Echo & The Bunnyman


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Crocodiles (1980), 7/10
Sergeant: Themes For Grind (1982), 6/10
Heaven Up Here (1982), 6/10
Porcupine (1983), 6/10
Ocean Rain (1984), 7/10
Echo & The Bunnymen (1987), 5/10
Sergeant: Reverberation (1990), 6/10
Ian McCulloch: Candleland , 5/10
Ian McCulloch: Mysterio , 4/10
Ian McCulloch: Slideling (2003), 4/10
Electrafixion: Burned , 5/10
Evergreen, 4/10
What Are You Going To Do With Your Life , 5/10
Glide: Performance , 6/10
Glide:
Space Age Freak Out , 6/10
Glide: Curvature of the Earth (2005) , 6/10
Flowers , 5/10
Siberia (2005), 5/10
The Fountain (2009), 5/10
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Gli Echo And The Bunnymen furono, con gli Orchestral Manouvres, i capi-popolo del rinascimento di Liverpool che si oppose con successo alla fredda nevrastenia del modernismo post-punk. Il complesso fini` per coniare uno stile melodico che prima non esisteva, un ibrido di psichedelia e pop con arrangiamenti relativamente sontuosi (non tanto barocchi quanto "densi").

All'inizio Echo And The Bunnymen era un quartetto di Liverpool, che si pose alla testa del revival Britannico del rock psichedelico. A capitanarli erano il chitarrista Will Sergeant (gia` autore della cassetta Weird As Fish, 1979) e il cantante Ian McCulloch, che nel marzo 1979 lanciarono il singolo Pictures On My Wall, destinato a rimanere il loro incubo piu` depresso, con organo apocalittico alla Doors e con effetti da notte dell'orrore.

I Bunnymen conquistarono subito pubblico e critica con le canzoncine fini e deliziose di Crocodiles (Korova, 1980), forti delle tipiche incalzanti progressioni allucinogene (in Do It Clean le cadenze piu` tribali e i ritornelli piu` epici), di ficcanti chitarrismi alla Television, di luccicanti ed ipnotici tessuti strumentali, infarcite di jingle-jangle e arpeggi raga (Stars Are Stars, Monkeys), fra passi di voodoobilly "crampsiano" (All That Jazz), trenodie violente e distorte alla Velvet (Rescue, Going Up) e funk involuti alla Joy Division (Villiers Terrace). L'augurio sacrilego e tribale di Happy Death Men sigilla l'album in un happening swingante di scordature e in un crescendo sabbatico di dissonanze. Il singolo Puppet accentua le cadenze funk e propelle una danza da discoteca off.

Nel frattempo Sergeant aveva registrato l'album strumentale Themes For Grind (92 Happy Customers, 1982).

Solenne e maestoso (Over The Wall), lugubre e ipnotico (A Promise), fiabesco e solare (All My Colours, Turquoise Days), il secondo album, Heaven Up Here (Sire, 1982), attenua l'impeto del sound, ma sul terzo, Porcupine (Sire, 1983), rilucono del cromatismo piu` eccentrico il frenetico vaudeville The Back Of Love e il raga sinfonico Cutter, fantasiosi caleidoscopi ritmici, sinuosi carnevali armonici. Impressionista, emotivo, simbolista, lo stile del gruppo ricicla su se stesso. Il tema delle loro canzoncine devianti resta l'elettro-acustica di Pictures, con tutt'al piu` una maggior eleganza di arrangiamenti e una presenza ritmica via via piu` discotecara.

Cosi` sul barocco Ocean Rain (Sire, 1984), infarcito d'archi, svettano lo scherzo dance-dadaista di Never Stop, la ballata d'atmosfera Killing Moon, e due motivetti sinfonici, la melodrammatica Silver e Seven Seas. Nocturnal Me e` tipica dell'umore amaro della maturita`.

Venne poi la rapida decadenza, con singoli sempre piu` blandi e commerciali, Bring On The Dancing Horses (1985) e Bedbugs And Ballyhoo (1987, con Ray Manzarek all'organo), che confermano la precarieta` del genere. Lips Like Sugar fu il loro singolo di maggior successo, una ballad da AOR tratta, come il precedente, da Echo & The Bunnymen (Sire, 1987).

Il batterista Pete De Freitas mori` nel 1989 in un incidente motociclistico.

Sergeant avrebbe ancora pubblicato a nome Echo And The Bunnymen l'album Reverberation (sire, 1990), ma il gruppo era di fatto morto. L'album, in realta`, era tutt'altro che malvagio: anzi, era impressionante come continuasse il programma del precedente, quasi a dimostrare che Ian McCulloch era responsabile soltanto delle liriche.

Ian McCulloch pubblico` la sua prima opera solista, Candleland (Sire, 1989), sulla quale suona quasi tutto da solo. Lo stile prendeva ispirazione dalle tendenze piu` oniriche del vecchio complesso, conservando il fascino di quel pop chitarristico e dei suoi arrangiamenti atmosferici. Proud To Fall, Flickering Wall, e I Know You Well sono all'altezza dell'ultimo disco degli Echo. A parte l'hit da discoteca Faith And Healing (alla New Order), l'eterea title-track (con Elizabeth Fraser al coro), l'orientaleggiante In Bloom e White Hotel sono brani molto personali, che compongono un'esperienza quasi catartica di analisi del proprio passato.

Il successivo Mysterio (East West, 1992) soccombe pero` agli arrangiamenti di moda e rinuncia all'atmosfera eterea. Magical World ha ancora lo spirito degli Echo, Honeydrip ammicca agli shoegazer.

Desta scalpore la riunione con Will Sergeant, questa volta con il nome Electrafixion. Burned (Spacejunk, 1995) ridimensiona la statura del cantante ed esalta invece quella del chitarrista. Le invenzioni strumentali di Sergeant impreziosiscono numerosi brani (Time Bomb, Zephyr, Sister Pain, Never) e riscattano la sciatta prestazione di McCullouch. Il disco e` anzi un tour de force di Sergeant, che si comporta come un piccolo Hendrix dell'era dell'overdub. Invece di indulgere in litanie psichedeliche, Sergeant si scatena in turbillon di effetti sonori e in riff da hard rock.

Echo & The Bunnymen si riuniranno dieci anni dopo per Evergreen (London, 1997), che contiene una revisione di Baseball Bill (tardo singolo degli Electrafixion) e poco altro di nota (il singolo Nothing Lasts Forever). Il pathos orchestrale di Forgiven e` piu` che altro imbarazzante.

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Not surprisingly, the Bunnymen fared better with the spare sound of What Are You Going To Do With Your Life (London, 1999). The pathos of Fools Like Us and Baby Rain is nothing terribly revolutionary but it sounds way more real.

Glide is Will Sergeant's new identity. The live recording Space Age Freak Out (Ochre, 1997) marks his debut in the electronica genre with a sound that continues Orb's experiment.

Glide's Performance (Ochre, 2000) is an exercise in all things Brian Eno, ranging from short melodic vignettes to extended ambient tracks. The longest, Frozen Teardrop In Space (31 minutes), is a studio composition (most of the album is the recording of a live performance at a multimedia event) and showcases a subtle interplay of synthesizers and guitars over a few desolate piano notes. Glide's follow-up, Curvature of the Earth (Cooking Vinyl, 2005) is an assortment of (mostly instrumental) experiments.
Echo And The Bunnymen returned with Flowers (Cooking Vinyl, 2001). McCulloch's and Sergeant's specialty remains the dense and surreal arrangements, while the gloom gave them a meaning, an existential reason to be so thick and oppressive. This is probably the better of the three reunion albums because Sergeant's music is prominent again, and the singer mingles in with elegance and nonchalance (rather than pomp and hystrionics).
The duo (plus Vincent Jamieson on drums, Ceri James on keyboards and Alex Germains on bass) digs into the Sixties for inspiration: King Of Kings is a swirling Doors-ian psalm with a bit of Patti Smith, Buried Alive is a sinister blues with echoes of the Velvet Underground, Supermellow Man is a psychedelic ditty, and Make Me Shine has a bubblegum refrain. Everybody Knows is more typical of their production skills. The mood varies from psychotic (It's Alright) to melancholic (Flowers) to radiant (Life Goes On) and peaks with the neurotic pace of An Eternity Turns, possibly the most original song here.
Again, like with the two previous albums, this is classic Bunnymen ...minus the post-punk angst, i.e. this is the literal without the meaning. To their credit, this music is not dated, and that is compliment for a band that has been around for so long.

McCulloch's third solo album, Slideling (Spinart, 2003), sounds like a cross between Paul McCartney and Coldplay (Love In Venus, Sliding).

Echo And The Bunnymen's second reunion album, Siberia (Cooking Vinyl, 2005) repeated the same flows, and couldn't help sounding like the work of aging musicians who have lost the youthful enthusiasm that made even mediocre ideas sound intriguing. Now they simply sound mediocre. The Fountain (2009) was a bit more lively but any number of power-pop acts can do better.

(Translation by/ Tradotto da Angelo Ilardi)

Non c'è da sorprendersi se i Bunnymen se la sono cavata meglio con il suono più scarno di What Are You Going To Do With Your Life (London, 1999). Il pathos di Fools Like Us e Baby Rain non è niente di terribilmente rivoluzionario ma suona comunque più reale.

Glide è la nuova identità di Will Sergeant. Il disco live Space Age Freak Out (Ochre, 1997) segna il suo debutto nel genere dell'elettronica con un suono che continua l'esperimento degli Orb.

Performance (Ochre, 2000) di Glide è in tutto e per tutto un esercizio in stile Brian Eno, che spazia da brevi siparietti melodici a prolungate tracce ambient. La più lunga, Frozen Teardrop In Space (31 minutes), è una composizione in studio (la maggior parte dell'album è la registrazione di una performance live ad un evento multimediale) e mette in mostra un sottile intreccio di sintetizzatori e chitarre sopra qualche desolata nota di piano. Il disco successivo di Glide, Curvature of the Earth (Cooking Vinyl, 2005) è un assortimento di sperimentazioni (per lo più strumentali).

Gli Echo And The Bunnymen ritornano con Flowers (Cooking Vinyl, 2001). La specialità di McCulloch e Sergeant rimangono gli arrangiamenti densi e surreali, mentre la malinconia dà loro un significato, una ragione esistenziale per essere così gravosi e oppressivi. Questo è probabilmente il migliore dei tre album dalla reunion perché la musica di Sergeant è di nuovo protagonista, e il cantante vi si mescola con eleganza e nonchalance (piuttosto che con pomposità e istrionismi).

Il duo (più Vincent Jamieson alla batteria, Ceri James alle tastiere e Alex Germains al basso) scava nei '60 per l'ispirazione: King Of Kings è un vorticoso salmo Doorsiano con un pizzico di Patti Smith, Buried Alive è un sinistro blues con echi di Velvet Underground, Supermellow Man è una canzonetta psichedelica, e Make Me Shine ha un ritornello accattivante.

Everybody Knows è più tipico della loro solita produzione. Il mood varia dallo psicotico (It's Alright) al melanconico (Flowers) al raggiante (Life Goes On) e culmina con l'incedere nevrotico di An Eternity Turns, forse la miglior canzone qui presente.

Ancora una volta, come nei due album precedenti questi sono i classici Bunnymen.. meno la rabbia post-punk, vale a dire un'esecuzione alla lettera, il cui significato è andato perso.

A loro favore c'è da dire che la musica non è datata e questo è un complimento per una band che è in giro da così tanto tempo.

Il terzo album solista di McCulloch, Slideling (Spinart, 2003), sembra l'incrocio tra Paul McCartney e i Coldplay (Love In Venus, Sliding).

L'album della seconda reunion di Echo And The Bunnymen, Siberia (Cooking Vinyl, 2005) va nella stessa direzione, e non può fare a meno di suonare come il lavoro di musicisti in là con gli anni che hanno perso l'entusiasmo giovanile che faceva sembrare intriganti anche le idee più mediocri. Adesso suonano semplicemente mediocri.

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