Dalla disco-music all'hip-hop


Storia del Rock | 1955-66 | 1967-69 | 1970-75 | 1976-89 | Anni '90 | 2000
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Indice dei capitoli originali del volume 3 della Storia del Rock

Indice del volume 3
Il rock futurista
Free-rock
Kosmische Musik
Country-rock
I cantautori
southern-rock
Pop Muzak
Reggae & Funk
Il rock decadente
Heavy-metal
Disco Music & Hip Hop
Blue-collar rock
Le scuole nazionali Volume 4

Dalla disco music all'hip-hop

La discoteca

Nel 1975 il mondo della musica leggera nera fu sovvertito dall'esplosione della disco-music, che nel giro di pochi anni muto` radicalmente lo standard espressivo dei gruppi di colore, debilitando seriamente la tradizione vocale a favore di una maggior solidita` strumentale (sostituendo in particolare la voce con le percussioni nella scala dei valori musicali).

Fu il funk ad aprire le porte alla sotto-cultura disco. I musicisti funky avevano portato al massimo grado di banalita` l'equazione musica-ritmo, annullando spesso la melodia e qualsiasi variazione armonica. D'altronde quello stile estremamente degradato andava benissimo per accompagnare il ballo libero del post-hippie. La disco music ufficializzo` la prassi.

La discoteca, cioe` il luogo in cui ci si raduna per ballare ascoltando dischi, e` derivata dal "dance party" delle comunita` nere. Per i bianchi, invece, le discoteche erano sempre stati i locali in cui andavano ad ascoltare musica coloro che erano troppo poveri per ascoltarla dal vivo. Ancora una volta motivi folkloristici ed economici finirono per convergere e per tramutarsi in un fenomeno indirizzato al pubblico dei benestanti bianchi: con il tipico genio dei poveri, gestori e frequentatori elevarono poco a poco la discoteca a luogo chic. Mentre i primi riempivano le sale di coreografie e luci psichedeliche, i secondi si esibivano in costumi sempre piu` eccentrici. La spersonalizzazione nell'estasi di massa era compensata dalla totale liberta` di partecipazione e di espressione (stile di ballo e abbigliamento eccentrico).

Anche il repertorio andava mutando con il tempo, piu` che altro per assecondare il principio di musica non da ascoltare ma da ballare . La musica programmata in discoteca era tutto e solo cio` che si poteva ballare. A Manhattan si diffusero i disco-mix, singoli estesi del formato del long-playing (i vecchi EP), che contenevano brani piu` lunghi dei soliti tre minuti. La musica si assesto` in un pulsante 4/4 abbellito da percussioni varie ed effetti elettronici. A questo stile vennero convertiti poco a poco gran parte dei repertori rock, soul e perfino classico.

Le origini umili della discoteca si persero non appena per seguire la moda i club privati (per lo piu` del jet-set o per omosessuali, in ogni caso di emarginati volontari benestanti) si trasformarono in discoteche. A Manhattan si comincio` cosi` ad associare alla discoteca il mondo dei giovani bene e dei giovani omosessuali.

I gay avevano creato una comunita` molto compatta dopo i disordini seguiti alla storica retata della polizia allo Stonewall Inn (27 giugno 1969). A differenza del movimento di liberazione della donna, fenomeno eminentemente politico ed esclusivo dei circoli intellettuali, il "gay liberation movement" fu soprattutto un fenomeno sociale che coinvolse l'intera popolazione omosessuale. Perseguitati dall'opinione pubblica e dalle sette puritane, i gay formarono delle piccole isole sociali dentro la metropoli. I loro locali notturni furono fin dall'inizio i mecenati del nuovo ballabile e finirono per influenzarne il look (frigido ed equivoco).

Un complesso gay tipico dell'era fu quello dei Village People che ebbero con Macho Man (1978), YMCA (1979) e In The Navy (1979) tre dei maggiori successi del genere. Cosi` come gay era Sylvester, la prima star delle discoteche di San Francisco (Dance, 1978, You Make Me Feel, 1979).

Eurodisco

I primi hit strumentali della disco music nascevano in effetti dalla prassi "rap" applicata in studio da complessi strumentali o da produttori. La Soul City Symphony di Van McCoy con Hustle (1975), il 45 giri che origino' il fenomeno, o Hamilton Bohannon, il Sandy Nelson della disco, ex-batterista della Motown, con Foot Stompin' Music (1975) e Disco Stomp (1976), inventarono la prassi di far ruotare tutta l'armonia attorno al battito ipnotico della sezione ritmica. Era una prassi nata nei club per far ballare il piu` a lungo possibile: i dj resuscitavano oscuri hit di rhythm and blues e ne estendevano la pulsazione; poi, alla maniera dei giamaicani, li alteravano con break e gag. Per via orale si sono tramandati i titoli degli hit leggendari di quelle folli notti: Soul Makossa di Manu Dibango, Honebee di Shirley & Co, e cosi` via. Non appena venne scoperta dalle case discografiche, la "disco music" divenne una musica per produttori: il produttore poteva fare tutto da solo servendosi di macchine elettroniche sia per il ritmo sia per il dub. In tal modo la disco music ripudiava indirettamente la matrice "live" del rock: per vent'anni il concerto dal vivo aveva costituito la prova del fuoco per tutte le aspiranti star, ma con questa musica prefabbricata in studio non esisteva piu` la possibilita` materiale della "live perfomance".

Alla musica classica si ispirarono i musicisti disco europei, che componevano lunghe suite (per lo piu` della durata di una facciata di long-playing), e suddivise magari in movimenti, ma costituenti un continuum unico, in modo da far ballare per venti minuti senza interruzioni e produrre alla distanza una sensazione di ipnosi collettiva (la batteria elettronica, melodie che salgono e scendono a spirale, un fitto sottobosco di effetti). Musica psico-cibernetica, tecno-devoluta, inter-galattica, e tutte le altre convenzioni del modernismo snob: melodie narcotiche sintetizzate e affiliate alla vecchia muzak, scandite all'infinito da drum machine metronomiche e arricchite da sezioni d'archi e assoli di sax.

La disco-music era pertanto sempre meno "nera" e sempre piu` "bianca". E la commistione etnica era senza precedenti. I musicisti europei sancirono in effetti la fusione fra la civilta` musicale africana e quella tonale occidentale: l'italo-tedesco Giorgio Moroder, il francese Jean-Marc Cerrone (Love In C Minor, 1977, Supernature, 1978), Gino Soccio (Dancer, 1979), Gino Vannelli (I Just Wanna Stop, 1978), Tony Bongiovi.

Dance revival

Donna Summer, con Love To Love You, e Van McCoy, con The Hustle, avevano gia` inventato tutto nel 1975 (il battito costante, il mix esteso, l'arrangiamento elettronico), ma la "febbre del sabato sera" (titolo del celebre musical di John Travolta con Stayin' Alive e Night Fever dei Bee Gees) esplose nel 1977, rispolverando il mito anni '50 del teenager ballerino perfetto. La massa degli adolescenti si riverso` allora in discoteca, appiattendone i caratteri eccentrici che rimasero peculiari soltanto dei locali piu` snob, e la disco music cesso` di essere una musica solo per neri e gay.

I gruppi precursori furono quello degli Chic quello dei Trammps, resi celebri da Disco Inferno (1977), e quello dei Taste Of Honey (Boogie Oogie Oogie, 1978).

Un'altra importante precorritrice dei tempi fu Gloria Gaynour.

Sulla scia di Gaynor nacquero le effimere stelle della disco: Thelma Houston, proveniente dal gospel (e titolare di un altro classico del genere, Don't Leave Me This Way, 1977), Stacy Lattisaw (tredicenne ai tempi di Dynamite, 1980), Taana Gardner (i dieci minuti di Heartbeat, 1981, votato quale miglior singolo disco), Loleatta Holloway (Love Sensation, 1981), Hilary (Kinetic/Drop Your Pants, 1983, forse l'EP piu` geniale del lotto), Irene Cara (Flash Dance, 1983; Break Dance, 1984), e Grace Jones, la piu` grande di tutte. Per non parlare delle tante veterane che si misero subito a cavalcare la nuova tigre, come Tina Turner, Aretha Franklin e Chaka Khan. Tutte le disco-star facevano leva sulla coreografia e sui costumi, gli abbigliamenti stravaganti con frequenti riferimenti erotici e futuristi (e qualche ambiguita` di sesso) che dilagarono in una gara senza limiti di cattivo gusto.

Il fatto che nella disco music il cantante tipico sia donna e` rappresentativo del passo compiuto dalla musica popolare anche nel campo dell'emancipazione femminile. Tradizionalmente tutti i generi avevano come rappresentante tipico il cantante maschio (dal rock and roll al soul, dal beat al country, senza distinzione di qualita` ed epoca). Nell'era disco si assiste invece per la prima volta a un netto predominio femminile (anche se poi, dietro il sipario, a tirare le fila del movimento sono i produttori, e questi sono tutti maschi).

Inevitabilmente riprese piede anche il fenomeno dei girl-group, ma sulla falsariga dei gruppi vocali a conduzione familiare, con il quartetto delle Sister Sledge, altra invenzione del duo Rodgers/Edwards (We Are Family, 1979), con il trio delle Emotions (Best Of My Love, 1976), trait d'union con il soul romantico della Stax, e soprattutto con quello delle Pointer Sisters.

Nella sua fenomenologia la disco music si rivela frutto delle frustrazioni di una popolazione giovanile metropolitana sempre piu` schiacciata dall' ordine pre-costituito, dalla totale pre-determinazione della vita individuale. Il ballo, e il suo folklore accessorio, e` rimasta l'unica forma di liberazione dopo il fallimento dei Sixties.

Black star

La disco ha fuso elementi neri (il ritmo) e bianchi (l'elettronica) e ha inventato lo standard musicale degli anni '80. Gli artisti soul o sono decaduti o si sono adeguati, come Michael Jackson, Lionel Richie, ora sofisticato balladeer da discoteca (Truly, 1982; la tropicale All Night Long, 1983; Hello, 1984; Stuck On You, 1984; Penny Lover, 1984; Say You Say Me, 1985; Dancing On The Ceiling), Luther Vandross, dal fraseggio cristallino (Never Too Much, 1981; Bad Boy, 1982) e il sex symbol Teddy Pendergrass.

I neri dominano il mercato discografico. I "multi-million seller" sono tutti di colore, da Billy Ocean, che propone una ballad piu` grintosa (Caribbean Queen, 1984; Lover Boy, 1984; When The Going Gets Tough, 1986; There`ll Be Sad Songs, 1986; Get Outta My Dreams, 1988), all'esuberante El DeBarge (Who's Johnny, 1986), da Lenny Kravitz, ispirato dai ritornelli orecchiabili dei Beatles e dal funk delle origini (Freedom Train, 1989), fino a Terence D'Arby, l'erede naturale di Al Green (Wishing Well, 1987; Sign Your Name, 1988) e Bobby Brown, sia pur in versione eccentricamente psichedelica, il primo ad incorporare i ritmi rap (Don't Be Cruel, 1987; I'll Be Alright, 1989).

La disco music si e` rinnovata anche grazie agli hit delle nuove vedette: Gwen Guthrie, che porta la sintesi reggae-disco a nuovi vertici di erotismo con Padlock (1985) e Rent (1986), Deniece Williams (Let's Hear It, 1984), Whitney Houston, che ha riscoperto la ballad amorosa, Anita Baker, erede naturale di Aretha Franklin (Sweet Love, 1986), Stacey Q Two Of Hearts, 1986), Janet Jackson, Jody Watley (Looking For A New Love, 1987), Kym Mazelle, cantante gospel con un'apertura vocale di quattro ottave (Useless, 1987; Wait, 1988), il trio delle Expose (Seasons Change, 1988), Seduction (It Takes Two, 1989), Paula Abdul (Opposite Attraction, 1989).

Se Jackson e` il "buono", il nero rispettabile che si e` integrato e si schiarisce la pelle con la cipria, il "cattivo", l'insidioso satanasso, e` invece Prince, il personaggio nero piu` importante dell'era post-disco, grazie al quale e` venuta alla ribalta una generazione di musicisti neri che hanno sempre come sbocco la discoteca ma che impiegano un suono funk piu` creativo. I maggiori di questa corrente saranno i Time di Morris Day, nella miglior tradizione di istrioni neri, Jesse Johson, chitarrista hendrixiano, Jimmy Jam e Terry Lewis. Day diventera` un cantante di convenzionale soul-disco, mentre Johson guidera` una big-band di dieci elementi in un funk melodico e demenziale (I Want My Girl, 1985; A Better Way, 1986; la commovente Black In America, 1986; Every Shade Of Love, 1988) e il duo Jam/Lewis diventera` uno dei piu` accreditati marchi di produzione.

La controparte femminile di Prince e` Sheila E(scovedo) (la libidine animalesca di Erotic City, 1983; The Glamorous Life, 1984, i nove minuti piu` concitati della storia della disco music; i non meno esaltanti dodici minuti di A Love Bizarre, 1985; la disco caraibica di Soul Salsa, 1987).

La disco prosegue quel processo di allontanamento dalle radici musicali dei neri, gia` privati del blues dal rock and roll e del gospel dal soul (entrambi generi principalmente per bianchi). Piu' che mai rivolto a una platea d'elite (comunque anch' essa bianca) il jazz, il nero e` costretto ad ascoltare i generi che i bianchi hanno ricavato dai suoi. Fortunatamente questo processo di spoliazione e` parallelo a quello di integrazione razziale, che, almeno per quel che concerne i giovani delle classi medio-basse urbane (cioe` i principali consumatori di musica leggera contemporanea), puo` dirsi realizzato.

Rap

Le origini plebee della disco-music vennero alla luce solo molto piu` tardi, durante gli anni '80, e si configurarono come un impressionante fenomeno inter-culturale dei sobborghi di New York (Manhattan, quello dei grattacieli, ma anche di Harlem, di Soho, del Greenwich Village; Bronx e Queens dei poveri, bianchi, neri e portoricani; Brooklyn, degli ebrei e degli immigrati italiani; e il piu` ricco Staten Island).

Originariamente esisteva infatti la "rap music", uno stile, imparentato con il dub giamaicano, proveniente dal Bronx meridionale e diretto a neri ed immigrati. Il cantante rap si limitava a sovraincidere il proprio parlato su una base pre-registrata di percussioni, basso e fiati.

I progenitori del genere furono i disc-jockey (abbreviato "dj" oppure "deejay"), piu` precisamente gli "spinner" delle discoteche, che da sempre "parlavano" sulla musica mandata in onda, magari per satireggiare il brano, o piu` semplicemente per rafforzare gli stacchi con brevi accompagnamenti ritmici della bocca. Lo stile si specializzo` nel caso dei dj delle discoteche nere del Bronx. In breve essi cominciarono a sperimentare con artigianali tecniche di sovrapposizione e alterazione. Da principio lo scopo di questi frammenti costruiti con il registratore casalingo era di mettere in onda qualcosa che continuasse a far danzare i ragazzi mentre si cambiava disco, ma poco a poco la qualita` di quei frammenti si complico` fino ad includere slogan, versi ritmici (i cosiddetti "hip hop"), e infine vere e proprie liriche, dapprima con temi il ballo e i party, poi addirittura dichiarazioni politiche. Nacque uno stile di canto che consisteva nel recitare versi rimati e ritmati. L'evoluzione fu rapidissima e profonda.

A inventare la musica rap fu probabilmente Clive "Hercules" Campbell, un sedicenne giamaicano trasferitosi nel Bronx che vantava la piu` ampia discografia di 45 giri funky della zona. A quei tempi i ballerini provetti del Bronx si radunavano in discoteche malfamate come Plaza Tunnel a danzare tutta la notte. I dischi prediletti erano Give It Up Or Turn It Loose di James Brown e, soprattutto, la cover di Get Ready fatta dai Rare Earth, che durava 21 minuti e dava loro tempo di entrare nel ritmo ed esibirsi in passi spettacolari. In un certo senso Get Ready fu il primo "dodici pollici".

L'appartamento di Campbell divenne presto uno dei covi dei fanatici. Usavano nomi come Johnny Cool, Amazing Bobo, James Bond, Sasa, Clark Kent, Trixie, tratti dalla cultura junk (fumetti, film, televisione) e dal gergo degli omosessuali. E inventavano mosse sempre piu` audaci, ispirandosi alle pose animalesche di James Brown. Campbell li battezzo` "b-boys" (e le ragazze "fly girls"). Il loro modo di danzare era del tutto libero e sempre piu` androide.

Nel 1975 Hercules apri` un locale chiamato Hevalo, fra la 180esima e Jerome Avenue. Il dj autodidatta aveva preso l'abitudine di suonare soltanto il pezzo cruciale dei dischi, spesso soltanto il "break", il punto in cui la sezione ritmica riduce la cadenza all'essenziale, ripetendolo all'infinito: il resto della canzone era un accessorio inutile per i b-boys. Fu cosi` che i b-boys divennero noti come "break-dancer". Ogni nuova mossa dava origine a un ballo diverso: "washing machine", "popcorn", "mod squad", "busstop", "salute", "burning". Essi presero l'abitudine di esibirsi da soli, senza partner femminile, per il solo gusto di competere in agilita` e abilita'. I piu` bravi vincevano il titolo di "bad" (cattivo).

Hercules rimase fedele alle sue radici anche quando esplose la moda della disco: la sua discoteca era la sola che suonasse il funk piu` hard-core, ignorando del tutto le star di Moroder. Il disco che Hercules programmava di piu`, e di cui era solo proprietario nell'intera nazione, era una cover di Apache eseguita da uno sconosciuto gruppo giamaicano, l'Incredible Bongo Band, e, per venire ad ascoltare quel disco, i giovani si spostavano anche da lontano.

L'anno dopo emerse il primo serio concorrente, un giovane del vicino liceo Stevenson, Afrika Bambaata, che formo` la gang degli Zulu. Gli Zulu erano di fatto dei teppisti che sostituivano la violenza con la danza, un fenomeno che si diffuse presto in tutte le scuole del Bronx. Bambaata diede il suo primo party come deejay il 12 Novembre 1976, al Bronx River Community Center.

Il deejay piu` selvaggio era Grandmaster Flash, ovvero Joseph Sadler, coadiuvato da Gene Livingston, in arte Mean Gene. I due avevano preso l'abitudine di tenere party all'aperto, collegando l'impianto di amplificazione nientemeno che ai lampioni delle strade. Il punto di incontro favorito era il parco all'angolo fra la 169esima e Boston Road. Flash doveva combattere con i denti contro la fama di Hercules, perche', lavorando all' aperto, non poteva contare sulle luci e sui bassi, i due fattori piu` importanti di una discoteca. Ando` pero` ad imparare le tecniche sofisticate dei deejay di Manhattan, che si avvalevano di una tecnologia superiore. Flash fu cosi` il primo nel Bronx a utilizzare due giradischi contemporaneamente, in modo da ripetere il break mentenendo lo stesso battito.

Altre tecniche che Saddler apprese a Manhattan furono il "cutting" (tagliare il brano esattamente sulla battuta) e il "phasing" (alterare la velocita` del giradischi). Poi invento` il collage di break, l'arte di mescolare a velocita` vertiginose i frammenti sonori tratti dai dischi piu` disparati. In breve le sue tecniche gli valsero un locale, il Black Door, sempre su Boston Road. I suoi ballerini si specializzarono nel "freak", una danza frenetica che simulava l'atto sessuale, durante la quale poteva succedere praticamente di tutto. Flash invento` infine la tecnica di "back-spinning", cioe` di ripetere frasi e cadenze da un disco facendolo ruotare velocemente all'indietro con la mano. Seddler fu pertanto il maggiore artigiano del montaggio sonoro.

Al principio del 1977 il Bronx era diviso in tre chiare zone di influenza: nel sudest Bambaata, nell'ovest Hercules e nel centro Grandmaster Flash. Si erano conquistati la gloria attraverso oscure ma leggendarie "battaglie" contro altri deejay: due deejay si sfidavano programmando musica nello stesso locale, e vinceva chi riusciva a raccogliere il maggior numero di ballerini; e naturalmente vinceva chi usava i trucchi piu` spettacolari (ovvero gli inserti musicali piu` originali).

In breve i deejay si moltiplicarono, e alcuni aggiunsero innovazioni importanti al mestiere: Theodore Livingston, fratello di Gene, invento` lo "scratch" (o "skratch"), facendo muovere l'ago del giradischi avanti e indietro nel solco, e un anonimo creo` il "rapping" duro, il parlare nel microfono, e sul disco, in tono aggressivo e cadenzato.

I primi dischi di rap furono quelli di Kurtis Blow (Walker), non a caso dj di Harlem (Christmas Rapping, 1979; Breaks, 1979), e della Sugar Hill Gang, cioe` Sylvia e Joe Robinson (Rapper's Delight, 1980, basato su Good Times dei Chic), i piu` rapidi a comprendere le potenzialita` commerciali del genere. Rapper's Delight diceva testualmente: "I said a hip hop the hibbit the hippydibby hip hip hoppa you don't stop the rocka to the bang-bang boogie said up jump the boogie to the rhythm of the boogie da beat".

Il 1982 fu un anno importante per l'affermazione del rap. Fu l'anno in cui nacquero le strutture industriali per la sua diffusione, e fu l'anno dei "message-rap", come Message di Sadler e Planet Rock di Bambaata, che stabilirono una forma di comunicazione popolare fra i vari epicentri del genere.

Hip hop

Al crescere dell'importanza dell'elemento strumentale il suono venne perdendo il suo connotato "rap", a favore invece della cultura di strada, piu` propriamente "hip hop".

A cambiare la faccia del rap furono i Run DMC e il produttore Rick Rubin, che inventarono la fusion di heavy-metal e dance-music destinata a diventare lo standard dei tardi anni '80. Rubin porto` il prodotto alla massa dei giovani bianchi affiliando la sua prestigiosa Def Jam alle corporation del disco e lanciando i (bianchi) Beastie Boys. In tal modo` apri` la strada a produttori come Arthur Baker e complessi come i Face To Face (10-9-8, 1984; Under The Gun, 1984).

Un altro tradizionalista del genere e` il produttore bianco Mantronik (il canadese Curtis Kahleel), genio della beatbox, che ha costruito in proprio la jam hard-core It's Yours e poi ha lanciato i Mantronix (lui e il rapper MC Tee), i cui capolavori (Fresh Is The World, 1985; Needle To The Groove, 1985; Bassline, 1986; Who Is It, 1987; Scream, 1987) contengono i ritmi piu` contorti e violenti del genere accoppiati a melodie da eurodisco. Con Cool J e Mantronik nasce l'hip hop hard-core elettronico.

A Philadelphia Schoolly-d emerge con uno stile piu` provocante, da b-boy teppista (Gangster Boogie, 1985), al limite dell'apologia di reato (il suo primo hit, PSK, 1986, e` dedicato a una famigerata gang locale), per affermarsi poi come massimo bardo della violenza di strada in We Get Ill e Saturday Night (1987), Same White Bitch (1988), brani thriller che ripropongono fedelmente il brivido dei vicoli ciechi e dei sottoscala buii.

Il 1984 e` l'anno di transizione, ancora impostato sulle jam celebratorie come Jam On It dei Newcleus. Il 1985 e` invece l'anno zero del nuovo hip hop, grazie all'esplosione della scuola di Brooklyn, fondata dai Full Force, che tende verso un bubble-gum adolescenziale. A lanciarla e` la saga di Roxanne, Roxanne (1985), accreditata agli UTFO ma musicata dai Full Force, proseguita con Real Roxanne (1986) e decine di altre variazioni sul tema. Gli altri hit di quell'anno sono Funky Beat degli Whodini, ovvero Jalil e Ecstasy (che in Escape, 1984, avevano affrontato l'angoscia della violenza notturna), Bang Zoom dei Real Roxanne, Brooklyn's In The House dei Cut Master DC. L'ultima invenzione dei Full Force saranno i portoricani Lisa Lisa And Cult Jam (Lost In Emotion, 1987).

Nel 1986 gli hit arrivano a catena: The Home Of Hip Hop dei D.ST., autentici residui della civilta` rap del Bronx, Chillin' With The Refrigerator dei Fat Boys (gia` autori della comica Jailhouse Rap, 1984) un trio comicissimo che si dedica ai temi del cibo e che vanta in Buff un fenomeno in grado di produrre con la bocca un campionario di rumori da beatbox (autori nel 1989 della prima rap opera, On And On), The Show/ La-di-da-di (1985) e All The Way To Heaven di Doug E. Fresh, l'inventore del concetto di "human beatbox" reso popolare da Buff e il piu` melodicamente pop del lotto, Just Bugging di Whistle, Sexy dei Masters Of Ceremony (il cui capolavoro sara` Cracked Out, 1988) In The House di LA Dream, Summertime Summertime di Nocera, Is President e Paid In Full di Eric B (il piu` "hard", grazie ai ritmi di Rakim). Poi la moda travolgera` tutti i confini e arriveranno Kool Moe Dee (Go See The Doctor, 1987), Jazzy Jeff (Parents Just Don't Understand, 1988), EPMD (You're A Customer, 1988; It's Time To Party, 1989), Cameo di Larry Blackmon, inventori della ballata rap (She`s Strange, 1987), Twin Hype (Do It To The Crowd, 1989), Tone-Loc (Wild Thing, 1988; Funky Cold Medina, 1988; Loc-ed, 1989; After Dark, 1989), parodia del sex-symbol macho, e soprattutto Young M.C. (autore degli hit di Tone-Loc e di Know How, 1989), mentre fra le ragazze si faranno largo Roxanne Shante, la vamp dell'hip-hop che ingaggia comiche ed orgogliose battaglie sessuali con i macho, e M.C. Lyte (I Cram To Understand You, 1988), la miglior cantante del rap. Verranno alla ribalta anche i rapper giamaicani, come Shinehead e Don Barron, facendo giustamente valere il loro primato storico.

Il messaggio dei Run DMC verra` portato alle estreme conseguenze dai Public Enemy, la frangia militante dell'hip hop, e dai loro omologhi di Los Angeles, gli Ice T (Power, 1988; Soul On Ice, 1988), gangster secondi soltanto a Schoolly D, e gli NWA, i piu` aggressivi di tutti (Straight Outta Companion, 1989). Con questa generazione l'hip-hop diventa la colonna sonora di una cruda saga sulla violenza di strada.

La scuola underground e le operette funk di George Clinton influenzano non pochi esponenti del classicismo hip hop. Fra i primi sono i Jungle Brothers (I'll House You, 1988), i A Tribe Called Quest e i californiani Digital Underground. Con Three Feet High And Rising (1989) i De La Soul compongono un'opera fantasmagorica. Prince Paul, il loro produttore, e` anche l'inventore degli Stetsasonic, gruppo politicizzato non meno sperimentale (In Full Gear, 1988; Pen And Paper, 1989, Talking All That Jazz, 1989).

Go-go

A conferma del carattere popolare (per quanto commerciale) della disco music, nel 1984 si vedono agli angoli delle strade di tutte le grosse citta` crocchi di ragazzini con un radio-registratore a tutto volume che ballano nello stile "break dance" ginnastico-devoluto. La break dance e` una danza individuale che viene eseguita con la spontaneita` delle tribu' primitive ma avvalendosi di una mimica androide derivata dal balletto moderno (ma forse anche dall'aerobica di Jane Fonda, di cui e` in fondo la versione sotto-proletaria).

A Washington si delinea invece un nuovo surrogato di funk: il "go-go". Washington fu la prima metropoli americana con predominanza della popolazione nera e uno dei fulcri della musica nera. Il Teatro Howard fu per decenni uno dei punti fissi di tutte le tournee degli artisti di colore, paragonabile all'Apollo di Harlem. Negli anni '60, quando Detroit, Chicago, Memphis e New Orleans vennero alla ribalta con i loro stili regionali, la capitale perse terreno.

Torno` alla ribalta trent'anni dopo, con questo genere che accoppiava il call-and-response del gospel con l'ossessivo percussionismo poliritmico africano, ed era in fondo figlio degenere del funk progressivo di Sly Stone e di Jimi Hendrix. Nel momento in cui il soul si spostava verso lidi piu` raffinati e verso una musica di studio, Washington reagi` adottando i ritmi dei ragazzini che danzano per ore nelle strade al suono di barattoli e bottigliette di coca cola.

L'atmosfera del go-go e` euforica come nei party piu` scatenati degli anni '60. I complessi sono composti da una decina di elementi, buona parte alle percussioni, e suonano con una foga sconosciuta alle discoteche, qualcosa di intermedio fra le bande di rhythm and blues degli anni '50 e i complessini da spiaggia dei Sixties. E in effetti negli anni '60 venne inventato: da un musicista di night-club, Chuck Brown, che usava intermezzi ritmici per passare da un brano all'altro. Forse per reazione al crescente inaridirsi del soul e alla crescente tecnologizzazione della disco-music, il go-go si connota come un tipico fenomeno di strada, con l'intento di divertire i passanti e ballare all'aperto, riflettendo la vera vita della comunita` di colore. Rappresenta pertanto un'alternativa piu` umana alla beatbox dell'hip hop. Segna il riflusso dalla musica individualista e iper-tecnologica a una piu` umana musica di gruppo.

I Trouble Funk (Drop The Bomb, 1982, e soprattutto Hey Fellas, 1982) furono i primi a riportarlo in auge, ma il primo vero hit fu Da'butt (1988) degli E.U.

House

Chicago ha una realta` ancora diversa, che si chiama "house", una forma di bricolage per disck-jockey che consiste nell'utilizzare un disco vecchio (i piu` gettonati al mercato dei collezionisti sono i 45 giri di disco-music italiana) e restaurarlo con trattamenti elettronici. Le caratteristiche comuni di questi restauri sono da un lato la potenza del battito, tale da far esplodere i ghetto-blaster, e dall'altro la ripetitivita` ossessiva (un verso o un battito puo` continuare identico e preciso per minuti e minuti). L'idea era venuta prima a Larry Levan, il leggendario disc-jockey del "Paradise Garage" di New York (aperto nel 1978), dove lavorava anche Frankie Knuckles. Proprio grazie a a Frankie Knuckles, l'idea si sparse nei locali della South Side di Chicago come il "Warehouse" Disc-jockey come Farley Jackmaster Funk (Love Can't Turn Around, 1986) riscoprirono delizie dal nome esotico di Bari Centro (Tittle-Tattle) e Klein & MBO (Dirty Talk), tipiche gag di euro-disco. Come per il rap, i contenuti lirici dell'house sono per lo piu` narcisistici, ovvero il soggetto dell'house e` l'house stesso.

Il boom del genere avverra` in Europa, grazie agli stessi italiani che erano stati inizialmente copiati (Dolce Vita di Ryan Paris, 1983, Ride On Time di Black Box, 1989, Numero Uno di Starlight Sensation, 1989; Touch Me di 49ers, 1989), tanto da far parlare di uno "spaghetti house". L'house europea spopolera` con Pump Up The Volume dei MARSS, Pump Up The Jam dei Technotronics, It's Time To Get Funky dei D-Mob, Keep On Movin' di Soul II Soul (1989). A farne un'arte saranno l'esuberante e virile Neneh Cherry, con Buffalo Stance (1989), e Queen Latifah, alias Dana Owens (Ladies First, 1989; Dance For Me, 1989), l'Aretha Franklin del rap, corrotta dal soul melodico e dal reggae.

L'house evolvera` in "acid house", un'invenzione del DJ Pierre (Nathaniel Jones). Marshall Jefferson (l'autore di un classico house come Move Your Body, 1986) produsse Acid Tracks (1977) di Phuture, che era appunto DJ Pierre, il primo singolo di acid house. Il genere avrebbe preso piede l'anno dopo a Ibiza, in Spagna, dove gia` proliferavano i club come "Amnesia" e dilagava l'"ecstasy", e da li` sarebbe stato propagato a Londra e Manchester da disc-jockeys come Paul Oakenfold (l'organizzatore del primo acid-house party, "Spectrum").

Gli ultimi hit della house classica di Chicago furono Dream Girl (1988) di DJ Pierre e French Kiss (1989) di Lil Louis. Nel giro di pochi anni tutti i protagonisti dell'house di Chicago emigreranno altrove.

Techno

A Detroit si sviluppa il "techno", a Chicago l'"house" e a Miami il "bass".

In 1981 Juan Atkins begins making "techno" records in Detroit (pounding and fast rhythm from a Roland sequencer MSK-100, stripped-down funk). Derrick May and Kevin Saunderson further develop the Detroit school. In 1984 the Chicago record store "Imports Etc" sells "house" records (as a contraction of "Warehouse", the disco where DJs play electronic dance music built around drum machines and soul vocals), first ones being Frankie Knuckles' Your Love and Walter Gibbons' Set It Off. In 1987 Detroit disc-jockey Derrick May arrives in London and techno becomes a world-wide phenomenon. As it moves to Europe, techno picks up speed (house music was mostly around 120 BPM, Detroit techno was about the same BPM, but English techno was often 140 BPM). In 1989, 150 people attend a rave called "Love Parade" in Berlin organized by Dr Motte as a political event. In 2000, Berlin's "Love Parade" becomes the largest dance event in the world, attended by almost one million people.

Ogni grande metropoli e` orgogliosa del proprio stile di musica di strada. Tutti quegli stilli hanno in comune un abbandono del concetto romantico del musicista come genio artistico e un ritorno al concetto (tipicamente afro-americano) di arte collettiva, di arte come espressione della comunita'. genio musicale ritorno

Trasferita in europa la musica techno diventera` jungle (1990, a Londra) e gabba (il genere Olandese a 200 BPM).

La civilta` nera degli '80

Vent'anni dopo le battaglie per i diritti civili i neri hanno raggiunto un tenore di vita decoroso. La discriminazione razziale esiste soltanto nelle zone piu` rurali del profondo sud, e non assume comunque gli aspetti criminosi del passato. Esistono leggi che obbligano le aziende ad assumere neri in percentuale consona alla popolazione nera della zona, pena gravi multe. Anche le Universita` piu` prestigiose sono ormai accessibili ai giovani neri.

Cio` non toglie che la fisionomia della famiglia nera sia ancora assai diversa da quella della famiglia bianca. In particolare i giovani stanno mutando radicalmente i rapporti di forza con i corrispettivi bianchi nelle statistiche sull'emancipazione sessuale.

Nel 1987 il 75.7% delle ragazze nere aveva avuto rapporti sessuali prima del diciottesimo compleanno, mentre fra le bianche la percentuale era soltanto del 48.6%. Il 40.7% delle nere era gia` rimasta incinta, contro il 20.5% delle bianche. Delle nere non sposate fra i 15 e i 19 anni, l'87.1 per mille ha figli, contro il 19% delle bianche. Il 52.6% delle madri nere non sono sposate, contro il 13.6% delle bianche. E le cifre continuano a divaricarsi con il passare degli anni, prospettando una societa` che, per le nere, sara` sempre piu` una societa` di famiglie-donna.

Naturalmente le statistiche relative alle donne sono un sintomo della vita di coppia in generale. I bianchi sembrano ancora molto legati agli schemi tradizionali della famiglia, molto piu` dei neri, la maggioranza dei quali ha del tutto ripudiato il matrimonio e la monogamia, anche quando i figli pongono stringenti problemi economici.

La donna rappresenta certamente una grossa novita'. Discriminata nel discriminato, la donna nera ha saputo evolversi ed integrarsi molto piu` rapidamente ed efficacemente dell'uomo nero. Negli anni '50 erano pochissime le donne nere impiegate, mentre nel 1986 rappresentavano i due terzi dei posti professionali occupati da neri. L'uomo nero ha invece conservato molto dello stereotipo tradizionale di fannullone incapace e irresponsabile.

Queste personalita` si riflettono nella musica, dove le cantanti femminili affrontano temi piu` maturi e responsabili, mentre gli uomini sono quasi tutti presi dalla febbre del ballo e dalle allusioni erotiche. Nel mondo nero la donna "e`" la famiglia, mentre l'uomo ne e` stato espulso. La donna nera sta contribuendo in maniera sostanziale a creare la nuova moralita` del Duemila.

In fatto di reddito le distanze si sono molto ravvicinate, anche se permangono scandalose: il bianco medio guadagna 30.809 dollari all'anno contro i 17.604 dollari del nero. Il rapporto e` quasi due a uno, ma vent'anni fa arrivava a sei a uno. E comunque il 30% dei neri guadagna piu` di 30.000 dollari, ovvero piu` del bianco medio.

Un altro fatto che contribuisce a mutare i rapporti di forza e` l'emergere di nuove minoranze etniche. I bianchi sono ora 183 milioni, i neri 29 milioni. Dietro di loro incalzano gli ispanici, 19 milioni, e gli asiatici, 7 milioni. I neri non sono piu` soli fra i discriminati.

Il fatto inconfutabile e` che il nero degli anni '80 non si sente piu` un essere inferiore. Gli slogan di James Brown sono serviti se non altro a rendere "orgogliosi" i neri. Ogni loro forma musicale, dal funk al go-go, ha come soggetto se stessa. Qualunque musica suoni, il nero celebra prima di tutto il fatto di suonarla. E in cio` celebra innanzitutto la sua negritudine.

Per il dance revival:

Chic: Greatest Hits (Atlantic, 1979)
Donna Summer: Greatest Hits (Casablanca, 1979)
Hilary: Kinetic (Backstreet, 1983)
Saturday Night Fever (RSO, 1977)
Billy Ocean: Greatest Hits (Jive, 1989)
Terence D'Arby: Neither Fish Nor Flesh (CBS, 1989)

Per il rap:

Greatest Rap Hits 1 & 2 (Sugarhill)
Greatest Beats (Tommy Boy)
Eric B & Rankin: Paid In Full (4th & Broadway, 1987)
Schoolly D: Adventures (Rykodisc, 1987) antologia
Fat Boys: Best Part (Sutra, 1987)
Force MD's: Chillin' (Tommy Boy, 1985)
Full Force (CBS, 1985)
Mantronix: Album (SleepingBag, 1986)
De La Soul: Three Feet High And Rising (TommyBoy, 1989)
NWA: Straight Outta Companion (Ruthless, 1989)

Per l'house:
Neneh Cherry: Raw Like Sushi (Virgin, 1989)
Queen Latifah: All Hail The Queen (Tommy Boy, 1989)
Soul II Soul: Club Classics Vol 1 (10, 1989)

Per il go-go:

Trouble Funk: Drop The Bomb (Sugarhill, 1982)