. Ascoltavo gruppi pop come i Beatles,
e tentavo di imitarli con la chitarra elettrica,
ma ero sempre piu` felice quando potevo suonare la chitarra acustica.
Lo stile acustico era sempre il mio preferito, anche se in pubblico tendevo
a suonare la chitarra elettrica. Cominciai anche ad ascoltare musica jazz,
e mi resi presto conto che tutti i jazzisti erano musicisti eccezionali.
Django Reinhardt esercito` un'influenza enorme su di me.
La musica latina era nel mio sangue. Non ho mai studiato flamenco, ma gente
come Paco de Lucia mi erano molto familiari. Non conoscevo gli aspetti tecnici
del flamenco, ma dopo il jazz cominciai a studiare anche le musiche con cui
ero cresciuto.
Venne il momento di scegliere cosa fare "da grande". Come artista sei quasi
obbligato a seguire le tue radici se vuoi che l'industria si accorga di te.
Non avrei potuto diventare un bluesman perche'
ci sono tanti neri di New Orleans che sono piu` bravi di me.
Mi sentii obbligato a seguire le mie radici ma al tempo stesso non volevo
rinunciare alle altre culture che avevo esplorato. Fu cosi` che divenni
il chitarrista eclettico che sono oggi.
Rispetto le tradizioni degli altri, ma al tempo stesso voglio fonderle
e travalicarle per ottenere uno stile personale."
Come accadde che ti trasferisti negli USA?
"Avevo parenti a San Antonio per cui venivo negli USA molto spesso. Cominciai
ad essere invitato a suonare in gruppi texani, e nel 1987 incontrai Joe Reyes
e scopersi che anche lui aveva il desiderio segreto di suonare la chitarra
acustica. Anche lui aveva un bagaglio culturale simile al mio, e cioe` latino.
Non iniziammo con l'idea di registrare un disco e diventare famosi. Cominciammo
semplicemente perche' ci piaceva suonare insieme, e suonare la chitarra
acustica. Presto questa divenne una relazione molto solida. Ci rispettiamo
a vicenda, e il pubblico ci rispetta perche' si rende conto che siamo dei
seri professionisti. Il pubblico, i club, i festival cominciarono a chiederci di
fare un album. Ci vennero offerti contratti da diverse case discografiche.
Higher Octave e` la casa discografica perfetta per noi in quanto stanno
cercando di rendere il loro catalogo piu` internazionale."
Come definiresti la tua filosofia artistica?
"Il mio punto di vista e` che la musica riflette la tua vita. E` una risposta
molto semplice, ma anche molto grande."
I tuoi album sembrano seguire un ben preciso percorso artistico...
"Per il quarto album volevamo soprattutto ritornare al sound del primo album.
"Exotico" era stato un esperimento, un lavoro ambizioso di
produzione e arrangiamento per il quale avevamo impiegato un
ensemble con tanto di pianoforte, flauto, sassofono. Decidemmo che
volevamo recuperare il sound di "Guitarras Hermanas". E` importante scoprire
cosa il pubblico desidera da te. Al tempo stesso
tu diventi piu` maturo, ti concentri su cio` che sai fare davvero meglio
degli altri. Alla fine ci e` parso che il formato a
due chitarre, basso e percussioni, sia il piu` congeniale per la nostra musica.
Quando suoniamo dal vivo, suoniamo esattamente come su questo disco."
In questo album suoni anche ukulele (Pueblo Magico) e mandolino
(Romantique) e Reyes suona l'oud (El Turco)...
"Si`, un'altra differenza di questo album e` che quasi tutti gli strumenti sono
suonati da noi. Siamo entrambi polistrumentisti. Ci piace suonare tutti gli
strumenti che amiamo. Personalmente mi piace tantissimo suonare il mandolino.
Mi sono pertanto sbizzarrito a suonare tutto cio` che poteva servirci.
Reyes suona il basso, che in realta` fu il suo primo strumento, e suona
persino la chitarra elettrica (non per la melodia, ma per qualche armonia).
E entrambi suoniamo le percussioni. Un'altra passione per me sono le percussioni
latine."
Cos'altro e` diverso su questo album?
"Il nuovo album, "Riverwalk", e` un album concept. E` un titolo meraviglioso
che, per quanto ne sappiamo, non e` mai stato usato prima. Molte citta` del
mondo sono state costruite lungo le rive di un fiume. Il fiume era importante
per la vita della citta`. Oggi il fiume e` diventato semplicemente un luogo
romantico lungo cui passeggiare di sera, meditare, riposare. La gente ha
costruito caffe` e case. Lungo le rive incontri innamorati, musicisti,
filosofi. Ci sono tante storie e tante emozioni. Ogni canzone riflette
le storie e le emozioni che abbiamo immaginato di incontrare durante la nostra
passeggiata. Non avevamo necessariamente in mente San Antonio. Potrebbe
essere qualsiasi citta` del mondo. Naturalmente il nostro sound e`
principalmente flamenco, ma non siamo puramente flamenco, per cui anche chi
vive lontano dalla Spagna puo` riconoscersi in queste musiche. E` l'atmosfera
che conta. Non ho una canzone preferita, ma forse quelle che suono piu` spesso
sono El Castillo e Pueblo Magico. Tutti i titoli sono suggestivi,
come Noches De San Miguel e Satellite Island, perche' volevamo
davvero che chiunque vi si potesse riconoscere. A mio avviso e` l'album migliore
della mia carriera, e non soltanto perche' il nostro stile e` al culmine.
Abbiamo dedicato tantissimo tempo a rifinirlo. William Aura, produttore della
Higher Octave e musicista lui stesso, un giorno mi ha detto una cosa verissima:
non si finisce mai di registrare un disco, si potrebbe continuare per sempre.
Un disco non viene ultimato, viene abbandonato. Perche' altrimenti il musicista
potrebbe continuare in eterno a migliorarlo."
Douglas Spotted Eagle, del quale e` appena uscito il nuovo
Pray (Higher Octave),
suona il flauto nativo americano, ma non ha molto in
comune con gli altri, piu` superficiali, esponenti del genere. Fu il primo,
quasi dieci anni fa, ad accoppiare lo strumento tradizionale dei pellerossa
alle tastiere elettroniche e poi persino agli strumenti dell'orchestra.
Poco alla volta ha sviluppato un'arte compositiva che assomiglia piu` a
quella dei compositori classici che a quella dei solisti new age (un'arte che,
fra l'altro, gli e` valsa diverse commissioni nel campo della musica per film).
Spotted Eagle nacque in un paesino rurale dello Iowa, ma crebbe nello Utah.
La musica fu sempre nel suo sangue, ma soltanto nel 1988, all'eta` di 26 anni,
Spotted Eagle trovo` la sua vera vocazione.
"Ci volle un divorzio e un divorzio molto triste. Persi tutto cio` che amavo,
e il flauto fu una delle poche cose che mi rimasero. Mi consolai suonando il
flauto. Lo strumento mi aiuto` a sopravvivere le emozioni brutali di quel
periodo. L'amico di un amico fece un nastro della mia musica e lo spedi` a
una casa discografica. Caso volle che la musica piacesse a uno dei manager.
Mi chiamarono e mi chiesero di registrare un disco per loro. Usci` nel gennaio
del 1989, Sacred Feelings (SOAR, 1989). Sono tuttore molto orgoglioso
di quel lavoro, che era il primo tentativo di accoppiare il sintetizzatore
al flauto nativo americano. Devo peraltro confessare la vera ragione per cui
decisi di adottare il sintetizzatore: non mi sentivo un grande virtuoso
del flauto, e non mi sarei mai sentito in grado di registrare un disco di
musica solista. Avevo bisogno di accompagnarlo ad altri suoni, suoni della
natura e suoni elettronici. In seguito avrei anche provato con suoni di
altri strumenti. In retrospettiva, mi piacciono tutti quegli (undici) album
che registrai senza fanfara, con umili mezzi e in tutta umilta`. Una cosa
importante che ho appreso nel corso della mia carriera e` che ascoltare la
mia musica mi fa tornare in mente le emozioni che provavo in quel periodo
della mia vita. Riscopro ogni volta le emozioni che avevo dimenticato."
Per cui la musica originariamente ebbe una funzione di guarigione spirituale
per te? Funziono`?
"Eccome! Oggi sono un uomo felice."
Cosa ti senti di essere? Un solista del flauto, un compositore classico, un
improvvisatore jazz..?
"Si` a tutte le domande! Mi sento un po' di tutto, e faccio un po' di tutto.
Sento di avere dentro di me la potenzialita` di diventare un grande musicista,
soltanto che e` chiusa a chiave nel profondo del mio subconscio. Ho suonato
in tanti contesti diversi: ho suonato il flauto in contesti heavymetal,
in contesti jazz, in contesti country, in contesti pop, e in colonne sonore...
Non so se esiste un limite a cio` che posso fare con il flauto.
L'unico limite sono io... Io sono il mio peggior nemico, nel senso che a volte
mi viene un'idea grandiosa ma poi ho paura di realizzarla. Ho paura che
ne venga fuori qualcosa che poi mi vergognero` di pubblicare, qualcosa che
il pubblico trovera` assurdo. Credo comunque nello sperimentare fin dove
posso con il flauto nativo americano. E` una vera e propria sfida per qualsiasi
musicista, in quanto si tratta di uno strumento che dispone soltanto di sette
o otto note. Non c'e` molto che puoi fare con quelle note, ma la sfida consiste
proprio nel riuscire a fare sempre qualcosa di nuovo ogni volta che suoni
quelle stesse sette note. E` molto piu` facile con la chitarra (che ha
dodici note e tre ottave) o con il pianoforte (che offre il lusso di dodici
note e otto ottave).
Come ti vedi evolvere nel tempo? Come un virtuoso del flauto? O come un
orchestratore/arrangiatore?
"Probabilmente come un orchestratore. La musica a cui sto lavorando
per il mio prossimo disco sara` ancor piu` mainstream di quella di
Pray. Anzi, penso che molti lo considereranno un disco di musica jazz.
Sto anche lavorando a un film che sara` ancor piu` ambizioso in termini di
orchestrazione. Usero` molti strumenti dell'orchestra classica.
Una cosa che gli strumenti elettronici non possono ancora fare e` emulare
gli strumenti dell'orchestra. Il tocco umano e` ancora troppo importante."
Come ti posizioni nel novero dei tanti solisti del flauto Nativo Americano?
"Penso che abbiamo in comune soltanto lo stesso strumento, e poco altro.
Secondo me, Carlos Nakai e` uno dei pochi flautisti che sta facendo
qualcosa di eccezionale, ma paragonare me e Nakai e` come paragonare
Carlos Santana a Eric Clapton soltanto perche' suonano entrambi la chitarra.
Abbiamo due stili completamente diversi. Anzi, se sono influenzato dagli
altri flautisti e` soltanto perche' faccio il contrario di quello che fanno
loro. I miei primi dischi cercavano di usare il flauto con il sintetizzatore,
con la chitarra, con il pianoforte, con l'orchestra... tutto il contrario di
cio` che stavano facendo gli altri. Forse un vantaggio per me e` stato quello
di non essere un virtuoso dello strumento... per cui non seguo nessuna regola.
A volte l'ignoranza paga!"
Da dove prendi ispirazione per le tue composizioni?
"Da tutto. Su "Pray" sono stato ispirato da un treno che passava mentre ero
seduto in un ristorante, da una prostituta adolescente tossicodipendente che
ho incontrato in India, dalla nascita di mia figlia e cosi` via. Sono ispirato
dalla natura, dalla gente, dalla famiglia, dagli eventi storici... Tutto nel
mondo ha una voce, persino le rocce hanno qualcosa da dire. Uno deve soltanto
imparare a stare zitto e ascoltare."
Ti consideri un poeta?
"No, non un poeta. Sono un po' troppo diretto per essere un poeta. Vedo le
cose come sono, le racconto come le vedo. Penso che la poesia sia invece
un'astrazione della bellezza delle cose. C'e` certamente della bellezza nella
mia musica, ma c'e` anche molta energia. Il mio lato maschile e` molto forte:
mi piace andare a cavallo, lavorare nei campi. C'e` forza nella mia mano e
rapidita` nella mia lingua..."
Ti consideri un pittore?
"Si`, un pittore, si`. La mia musica e` un dipinto nella mia mente. La musica
e` anzi forse un affresco mentale. Il miracolo della musica e` che io posso
dipingere un affresco per me stesso ma cio` che tu vedrai guardandolo non e`
lo stesso, e` qualcosa che non e` mai stato li`. La musica consente al creatore
e all'ascoltatore di essere artisti nelle loro rispettive maniere.
Ciascuno forma un'immagine dai suoni. Il movente principale di un artista
e` quasi sempre quello di indurre la gente a pensare, e un artista si
considera di successo soltanto nella misura in cui riesce ad attaccare
un'emozione alla sua arte, a facilitare un'emozione in qualcun altro."
Ti consideri un filosofo?
"Siamo un po' tutti filosofi, no?"
Qual'e` la conquista principale di questo nuovo album?
"E` la prima volta in molti anni che ho avuto mano assolutamente libera, che
non sono stato limitato in alcun modo dalla casa discografica. La Higher
Octave mi ha semplicemente detto "ci piace la tua musica, registra qualcosa
per noi". Ed era la prima volta da tanto tempo. Questo e` pertanto il disco
piu` personale che ho fatto in 7/8 anni. Mi ha consentito di provare le
emozioni che volevo provare. Non ho ricevuto alcuna pressione per scrivere
un tipo particolare di canzone, o per preoccuparmi di qualcosa in particolare.
Non c'era alcun tema predefinito. L'album tocca le emozioni piu` elementari
del cuore umano. La preghiera del titolo non significa gettarsi in ginocchio
di fronte al proprio dio, ma entrare in contatto con se stessi, con il proprio
"io". Siamo tutti nati con una verita` fondamentale nascosta dentro di noi
e la preghiera e` il modo per raggiungere quella verita`. Alcune religioni
insegnano che raggiungere quella verita` e` semplicemnete riconoscere se
stessi. Nel comporre questo album ho tentato di toccare questa verita` che
e` dentro di me, questo Dio che e` dentro di me. La mia filosofia e` che
io vengo da un creatore, sono stato creato e mi e` stato consentito di
toccare la mia anima. L'album riflette questa filosofia".
Ma questo non rischia di alimentare il mito dei pellerossa tristi e
depressi?
"Lo so, i bianchi hanno una serie di stereotipi assurdi che applicano agli
"indiani"! Gli americani nativi sono in realta` gente molto cordiale e allegra,
a cui piace soprattutto ridere, quasi l'opposto di cio` che si vede nei film
di Hollywood. Il riso e` anzi una forma di preghiera per noi. Quando ci
raduniamo, ci piace raccontare barzellette, e in particolare barzellette sui
bianchi. E` un mistero come Hollywood abbia creato questo stereotipo
dell'indiano sempre serio e minaccioso. Per noi tutto e` preghiera, e in
particolare ridere e` pregare. Quando un bambino nasce, uno degli eventi piu`
importanti e` la sua prima risata. L'uomo che lo fa ridere viene considerato
un personaggio sacro. Si tiene persino una cerimonia formale per festeggiare
l'evento. Abbiamo persino clown professionali il cui unico mestiere e`
rallegrare la gente nei momenti difficili. Tutto cio` perche' quando ridiamo
preghiamo. La preghiera e` l'atto piu` frequente delle nostre vite."
Jesse Cook e` un prodigioso chitarrista affermatosi nel 1995 con l'album
Tempest (Narada). Le sue radici flamenco sono state contaminate sul successivo
Gravity (Narada) da innumerevoli altri stili producendo uno degli approcci
piu` originali della new age chitarristica. Il nuovo Vertigo (Narada) non
apre nuovi orizzonti, ma approfondisce quella tecnica di composizione e di
arrangiamento.
Cos'e` successo dopo "Gravity"?
Rispetto ai dischi precedenti come si situa questo terzo?
Quali sono le tue principali sorgenti d'ispirazione?
Quali consideri la tua principale dote alla chitarra?
Perche' il nuovo disco si intitola "vertigine"?
Cosa prevedi per il tuo futuro? Una musica ancor piu` eclettica?
"Vertigo" ha avuto una gestazione molto lunga. Ho cominciato a lavorarci
alla fine del 1996, e la registrazione definitiva e` avvenuta nell'arco di
sei mesi, dal settembre del 1997 al marzo del 1998. E` stato un processo lungo
e complicato. In pratica, volevo avere il tempo e i mezzi per realizzare cio`
che avevo in mente. Volevo lavorare con musicisti che conoscevo da tempo, e
al tempo stesso volevo utilizzare i musicisti piu` consoni ai miei pezzi.
Per esempio, sono orgoglioso del fatto che la violoncellista classica Ophra
Harnoy abbia accettato di suonare su questo disco. Sono orgoglioso che tanti
musicisti di tante nazioni diverse abbiamo accettato di collaborare alle
mie idee. Spesso e` il materiale stesso a "chiedermi" di utilizzare questo
o quello strumento, questo o quel musicista. In un certo senso non ho scelta:
il pezzo non termine finche' non gli aggiungo la parte che manca, suonata
dal musicista opportuno. Normalmente, registro la mia musica nello studio
di registrazione che ho allestito a casa mia. E` un processo relativamente
semplice: non appena ho un'ispirazione, entro nello studio e comincio a
registrare. Le cose si complicano non appena il pezzo prende forma, perche'
a quel punto e` il pezzo stesso a richiedere un certo arrangiamento. Allora
divento suo schiavo, devo cominciare a cercare i pezzi che mancano. In questo
caso sono stato fortunato a trovare cosi` tanti musicisti prestigiosi disposti
a suonare per un giovane sconosciuto. Non mi sognavo neppure che una
violoncellista cosi` prestigiosa si prestasse, invece le scrivemmo e lei
accetto` quasi subito. Per me e` stata un'esperienza magnifica poter lavorare
con un personaggio di quel calibro. Essendo una musicista classica, ho dovuto
scrivere la sua parte nota per nota. Ebbene, lei ha cambiato le note, ha
introdotto con la sua interpretazione qualcosa di molto profondo. Mi ha
insegnato cosa significa suonare la musica di altri."
"Gravity" aveva piantato molti semi che sono poi cresciuti in questi due anni.
In alcune canzoni avevo sperimentato tipi di musica che mi piacevano, ma per
i quali non ero del tutto convinto. La mia base e` sembre il rumba flamenco,
ma su "Gravity" ben tre canzoni provavano a mescolarla con temi arabici.
Avevo poi studiato i ritmi brasiliani. Erano tutte canzoni che in sostanza
fungevano da pretesti per sviluppare idee che mi sembravano interessanti.
Con il nuovo disco ho preso quegli spunti e li ho portati a compimento.
Una canzone e` persino un misto di musica dell'India orientale e di musica
del sud degli USA, naturalmente sempre innestate sulla mia base di
rumba flamenco. "Vertigo" e`, a posteriori, il disco che ho sempre voluto fare,
ovvero la musica che volevo fare fin dal principio. La differenza e` che sul
primo album ero ancora incerto dei miei mezzi, adesso mi sento molto piu`
sicuro. E` sempre difficile descrivere la musica, in fondo sono soltanto
note che fluttuano nell'etere, ma la musica che voglio fare io e` la musica
che tutti vogliono fare: quella che ti commuove. Nel mio caso e` musica
appassionata, ritmata, e` cibo per l'immaginazione. E` musica che ti consente di
chiudere gli occhi e di sentirti librare in un altro mondo.
"La prima e principale influenza che cito sempre e` quella di Peter Gabriel.
Quando usci` la colonna sonora della "Passione" di Scorsese, orchestrata appunto
da Gabriel, capii quale fosse la mia missione in musica. Gabriel raccolse
musicisti da tutto il mondo e lavoro` a lungo sulle loro fonti etniche. Alla
fine compose un disco che e` un tour musicale del mondo. Fin da bambino sognavo
poi di diventare come Al DiMeola e Paco DeLucia, per cui non posso nascondere
che l'ambizione di diventare un frenetico chitarrista di flamenco e` sempre
stata con me."
"Difficile da definire. Il mio stile e` talmente ibrido... ibrido di molti
elementi diversi... Ho studiato flamenco puro, ma poi sono anche andato a una
scuola di jazz, e ho imparato a suonare con il plettro. Naturalmente sono
influenzato da tutta la musica occidentale. Molti mi identificano con la
velocita` di esecuzione, e certamente la velocita` e` una delle mie
caratteristiche, e` eccitante da guardare e cosi` via. Ma spero sinceramente
che non sia l'unica ragione per cui la gente ascolta la mia musica.
Spero che si sentano anche le emozioni che vi ho immesso. Spero che si sentano
librati verso quel mondo dell'immaginazione."
"Vertigine" non e` paura dell'altezza, come molti pensano. Il termine si
riferisce a un senso di smarrimento creato dal movimento. La mia musica ha
proprio come obiettivo quello di creare un senso di smarrimento con il moto,
appunto vertiginoso, delle mie dita. La vertigine ha l'effetto di ubriacarti,
e io spero che la mia musica abbia lo stesso effetto.
E` terribile per me trovare titoli per la mia musica. Penso che sia sempre
difficile trovare titoli per la musica strumentale. La musica strumentale,
non avendo liriche, trasferisce in suoni una bellezza che non ha nulla a che
vedere con il mondo teangibile in cui viviamo, e` aperta all'interpretazione.
Sono pertanto riluttante a dare titoli alle canzoni, non voglio finire per
ancorarle proprio a quella realta` da cui cerco scampo. Pertanto spesso
finisco per scegliere il titolo piu` nebuloso che mi viene in mente!"
"Il pubblico pensa che la mia musica sia eclettica e poliglotta e cosi` via,
ma io non sono d'accordo. Tutto dipende da dove fermi lo zoom. Se ti focalizzi
molto vicino alla camera, allora hai ragione: io copro un territorio enorme.
Ma se ti focalizzi lontano, se guardi la Terra nel suo insieme, ti rendi conto
che io suono semplicemente la musica di questo pianeta. Cio` che faccio sembra
eclettico soltanto perche' sei focalizzato su una zona geografica particolare.
La verita` e` che ogni forma di musica ha radici comuni. La mia base, il
rumba flamenco, deriva dalla rumba, ovvero dalla musica che gli spagnoli
importarono da Cuba circa 150 anni fa, e dal flamenco, che proviene dall'India
settentrionale. I musicisti brasiliani hanno ovviamente radici africane. E
cosi` via. Non mi sembra di "divagare", mi sembra anzi di concentrarmi su
un luogo ben preciso. E` il mondo ad essere grande."
Web site: http://www.jessecook.com
David Lanz ha l'indubbia prerogativa di essere riuscito a mettere d'accordo
tanto il pubblico piu` esigente, quello che usa la musica classica come
sistema di riferimento, quanto il pubblico piu` superficiale, quello che
"usa" la musica new age come sottofondo casuale. I suoi dischi uniscono infatti
la sofisticazione della musica elettronica e/o pianistica piu` seria alla
melodia disimpegnata della musica commerciale. Il compositore che divenne un
caso critico e` pertanto diventato anche un caso di costume, in quanto i
suoi concerti dal vivo hanno attirato folle sempre piu` imponenti.
Il nuovo disco si intitola "Songs From An English Garden" (Narada, 1998)
ed e` ispirato nientemeno che dai successi degli anni '60, dall'era del
Merseybeat e dei "teen idols". Al suo fianco, fra l'altro figura anche
Matthew Fisher, che fu l'organista dei Procol Harum (fra i collaboratori
figura anche il piu` illustre, ma meno celebre, Tony Levin dei King Crimson).
Come nacque l'idea di questo progetto di revival?
Quindi il programma era di restare fedele agli originali, anche se
l'interpretazione orchestrale ovviamente non e` molto fedele...?
Gli arrangiamenti orchestrali di questo disco rappresentano il summa
della tua carriera di arrangiatore?
Nel frattempo sono state composte anche nuove musiche originali?
Cos'altro sta succedendo nella tua vita?
"E` un progetto legato a un momento particolare della mia carriera. In questi
ultimi mesi e` cambiato quasi tutto: ho cambiato produttore, ho cambiato manager
e ho cambiato casa discografica. Nella prima riunione con il mio nuovo manager
abbiamo discusso come impostare il lavoro futuro. Il suo consiglio e` stato di
realizzare un album che si prestasse meglio alla diffusione radiofonica e che
andasse incontro alle esigenze di un pubblico diverso da quello mio solito.
Negli ultimi anni avevo fatto dischi di grande valore artistico per solo
pianoforte per orchestra, ma che le stazioni radiofoniche non avevano
particolarmente pubblicizzato. L'idea del mio manager fu quella di puntare
su un album di interpretazioni per presentarmi a quell'"altro" pubblico
che ancora deve scoprirmi e per farmi accettare da quelle "altre" stazioni
radiofoniche. All'inizio l'idea non mi piacque per nulla, anzi mi spavento`
un po': non volevo finire a fare le tipiche cover delle musiche di cinema e
dei classici di Broadway. Poi all'improvviso mi venne l'illuminazione: perche'
non fare una "suite inglese", una suite di canzoni del pop inglese. In fondo
sono sempre stato innamorato del pop inglese. In passato ho registrato tre
brani di quel genere, ma soprattutto e` una musica che ebbe un forte impatto
su di me (ero adolescente quando i Beatles sfondarono). Il manager fu subito
entusiasta dell'idea. A quel punto si tratto` soltanto di reclutare i
volontari e poi di scegliere le canzoni. Mi sono divertito un mondo, dall'inizio
alla fine. Ho dovuto fare diverse ricerche e ne ho approfittato per riascoltare
la maggior quantita` possibile di musica del periodo. Ho voluto catturare
soprattutto lo spirito dell'epoca, il senso di cio` che successe al principio
degli anni '60."
"Certamente l'obiettivo era di restare fedeli allo spirito dell'epoca.
Durante la registrazione tutti quelli che hanno collaborato si divertiti a
farlo, e quest'atmosfera leggera e scanzonata era proprio l'essenza
degli anni '60 nella Swinging London dei Beatles: il senso del "fun".
Per quanto riguarda l'apparente contraddizione dell'arrangiamento orchestrale,
devo precisare che tutti i gruppi con cui sono cresciuto avevano
rapporti con l'orchestra. Per esempio, dei Rolling Stones ho scelto
"Tears Go By", che venne registrata originariamente per quartetto d'archi.
I Beatles usarono sempre orchestrazioni classiche. Ho cercato insomma di
unire la mia passione, la mia devozione per quell'epoca e il mio talento
per il cromatismo. Ho tentato di vivere per qualche minuto in entrambi i mondi,
quello del pop inglese degli anni '60 e quello della musica new age degli
anni '90."
"Rappresentano certamente lo stato dell'arte. Ho composto quasi tutte
le musiche in collaborazione con un amico. Prima i musicisti dello studio
mi aiutano a registrare la base, poi, ascoltando la canzone originale e
quello che abbiamo registrato, io e il mio amico decidiamo cosa far suonare
agli arrangiamenti dell'orchestra. Non ho cercato di invetare nulla di nuovo,
semplicemente di riecheggiare la musica di quel tempo."
"Si`, ho numerose canzoni originali gia` pronte per un prossimo disco. Ho
firmato per la Philips e ho cosi` formalizzato l'inizio della mia nuova
carriera."
"Sono diventato portavoce di un'associazione di terapisti musicali...
Negli ultimi due anni ho svolto lavori di produzione per altri musicisti...
Ho persino lavorato con la persona piu` opposta a me che puoi immaginare, il
tastierista Jeff Simmons, ex collaboratore di Frank Zappa, per un album di
blues eterodosso... Infine sto imparando a suonare batteria:
questo weekend sono stato persino assunto da Pat Boone per suonare la batteria
in un suo show!"
Vas e` un duo di Los Angeles composto dalla cantante Azam Ali e dal
percussionista Greg Ellis, un duo esordito recentemente con "Sunyata"
(Narada, 1997). Per quanto risulta, si tratta del primo disco in cui il
canto viene accompagnato esclusivamente dalle percussioni. Il fatto e`
singolare in quanto alle origini esistevano probabilmente soltanto questi
due strumenti:
"Sono i due strumenti piu` primitivi", ci dice Ali, "le percussioni e la voce
umana. Prima ancora di inventare il concetto di strumento musicale, e il
concetto stesso di musica, esisteva la voce umana, ed esisteva il ritmo.
Soltanto in seguito nacque l'armonia."
Azam Ali, nata in Iran e cresciuta in India, ha studiato musica classica
persiana.
"Cominciai a cantare da sola influenzata prevalentemente dalla musica indiana,
ma anche da quella medievale. Il mio tirocinio musicale e` in realta` molto
occidentale (feci parte persino di un coro di voci medievali). Dal momento
in cui arrivai in America, il mio approccio divenne prettamente occidentale.
Ma, se dovessi indicare l'influenza principale, direi ancora la musica indiana.
C'e` qualcosa nel processo di canto indiano che ha a che vedere con
l'interiorizzare l'emozione, qualcosa che esula dal processo di composizione."
Ventisettenne, Ali inizio` a scrivere musica in maniera piu` o meno
professionale nel 1991.
"Il punto pero` non e` cio` che compongo: e` cio` che canto. Per me la musica
finisce con la voce. E la voce e` uno strumento musicale, non un veicolo per
i testi. Le ho seguite tutte: Joan LaBarbara, Meredith Monk, Diamanda Galas e
Enya. Conosco tutte le grandi cantanti d'avanguardia che hanno rivalutato
il ruolo della voce.
Tutte mi hanno ispirato in qualche misura, ma non potrei citare una musicista
che ha influenzato il mio stile in particolare. Semmai,
il mio stile deriva dalle musiche del mondo che ho ascoltato, deriva
da cantanti di tutto il mondo, anche se non diventeranno mai famose.
La mia e` un'arte soprattutto emotiva, e l'emozione pertanto conta piu`
della tecnica specifica. Cio` che ho in comune con quelle grandi musiciste
d'avanguardia e` il concetto che la musica vada trattata come uno strumento,
alla pari del violino e del pianoforte."
Il progetto Vas nacque nel 1995.
"Non fu qualcosa di pianificato a tavolino: ci incontrammo a un concerto e
poi ci recammo a una casa di amico a suonare dal vivo. Quella sera scocco`
la scintilla. Gregg venne a trovarmi con un tamburo e passammo ore ad
improvvisare a casa mia. Fu spontaneo l'impulso di lavorare insieme e da
allora non ci siamo piu` fermati".
Greg Ellis e` invece Californiano e si mise in luce al seguito del duo
David & David. Ha studiato jazz ed e` appassionato di folk mediorientale e
africano.
"Studiai tromba classica, ma la batteria fu fin dal liceo una necessita` fisica.
Nel 1984 arrivai a Los Angeles e trovai piccoli lavori da sessionman.
Per circa otto anni vivacchiai senza grandi ambizioni, anche se collezionai
diverse collaborazioni di prestigio. Ero pero` un po' stanco di dover
inseguire la visione di musicisti famosi. Sentivo di avevo da dare qualcosa di
piu` come artista. Negli anni avevo raccolto percussioni di tutti i paesi
del mondo. Cercavo soltanto un'occasione di mettere insieme il mio hobby e
la mia tentazione, e Vas mi consente di dar sfogo a entrambi. Le percussioni
mi consumano, sono la mia vita.
E` un amore del ritmo, che in effetti non dipende neppure dallo strumento
specifico. Le percussioni fanno vibrare la musica, e fanno vibrare tutto
attorno a me, il mondo che mi circonda, la natura... Quando entro in sintonia
con il ritmo, mi pare di aver decodificato il segreto dell'universo.
Il ritmo e` trance..."
Ma quale fu il primo strumento? La voce o la percussione?
"Ci divertiamo un mondo a fare questa discussione" aggiunge Ellis. "E` chiaro
che entrambi preesistono gli strumenti dell'orchestra, ed e` chiaro che entrambi
esistono in natura, nel senso che la voce e il ritmo c'erano prima che uno
potesse pensare di comporre musica. Entrambi arrivano allo stesso punto, alla
costruzione di emozioni primordiali. Entrambi parlano direttamente al nostro
codice genetico. Penso pertanto
che possiamo concludere salomonicamente che nacquero insieme!"
Su disco suona strumenti che raramente si sono uditi in dischi di musica
occidentale...
"La scelta degli strumenti dipende dalla canzone, non dalle mie manie.
Prima stendiamo la parte vocale. Poi la accompagnamo semplicemente a un
tamburo. Gran parte delle melodie nascono nella testa di Ali, poi io
passo giorni ad ascoltarle a lasciare che la canzone mi dica quali strumenti
impiegare. Talvolta e` naturale scegliere strumenti della stessa area
geografica che ha ispirato la melodia. Altre volte e` il periodo temporale
a dettare l'orchestrazione."
Ali, quanto contano le liriche?
"Le mie liriche raccontano una storia di emozioni, non di vicende. E sono
scritte in un linguaggio che e` quello del mio cuore.
Ogni persona ha il suo linguaggio, deve soltanto scoprirlo.
Mi piace esplorarlo.
L'ascoltatore non puo` capire il persiano o il turco, ma puo` capire il mio
linguaggio di esperienze vissute e immaginate.
In fondo, molta della musica che mi piace e` cantata in una lingua che non
posso comprendere, e probabilmente molti italiani che non sanno l'inglese
ascoltano musica cantata in inglese. C'e` un linguaggio che tutti capiamo."
Il duo ha appena ultimato il nuovo disco, Offerings (Narada, 1998).
"C'e` una continuita` fra i due album, ma il nuovo album e` piu` grande e
piu` forte. Siamo cresciuti come musicisti e come persone. Abbiamo anche
invitato quattro ospiti a suonare con noi, e cio` ha ulteriormente elevato
il livello tecnico. Sul primo CD stavamo ancora esplorando, non avevamo mai
suonato dal vivo. Questa volta sapevamo cosa volevamo fare."
Dietro la sigla Mythos si nascondono i canadesi Bob D'Eith e Paul Schmidt.
Vivono entrambi a Vancouver e hanno alle spalle carriere gloriose, in
particolare nel campo delle colonne sonore.
D'Eith, di formazione jazz e classica, ha vinto premi prestigiosi
come tastierista e ha militato nel complesso rock Rhymes With Orange,
che ebbe almeno due hit, Toy Train (1995) e I Believe (1995),
e registro` due album,
Introspection (Spark, 1996) (X.25, 1997) e
Iridescence (Spark, 1997).
Schmidt, otto anni piu` giovane, ha studiato chitarra classica al Conservatorio.
Cosa propone Mythos che non esistesse gia` sull'affollatissimo mercato musicale
dei nostri tempi? Lo chiediamo direttamente a D'Eith.
"C'e` indubbiamente tanta elettronica in circolazione, ma secondo me manca
l'integrazione con l'elemento organico. Con "organico" intendo tanto il suono
naturale quanto il feeling umano. Per questa ragione noi preferiamo contenere
l'elettronica con l'uso di strumenti acustici e della voce umana. L'elettronica
e` soltanto un medium, un veicolo, uno sfondo. L'elemento vitale rimane quello
umano e acustico. L'elettronica non e` mai protagonista, anzi e` appena
il supporto su cui si appoggiano la melodia e l'armonia.
Le melodie principali sono quasi sempre intessute da piano, chitarra aucvstica
o canto (senza liriche). E` un'idea che si evolse in maniera spontanea. Non
volevamo porci in antitesi a nessuno, ne' proporre rivoluzioni concettuali.
Semplicemente un giorno Paul e io stavamo lavorando alla "demo" per una colonna
sonora e cominciammo a registrare un po' di musica in maniera piu` o meno
casuale. Dopo un po' di pezzi messi su nastro ci sembro` che ci fosse qualcosa
di diverso e di speciale, e continuammo a suonare e registrare, non piu` per
la demo, ma per capire cosa stavamo suonando. Alla fine avevamo abbastanza
materiale per fare un album intero. Decidemmo di provarci, e cosi` nacque
Mythos.
Non ricordo esattamente il momento in cui ci rendemmo conto che stavamo
facendo qualcosa di piu` di semplice "background music", e forse la
consapevolezza vera e propria e` venuta dopo la pubblicazione del disco.
Ma la ragione stessa per cui usci` quel primo disco, e la ragione stessa
per cui esiste Mythos, e` che ci ritrovammo in mano uno stile musicale che
non esisteva in commercio."
Quindi l'antinomia "acustico contro electronico" non ha senso?
"Sono due elementi che si complementano. Dissento totalmente da chi li vedi
come stili contrapposti. Anzi, secondo me questo e` il futuro della musica.
Il problema dell'elettronica e` che non ha anima, non ha profondita`, non
ha un elemneto umano. L'acustica non ha il battito, non ha spessore, non
ha complessita`. Se li mescoli nel modo giusto, hai il meglio dei due mondi.
L'elettronica con la sua capacita` di creare un'atmosfera, e la melodia
elegante, che spezza i ritmi meccanici, 'sequenziati" dell'elettronica.
Alla fine ottieni in pratica elettronica con un'anima."
E i campionamenti che ruolo hanno nella vostra musica?
"Utilizziamo i campionamenti soltanto per portare in studio suoni di grande
qualita`, come l'orchestrale, il corale, o le percussioni africane o certi
strumenti a corda asiatici. In questi casi la miglior qualita` che puoi
ottenere e` quella del campionamento. Cio` che non vogliamo invece fare e` di
esasperare il metodo fino a produrre del mero collage di suoni rubati a
destra e sinistra."
E il ritmo?
"La nostra musica ha una forte qualita` ritmica. In effetti, uno dei nostri
brani, November, usci` in versione remixata per le discoteche e divenne
un successo in Canada nel periodo in cui Robert Miles furoreggiava nel mondo.
Anzi, direi che quel mix ci ha aperto numerose porte, facendoci percepire come
una realta` commerciale e non soltanto come un esperimento interessante.
Per noi produrre quel tipo di remix non rappresenta
un grande balzo in avanti o indietro. Se confronti le due versioni dei brani,
sono quasi la stessa cosa. Abbiamo semplicemente accentuato
il basso e le tastiere, e naturalmente il battito, lasciando sullo sfondo
l'atmosfera e la melodia. Le nostre canzoni nascono quasi sempre acustiche,
composte al piano o alla chitarra. Ma quando le produciamo in studio cominciamo
con un ritmo ballabile che creiamo in studio. Costruiamo la canzone a partire
dal ritmo, e forse per questa ragione siamo spesso classificati nella
"ambient dance".
Il nuovo album si intitola Mythos (Higher Octave, 1998), ed e` in realta`
una raccolta del meglio degli album precedenti. A prima vista stupisce il fatto
di impiegare tre cantanti di estrazione classica, jazz e pop...
"Sembra funzionare meglio con le cantanti, e cantanti femminili, e cantanti
che non cantano liriche. Mi e` difficile spiegare perche'.
Un paio di volte abbiamo usato cantanti maschili, ma per qualche ragione
subliminale la nostra musica funziona meglio con la voce femminile. Forse e`
anche un problema trovare cantanti maschili che cantino senza liriche.
Per esempio, non avrei problemi a impiegare il cantante che usa Pat Metheny.
Quello e` il tipo di cantante maschile che potrei utilizzare, ma non ne
conosco nessuno di persona a cui chiedere di collaborare con noi."
I primi nomi che vengono in mente sono Enigma, Delirium e Deep Forest,
ma ecco cosa ne pensa D'Eith:
"Devi stare molto attento con i campionamenti. Noi ci sforziamo di non suonare
come Enigma, o Delirium o Deep Forest. Quando ascolto i loro dischi, io che
sono produttore di professione, riesco a riconoscere i campionamenti
che usano e naturalmente cio` rovina il piacere di ascoltarli.
Noi abbiamo preferito puntare su un suono che puoi replicare relativamente
intatto dal vivo.
E lasciare i campionamenti per la coreografia."
Quale concepisci come la tua missione di musicista?
"Cercare di creare qualcosa che abbia una bellezza intrinseca, ma anche che
possa soddisfare persone di interessi diversi. Spero che la mia musica possa
interessare a diversi livelli, sia che uno stia cercando semplicemente il
relax sia che uno voglia studiare suoni complessi."