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I Death In June vennero formati nel 1980 dal chitarrista Douglas Pearce e dal
cantante Tony Wakeford sulle ceneri dei Crisis,
gruppo punk della prima ora (No Town hall, Livin'
UK 79 e Hymns Of Faith).
Il nuovo complesso esordi` con i singoli Heaven Street (1981),
propulso da un battito quasi disco,
e State Laughter (1982) nella scia del dark-punk dei
Joy Division.
Il mini-album
The Guilty Have No Pride (NER, 1983), che raccoglieva il materiale
inciso e registrato fino allora, chiari` peraltro che il gruppo
apparteneva soltanto cronologicamente a quel movimento.
Il tribalismo incalzante di All Alone In Her Nirvana,
il carillon muto di The Guilty Have No Pride
e le ballate morbose di
Till The Living Flesh Is Burned (rullo marziale di tamburi,
coro di morti, rumori di sottofondo, declamazione enfatica),
e Nothing Changes
facevano presagire una cultura ben piu` sofisticata dei loro colleghi vampiri.
Not Guilty And Proud (NER, 2002) contiene i primi singoli e questo
mini-album.
La meta` registrata in studio di
Burial (Leprosy Discs, 1983), l'altra meta` essendo un live di dubbio
valore,
inizio` una parabola che li avrebbe portati
sempre piu` lontani da quelle premesse.
Black Radio e` una piccola jam sperimentale che sovrappone
una tromba jazz da film giallo, uno strimpellio minimalista alla Feelies e un
tribalismo alla Sisters Of Mercy.
Il gruppo e` ancora incerto e lo dimostra alternando
una canzone di protesta acustica in stile Bob Dylan
(Death Of The West) a uno sterile esercizio di ballabile gotico
(Fields).
I brani piu` arditi (Nirvana, un "dub" onirico alla Mark Stewart,
e Sons Of Europe, psicodramma per squillo di tromba e tamburi marziali),
rimangono incompiuti.
La progressione verso l'atmosfera continua comunque nel 1984 con
gli eccellenti singoli Cathedral Of Tears (1983)
e l'ipnotica/catastrofica She Said Destroy (1984).
Sul secondo figura anche un altro piccolo gioiello, Doubt To Nothing.
Wakeford lascio` il gruppo per formare
Sol Invictus e Pearce rimase padrone
assoluto dei Death In June.
Dopo l'incontro con David Tibet, Pearce trovo` la sua
vera vocazione, di "nero" sacerdote dedito a cupe ballate crepuscolari come
Torture Garden (la loro prima
collaborazione, con coro gregoriano e declamazione alla Jim Morrison),
Born Again (1985)
e la melodiosa Come Before Christ And Murder Love (1985).
Nada (NER, 1985 - NER, 1990) e` pertanto la prima vera opera di
Death in June. Pearce vi sfoga la sua nuova vocazione "messianica".
Fields Of Rape (una ballata distorta come nella prassi psichedelica)
e C'Est Un Reve (una cantilena tribal-industriale)
sono forse gli episodi piu` accattivanti, ma si tratta ancora di esperimenti
molto naive.
In realta` la nuova fase e` ancor piu` ossessionata (liricamente) dalla morte,
ma quel senso della morte tenta di esprimersi in toni
(romantici, decadenti, surrealisti)
piu` maturi e originali (Crush My Love), per quanto inferiori
siano talvolta i risultati.
La ristampa del disco comprende anche The Calling, Last Farewell, The Torture Garden, Doubt To Nothing, tratti da EP e compilations.
The World That Summer (NER, 1986) esaspero` la simbiosi con David Tibet (qui
mascherato dietro lo pseudonimo Christ 777), ottenendo
risultati alterni in Rule Again,
Break The Black Ice (liquido pianismo jazz, organo gospel,
declamato Brecht-iano),
e Blood Victory (proposti
tanto in versione cantata quanto solo strumentale).
Piu` sperimentali i quindici minuti di Death Of A Man.
E` di quella stagione anche il singolo To Drown A Rose (NER, 1987),
sorta di litania alla Cure bisbigliata all'unisono
da una voce maschile e una voca maschile.
Brown Book (NER, 1987 - Soleilmoon, 2007), da alcuni considerato il capolavoro,
faceva un ricorso esasperato
all'iconografia bellica e trionfava in sermoni blasfemi come
The Fog Of The World.
Rimasto
praticamente solo (nonostante il supporto di Tibet, John Balance dei Coil,
Ian Read dei Sol Invictus e altri),
Pearce si rifugiava sempre piu` nel suo spleen "maledetto", cantando depresso
e fatalista le sue meste considerazioni sulla condizione umana come We
Are The Lust e
Runes And Men.
Ormai lontanissimo tanto dal gotico quanto dal ballabile,
Pearce diventa cantautore, e soprattutto "autore", di una musica folk futurista.
Tutte queste canzoni e` che sono prive di batteria e l'arrangiamento e`
spesso soltanto di chitarra acustica e al massimo qualche tamburello o rumore,
tanto che sembrano talvolta parodie (non troppo distanti dalle filastrocche
di un David Peel).
Da quell'intelletto malato scaturi` il delirio espressionista di
Wall Of Sacrifice (NER, 1989), in particolare la lunga title-track.
Bring In The Night e` scritta con
Boyd Rice, che Pearce ha aiutato
a registrare Music Martinis & Misanthropy (NER, 1990),
e l'apocalittica Hullo Angel con Tibet.
Fall Apart
e In Sacrilege
sono le ballate melense che sembrano costituire il cuore del disco.
La bambinesca Giddy Giddy Carousel dovrebbe costituire il picco
filosofico del disco, ma e` semplicemente banale.
L'album, che e` tutto sommato il piu` difficile del gruppo, anche se sempre
di una banalita` allucinante rispetto al resto della musica rock,
sembra segnare la fine dei Death In June. Pearce si sente vuoto, inerte.
Passeranno infatti tre anni prima che quel lavoro cosi` radicale abbia un
seguito, con But What Ends When The Symbols Shatter (NER, 1992), forte
delle amare parabole di
Daedalus Rising e This Is Not Paradise (entrambe con Tibet) e di
una produzione estremamente stilizzata.
Non a caso He's Disabled sembra un gospel ossessivo di Nick Cave e
Little Black Angel rimanda alle cantilene dei folksinger del
Greenwich Village e Hollows Of Devotion ha persino accenti "dylaniani".
C'e` poco di musicale e ancor meno di originale in questo
nuovo corso, di cui Death Is The Martyr Of Beauty
potrebbe essere il manifesto estetico
(una delicata melodia di pianoforte e la chitarra acustica che batte il ritmo,
la voce suadente lievemente rifratta, un controcanto in sottofondo,
un'atmosfera di attesa e confusione).
La drum machine e` stata sotterrata e la chitarra acustica e` adesso protagonista.
Il problema e` che dopo qualche canzone questa sequela di lamenti malinconici
diventa un po' monotona (una tromba spagnoleggiante che spunta da
Mourner's Bench ridesta dal sopore).
La But What Ends When The Symbols Shatter che chiude il disco con
un'imitazione di Leonard Cohen arriva troppo tardi, e uno si domanda perche'
che i tamburelli e il coro (qui usati a meraviglia) non siano intervenuti prima.
Dopo opere di questa statura, e il live monumentale
Something Is Coming (NER, 1993), l'album registrato dopo il trasloco in
Australia, Rose Clouds Of Holocaust (NER, 1995), e` una mezza delusione,
nonostante i colpi di reni di
Rose Clouds Of Holocaust (una versione fiabesca di Leonard Cohen),
Luther's Army (duetto fra una tromba funerea e un baritono fatalista),
The Accidental Protege (litania quasi catatonica con tocchi minimi
di tastiere e un oboe asettico), Symbols of the Sun.
L'arrangiamento e` ancora minimale fino alla monotonia, in gran parte affidato
alla chitarra acustica (di cui Pearce non e` certo un virtuoso), ma quei
pochi interventi di strumenti dell'orchestra lasciano l'impronta.
Di The Black Whole Of Love e` saliente piu` che altro la confezione
criminale (un 12", un 10", un 7" e un CD contenenti di fatto la stessa
musica); e il 10" Occidental Martyr (NER, 1995) e` semplicemente una
rielaborazione di Rose in versione ridotta e parlata.
Pearce, intriso di umori mitteleuropei degli anni '20, sembra rivivere le tragedie
dell'umanita` in ogni nota della sua musica. Se non tutto brilla (molto poco per la verita`), la sua opera
rimane un'analisi sottile dell'ossessione di morte.
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