D.R.I.
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Full Speed Ahead , 5/10 Links:

I Dirty Rotten Imbeciles di Kurt Brecht (canto) e Spike Cassidy (chitarra) erano originari del Texas, dove erano stati una delle prime bande hardcore, ma vennero alla ribalta a San Francisco, dove pubblicarono il leggendario Dirty Rotten

(R-Radical, 1983), una raccolta di ventidue miniature thrash che esasperavano l'estetica punk della concisione ad oltranza.

Soltanto quattro brani superano il minuto e soltanto uno supera i due miniti. Gli altri sono gridati e strimpellati a un ritmo disumano e non hanno fisicamente il tempo (spesso soli venti secondi, talvolta anche meno) di esibire un'identita`. Cio` nonostante nel diluvio di male parole, di schitarrate esagitate e di cadenze selvagge si fanno largo delle trovate vocali (il ritornello grottesco di Who Am I, che celebra se stessi, o la cantilena di War Crimes con il celebre verso pacifista "There are no war crimes, war is the crime") e strumentali (il riff heavymetal di Dennis's Problem, l'assolo di chitarra e quello di batteria di Sad To Be) che preludono invece a sviluppi piu` nobili. L'inno schifato di I Don't Need Society, la satira di Commuter Man e Money Stinks (con i versi iper-depressi di "smell the death/ smell the wet dream of this human mess") rimarranno fra i loro testamenti spirituali.

In certi casi si tratta soltanto di un verso o due ripetuti ossessivamente (come formule magiche) senza neppure provare a cantarli. Brecht non si puo` neppure definire un cantante, perche' non fa che recitare il piu` rapidamente possibile i testi delle canzoni e a quella velocita` non e` possibile modulare le corde vocali. E Cassidy da` l'impressione di saper impostare gli accordi del blues, ma di essere capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato. (Il disco verra` rimixato l'anno dopo dalla Rotten Records, portando in primo piano il rombo distorto della sua chitarra). Per quello che valgono, i testi compongono scenette tipiche della vita adolescenziale repressa dalle autorita` (il professore, la polizia, il lavoro).

I D.R.I. divennero subito i beniamini della fauna che si raccoglieva attorno ai locali estremisti di San Francisco, e, negli anni in cui l'hardcore era in ritirata un po' ovunque, divennero soprattutto la bandiera morale dei punk.

Anche l'EP Violent Pacification (Rotten), con Josh Pappe' al basso, si esprime in quell'idioma hardcore estremamente degradato, da Running Around, l'inno esistenziale di Brecht, alla title track, una grottesca e satirica danse macabre ("we'll ... kill you/ before you kill each other") che dura quasi tre minuti, e che e` il loro temporaneo capolavoro. L'autobiografica Couch Slouch e` il testamento iper-realista del vuoto morale e culturale di quel mondo.

Dealing With It (Death, 1985 - Beer City, 2003) piove sulle folle dell'hardcore come una sgradita sorpresa: i D.R.I., i piu` intransigenti di tutti, si piegano allo speedmetal che sta dilagando nei club piu` convenzionali dei "metallari". In realta` e` un disco storico, che inizia una tendenza destinata a dilagare in tutta la nazione. Alla batteria c'e` ora il giovanissimo e indemoniatissimo Felix Griffin, mentre i due leader (o perlomeno il chitarrista) sono enormemente maturati.
A parte alcuni brani del vecchio repertorio riproposti in veste piu` "civile", le pietre miliari dell'album sono i mitragliamenti speedmetal di Argument Then War e il macabro e sinistro incedere di Nursing Home Blues (una tormentata parabola di alienazione). Brecht ha trovato l'ispirazione lirica, sia pur in un indulgente nichilismo alla I Saw Your Mommy (Suicidal Tendencies), e si sfoga in Karma, che, al confronto degli aforismi subnormali delle altre canzoni, sembra quasi un poema ("You hate love/ You love hate/ Your soul is so diseased"). Un'ironia blasfema pennella invece scenette satiriche come God Is Broke e Give My Taxes Back.
Brecht e Cassidy rimangono dei maniaci omicidi del rock, capaci di lanciarsi anima e corpo in thrash travolgenti come On My Way Home o ancor piu` Mad Man, o in quel tornado di distorsioni che e` Evil Minds. E brani come I'd Rather Be Sleeping dimostrano piu` che in passato l'influenza esercitata dai Dead Kennedys. La continuita` con il passato e` in realta` rappresentata soprattutto dal formato dei brani, che sono per lo piu` ancora minuscoli (ventincinque in tutto).

La transizione al punk/metal viene completata con l'album-manifesto Crossover (Metal Blade, 1987), in cui il numero dei brani crolla improvvisamente a dodici (e ben tre superano addirittura i quattro minuti). Il quartetto (Brecht, Cassidy, Griffin e Pappe`) e` ormai perfettamente affiatato e bilanciato. Si buttano a testa bassa nello speedmetal di Five Year Plan, riemergono nell'atmosfera piu` meditata e drammatica di Tear It Down, si rituffano nei gorghi vorticosi di Go Die, si esauriscono nell'incedere da panzer di Oblivion. Il capolavoro e` forse Decisions, che alterna con fluidita` fasi lente e veloci, ipnotiche ed epilettiche, dando una interpretazione estremamente lirica dello speedmetal.
Crossover partorisce il nuovo linguaggio e il nuovo paradigma del gruppo. La "wasteland" in cui e` ambientato non e` piu` una fotografia iper-realista della societa` suburbana: e` un incubo paranoico di desolazione e di solitudine, di abbandono e di tradimenti, di sconfitta universale. Il senso di morte e` fortissimo, trasuda da tutti i brani. Brecht non ha mai imparato a cantare, ma e` uno dei pochi ad avere davvero qualcosa da dire.

Four Of A Kind (Metal Blade, 1988) non aggiunge nulla al concetto, ma lo porta a nuovi vertici formali, espandendo la dinamica, accentuando i riff, portando in primo piano anche il basso, vivacizzando l'armonia di assoli e di cambi di tempo. Brani come All For Nothing o Man Unkind non hanno piu` nulla del "minimalismo" esasperato degli esordi: sono anzi ricchi di spunti creativi, che contravvengono alla dogmatica monoliticita` dello speedmetal e dell'hardcore. Altrove (Do The Dream, soprattutto Suit And The Guy) raffiche di staccato e tempeste ritmiche accompagnano e marchiano a sangue quelli che sembrano sempre piu` degli incubi kafkiani. E non a caso in brani come Modern World l'heavymetal "eccessivo" dei D.R.I. finisce per costruire atmosfere apocalittiche.
Culmine magniloquente del disco e` Think For Yourself, aperta da un riff maestoso della chitarra che troneggia su un battito androide della batteria. Secondo a nessuno in fatto di efferatezza, il disco pecca talvolta di monotonia: la costruzione dei brani tende a ricalcare sempre lo stesso modello, lo spettro espressivo tanto del "canto" (o meglio il "cantar gridando") quanto della ritmica sono fortemente limitati.

Thrash Zone (Metal Blade, 1989), con l'inno Thrashard, nonche' Beneath The Wheel e You Say I'm Scum, e Definition (Rotten), con la filastrocca demenziale di Acid Rain, nonche' Hardball e Application, ripete stancamente le stesse idee senza pervenire a risultati originali.

Dirtiest Rottenest (Restless, 2003) collects Four Of A Kind and Thrash Zone.

Full Speed Ahead (Rotten, 1995) ha l'unico difetto di non proporre nulla di nuovo. Fedeli al loro stile rombante, i D.R.I. filosofeggiano in I'm The Liar, They Don't Care e Underneath The Surface. Accenni di rap-metal qua e la` non bastano a sollevare l'album da una soporifera monotonia.

Pochi gruppi hanno saputo utilizzare il punk-metal in maniera cosi` efficace per esprimere i traumi pubblici e privati dell'adolescenza. Rispetto a Jello Biafra, che dava voce alla parte piu` intellettuale della popolazione punk, Brecht ha dato voce alla parte piu` barbara e incolta, ai figli (spesso abbandonati) della piccola borghesia, che a malapena hanno avuto un'educazione in storia e geografia, e i cui problemi sono molto piu` terra terra.

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