Banco del Mutuo Soccorso
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Banco del mutuo soccorso (1972), 6/10
Darwin (1972), 7/10
Io sono nato libero (1973), 6.5/10
Garofano rosso (1976), 3/10
Come in un ultima cena (1976), 4/10
Di Terra (1977), 5/10
Canto di Primavera (1979), 5/10
Capolinea (1979), live
Urgentissimo (1980), 3/10
Buone notizie (1981), 3/10
...e via (1985), 3/10
Da qui messere si domina la valle (1991), 4/10
il 13 (1994), 3/10
Nudo (1997), 6.5/10
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The sound of Banco del Mutuo Soccorso relied on two keyboards and a thunderous vocalist. Banco del Mutuo Soccorso (1972) featured lengthy and complex compositions such as Il Giardino Del Mago. Darwin (1972), a concept on life's evolution, was naive but original, while Io Sono Nato Libero (1973) contained their instrumental zenith and tour de force, Canto Nomade di Un Prigioniero Politico. The orchestral soundtrack Di Terra (1977) was their last major effort, before they turned to MOR songs.

Banco's woodwind player Alessandro Papotto formed Periferia Del Mondo that debuted with In ogni Luogo, in ogni tempo (2000).

(Scheda di Antonio Suriano)

Formazione storica del rock progressivo italiano, autrice dei lavori più interessanti della nostra musica pop, che ha oggi un successo di pubblico e di critica maggiore all'estero che in patria.

Lo stile del gruppo è caratterizzato dal prezioso pianismo classico di Gianni Nocenzi (che lascerà il gruppo inspiegabilmente dopo i primi album) che ben si amalgama con quello emersoniano/jazzistico del fratello Vittorio (spesso agli strumenti elettrici) e con la bella voce tenorile di Francesco di Giacomo, autore dei testi più belli ed impegnati del prog italiano.Notoriamente sia le liriche che il cantato dilettantistico – non rientrano in questa categorizzazione Stratos e Sorrenti, ovviamente - sono il punto debole del prog italico , in questo caso sono quasi il punto di forza, a sottolineare l'eccezionalità dell'esperienza del gruppo romano.

Banco del mutuo soccorso

Noto anche come “salvadanaio” per la copertina della caratteristica forma e corredata di linguetta tridimensionale (è a tutti gli effetti se mi è consentito un paragone ardito l'equivalente italiano della “banana” di Wahrol, rimasto per questo singolare artwork nell'immaginario rock italiano) è il loro disco d'esordio in cui già si delinea completamente il loro caratteristico stile. Si apre con una intro in stile medievale che ripropone l'episodio ariostesco di Astolfo sulla luna, accompagnato da uno scudiero che pronuncia le celebri parole “Da qui messere si domina la valle”. Già la prima suite R.I.P mostra le velleità liriche (in tutti i sensi ... le sue lunghe struggenti parti cantate con solo accompaganento di pianoforte ricordano proprio le arie di un melodramma) di Di Giacomo che, dopo uno scatenato rock and roll dalle tipiche sonorità “anni 70” in cui si raccontano gli episodi di una battaglia di altri tempi, visti dagli occhi di un soldato che viene poi pugnalato, indulge su riflessioni sul tema della morte (e tu no, non scaglierai mai più/la tua lancia per ferire l'orizzonte/per spingerti al di là/per scoprire ciò che solo Iddio sa). Altra bella suite prettamente strumentale Metamorfosi. Il brevissimo divertssment “Passaggio” per solo clavicembalo di Vittorio Nocenzi conduce alla lunga suite Il Giardino Del Mago di argomento fantastico, storia di un uomo che fugge dal mondo per rifugiarsi e poi rimanere intrappolato nel giardino di un ipotetico mago potentissimo, luogo in cui le leggi umane non vigono più. In questo posto al di fuori dello spazio e del tempo regna una natura allucinata ma in armonia con gli esseri umani e con se stessa. Il protagonista si perde in questo sogno e non tornerà mai più alla realtà dominata da ingiustizie sociali. (Coi capelli sciolti al vento/io dirigo il tempo/il mio tempo/là negli spazi dove morte non ha domini/dove l'amore varca i confini/e il servo balla con il re/corona senza vanità/eterna è la strada che va).Chiude il disco il divertente e leggero pezzo strumentale Traccia.

Darwin

Concept album sul tema dell'evoluzionismo. L'intera storia della vita sulla terra dall'ipotetico giorno in cui prese vita per generazione spontanea (Ah la madre è pronta partorirà/già inarca il grembo/vuole un figlio e lo avrà/figlio di terra e di elettricità.) fino all'Armageddon finale (Ed ora io domando tempo al Tempo ed egli mi risponde... non ne ho!) con il fato che deride gli inutili sforzi dell'uomo per sottrarsi al suo destino (Gloria a Babele/rida la Sfinge ancora per millenni/si fabbrichi nel cielo fino a Sirio/schiumino i cavalli sulla Via Lattea/ma.../Quanta vita ha ancora il tuo intelletto/se dietro a te scompare la tua razza ?). Musicalmente vario e con leggere assonanze stilistiche con la suite Tarkus degli Emerson, Lake e Palmer per l'utilizzo copioso di Hammond, moog e sinth in dialogo frenetico nei primi brani, paga purtroppo una produzione non al livello delle composizioni (mixing scadente, registrazione mediocre, non è nemmeno ancora uscito un remaster di questo disco). Momenti di intenso lirismo nel classico “750 mila anni fa l'amore?”, atipica canzone d'amore in cui il protagonista è un ominide incapace di tenere a freno le sue passioni e nella stupenda “cento mani e cento occhi” che con i suoi cori e voci polifoniche richiama i migliori Gentle giant, incentrata sulla nascita delle prime comunità umane.

Recensione di Egidio LaRocca: Reduci del successo ricevuto dalla critica specializzata per il primo omonimo album, Di Giacomo e soci pubblicano "Darwin!".L'album vede la luce nel 1972, stesso anno di uscita del fortunato esordio e si caratterizza (forse piu' che per la musica) per i testi, sempre molto profondi, di Francesco Di Giacomo. Il tema e' l'evoluzione dell'uomo - gia' il titolo lo lascia intendere - ma affrontato da piu' punti di vista. In alcuni casi Di Giacomo sembra mettere in dubbio la Creazione per come la si intende dal punto di vista religioso attraverso "L'evoluzione", brano suite della durata di oltre 15 minuti in cui il complesso mette in risalto la propria capacita' tecnico-compositiva capitanata come al solito dalla voce drammatica di Di Giacomo e dalle tastiere/pianoforti dei Nocenzi: ne esce fuori ancora una volta un amalgama sonoro di grande impatto che riesce ad accoppiarsi molto coerentemente all' "evoluzione" del brano e del testo. Il Banco si conferma grande adattatore delle musiche ai testi alla stregua di un regista che adatta la colonna sonora al suo film. Se fino ad ora con il Prog si e' riuscito a creare una fusione di generi musicali diversi, il Banco fa un passo in avanti: riesce ad adattare il Prog ai testi. Cio' che musicalmente esce da ogni creazione - almeno fino alla realizzazione di questo secondo album - sembra sia costruito per fare da "colonna sonora" a quello che Francesco Di Giacomo scrive. Come ne "La conquista della posizione eretta". Questo brano ricorda quanto a struttura "Metamorfosi" del primo album: il brano e' infatti strumentale per tre quarti della durata: anche qua' vi e' una cella iniziale a fare da padrona per circa otto minuti e solo verso la fine si svolge la scena di un ominide che dopo tanti tentativi riuscira' appunto a conquistare la posizione eretta che gli permettera' di vedere "_dove l'aria in fondo tocca il mare_".Passando attraverso uno strumentale (La danza dei grandi rettili) e un altro che ci porta al problema della procura del cibo (Cento mani, cento occhi) si arriva alla struggente "750.000 anni fa _l'amore?", insolito modo di raccontare un amore "impossibile" di un ominide che non riesce a comunicare il proprio istinto/sentimento all'amata: per paura che questa, vedendolo, fugga via, si limita ad osservarla ("_ed io tengo il respiro/se mi vedessi fuggiresti via_") e ad immaginare cosa farebbe se l'avesse con se ("_ti porterei nei verdi campi e danzerei sotto la luna con te_"); il tutto musicato solo da un piano molto intenso che non scade mai nel patetico. Liricamente e' cio' che penserebbe l'"Homo sapiens sapiens" in condizioni di innamoramento, musicalmente cio' che Beethoven avrebbe composto in una delle sue sonate se fosse vissuto nel 1972. Si puo' affermare che questo brano e' il capolavoro nel capolavoro. Gli ultimi due brani sono quelli di ordine piu' filosofico: il primo, "Miserere alla storia" e' il solito uomo che chiede all'uomo a cosa serve costruire ed evolversi fino all'inverosimile se dall'altro lato si continua a seminare morte (_ "quanta vita ha il tuo intelletto se dietro di te scompare la tua razza?"). Musicalmente torna un po' il classicismo dei fratelli Nocenzi a far da padrone. Il secondo dal chilometrico titolo "Ed ora io domando tempo al Tempo (ed egli mi risponde: non ne ho!)", e' una sorta di fanfara circense il cui titolo la dice lunga. Il tema e' la difficolta' a volere accettare che non siamo immortali; l'atmosfera grottesca della musica accoppiata alla forma sofisticata del testo rende il tema meno "sentito" del solito. Musicalmente questo secondo album, ripete un po' gli schemi adottati dal primo "Banco"; si potrebbe pensare ad una ripetizione, ma cio' che esce fuori dall'accoppiamento musica-testi e' ancora una volta un'opera di grande spessore.

Io Sono Nato Libero

Con questo disco ritornano alle sonorità del primo album. La lunga suite Canto Nomade di Un Prigioniero Politico è il loro capolavoro, degna di stare a fianco dei classici inglesi come Lizard, Supper's ready, Plague of lighthouse keeper in una ipotetica hit-parade delle one-side tracks del rock sinfonico. Opera di denuncia politica, è la storia di un condannato che aspetta l'esecuzione e che affida al suo canto il suo lascito (Almeno tu che puoi fuggi via canto nomade/questa cella è piena della mia disperazione, tu che puoi non farti prendere). Il cantare sofferto di Di Giacomo trova degno accompagnamento nei romantici passaggi di piano di Gianni Nocenzi, che preludono ad una lunga coda strumentale di chitarre ritmiche e percussioni che echeggiano l'intro di Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto. L'allegra ballata “Non mi rompete” è rimasta la loro canzone di maggiore successo popolare. Puro delirio psichedelico nel brano interamente composto da Gianni Nocenzi, “La tua città sottile”.Momenti di riflessione sul tema della guerra e del pacifismo in Niente è più lo stesso. Epilogo strumentale nel vorticoso Traccia II.

Garofano rosso

Colonna sonora del film omonimo tratto da un romanzo di Elio Vittorini, per la regia di Luigi Faccini, vede il chitarrista Maltese insolitamente esibirsi alla tromba con sonorità “davisiane”. Disco noioso che è segnato dalla ripetitiva riproposizione del bel Tema di Giovanna in più arrangiamenti. Primo disco per la Manticore di Keith Emerson e Greg Lake che aveva già ingaggiato la PFM, altra storica formazione del progressive italiano.

Come in un ultima cena

Il gruppo si avvicina alla forma canzone e rinuncia a lunghe suites pur senza fare grosse svolte stilistiche. Il pezzo forte del disco è “Il ragno”, pezzo più vicino agli standard progressive e che diventerà il cavallo di battaglia delle esibizioni live. Continua la linea dell'impegno politico già iniziata nel precedente lavoro di studio.Esiste anche una versione inglese.

..di terra

Nuova colonna sonora, ambizioso lavoro orchestrale che vede Vittorio Nocenzi alla direzione (oltre ad essere l'autore di tutte le musiche). Priva di momenti memorabili ma sicuramente ben suonata, molto omogenea ed elegante. Ottimo lavoro di sax dell'ospite Alan King. I titoli dei brani sono i versi di una poesia di Francesco di Giacomo.

Il disco “Canto di primavera” e il live “Capolinea” (titolo emblematico) segnano la fine dell'esperienza progressiva del banco, passeranno 10 anni di timidi e raffazzonati esperimenti pop/new wave sui quali preferisco sorvolare.

Da qui messere si domina la valle

La pessima qualità delle registrazioni dei primi due album (non ancora rimasterizzati all'epoca, ora disponibili in più ristampe tra le quali si consigliano le ultime edizioni in digipack) spingono Nocenzi e C. a decidere di risuonare i primi due dischi con tutti i mezzi a disposizione oggigiorno e raccoglierli in un cofanetto. Le buone intenzioni naufragano in pessime scelte stilistiche (deprecabile l'utilizzo della batteria elettronica) e sinceramente consigliamo l'ascolto di questo disco solo ai fan. Assolutamente ridicola la decisione della casa discografica di prendere i due cd del cofanetto e farli uscire separatamente con titoli uguali a quelli degli Lp originali. Quindi consigliamo a chi fosse interessato a procurarsi Darwin e il “salvadanaio” di fare molta attenzione alle numerose versioni disponibili. Sul mercato internazionale credo non ci siano questi problemi, comunque.

IL 13

Dopo alcuni anni di silenzio e la pessima svolta pop degli anni 80, il gruppo inizia il nuovo decennio con un album di hard rock/cantautoriale poco riuscito, ma ben suonato rovinato da testi indegni dell'autore ed esplicite volgarità. Nocenzi condisce il tutto con sonorità interessanti al sinth e con qualche pezzo strumentale. Brani migliori: Anche Dio, Emiliano, Tirami una rete, Bisbigli.

Nudo

Doppio album. Il primo volume contiene versioni acustiche e moderne dei classicissimi del gruppo, suonate però con gran classe e il risultato è molto più interessante e riuscito del pasticciaccio di “Da qui messere si domina la valle”. Spiccano in particolare la lunga versione di “750 mila anni fa l'amore” segnata da una lunga intro easy jazz di piano di Vittorio Nocenzi e con una brillante e sofferta interpretazione vocale di Francesco Di Giacomo. R.I.P., E mi viene da pensare sono gli altri pezzi meglio riusciti, mentre ne “Il ragno” e “L'evoluzione” l'esperimento è poco riuscito perchè l'utilizzo di strumenti puramente acustici snatura troppo i brani. Una lunga suite in tre parti dal titolo Nudo completa questo cd caratterizzata da sonorità moderne (però con la classe e l'esperienza che connotano il gruppo), il rifiuto di stilemi tipici del prog anni 70, un testo molto ispirato. Onestamente chi scrive considera questo contributo originale del disco l'opera più valida e sottovalutata del progressive italiano anni 90, soprattutto se confrontata con i velleitari tentativi della “nuova generazione progressiva italiana” che vede nel genovese Fabio Zuffanti l'unico compositore degno di nota. Il secondo volume del disco contiene invece una bella selezione del materiale live di un concerto in Giappone e di altri eventi live in Italia. La conquista della posizione eretta e il medley Bisbigli/passaggio/coi capelli sciolti al vento dimostrano come ancora oggi questo gruppo dia il meglio di sé dal vivo (quando non limita la propria creatività con scalette discutibili e con collaborazioni con giovani artisti mediocri della scena alternativa italiana, all'estero paradossalmente il pubblico è più esigente e le cose cambiano). Sicuramente Nudo è il disco che io consiglio ai giovanissimi avvezzi ad un sound moderno per conoscere la musica del Banco.Esiste del disco una versione “splittata” in due cd autonomi e una versione giapponese ridotta.

Recensione di Egidio LaRocca:

Il terzo album del Banco del Mutuo Soccorso vede la luce sul finire del 1973: registrato nell'ottobre di quest'anno vede un cambio di formazione: il chitarrista Marcello Todaro lascia il gruppo per cedere il posto a Rodolfo Maltese che sara' da ora in poi uno dei pilastri della formazione. L'album "Io sono nato libero" e' piu' politcizzato dei due precedenti considerando che ben due delle cinque tracce hanno tema politico (e che una delle cinque e' strumentale). Musicalmente segue le orme dei due predecessori sebbene con un impronta jazzistica piu' marcata; ma qualcosa si va trasformando: manca quel "quid" che contraddistingueva "Banco" e "Darwin!", album in cui i suoni si amalgamavano con le liriche dando luogo a qualcosa di unico nel genere che si respirava dal primo all'ultimo brano. Adesso invece, si ha come l'impressione di avere a che fare "solamente" con un album di prog rock comunque suonato ancora a buoni livelli. L'album inizia con "Canto nomade per un prigioniero politico", lettera di sfogo per l'amata Marta di un condannato che non puo' piu' esprimere le proprie idee apertamente e che ha solo il suo "canto nomade" per poterlo fare. Marta potrebbe essere la sua amata ma potrebbe anche essere la sua nazione; nel testo infatti, si fa riferimento ai cavalli dell'amata: il cavallo e' visto come lo spirito libero/prigioniero politico nella sua Marta/nazione dove egli non puo' piu' esprimere il suo pensiero (. . . i tuoi cavalli gridano/incatenati ormai. . . ). E' un brano molto lungo (quasi 16 minuti) che parte in tonalita' minore con dei momenti molto lirici per poi sfociare in una elucubrazione jazz spesso ridondante. "Non mi rompete" e' il titolo del secondo brano che e' anche tra i piu' famosi di tutta la loro carriera: rappresenta per il Banco quello che per la PFM ha rappresentato "Impressioni di settembre": struttura pop di circa tre minuti con coretti tipici del periodo che, pur senza troppe pretese compositive, e' ugualmente riuscito ad accattivarsi la simpatie di proseliti e non. Il testo e' un inno al mondo onirico, il posto migliore che abbiamo per dimenticare per un momento la tristezza della realta'; il protagonista non vuole essere disturbato perche', dice, ". . .c'e' ancora tempo per il giorno, quando gli occhi s'imbevono di pianto. . . "; e protagonisti dei sogni siamo un po' tutti (". . .sia tranquillo da bambino, sia che puzzi del russare da ubriaco. . .), e tutti siamo a contatto con la triste realta'. La palma al testo piu'visionario va a "La citta' sottile", dove Di Giacomo descrive in maniera desolante una fredda evoluzione a cui e' approdata la citta'odierna, fatta di ". . . travi, tubi senza dimensioni, freddi quarzi invecchiati. . ." e di ascensori ". . . che vanno su e giu' senza posa. . .", una citta' dove le "rare stelle" sono solo delle "luci opache". A coronare il tutto, il silenzio come metafora dell' incomunicabilita' in una frase evocativa (". . . qui il vento non soffia i rumori, ma c'e' il silenzio che sa scrivere nell'aria ferma. . ."). Ma nonstante una struttura musicale interessante, caratterizzata da una ritmica sussultuosa, sincopata, con un intermezzo recitato in tono teatrale, gli oltre sette minuti del brano risultano alla lunga un poco ridondanti. Quello che invece sembra essere il brano piu'ispirato e' "Dopo_niente e' piu' lo stesso", antimilitarista, che descrive il travaglio interiore che colpisce un soldato dopo che questi e' ritornato dalla guerra: da un lato la felicita' per la sua gente ancora viva che riesce a riprendere con disinvoltura la vita di tutti i giorni, d'altro canto la sua difficolta' a tornare alla normalita' (". . . per troppo tempo ho avuto gli occhi nudi e il cuore in gola. . .") e quindi la sua disperazione (". . . Perdio! Ma che m'avete fatto a Stalingrado!?!"). Il brano, tra cambi di tempo repentini e frenate improvvise, ritmi terzinati e non, e'sicuramente il capolavoro dell'album, e nonostante i suoi nove minuti e mezzo, riesce a riportare alla perfetta fusione tra testi e musiche come nei precedenti lavori. Chiude l'album "Traccia II", che riprende nel titolo e nella struttura il brano "Traccia" del primo lavoro. E', come la prima "traccia", anch'essa un brano strumentale. Come una sorta di anello di congiunzione tra quest'album e i due precedenti questo piccolo gioiello prende il titolo dal primo album e "ruba" una frase di coda dalla suite "L'evoluzione" dal secondo rielaborandola in tono maggiore. Nel complesso, un album a fasi alterne, che pare si sia nutrito dell'esperienza dei lavori precedenti senza riuscire pienamente, levatura tecnica e compositiva nonstante. Nel complesso 6,5/10.
Banco del Mutuo Soccorso: omonimo

Il movimento Prog negli anni '70 coinvolge in Italia tutta una serie di gruppi i quali nel giro di pochi anni riescono a sfornare album che rappresentano sicuramente quanto di meglio sia stato prodotto in Italia dagli inizi del Rock fino ad oggi.

Gruppi come PFM (Premiata Forneria Marconi), Osanna, Orme e Banco del Mutuo Soccorso rimangono sicuramente le punte di questo innovativo genere ognuno dei quali ha un proprio stile, piu' o meno impegnato nel fondere generi musicali diversi: dalla classica, al jazz, al blues ma con una originalit… mai sentita fin qui.

Il Banco del Mutuo Soccorso assieme alla PFM e' riuscito ad avere un minimo di popolarita' anche all'estero tanto da essere stati inseriti nell'"Enciclopedia Mondiale del Rock" fimata da Nick Logan e Bob Woffinden.

Il loro primo omonimo album ("Banco del Mutuo Soccorso") esce per la Ricordi agli inizi del 1972 e vanta un organico di sei elementi due dei quali sono i fratelli Gianni e Vittorio Nocenzi, rispettivamente tastierista e pianista quest'ultimo di estrazione classica; il gruppo quindi affidava il suo suono oltre ai soliti basso, batteria e chitarra, a due "tastiere" per cui le sonorita' dei moog venivano "addolcite " dal pianoforte che veniva a dare spesso un'impostazione classica al tutto. Ultimo ma non ultimo, la voce di Francesco Di Giacomo, che con un' impostazione drammatica spesso molto vicina alla lirica rimane senza dubbio tra le piu' potenti ed espressive voci del panorama italiano , superata quanto ad impostazione tecnica solo dal compianto Demetrio Stratos, simbolo, in Italia, di un'esaltazione sublime delle corde vocali nell'uso della tecnica dei suoni.

Quello che esce dall'Omonimo e' quindi qualcosa di particolarmente originale per l'Italia, considerando che era solamente il 1972 e che dominavano gruppi come Led Zeppelin, Deep Purple, Rolling Stones e Beatles. L'album parte con un'introduzione ("In volo") che invita l'ascoltatore a solcare il terreno "_dove ferve l'opera dell'immaginazione_" con Astolfo che si fa guidare dal suo Ippogrifo; dopo questa breve, cavalleresca introduzione, un riff introduce "R.I.P.

Requiescant In Pace", mette in prima linea la voce di Di Giacomo ed i fratelli Nocenzi. Visioni catastrofiche degli effetti della guerra accompagnate da un tempo molto ritmato proseguono per la prima parte del brano per poi sfociare in una seconda parte classica in cui un monito avverte l'uomo bramoso di potere che si fa da sempre strada con la guerra. Con un finale drammatico molto classico, il pianoforte chiude il brano. Un intermezzo barocco ("Passaggio") ci porta a quello che e' uno dei due capolavori dell'intero album, "Metamorfosi". Il brano, strumentale per _ della durata , sviluppa una cella melodica dapprima con un esemplare pianismo in bilico tra il classico e il jazz per poi cedere il passo all'organo che duetta con la chitarra elettrica. Il culmine arriva nel drammatico finale cantato; un testo brevissimo, Quasimodiano, che prende le distanze dalla follia dell'uomo.

Il secondo lato dell'album si apre con "Il Giardino Del Mago", lungo oltre venti minuti e strutturato in quattro movimenti. Il brano rappresenta probabilmente l'apice della carriera compositiva del Banco raggiunto ancora e solamente da "L'evoluzione" del secondo album "Darwin!" Un'introduzione funerea ci porta al brano vero e proprio che in un'atmosfera tra il visionario e l'onirico ci parla della capacita' da bambini di estraniarsi con la fantasia, capacita' che si trasforma col crescere in una sorta di estraniamento dal mondo; "_chi ride e chi geme_" e' il secondo sviluppo piu' movimentato in cui si mettono in vista le doti di Di Giacomo e del batterista Pier Luigi Calderoni che con un ritmo cavalcante ci porta alla terza parte ("_coi capelli sciolti al vento_"). L'ultima parte ("_compenetrazione_") sintetizza, in perfetto stile classico, tutti i movimenti precedenti; questo brano-suite, e' indubbiamente il secondo capolavoro dell'album.

Infine, e' "Traccia" a concludere, con un duello vocale contrappuntistico, l'ascolto dell'album in maniera straordinaria. Questo album, ricordato anche per la curiosa copertina con un salvadanaio gigante, e' rimasto tra le produzioni migliori in campo Prog del nostro Paese.

Nel complesso 8/10.
Egidio La Rocca

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