- Dalla pagina su Cheb Khaled di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)


(Tradotto e integrato da Stefano Iardella)

Tipico artista maudit e bohémien in stile francese, Cheb Khaled (pseudonimo di Hadj Brahim Khaled) ha preso il sound della rivoluzione algerina e lo ha trasposto nell'era punk.
Il Raï (un genere musicale algerino che dal 2022 fa parte della lista del patrimonio mondiale immateriale dell'Unesco) divenne la voce dei poveri e degli oppressi e, negli anni della Guerra Civile, la voce della gioventù occidentalizzata antifondamentalista, come documentato su Fuir Mais Ou? (1988).
Il suo stile cambiò radicalmente, nel bene e nel male, con la brillante produzione sintetizzata di Kutche (1989), una pietra miliare di fusion anglo-algerina che annunciò un musicista non più limitato al suo melisma acrobatico, capace di proporre un mix di musica dance occidentale, un concept che è stato perfezionato su Khaled (1992) e N'ssi n'ssi (1993).
Ma poi Khaled finì per prostituirsi con banali raccolte disco-based come Sahra (1997), con il cantautore francese Jean Jacques Goldman, Hafla (1998), Kenza (1999), con Steve Hillage e lo stesso Goldman, 1,2,3 Soleils (1999), con Samra Faudel e Rachid Taha, ecc.


- Torna alla pagina su Cheb Khaled di Piero Scaruffi -