Summary:
The first three albums recorded by
Roxy Music
revolutionized progressive-rock and prepared the way to the new wave and
to synth-pop.
The sounds of
Pink Floyd (surreal soundscape), Soft Machine (jazz-rock),
Traffic (chromatic jamming), Cream (virtuosity),
Led Zeppelin (loudness and frenzy), King Crimson (emphasis and
pathos) and the avantgarde (minimalism and cacophony) merged in the
inventive bacchanals of their debut album, Roxy Music (1972), which
includes the futuristic anthem Virginia Plain and several avant-rock
pieces fueled by Brian Eno's electronics.
Bryan Ferry's emphatic crooning soared unrestrained on
For Your Pleasure (1973), that contains the
hypnotic synth-dance Bogus Man;
and attained a kitschy quality on Stranded (1973),
whose ballads Mother Of Pearl and A Song For Europe
wed the themes of European decadentism and existentialism with luxuriant
arrangements and sleek production.
Love Is The Drug (1975) and subsequent albums would merely sell that idea
in the discos.
If English is your first language and you could translate my old Italian text, please contact me.
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I Roxy Music inventarono un genere di rock futurista che faceva leva su una
strumentazione jazz-rock, su un canto decadente, su melodie malinconiche e su
ritmi ballabili, grazie al quale funsero da importante trait d'union fra il
progressive-rock e il punk-rock.
Una sequenza impressionante di capolavori
(Virginia Plain, Remake/Remodel, Ladytron, Bogus Man,
Editions Of You, Do The Strand, Street Life) ne fa uno
dei massimi complessi britannici di tutti i tempi.
I Roxy Music nacquero nel 1971 dal sodalizio di cinque personalita'
caratteristiche della seconda generazione "progressiva" britannica:
lo scienziato futurista Brian Eno (tastiere), il teddy-boy Phil Manzanera (
chitarra), l'intellettuale decadente Brian Ferry (canto), il laureato al
Conservatorio
Andy McCay (sassofono), e Paul Thompson (batteria).
Il sound del complesso era il frutto delle spinte reazionarie e di quelle
avanguardistiche che riceveva in quel periodo la musica progressiva in piena
crisi: i Roxy Music assorbivano le prime lezioni naif
dell'elettronica mentre accettavano un ritorno ragionato al rock and roll
e ai ritmi da ballo.
Il risultato finale fu un genere di canzone elegante
imperniato su una strumentazione densa ed eccentrica, su tastiere petulanti,
ritmi incalzanti,
fiati aggressivi, canto manierato. Nell'insieme un atteggiamento
che sapeva produrre scorribande strumentali assai elaborate, ma sempre
nell'ottica di una musica "corporale", piu` vicina al "rave-up" che alla
suite psichedelica. Rock concettuale, ma molto pragmatico.
A imporli come i capiscuola furono i capolavori del primo album,
Roxy Music (Island, 1972).
Il loro primo capolavoro era stato il 45 giri
Virginia Plain (originariamente non compreso nell'album), archetipo delle loro
canzoni a ritmo delirante: la pulsazione metodica, incalzata dalla marcetta
del synth e dalle scansioni frenetiche di clarinetto, infiorettata di fratture
e di piccoli rumori, di elettrici assoli chitarristici, di pianismi honky-tonk,
di danze folk, e il ritornello orecchiabile di Ferry, la catapultarono
in testa alle classifiche. Il tumulto delle tastiere, assimilando elettronica
d'avanguardia, gag dadaiste e melodismi, creo` di fatto un nuovo stile allo
strumento, liberandolo dal monumentalismo del flash-rock.
Ancora piu` tipica del loro sound era la tempesta ritmica di Remake/Remodel,
una filastrocca epilettica che ricicla su una cadenza forsennata, trafitta
a passo di carica dall'ipnotico riff di sax, con il contrappunto di un coro
minaccioso di schizoidi, e con una coda strumentale sincopata che e` intessuta
di assoli dissonanti, cacofonie astratte ed effetti spaziali.
Un'ouverture elettronica di segnali cosmici, fra cui si fa largo una tenue
melodia al sax alto, si spalanca sul marziale flamenco psichedelico di
Ladytron, cantato dal baritono reboante di Ferry e
devastato da galoppi strumentali di inaudita violenza, fatti di riff onirici di
sax e di cascate ritmiche di synth e chitarra distorta.
La propensione a mutazioni e incroci di generi e` ancor piu` palese nei brani
che si ispirano direttamente ad un genere del passato. L'honky tonk di
If There Is Something trascende prima in una serenata tragica, poi in una
romantica jam di jazz-rock, in un appassionato brano da camera con struggente
assolo di sax alto, per finire in un lamento nevrotico con coro sinistro
di sottofondo che viene lanciato in una progressione celestiale.
Non meno camaleontico e` il presunto rock and roll scatenato di Would You Believe,
con martellante piano boogie, volteggi selvaggi di sax e assolo di chitarra
alla Berry.
La serenata androide di 2 HB inventa la "cocktail music" dei '70, che
sara` uno dei marchi di fabbrica di Ferry:
un canto affusolato, spezzato dalle tipiche progressioni melodiche,
la compattezza armonica degli strumenti, con il sofisticato intercalare dei
fiati e il discreto pullulare delle tastiere, le liriche cerebrali, l'atmosfera
da cabaret decadente.
Sul fronte piu` avanguardistico si situano The Bob,
mosaico astratto di rumori liberi, di suoni disgregati, di supersoniche jam
di free-jazz e di gag da music-hall,
e le distorsioni allucinogene di Chance Meeting,
che, in un sottofondo di pianismo da camera, compongono uno psicodramma
ossessivo, scandito dal canto psicotico, straniato, allucinato, di Ferry.
Il viaggio dentro l'incubo si fa sempre piu` tetro. Il deliquio sconnesso
di Sea Breezes lambisce la tenera disperazione di Buckley, librandosi teso
e tremante in una delicata filigrana di accordi classicheggianti; poi arranca
lungo sincopi nervose, costellato di rumori d'ogni sorta (tastiere, solfeggi
di sax, distorsioni chitarristiche), per ripiegare nuovamente nella malinconia
piu` struggente.
Il finale, Bitters End, e` un'ultima gag di montaggio armonico: a ritmo
di un flamenco bislacco e con il contrappunto di un coro doo-woop, Ferry
intona un languido crooning da chansonnier parigino.
In conclusione i Roxy Music inventano almeno quattro nuovi generi di canzone
rock: lo psicodramma di Chance Meeting e Sea Breezes, la danza futurista di Virginia Plain
e Remake/Remodel, la ballata mutante di Ladytron, If There Is Something,
Would You Believe, e la litania decadente di 2 HB e Bitters End.
Cio` che fece del gruppo un caso rivoluzionario furono il denso impasto di
citazioni, peraltro tipico dell'art-rock inglese,
e l'incessante attacco sonoro, sostenuto dal battito implacabile di Thomas,
dal minimalismo epilettico di Brian Eno,
e dalle sfrenate corse pirotecniche di Mackay e Manzanera.
Eno, Mackay e Manzanera pennellano stupende gag ai rispettivi strumenti,
inventando ciascuno un nuovo stile di accompagnamento.
Pink Floyd (surrealismo), Soft Machine (dadaismo),
Traffic (cromatismo), Cream (virtuosismo), Led Zeppelin (impeto),
King Crimson (magniloquenza)
trovano un suggestivo punto di incontro nelle sarabande
dense e trascinanti del complesso.
La disinvoltura con cui essi impiegano le cacofonie piu` astruse e con cui
accumulano eventi sonori su eventi sonori, per di piu` in un contesto di
musica popolare per nulla ostica all'ascolto, e` prodigiosa.
Il secondo album, For Your Pleasure (1973), rivelo` appieno il potenziale dei
singoli musicisti, ciascuno piu` maturo ed intraprendente,
Manzanera e Mackay veri dominatori delle armonie.
Cosi` come il canto freddo e nervoso di Ferry stabili` un nuovo cliche' nella
storia del vocalismo rock.
Pur riducendo lo sperimentalismo, il disco continua sulla falsariga del
precedente.
Il capolavoro del disco, e forse di tutta l'opera del gruppo, e`
Bogus Man, una psico-danza ipnotica di nove minuti che li consacro` nelle alte
sfere del rock assurdista.
Il ritmo caracollante, il canto bisbigliato sui toni piu` psicotici del
falsetto e i suoi riverberi allucinogeni, i borboglii ossessivi del synth, le
ventate di elettronica, le filastrocche senza senso del sax,
i cori lunghi e demoniaci, le stecche funky della chitarra, i
suoni di jungla, le pulsazioni minimali, compongono un magma rotante che tutto
inghiotte, sgretola e rimescola all'infinito, fino allo stordimento,
fino a portare il ballo sui toni del tribalismo piu` occulto e selvaggio.
Un lungo estenuante viaggio dentro il subconscio della musica corporale.
L'epica incalzante di Do The Strand, loro secondo anthem futurista,
proietta gli acuti del sax a velocita` forsennata, con un intermezzo di
iper-bandismo densissimo, al limite della cacofonia, che pure si riprende
sulle note dell'inno nel modo piu` travolgente, in un'ultima frenetica
giostra di eccessi.
Sulla stessa falsariga di canzone- vertigine, con l'elettronica e il pianismo
martellante di Eno a far impazzire la scansione metronomica dei tempi,
sfrecciano il rock and roll tutto d'un fiato di Editions Of You,
una delle loro epilessi piu` grottesche, dove il cabaret piu` clownesco si
sposa alle evoluzioni della sala da ballo (con numeri spettacolari di
sax e synth) e con l'angoscia piu` demenziale dell'alienazione urbana,
modello per una danza futurista senza freni,
e Grey Lagoons, che, pur cominciata all'insegna del kitsch piu` bieco,
si distende presto in un boogie supersonico
(piano martellante, sax stellare), interrotto soltanto da uno spettacolare
assolo blues all'armonica.
Il crooning enfatico di Ferry dilaga incontrollato, svariando ormai sull'
intero spettro di registri, dal melodrammatico dell'opera allo psicotico
dell'espressionismo, dal goliardico del music-hall al colloquiale del
"cocktail lounge", dall'onirico della psichedelia al solenne della canzone
sentimentale, dal grottesco del kitsch al languido della decadenza.
I tappeti free-form che gli strumentisti costruiscono per i suoi soliloqui
sono sempre piu` vicini alla musica da camera, nebulose impalpabili di frantumi
sonori che, a differenza del primo disco, non coagulano piu` in forme
musicali riconoscibili, in riff, ritmi o melodie stereotipati. Cosi` le
delicate Strictly Confidential, che vibra al suono di un oboe classico e di
una chitarra psichedelica, e In Every Dream Home si avvicinano sempre piu`
al modello di disperazione e angoscia di Pete Hammill. E l'incubo
paranoico di For Your Pleasure corona il disco con un'epica cosmica
e lisergica degna dei VDG, sebbene attenuata dal solito misto di toni kitsch
e psicotici del repertorio di Ferry, un delirio esistenziale che si avvolge
in un lungo gioco di echi fino a trascendere in un mantra minimalista.
Lo stile si evolve verso soluzioni piu` mature. E` scomparsa la "ballata
mutante", assorbita negli arrangiamenti eclettici di tutti i brani, mentre
lo psicodramma e la litania decadente tendono a fondersi in un compromesso
di canzone psicotica. La danza futurista, dal canto suo, si sublima nel
delirio di Bogus Man.
Benche' fino a questo punto a comporre fosse sempre stato Ferry, ciascuno degli
altri membri aveva contribuito al suono d'assieme con la propria personalita'.
Sul secondo disco cominciava gia` a prendere il sopravvento la passione retro'
del leader per il crooning d'atmosfera, per la canzone di classe, seppure
mitigata da arrangiamenti sempre d'avanguardia. Con il terzo,
Stranded (UK, 1973),
il primo senza Brian Eno (sostituito da Eddie Jobson dei
Curved Air), Ferry diventava il padrone assoluto.
Sparirono cosi` gli arrangiamenti d'avanguardia e le lunghe parentesi
strumentali, a favore di una forma canzone piu` snella e sintetica, e di
pose decadenti.
L'album contiene comunque almeno tre ballate da antologia, distaccate,
esistenziali, lussureggianti, e financo apocalittiche:
Street Life, Mother Of Pearl, A Song For Europe.
La prima e` una caotica revisione del rock and roll, un ritmo lancinante
che ricicla senza fine, la danza futurista ridotta all'essenziale.
La seconda e` un tipico malizioso, ipnotico crooning di Ferry.
La terza e` una delle piu` grandi canzoni d'atmosfera di sempre, un vortice di nostalgia e decadenza che si libra in un epico e struggente canto di
disperazione, cantato, parte in inglese e parte in francese, nel lento
incalzante incedere della musica, del piano soprattutto (Eddie Jobson),
che imita il vento, o il tempo, nel suo crudele infierire sulle cose morte.
Country Life (1974), con Thrill Of It All, e` l'ultimo album degno di nota
e rappresenta l'apice degli arrangiamenti sofisticati.
Le tentazioni commerciali,
le tendenze retro-chic e l'enfasi patetica
di Ferry stavano chiaramente prendendo il sopravvento sul sound di gruppo,
che si era ormai assestato su un rhythm and blues sofisticato e levigato
da discoteca.
Siren (1975), con gli hit discotecari Love Is The Drug,
vertice di questo periodo,
e Sentimental Fool, e` il punto terminale, l'apice commerciale, ma anche l'
esaurimento dell'ispirazione.
Ferry, Manzanera e Mackay si separarono, ma tornarono insieme qualche
anno dopo per riprendere l'avventura Roxy Music, che si concluse con due
best-selling albums:
Manifesto (Polydor, 1980), con Over You,
e il romantico, lussureggiante
Avalon (1982), da cui venne tratto l'hit More Than This ma
forte anche di
The Space Between, India, Tara, True to life.
In mezzo usci` un terribile Flesh + BLood (1980), piu` simile
agli album solisti di Ferry (con la felice eccezione di
Same Old Scene e con il singolo My Only Love).
Ferry era cambiato: invece del baritono psicotico di un tempo c'era adesso
un dandy tanto squisito quanto glaciale, un imbonitore alieno alla ricerca
di edonistici piaceri sul pianeta proibito. Il gruppo lo accompagnava con
sussiego ma senza voli pindarici: ogni canzone era cesellata al minimo,
senza assoli e senza eccessi spigolosi.
L'eleganza formale non sempre bastava pero` a redimere la carenza
di buon materiale.
Street Life (EG, 1986) e` un doppio antologico della loro carriera.
Nella carriera successiva, l'oriundo Sudamericano
Phil Manzanera si rivelo` un tipico intellettuale
del rock che ragiona su se stesso, anzi sulle sue appendici piu`
kitsch. Per prima cosa Manzanera riformo` il suo vecchio gruppo,
i Quiet Sun, con Charles Hayward, futuro This Heat, e registro` con loro Mainstream (Antilles, 1975), all'insegna
del jazz-rock della scuola di
Canterbury (le lunghe Sol Caliente, Rongwrong e
Mummy Was an Asteroid).
Consigliato da due menti del calibro di Robert Wyatt e Brian Eno,
che si alternano al canto, Manzanera pubblico` il suo primo album solista,
Diamon Head (Atlantic, 1975 - EG, 1990),
rivelandosi ottimo manipolatore di stupidita`, forte di uno stile chitarristico
"primitivo", un po' psichedelico un po' kitsch.
Ne scaturiscono un demenziale funk brasiliano (Frontera),
una jam di jazz-rock minimalista (East Of Echo),
uno strumentale ibrido di musica ambientale e di Morricone (Diamond Head),
persino un esotico duo tzigano per oboe e chitarra (Lagrima),
e soprattutto l'indemoniata filastrocca vaudeville di Miss Shapiro.
Manzanera torno` al sound di Canterbury nei dischi con gli 801,
Live (EG, 1976) e Listen Now (Polydor, 1977),
gruppo aperto con Brian Eno e altri. I ballabili neutri di
K-Scope (EG, 1978), a parte il rhythm and blues della title-track,
indulgono pero` in un dandysmo gigionesco allo strumento, svelando i limiti del suo
rock manieristico.
Un disco di sola chitarra, Primitive Guitars (EG, 1982),
sorta di diario sperimentale che parte dal folk latino e arriva a Eno,
e grande saggio di "impossible guitar", chiarira` come la sua vena
maggiore sia quella della contaminazione dei ritmi sudamericani:
Criollo e Caracas sono fra i capolavori surreali dello strumentale
per chitarra.
Manzanera e Mackay formarono anche gli Explorers (Virgin, 1985), che
suonavano la stessa musica dei Roxy Music senza Ferry, e poi registrarono
in coppia Crack The Whip (Relativity, 1988) e
Up In Smoke (Relativity, 1989) che, piu` che altro, riciclano
materiale degli Explorers e scarti assortiti.
Manzanera era un indubbio talento, a cui i dischi solisti non rendevano
adeguata giustizia. Peggioro` con il disco Wetton Manzanera (Geffen, 1987), in collaborazione con l'es bassista degli
Asia.
Il sound latino-americano gli prese la mano sull'altrettanto mediocre
Southern Cross (Expression, 1990).
Nel frattempo Brian Ferry divenne sempre piu` la mente grigia del rock futurista/decadente,
uno dei principali responsabili delle pose teatrali e sofisticate dei nuovi
auteur rock inglesi. L'album solista
These Foolish Things (Island, 1973)
e` uno squisito sacrilegio del passato della musica pop e rock che
lo rivelo` parodista
capace di trasformare in kitsch persino i classici degli anni '60. Ferry
continuo` su quella falsariga sfornando un altro paio di raccolte di remakes,
Another Time Another Place (Atlantic, 1974) e Let's Stick
Together (Atlantic, 1976),
sempre all'insegna di crooning teatrale e ossessioni romantiche.
In Your Mind (Atlantic, 1977) e` il suo primo album che
contiene materiale originale, e dimostra lo scarso livello artistico del
personaggio.
The Bride Stripped Bare (Atlantic, 1978) fu cosi`
meta` originali e meta` covers.
Poi Ferry per qualche anno si dedico` ai Roxy Music. Quando questi si sciolsero,
Ferry continuo` a fare la stessa identica musica degli ultimi Roxy Music sui
suoi nuovi album solisti:
Boys And Girls (Warner, 1985) e
Bete Noire (EG, 1987), nobilitati soltanto dalla sua voce.
Ultimate Collection (Virgin, 1988) e` un'antologia della sua ambigua
e mediocre carriera.
Ci vorranno sette anni perche' Ferry torni con un album che non sia una semplice
raccolta di cover: Mamouna (Virgin, 1994), una raccolta si canzoni
raffinate, sognanti, sensuali e noir, sempre nello stile degli ultimi Roxy Music.
Purtroppo le regole del business gli faranno sempre preferire gli album di
cover, in quanto Ferry aveva trovato il formato ideale per il pubblico
distratto degli yuppie:
Taxi (Reprise, 1993), As Time Goes By (Virgin, 1999),
Frantic (Virgin, 2002)
Dylanesque (Virgin, 2007)
sono inascoltabili per tutti gli altri.
Il tastierista Eddie Jobson
ha registrato dischi di musica elettronica nello stile enfatico di Larry Fast
come Zinc: The Green Album (Capitol, 1983) e
Theme Of Secrets (Private, 1985).
Su Piano One (Private, 1985) ha dato forse le sue prove più
atmosferiche (The Dark Room,
Disturbance In Vienna e Ballooning Over Texas).
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