Postumi dell'underground
Canterbury e` una cittadina del Kent con 30.000 anime a un centinaio di chilometri da Londra, molto provinciale e conservatrice, ostile o indifferente alle novita'. In questo brandello d'Inghilterra e` sorto il movimento piu` originale del pop inglese. Se ne e` voluta fare una scuola, una corrente a se stante nel panorama dei generi.
Oltre all'amicizia e alla solidarieta` che hanno tenuti vicini i protagonisti piccoli e grandi della storia di Canterbury, cio` che ha definito l'immagine, l'identita` stilistica, di questa popolazione emarginata e` stata la "diversita'". Hanno preso spunti dal jazz d'avanguardia, dall'elettronica minimale, dal folklore, piu` di tutto forse dalla musica totale propugnata da Zappa, e tutto han saputo ruminare con forsennato genio per cesellare atmosfere personalissime, che non si riesce a catalogare fuor dalla filosofia del singolo artista.
La diversita` che contraddistingue questa stirpe di eroi musicali non e` altro in effetti che la confessione del proprio io: folle cosmico capriccioso quello di Daevid Allen, malinconico delirante perdutamente innamorato quello di Robert Wyatt, svagato e iconoclasta Kevin Ayers, estroverso stralunato stracolmo di gioia di vivere, e cosi` via.
Prolungamento ed apice dell'underground inglese, il purgatorio di Canterbury ha insegnato come la salvezza riposi nella fantasia. La scuola di Canterbury segna anche il momento in cui il rock inglese riesce a liberarsi dal retaggio, ormai ingombrante, del folk e del blues, condizionamenti introdotti dal beat per risvegliare una scena fiacca e anemica ma che a lungo andare rischiavano di trasformarsi in vere palle al piede, e si avvicina invece alle dottrine piu` colte del jazz e della contemporanea. Nello spirito, se non nella lettera, Canterbury e` certamente piu` vicina alla Parigi post-Dada, ai circoli intellettuali che accomunano i poeti beat e i compositori minimalisti, che non al rock progressivo e artistico della madrepatria. Proprio il fatto di essere un'appendice britannica alla neo-Boheme parigina li ha sempre tenuti al margine dei movimenti musicali del rock.
L'emarginazione e` stato il destino comune dei musicisti di Canterbury , ignorati dalle masse e dimenticati dai discografici: non per nulla ognuno di essi si e` creato un proprio mondo, spesso identificato da una serie di simboli: le banane di Ayers, gli alieni di Allen, le talpe di Wyatt, i pesci di Steve Hillage, eccetera. Sicche' piu` che di purgatorio si potrebbe parlare di zoo esistenziale, immagine tra l'altro piu` vicina sia all'umorismo sia all'anti-epicita' che caratterizzano gran parte della produzione della scuola.
L'albero principale di Canterbury ha dato origine negli anni '70 a una serie di filiazioni a catena. Ayers e Allen sono stati i piu` prolifici di discepoli. Ayers ha allevato David Bedford e Mike Oldfield. Nei Gong di Allen hanno militato il percussionista Pierre Moerlen, il tastierista Tim Blake, la cantante Gilli Smyth e il chitarrista Steve Hillage.
Tutti piu` o meno fedeli agli ideali eccentrici e anti-conformisti dei padri fondatori dell'"accademia di canterbury", questi discepoli hanno contribuito a propagare quello spirito iconoclasta.
Il jazz-rock inglese
Un certo contributo al sound di Canterbury l'ha dato l'ambiente del jazz inglese. Il jazz, spazzato via dal revival del blues e dal beat, durante gli anni '60 e` costretto a trincerarsi in sparuti locali della metropoli londinese. I sopravvissuti, il pianista Chris McGregor (importatore di talenti africani come Mongezi Feza e Gary Windo) e il sassofonista John Surman (personalita` carismatica tra il free e la creativa), sono dieci anni indietro rispetto agli americani. Il vero nerbo del movimento e` altrove.
Le molte orchestre nevrasteniche dei '70 applicano al jazz gli esperimenti piu` "assurdi" del rock (Zappa, la psichedelia) ricavandone opere schizoidi spesso prolisse e inconcludenti, ma sempre suggestive: la Metropolis (1972) di Mike Westbrook, la Symphony Of Amaranths (1972) di Neil Ardley, la Septober Energy (1971) di Keith Tippett, autore anche di Dedicated To You (Vertigo 1971), la Tanglewood 63 (1970) di Mike Gibbs; ai quali si devono ancora aggiungere i singolari combo di Tony Williams (con Jack Bruce e John McLaughlin in Emergency, 1969) e persino di Paul Buckmaster (gia` arrangiatore di musica leggera e collaboratore della Third Ear Band: Chitinous Ensemble).
Il rock progressivo e` influenzato dai jazzisti, ma solo pochi musicisti si possono accreditare a un ipotetico pop-jazz inglese: l'organista Brian Auger, gli If di Dick Morrisey, i Back Door del bassista Colin Hodgkinson, i Brand X del percussionista Morris Pert e del tastierista Peter Robinson, i Camel del tastierista Pete Bardens, qualcosa di Colosseum e King Crimson.
Il jazz-rock di Miles Davis arriva nel 1970 e rappresenta subito la soluzione per far uscire il jazz inglese dal ghetto in cui era rimasto progressivamente rinchiuso. In quell'ambiente nascono i Nucleus di Ian Carr, e le orchestre di Keith Tippett. Al jazz-rock si avvicineranno i Soft Machine della seconda stagione, e in particolare Hugh Hopper.
Nei complessi di jazz-rock militano alcuni degli strumentisti piu` originali della musica inglese, in particolare i pianisti Dave Stewart e Dave McRae, il chitarrista Allan Holdsworth, e veterani come Jack Bruce, Chris Spedding e Bill Bruford.
Il jazz riprende fiato e vive in simbiosi con il rock. Canterbury, aperta a tutte le esperienze creative, e` per natura la piu` vicina ai nuovi jazzisti, anche se raramente riuscira` a fare del buon jazz-rock. Piu' sfumate risulteranno le interazioni con gli improvvisatori degli anni '70 e '80, la truppa guidata da Derek Bailey che, sullo slancio, prendera` d'assalto le avanguardie americane.
Per il jazz-rock orchestrale:
Chris McGregor: Brotherhood Of Breath (Neon, 1971)
Mike Westbrook: Metropolis (1972)
Neil Ardley: Symphony Of Amaranths (RegalZonophone, 1972)
Mike Gibbs: Only Chrome Waterfall Orchestra (Island, 1975)
Centipede: Septober Energy (Neon, 1971)
Per il jazz-rock:
Back Door (WB, 1973)
Jack Bruce: Willpower (Polydor, 1989) antologia
Nick Mason: Fictitious Sports (EMI, 1980)