Lyres
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DMZ: DMZ (1977), 5/10
DMZ: Relics (1981), 7/10 (comp)
On Fyre (1984), 6.5/10
Lyres Lyres (1986), 6.5/10
A Promise Is A Promise (1988), 6/10
Happy Now (1993), 6/10
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Il protagonista del primo revival psichedelico e` l'organista Jeff Conolly (alias Mono Mann), che nel 1977 conio` il verbo con i DMZ, fedeli al principio dell'attacco sonoro crudo e grezzo. Le registrazioni originali del 1977 apparvero su Relics (Voxx, 1981) soltanto anni dopo: Conolly vi appare come un discepolo degli Stooges e dei 13th Floor Elevator maturato attraverso il punkrock dei Ramones (Guilty Child), le nevrosi dei Suicide (Busy Man), il voodoobilly (When I Get Off) e il revival del rock and roll (Do Not Enter, Lift Up Your Hood), il tutto a rotta di collo e volume assordante. L'EP DMZ (Bomp, 1977) e l'album DMZ (Sire, 1978) sono invece da dimenticare.

Nel 1979 Conolly abbandono` l'impeto punk per calarsi con i Lyres nell'autentico torrido sound da piper californiano. How Do You Know (1979) e Help You Ann (1981, con un tremolo di chitarra da capogiro e una grinta da far invidia ai Romantics) sono i primi 45 giri, ma altre gemme energetiche rilucono sul primo Ep (Ace Of Hearts, 1981), come l'epica Buried Alive, il surf martellante di High On Yourself e il rock and roll alla Little Richard In Motion; sul primo album On Fyre (Ace Of Hearts, 1984 - Matador, 2002), affresco epico della civilta` lisergica fitto di cover e riff rubati (Don't Give It Up Now, con il riff di Lucifer Sam e la melodia di You're Gonna Miss Me, I'm Telling You Girl, con il riff di You Really Got Me e cosi` via); e sull'EP di Someone Who`ll Treat You Right (New Rose, 1985).

Lyres Lyres (Ace Of Hearts, 1986) fu l'album della maturita`: non una sola nota saliente, ma l'intero album e` una delizia di necrofilia barocca: il rhythm and blues di Not Looking Back; il soul strascicato di She Pays The Rent; il rock martellante di How Do You Know; il ritornello marziale di You Won't Be Sad Anymore.

A Promise Is A Promise (Ace Of Hearts, 1988) decreto` invece la fine di un'epoca. I Lyres diventano praticamente l'arrangiamento per le canzoni (peraltro brillanti) di un cantautore intellettuale. Cio` non toglie che vengano a galla i soliti residui di surf (Feel Good), folk-rock (On Fyre) e Merseybeat (Here's A Heart).

Rivitalizzando il twang chitarristico e i fraseggi di Farfisa, Conolly aveva dato voce alla nostalgia per la psichedelia da garage e la sposo` alla filosofia nichilista dei punk.

A ben cinque anni di distanza dal precedente, compare finalmente un nuovo album dei Lyres, Happy Now (Taang, 1993), come sempre traboccante di citazioni Sixties e di angoscia adolescenziale. Le urla di Conolly, e gli accordi stridenti del suo organo, costituiscono ormai un archetipo del genere, che in qualche maniera (e a differenza degli omologhi di New York) riesce a superare la semplice nostalgia degli archetipi. I Ain't Goin' Nowhere, 100 Cc, Pain spazzolano lo scibile dei Sixties con immutati competenza e genio. Ma i brani originali sono soltanto tre.

Some Lyres (Taang, 1994) e` una raccolta di rarita`, a partire dal primo 45 giri. These Lyres (Norton, 1996) raccoglie gli ultimi singoli del gruppo (undici in tutto).

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