Toni Childs
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House Of Hope , 5/10
The Woman's Boat , 6/10
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Il primo album di Toni Childs, Union (A&M, 1988), doveva molto a David Ricketts, l'autore con David Baerwald di Boomtown, ma Childs vi metteva comunque in mostra la sua poliedrica personalita`. Voce maschia alla Phoebe Snow nel funky-soul viscerale di Don't Walk Away, consumata equilibrista vocale nell'epica Let The Rain Come Down, soprano rinascimentale nella sensuale e ipnotica Where's The Ocean, esotica etnologa alla Paul Simon in Zimbabwe, Childs e` la tipica ragazza ribelle (figlia di missionari, fuggita di casa giovanissima, incarcerata per droga). I cori africani erano la prima avvisaglia della world-music di qualche anno dopo.

Meno sofisticato e piu` terribile, House Of Hope (A&M, 1991) indulge in un mondo perverso che sembra un discendente di quello dei romanzi di Dickens, rivelando le ciccatrici del suo passato in Daddy's Song e Got To Go Now.

The Woman's Boat (Geffen, 1994) tento` invece la carta degli arrangiamenti alla Peter Gabriel. Tanto era stato personale e "letterario" il precedente, tanto e` pubblico e musicale questo. Il ciclo si apre e chiude con due inni trascendenti: Womb e Death. Procede attraverso le solite confessioni acutamente dolorose (I Just Want Affection, Lay Down Your Pain), ma lo spirito e` quello zen dell'accettazione e il corredo sonoro e` multiforme e multietnico. Il disco potrebbe essere il suo capolavoro.

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