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Gli Echo And The Bunnymen furono, con gli
Orchestral Manouvres, i capi-popolo del rinascimento
di Liverpool che si oppose con successo alla fredda nevrastenia del modernismo
post-punk. Il complesso fini` per coniare uno stile melodico che prima non
esisteva, un ibrido di psichedelia e pop con arrangiamenti relativamente
sontuosi (non tanto barocchi quanto "densi").
All'inizio
Echo And The Bunnymen era un quartetto di Liverpool, che si pose alla testa
del revival Britannico del rock psichedelico. A capitanarli erano il
chitarrista Will Sergeant
(gia` autore della cassetta Weird As Fish, 1979)
e il cantante Ian McCulloch, che nel marzo 1979
lanciarono il singolo
Pictures On My Wall, destinato a rimanere il loro incubo piu` depresso,
con organo apocalittico alla Doors e con effetti da notte dell'orrore.
I Bunnymen conquistarono subito pubblico e critica con le canzoncine fini e
deliziose di Crocodiles (Korova, 1980), forti delle tipiche incalzanti
progressioni allucinogene
(in Do It Clean le cadenze piu` tribali e i ritornelli piu` epici),
di ficcanti chitarrismi alla Television, di luccicanti ed ipnotici tessuti
strumentali, infarcite di jingle-jangle e arpeggi raga
(Stars Are Stars, Monkeys),
fra passi di voodoobilly "crampsiano" (All That Jazz),
trenodie violente e distorte alla Velvet (Rescue, Going Up)
e funk involuti alla Joy Division (Villiers Terrace).
L'augurio sacrilego e tribale di Happy Death Men sigilla l'album in un
happening swingante di scordature e in un crescendo sabbatico di dissonanze.
Il singolo Puppet accentua le cadenze funk e propelle una danza da
discoteca off.
Nel frattempo Sergeant aveva registrato l'album strumentale
Themes For Grind (92 Happy Customers, 1982).
Solenne e maestoso (Over The Wall), lugubre e ipnotico
(A Promise), fiabesco e solare (All My Colours,
Turquoise Days), il secondo album, Heaven Up Here (Sire, 1982),
attenua l'impeto del sound, ma sul terzo, Porcupine (Sire, 1983),
rilucono del cromatismo piu` eccentrico il frenetico vaudeville
The Back Of Love e il raga sinfonico Cutter, fantasiosi caleidoscopi
ritmici, sinuosi carnevali armonici.
Impressionista, emotivo, simbolista, lo stile del gruppo ricicla su se stesso.
Il tema delle loro canzoncine devianti resta l'elettro-acustica di Pictures,
con tutt'al piu` una maggior eleganza di arrangiamenti e una presenza ritmica
via via piu` discotecara.
Cosi` sul barocco Ocean Rain (Sire, 1984), infarcito d'archi, svettano lo scherzo dance-dadaista di
Never Stop, la ballata d'atmosfera Killing Moon, e due motivetti
sinfonici, la melodrammatica Silver e Seven Seas.
Nocturnal Me e` tipica dell'umore amaro della maturita`.
Venne poi la rapida decadenza, con singoli sempre piu` blandi e commerciali,
Bring On The Dancing Horses (1985) e
Bedbugs And Ballyhoo (1987, con Ray Manzarek all'organo),
che confermano la precarieta` del genere.
Lips Like Sugar fu il loro singolo di maggior successo, una
ballad da AOR tratta, come il precedente, da
Echo & The Bunnymen (Sire, 1987).
Il batterista Pete De Freitas mori` nel 1989 in un
incidente motociclistico.
Sergeant avrebbe ancora pubblicato a nome Echo And The Bunnymen l'album
Reverberation (sire, 1990), ma il gruppo era di fatto morto.
L'album, in realta`, era tutt'altro che malvagio: anzi, era impressionante
come continuasse il programma del precedente, quasi a dimostrare che
Ian McCulloch era responsabile soltanto delle liriche.
Ian McCulloch pubblico` la sua prima opera
solista, Candleland (Sire, 1989), sulla quale suona quasi tutto da
solo.
Lo stile prendeva ispirazione dalle tendenze piu` oniriche del vecchio complesso, conservando il fascino di quel pop chitarristico e dei suoi arrangiamenti atmosferici.
Proud To Fall, Flickering Wall, e
I Know You Well
sono all'altezza dell'ultimo disco degli Echo.
A parte l'hit da
discoteca Faith And Healing (alla New Order), l'eterea title-track (con Elizabeth Fraser al coro),
l'orientaleggiante In Bloom e White Hotel sono brani molto
personali, che compongono un'esperienza quasi catartica di analisi del proprio
passato.
Il successivo Mysterio (East West, 1992) soccombe pero`
agli arrangiamenti di moda e rinuncia all'atmosfera eterea.
Magical World ha ancora lo spirito degli Echo,
Honeydrip ammicca agli shoegazer.
Desta scalpore la riunione con Will Sergeant, questa volta con il nome
Electrafixion.
Burned (Spacejunk, 1995) ridimensiona la statura del
cantante ed esalta invece quella del chitarrista. Le invenzioni strumentali
di Sergeant impreziosiscono numerosi brani
(Time Bomb, Zephyr, Sister Pain, Never) e
riscattano la sciatta prestazione di McCullouch.
Il disco e` anzi un tour de force di Sergeant, che si comporta come un piccolo
Hendrix dell'era dell'overdub. Invece di indulgere in litanie psichedeliche,
Sergeant si scatena in turbillon di effetti sonori e in riff da hard rock.
Echo & The Bunnymen si riuniranno dieci anni dopo per Evergreen
(London, 1997), che contiene una revisione di Baseball Bill (tardo
singolo degli Electrafixion)
e poco altro di nota (il singolo Nothing Lasts Forever).
Il pathos orchestrale di Forgiven e` piu` che altro imbarazzante.
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