Hunters And Collectors (1982), 6/10
The Fireman's Curse (1983), 7/10 The Jaws Of Life (1984), 6.5/10 Human Frailty (1986), 5/10 Fate (1988), 6/10 Ghost Nation (1990), 4/10 Cut , 6/10 Demon Flower , 5/10 | Links: |
Gli Hunters And Collectors sono stati un punto di riferimento per il
pop alternativo in Australia durante gli anni '80.
Hunters And Collectors (White Label, 1982) conio` di fatto un genere nuovo, che non era "lo-fi" come quello dei cugini neozelandesi ma non era neppure quello della canzone tradizionale. Tow Truck salmodiava su un ritmo esotico con il sottofondo di un ronzio mantrico e qualche accordo atonale di chitarra, poi cresceva poco a poco fino a diventare un trascinante pow-wow e infine una marziale fanfara funky. Il loro sound era caratterizzato dal connubio fra le percussioni eccentriche di Doug Falconer, gli effetti elettronici di Geoff Cosby, le linee funky del basso di John Archer e le schitarrate dissonanti (alla Fall) di Mark Seymour. Ne risultavano gustose novelty come Drop Tank e balli "moderni" come Talking To A Stranger, ibridi di Pere Ubu e Talking Heads infarciti di episodi periferici ma sempre lungo una base fortemente ipnotica.
The Fireman's Curse (White Label, 1983) accentuo` gli esperimenti,
forte di una formazione di ben otto elementi (compresi trombone e corno).
I brani sono molto piu` atmosferici, a
cominciare da Sway, che ondeggia in un clima tenebroso da film noir e finisce in una fanfara dei
fiati degna delle colonne sonore per thriller. Il crescendo di Curse, puntellato da un lavoro
stordente di chitarra, ha invece il sapore di un cerimoniale primitivo, e il canto assume i toni messianici di
un Nick Cave. Eggheart spinge l'enfasi e le dissonanze a livelli degni dell'agit-prop del Pop
Group e del free jazz. Fish Roar e` quasi un minidramma freudiano alla Jim Morrison. In queste
canzoni lacerate da tensioni paurose, pervase di un'ebbrezza malefica, il gruppo trova il passo epico del
Giudizio Universale.
Con The Jaws Of Life (Slash, 1984) gli Hunters tentarono
invece di vendere quel bislacco pop al grande pubblico.
Cio` non toglie che ogni canzone sia rifinita a livelli maniacali.
42 Wheels procede per cadenze rocambolesche,
mentre Seymour recita un rosario grottesco e l'organo lo incalza con un timbro "acido". Holding
Down A D ricorre a un ritmo "pellerossa" in stile Talking Heads e a "fumate" elettroniche in stile
Pere Ubu. I Couldn't Give It To You inizia persino con uno stacco sinfonico, per poi indulgere in
toni sinistri alla Jim Morrison. Questa prassi armonica trasforma Red Lane in un brano di
minimalismo, con i tamburi di guerra di Falconer a trascinare corno e trombone in una fuga
marziale.
Neppure l'accurato melange di motivi orecchiabili (Everything's On Fire e soprattutto Throw Your Arms Around Me) e di "groove" epidermiche (Is There Anybody In There, The 99th Home Position) su Human Frailty (IRS, 1986) riusci` pero` ad imporre il gruppo oltre la ristretta cerchia dei fan. Da li` ebbe anzi inizio un rapido declino, nonostante January Rain e Inside A Fireball sull'EP Living Daylight (IRS, 1987), Back On The Breadline, Do You See What I See e Back On The Breadline su Fate (IRS, 1988), e il colpo di reni di Ghost Nation (Atlantic), disco dal sound perfetto (When The River Runs Dry, Crime Of Passion, The Way You Live). Sorprendentemente, dopo anni di quell'insipido funkrock, il gruppo ritrovo' la sua vena migliore con l'album Cut (White Label, 1992), riuscendo anzi ad assimilare al suo caratteristico tribalismo persino le cadenze dell'hip hop (Head Above Water). Demon Flower (Shake, 1994) non aggiungera` pero` nulla a una storia che forse e` durata troppo a lungo. |
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