Crime
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San Francisco’s Still Doomed

voto (il numero dei brani significati sul numero dei brani totali): 18/22

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Scheda di Tommaso Franci (spleenetideal@libero.it)

Pubblicarono tra il 1976 e il 1979 solo tre singoli e a proprie spese (per questo improvvisarono una "Crime Music Label") ma a posteriori, i Crime, si possono considerare un gruppo importante del periodo. Capaci di far riscrivere, a chi li voglia prendere in considerazione, la storia di un genere di cui rappresentano il vertice di sincerità e ortodossia.

V’è uno iato tra il 1973 e il 1976, tra Raw Power degli Stooges che aveva raggiunto per la sua epoca la vetta di violenza e nichilismo e il punk/hardcore che raggiungerà una nuova vetta, fondando una nuova epoca. I Crime sono l’anello mancante tra Stooges e hardcore, ma da non confondersi né con quelli né con questo. I Crime portarono per primi la ferocia degli Stooges in California, dove poi di fatto nascerà l’hardcore. Ma lo fecero con una dotta e intelligente intermediazione a mezzo rock n’roll anni ’50; ed è il rock n’ roll a segnare la grandezza dei Crime e a renderli irriducibili tanto agli Stooges (troppo blues) quanto all’hardcore (troppo ignorante del passato musicale).

I Crime erano un quartetto di esperti rocker che in brani di due minuti l’uno erano capaci di esprimere, trasfigurandola in perversione con la musica, tutta la frustrazione e l’abiezione non dell’adolescente metropolitano (come sarà per l’hardcore), ma dell’operaio, dello scaricatore di porto la cui condizione di "no future" è dovuta a una degradata condizione sociale oramai considerabile come la sua natura. Il suono dei Crime è aspro, essenziale e potente: imbottito dal basso di Ron Greco (attivo fin dagli anni ’60 in quelli che saranno i Flamin' Groovies) che copre addirittura la batteria (Hank Rank), fa contrastare questo nero di fondo con l’emergere in primo piano dei riff rock n’ roll e delle sevizie noise della chitarra di Johnny Strike. Da legame funge la voce di Frankie Fix, trascinatrice come quella di Jagger, costipata come quella di Iggy Stooge, perversa come quella di Jon Spencer.

Da quando nel 1990 è uscita la compilation San Francisco’s Still Doomed (con 22 brani di cui 16 inediti), possiamo distinguere tre corsi nell’attività dei Crime. Col primo (2 brani nell’anno ‘76) abbiamo la ripresa e la scelta dei Rolling Stones più rhythm e meno blues (Beggars Banquet) violentati a mezzo Velvet Underground. Col secondo (11 brani, nel ‘78) abbiamo i Crime classici, capaci di offrire uno dei rock più fantasiosi e potenti dell’epoca: è musica di adulti per adulti, colonna sonora per l’alcol e il sonnambulismo quali impotenti antidoti ad una famiglia sfasciata e priva di senso, a una condizione indigente e irrimediabile a cui si risponde con la perversione dei sensi, non per godere ma per autodistruggersi. È musica notturna che si sa inabile a redimere l’asfissia di brutali giorni in cantiere, al porto o a vagabondare. Il terzo corso (9 brani nel ‘79) ritorna al primo, in un post-rock n’ roll, in un rock n’ roll senza età per alieni o morti, che oramai non può squadernare altro che tragico, apatico umorismo.

Ogni brano dei Crime è storia a sé e pressoché ognuno ha la ricchezza di preludere a generi e forme del rock a venire. Sarà quindi inutile cercare "il capolavoro" perché l’operazione dei Crime non è pensata sottoforma di canzone o di momento distinto: si tratta di un continuum, d’un flusso d’idee inarrestabile dove ogni traccia contiene tutte le altre e nessuna è riducibile a nessun’altra.

Da teorici del rock quali erano, i Crime, anche quando giravano per San Francisco con le divise della polizia (al modo glam dei New York Dolls ma senza equivoci sessuali), non vollero mai confondersi con nessun movimento, si dicevano "The San Francisco first and only rock and roll band", e, a chi parlava loro di punk, rispondevano di non sapere cosa fosse. E ne avevano ben donde: la loro è musica minima nei mezzi e barocca nell’effetto, musica da malavitosi, priva di ogni riferimento politico; è un colloquio ininterrotto con un io marcio o con un marziano sordo (e non importa che si chiami "baby"); non ci si riferisce ad una categoria, ad un pubblico: sebbene a migliaia siano i quarantenni ubriachi, di notte, per le città, senza meta e con qualche sentimento addosso, costoro non possono costituire un pubblico e restano, anche in questo, soli. Nessuno, quindi, più distante dai Ramones dei Crime.

Nel 1987, su Sister, i Sonic Youth si ricorderanno di questo grande gruppo: ma la cover di Hot Wire My Heart (il primo singolo dei Crime) è troppo poco come riconoscimento a chi, negli anni ’70, già faceva il rockabilly degli X (Rock ‘N’ Roll Enemy No. 1), il blues drogato dei Gun Club (Crime Wave), il noise più evoluto (Murder by guitar), il voodobilly che poi sarà dei Cramps (Rockin' Weird; Baby, You're So Repulsive), il blues apocalittico di Jon Spencer (Monkey on your back), l’hardcore-rock n’roll dei migliori Didjits (Frustration) e quello macellaio dei Dwarves (San Francisco's Doomed). I Crime, sempre percussivi e rumorosi, raggiungono ritmi quasi dance (I Feel the Beat) e brani che vivono di luce propria, quelli di cui neanche i Sonic Youth, pur provandoci, sono riusciti a carpire il segreto (Piss on Your Dog, I Stupid Anyway, con titoli che farebbero invidia ai Fear).

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