Sweden's Bathory,
the brainchild of multi-instrumentalist Quorthon (Thomas Forsberg),
inaugurated Scandinavian black metal.
Inspired by Venom, he unleashed the deliberately raw and aggressive
thrash attack of Bathory (1984) and The Return (1985), but
the third album, Under the Sign: The Sign of the Black Mark (1986),
already veered towards slower tempos and a crisper, evocative sound, closing
the "satanic" trilogy while de-facto opening a new phase with the
brutal albeit majestic eight-minute Enter the Eternal Fire.
After the transitional Blood Fire Death (1988),
Bathory coined a truly "Nordic" style with the epic pagan mythological martial
tour de force of the concept Hammerheart (1990), structured as a sequence
of lengthy solemn oppressive suites. They got
even longer and more tragic (but now bordering on self-parody) on Twilight of the Gods (1991).
|
(Translation by/ Tradotto da
Alessandro Taccari)
Gli svedesi Bathory, la creatura del polistrumentista Quorthon (Thomas Forsberg), inaugurarono il black metal scandinavo. Traendo ispirazione dai Venom, egli scatenò l'aggressivo attacco deliberatamente crudo e feroce di ''Bathory'' (1984) e ''The Return...'' (1985), ma fu con il terzo album, ''Under the Sign of the Black Mark'' (1987), già virato verso tempi più lenti e freschi, e pregno di sonorità evocative, a chiusura della trilogia "satanica" che aprì di fatto una nuova fase con la brutale seppur maestosa ''Enter the Eternal Fire'' della durata di quasi sette minuti. Dopo l'album di transizione ''Blood Fire Death'' (1988), i Bathory coniarono uno stile genuinamente "Nordico" con l'epico tour de force marziale, mitologico e pagano del concept ''Hammerheart'' (1990), strutturato come una sequenza di lunghe suite solenni ed opprimenti. Divennero anche più lunghe e tragiche (ma ora sul filo dell'auto-parodia) in ''Twilight of the Gods'' (1991).
Drac Melik scrive:
Con i Bathory c'e` un mutamento fondamentale (che influenza anche il sound): il Cristianesimo non si combatte pi— con gli stessi concetti "capovolti" (Satana, croci rovesciate, ecc), ma attraverso l'elogio del popolo Vichingo e della sua cultura.
Benche` "Blood Fire Death" (1988) sia un disco di transizione, si sentono i primi risultati veramente epici (intro + "A Fine Day to Die", la titletrack). Ma con "Hammerheart" si crea di fatto qualcosa di totalmente nuovo: il ritmo rallenta, vengono introdotte pennellate sonore in stile Wagneriano, l'epicita` si tocca con mano in tracce come "Shores in Flames" e "One Rode to Asa Bay", suite che disegnano perfettamente i paesaggi scandinavi. Da qui nasce il metal epico/atmosferico.
|