Il chitarrista di colore Vernon Reid (nato in Inghilterra nel 1958, ma cresciuto
a Brooklyn), dopo qualche complessino scolastico (nel 1976 con Melvin Gibbs
al basso nei Point Of View, due anni dopo negli Stepping Stone, di cui si parlo`
bene senza che venisse pubblicato nulla), si fa le ossa nei Decoding Society del
chitarrista jazz
Ronald Shannon Jackson a New York nell'arco di cinque anni e sette album.
Dopo aver fatto parte dei Defunkt di Joe Bowie, e registrato
Smash And Scatteration (Epic, 1985) con
Bill Frisell,
e quindi aver completato la sua preparazione jazz/funk,
nel 1984 decide di convergere verso la musica rock e,
assoldati il cantante Corey Glover,
il bassista Muzz Skillings e il batterista William Calhoun, tutti
musicisti di colore, di
lanciare una propria formazione, i Living Colour.
Se a nobilitare il loro sound sono soprattutto le sue evoluzioni alla Hendrix
del leader, la miscela di blues-rock e funk da` origine a un corposo hard-rock, che si inserisce alla perfezione nel revival del genere.
In pratica, Reid proponeva la versione rock della musica jazz di James Blood Ulmer.
La sezione ritmica era una delle piu` spettacolari e creative dell'epoca.
L'album Vivid (Epic, 1988) risulta cosi` una delle rivelazioni del 1988. Se parte
della critica vede e stravede soprattutto per i temi sociali indirizzati (per
la verita` con scarsa fantasia) dal compositore, come se si trattasse di un
revival delle Pantere Nere, o semplicemente per il fatto che quattro neri
suonino musica da bianchi come il rock, i Living Colour rappresentano in realta`
una novita` musicale piuttosto limitata, ma formalmente impeccabile.
Facendo tesoro delle esperienze di Bad Brains e Public Enemy, immettono gli
elementi piu` spettacolari della cultura nera, quel pescare nel torbido anche
degli accordi piu` elementari e ribaltare sempre le strutture stereotipe
dell'armonia e riescono cosi` a resuscitare un genere come quello
dell'hardrock che non sembrava aver piu` nulla di nuovo da dire.
Il loro approccio e` conservatore fino al plagio, ma dalla loro hanno il genio
di Reid, forse l'unico chitarrista al mondo in grado di fondere schemi jazz e
thrash, capace di comporre un amalgama intelligente di teatrali progressioni
heavymetal e di sofisticati fraseggi bebop; nonche' i poliritmi alla Elvin Jones
di Calhoun, laureato nel 1986 al prestigioso Berkley College Of Music e
specializzato nel confondere anche il tempo piu` banale; e il canto
potente e chiaro di Glover, che aveva invano tentato la carriera di attore e
che non sembra per nulla erede dei ruggenti "shouter" di colore.
Il fattore scatenante e` comunque la chitarra, primattore come tradizione
dell'hardrock.
Un suo magistrale uragano di assoli e contrappunti proietta in orbita
il tema melodico di Cult Of Personality, capolavoro del disco; un suo riff
viscerale sostiene l'andamento sincopato di Desperate People, altro classico;
una sua
devastante distorsione propelle il grido di guerra di Which Way America;
anche se la melodia pop di Open Letter, l'aria country di Broken Hearts,
e la novelty rap-funk di Funny Vibe e soprattutto il ritornello cadenzato e
orecchiabile di Glamour Boys sono esplicite strizzate d'occhio alle
classifiche.
Time's Up (Epic, 1990) ripete il colpo grosso, anche se la musica
e` alquanto sbiadita, contesa fra esperimento e divulgazione, fra futuro e
passato.
Anche i Living Colour tentano di rinnovare la forma canzone del rock, ma
nell'accezione commerciale del progetto, quella di secernere un nuovo AOR.
Ne scaturiscono composizioni articolate che ricordano il progressive-rock degli
Yes (Type), le ballate rhythm and blues (Love Rears Its Ugly Head),
gli erotismi funk di Prince (Under Cover Of Darkness, scritta da Glover);
brani che, lungi dal rivoluzionare la musica rock, compongono invece un quadro
dispersivo.
L'aspetto piu` nobile dell'operazione, l'ardita ricerca sugli arrangiamenti,
ha successo soltanto saltuariamente, in New Jack Theme, un heavymetal tutto
fuori tempo e gremito di effetti elettronici, e in
Solace Of You, costruita su fremiti tropicali e su un bel tema melodico.
Ma ne` l'impianto "retro`" ne` le presunzioni creative riescono a frenare
la loro testarda ricerca di un pop di crossover, che si esprima nei modi
di un imponente colosso hardrock (Information Overload) o in quelli del
manifesto politico (Pride, di Calhoun, forse la canzone migliore).
Dopo il mini-album Biscuits (Epic, 1991),
al basso subentra Doug Wimbish, veterano dei club di New York e sessionman
di tanti dischi rap
(per esempio, Tackhead),
musicista selvaggio e delirante che sa estrarre dallo
strumento suoni fantascientifici.
Stain (Epic, 1993) conferma pero`
la fondamentalmente mancanza d'idee in fase compositiva, flirtando con
speedmetal (Go Away), soul (Leave It Alone), funk
(Nothingness) e hip-hop (WTFF), senza riuscire mai
a pervenire alla sintesi definitiva, al capolavoro che giustifichi lo sforzo.
Soltanto Auslander e Postman tengono alto lo standard del loro
hard-rock.
Nonostante le logorroiche e narcissistiche di Reid, protagonista dell'armonia e`
la sezione ritmica, una delle piu` creative della storia del rock, che trasforma
ogni canzone in una pirotecnica di tempi e vibrazioni.
Ma non possono ovviare all'assenza di buone canzoni.
L'antologia Pride (Epic, 1995) contiene anche gli ultimi brani registrati
dal gruppo, fra cui due delle loro gemme hard-rock
(Release The Pressure, Sacred Ground) e quello che e` forse il
loro miglior brano funk (These Are Happy Times).
Vernon Reid ha pubblicato anche il suo album solista Mistaken Identity (Epic, 1996),
forte di un supergruppo con
Don Byron al clarinetto, DJ Logic al giradischi, Curtis Watts alle percussioni,
Leon Guenbaum alle tastiere e Hank Schroy al basso.
Pesantemente influenzato dall'hip hop, Reid sperimenta con campionamenti,
jazz e ritmi sincopati. La sua chitarra accenna solo saltuariamente verbi
della sua lingua blues (Lightnin) e hard-rock.
Reid ha rivitalizzato l'hardrock e l'heavymetal, ma a scapito del funk e del
jazz, che nella parabola dei Living Colour verso un sound ancor meno
avventuroso ma sempre piu` aggressivo occupano una posizione sempre piu`
subalterna. All'aumentare del capitale tecnico, sembra corrispondere un
progressivo impoverimento dell'ispirazione di questo supergruppo.
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