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Adrian Belew e` un chitarrista prodigio che ha suonato per musicisti come
Zappa, Bowie, Byrne e Fripp. Negli anni '80 intraprese una carriera solista
che lo ha portato a sviluppare la sua arte su due fronti: da un lato la
tecnica chitarristica, sempre intrigante quando non geniale, e dall'altro la
passione per la canzone pop.
Se non sempre i risultati sono stati all'altezza del virtuosismo e delle
ambizioni, si devono riconoscere a Belew un piglio surreale, una fantasia
iconoclasta e soprattutto uno humour imprevedibile che hanno quasi sempre
prevalso sulle tentazioni commerciali.
La sua e` spesso e volentieri un'arte piu` che altro di citazioni (non c'e`
melodia o riff che non ricordi qualcun altro), ma il suo valore non sta tanto
nel tema quanto in tutto cio` che non e` tema: l'arrangiamento, l'intermezzo
strumentale, l'introduzione, la coda.
Nella sua personalissima visione del postmodernismo la citazione
fa da contorno al piatto principale: invece che essere metafora, e`
cornice, ambiente, contenitore. Se nei risultati la prassi di Belew
puo` sembrare parente di Brain Eno, il suo genere ne capovolge in realta`
gli assunti: invece che un
pop che ragiona su se stesso (che si utilizza come metafora) si tratta di un
pop che "sragiona" su se stesso, che si "de-costruisce" per favorire
la penetrazione di elementi ostili, di parassiti, di terroristi.
Per il primo album, Lone Rhino (Island, 1982), Belew si circondo` di
amici di vecchia data (Belew e` nato in Kentucky, ha iniziato a suonare in
maniera professionale a Nashville nel 1976). Alcuni brani di quel disco violano
apertamente le strutture convenzionali del rock, e sono forse i piu`
accattivanti: Big Electric Cat con il suo tribalismo marziano e
Animal Grace zeppo di orientalismi e africanismi fuori posto; ma in
qualche caso (Adidas In Heat) Belew mette la sua arte al servizio della
parodia musicale alla Zappa.
La sua e` una "frippertronics" dei poveri, lontanissima dall'aura intellettuale
di Fripp e molto piu` vicina agli esperimenti di un adolescente in vena di
demenzialita` (ricorda semmai il piu` leggero Manzanera).
Le "canzoni" vere e proprie, come The Momur (che riprende il boogie
trascinante di Pumping di Patti Smith) vivono di melodie avvincenti,
ma sono devastate da un tornado di effetti sonori prodotti dalla
chitarra (celebre il barrito di rinoceronte e i versi d'uccelli di
The Lone Rhinoceros).
Le incursioni nella musica nera non sono meno creative, dalla fanfara funky di
Stop It al rhythm and blues di Swingline, in cui usa la chitarra come un
sassofono.
La ballata piu` magistrale (e fra i vertici del disco) e`
The Man In The Moon, una litania futurista-decadente alla Ultravox
in cui il chitarrista impiega microtoni a ritmo disco.
Belew canta in un registro che e` un incrocio fra quello svanito
di Barrett e quello nevrotico di Byrne. Talvolta strilla selvatico come un punk
ma anche ridanciano come un matto.
Durante il suo soggiorno nei
King Crimson
il chitarrista riusci` a comporre e
registrare Twang Bar King (Island, 1983), nel quale l'influenza di Fripp si fa
sentire: l'album e` viziato da un'eccessiva cerebralita` (She Is Not
Dead e` Man Who Dies Every Day suonata alla rovescia e sovrapposta a
uno spartito dal vivo) che finisce per nuocere alla fantasia creativa,
parzialmente redenta da I Wonder.
Passarono tre anni prima che Belew, ancora impegnato con i King Crimson,
ci riprovasse.
Desire Caught By The Tail (Island, 1986)
e` un "one-man album", un esercizio di overdub e un esempio di
"home recording" d'alta classe. Benche' ricco di preziosi quadretti sonori
(Tango Zebra con rumori di videogame, dobro percussivo e armonie beat;
il valzer Laughing Man con fisarmonica e synth; Beach Creatures Dancing
Like Cranes; i rumori-verite` di Guernica, uno dei suoi brani piu` folli; lo sperimentalismo di Z), e`
un disco di transizione, un po' esibizionista (nel senso cacofonico del
termine) e tutto sommato dispersivo.
L'anno dopo Belew raccolse i vecchi amici dei Raisins e formo` i
Bears (Primitive Man, 1987).
L'album mette a frutto tanti anni di apprendistato e
di esperimenti, riuscendo a sfornare una serie di canzoni propulse da cadenze
ballabili e allietate da ritornelli orecchiabili. Esaurita la vena surreale
dei primi tempi e accantonata la mitomania chitarristica, Belew trova un
provvisorio equilibrio nel pop di Man Behind The Curtain e di Trust,
entrambe deformate da un'esecuzione tutta sbilenca e ridondante,
che infila disturbi e provocazioni dietro ogni ritornello.
Belew insegue ancora un'ispirazione psichedelica e orientale in Raining,
e sperimenta innesti in Honey Bee (jingle-jangle e
rhythm and blues).
Molti brani sono pero` mediocri e insipidi, e il nuovo registro di canto
(stile AOR) non aiuta certo a redimerli.
La strada scelta da Rise And Shine (Primitive Man, 1988), secondo e
ultimo disco dei Bears,
e` proprio quella del genere, del mescolare
nell'arrangiamento della stessa canzone stereotipi di generi diversi.
Al di la` dell'esecuzione ultra-moderna (ritmi robotici, effetti "buffi",
batteria pesante, chitarra funky) ci sono tracce del boogie proletario che
discende dalla Band e dal rock sudista (Aches And Pains, Holy Mack),
di funky-soul da discoteca (Rabbit Manor) e di hard-rock
(Complicated Potatoes), segno che il vocabolario compositivo di Belew si sta
ampliando man mano che il vocabolario esecutivo si restringe.
E i brani piu` melodici (Not Worlds Apart, The Best Laid Plans) ricordano
il Sixties revival di Los Angeles piu` che il pop da classifica.
Belew e` poi tornato al formato della "one-man band" per
Mr Music Head (Atlantic, 1989) e Young Lions (Atlantic, 1990),
dischi in cui ha messo a frutto con alterna fortuna l'esperienza dei Bears.
Sul primo disco l'assenza di accompagnatori sembra giovare invece che
nuocere e Oh Daddy corona cosi` la sua carriera con
una melodia alla Elton John contrappuntata da un coretto di ragazzine.
Il paragone con il pianista inglese e` acuito dall'uso del pianoforte, strumento
che guida anche One Of Those Days, swingante e anni '50, quasi in stile
Stray Cats, e Bad Days, con un carillon che sembra uscito da Abbey Road.
Ogni brano e` un'intelligenza in continua metamorfosi, come dimostra 1967.
E ogni brano e` una sorpresa, come dimostra il gospel di palude Bumpity Bump.
Peaceable Kingdom e Hot Zoo
mettono in mostra il suo virtuosismo alla chitarra, che era rimasto un po'
sopito nei dischi dei Bears, e rilanciano l'ispirazione psichedelica,
in fondo la molla che diede la carica iniziale.
Dopo l'album d'esordio, e` questa l'opera piu` felice della carriera di Belew.
Su Young Lions (Atlantic, 1990)
l'influenza di Bowie guasta diversi numeri, ma non
impedisce a Belew di costruire il western a passo di carica della
title-track (con imitazione di elefanti e uccelli tropicali) e di ricopiare
Motown e beat per Looking For A UFO,
Men In Helicopters e Pretty Pink Rose.
La novita` di Inner Revolution (Atlantic, 1992)
e` la produzione "orchestrale" di molti brani (compreso un quartetto d'archi
per Big Blue Sun) e un gioco stilistico che e` piu` scoperto, alla
Traveling Wilburys. Il Belew mattacchione gigioneggia in
War In The Gulf Between Us e I'd Rather Be Right Here,
ma soprattutto dilania alla grande l'armonia di Member Of The Tribe.
Everything e` una delle sue migliori melodie.
L'assolo di This Is What I Believe In sembra di un'armonica.
L'album rappresenta forse il culmine del suo estro compositivo.
Su Here (Caroline, 1994) Belew suonera` tutto da solo, sempre piu`
maniaco del pop certosino.
Never Enough e` forse la canzone piu` riuscita.
The best thing on The Guitar as Ochestra (1995) are the titles of the songs, that mock classical music.
Il caleidoscopio di Op Zop Too Wah (Passenger, 1996) non accenna a
moderare l'eccentricita`.
All Her Love Is Mine,
I Remember How To Forget e
la title track compongono il solito obliquo melange di pop, jazz e persino raga.
La verita` e` che Belew scrive distrattamente per se stesso fra un impegno e
l'altro con i King Crimson.
Acoustic (Adrian Belew Presents, 1993) e
Belew Prints (Discipline Global Mobile, 1998), poi ridotti a
Salad Days (Thirsty Ear, 1999) sono raccolte di versioni acustiche dei
suoi classici. Belew si accompagna al piano, alla batteria, al contrabbasso e
a oggetti trovati.
Privato dei suoi arrangiamenti surreali, Belew dimostra pero` soltanto
un pallido talento pop nella scia di John Lennon e David Bowie.
Il suo rock del nonsense era una variante originale e suggestiva
della musica post-moderna prima che Belew diventasse un cantautore pop.
I suoi sono dischi sempre riusciti a meta`, in cui Belew diverte e si diverte,
ma senza mai sforzarsi piu` di tanto. Belew non e` capace di scrivere
capolavori come Woody Allen non e` piu` capace di far ridere.
Dalle gemme dell'esordio (Big Electric Cat, Animal Grace,
The Man In The Moon) alle canzoncine della maturita` (Oh Daddy,
One Of Those Days, Young Lions) ha pero` ridefinito la scienza
della novelty. Il problema e` quando si prende sul serio e tenta davvero
di scrivere canzoni melodiche: diventa allora tanto noioso, scontato e
ripetitivo quanto si suoi maestri Lennon e Bowiw.
I capricci per chitarra di questo Paganini del rock non costituiscono
certamente un capitolo importante della musica rock, ma hanno un loro posto
fra le stranezze di quest'arte ancora in via di sviluppo.
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