The classy retro` sound of Tom Petty
linked the Sixties revival with a populist stance and, therefore, with
the mood of ordinary, adult Americans. The songs on
Tom Petty & The Heartbreakers (1976) and
You're Gonna Get It (1978) mimic faithfully the
Byrds, the Who and the Rolling Stones. Each of them could have been on
an original album of those Sixties heroes. Petty's nasal, Dylan-ian whine
gave the revival movement its spokesman. The crystal-clear production
emphasized the impeccable skills of the band, in contrast with the
sloppiness of much punk-rock of the era. Petty reached his
melodic and atmospheric apex on Damn The Torpedoes (1979), whose
songs are powerful mini-dramas, and then ventured into the collective
subconscious of America on albums such as
Southern Accents (1985) and Full Moon Fever (1989)
that reflected the mood of quiet despair of the working-class
and vented heart-felt pessimism. Petty joined Springsteen and Mellencamp
as a chronicler of inner struggles and defeats, and as an emblem of redemption.
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Personaggio di una moralita` esemplare, legato a valori tradizionali di
onesta`, correttezza e fedelta`, Tom Petty ha espresso nella sua musica la sua
tormentata co-esistenza con una civilta` che quei valori li dissacra tutti
i giorni per televisione, al cinema e a Wall Street. Tom Petty e` sempre
sembrato adulto, anche quando aveva poco piu` di vent'anni.
Ultimo grande rocker proletario, Petty erige impeccabili strutture formali
per esprimere quella maschia nostalgia che e` uno dei sentimenti piu` cari al
popolo statunitense.
Cresciuto a Gainesville, nelle paludi della Florida, ovvero nel profondo Sud,
Petty fece gavetta a Tulsa (Oklahoma) alla corte del veterano Leon Russell,
prima di stabilirsi a Hollywood nel 1974 e formare gli Heartbreakers.
Per il suo primo album, Tom Petty & The Heartbreakers (Shelter, 1976),
uscito mentre imperversava la new wave,
il chitarrista e cantante attinse a tutta la tradizione del rock.
Le dieci canzoni sono tutte composte da Petty,
ma le si potrebbe scambiare facilmente per brani d'epoca.
Il suo forte non e` l'innovazione, ma la conservazione, non e` il genio, ma
il buon gusto.
Rifiutando il punk anarchico che dilaga in Inghilterra, l'isteria colta della
new wave di New York e il suono della disumanizzazione che incalza nei cabaret
elettronici, Petty manda a memoria la storia del rock e, come un consumato
entertainer, ricicla tanti dei suoi stereotipi:
le ballate dei Byrds in
American Girl, gli anthem degli Who in Rocking Around
e in Anything That's Rock And Roll, e i lenti dei Rolling Stones in
Breakdown e Strangered In The Rain.
La vocazione piu` autentica del chitarrista si scopre
in due brani come Luna e Fooled Again, nei quali Petty
abbozza un'atmosfera meno linda e piu` tenebrosa, all'insegna di una maledizione
psichedelica venata di languida disperazione.
Il primo chitarrista del gruppo e` comunque Mike Campbell.
Tom Petty sfrutta fino in fondo cliche' di provata presa sul pubblico:
il lamento
nasale alla McGuinn/Dylan, le chitarre scampanellanti alla Byrds, le storie
affrante di anti-eroi perdenti e solitari; ma lo fa con sincerita`, in sintonia
con il personale travaglio psicologico, che da un lato presenta incontenibili
slanci idealisti e populisti (vedi le battaglie legali per far abbassare i
prezzi dei suoi dischi) e dall'altro lo incupisce in una sorta di quieta disperazione.
Il disco successivo, You're Gonna Get It (Shelter, 1978), si mantiene in linea con
lo stile cristallino del precedente, anche se risulta piu` eclettico ed elettrico.
A farla da padrone e` ancora un rock beneducato, piacevole e rilassante, un
concentrato di "good times"-sound, che non mira a rivoluzionare il concetto di
musica, ma semplicemente a proporre delle intelligenti variazioni sui temi
gia` noti: ancora Byrds suadenti in When The Time Comes, Magnolia,
Listen To Her Heart; e rock and roll mozzafiato come
Too Much Ain't Enough e I Need To Know (il piu` dinamitardo in
assoluto della sua carriera).
I meriti e i limiti di Petty sono riassunti in questa moderata "intelligenza" musicale
che gli consente di ottenere piccoli gioielli senza bisogno di sconquassi o
scoperte avveniristiche.
Entrato ormai fra i divi da classifica per quel suono calligrafico che e` cosi`
in rotta con le avanguardie, Tom Petty tocca l'apice del suo personale revival
col terzo Damn The Torpedoes (Backstreet, 1979), che finisce addirittura al primo
posto delle classifiche di vendita.
Se da un lato il gusto tende a una maturazione che lima implacabilmente ogni
punta di isteria e si esprime con maniere piu` complete e piu` curate, con
una evidente simpatia per il compromesso inaugurato da Luna, dall'altro
lo stile, elegantissimo, si pone ormai come un classico, al punto che non ha
piu` senso considerare Petty un figlio degli anni Sessanta, perche' egli e`
diventato ad honorem l'estremo rappresentante di quella generazione.
Il rock and roll di Century City, la ballata melodrammatica Refugee,
il boogie epilettico di What Are You Doing In My Life
e il folk-rock struggente di Even The Losers fanno da cornice ai due
capolavori del disco: la sognante, dylaniana serenata-monologo
Here Comes My Girl e la delicata, nostalgica ballata country
Louisiana Rain, degne apologie di "cuori infranti".
Petty entra negli anni '80 forte di un seguito, di una popolarita` e
di una reputazione che sono secondi soltanto a quelli di Springsteen.
Ma Hard Promises (MCA, 1981) segna un passo indietro:
ripudiato l'impeto passionale dei primi dischi, Petty opta per un seducente
abbellimento del piu` canonico jingle-jangle (The Waiting),
della serenata languida (Letting You Go) e
del piu` lezioso AOR (A Woman In Love),
sfoderando la grinta di un tempo soltanto in A Thing About You e Kings Road.
Il dualismo Byrds/Stones si trascina da troppo tempo e
Petty finisce per essere retrocesso fra gli epigoni di se stesso.
Intanto Stevie Nicks porta al successo Stop Draggin' My Heart.
Se Long After Dark (MCA, 1982) lo riporta in cima al mainstream del rock
Americano, con i ficcanti successi di One Story Town e
Change Of Heart, Petty rimane il poeta di struggenti ballate come
Straight To Darkness e You Got Lucky.
Southern Accents (MCA, 1985) e` una sequenza di monologhi in forma drammatica di un
giovane della classe lavoratrice il cui spirito ribelle accomuna il tradizionale
orgoglio sudista a uno sfrenato istinto di auto-distruzione. Con toni quasi
"Faulkneriani", Petty da` un ritratto intenso ed atmosferico del Nuovo Sud,
dall'inno di Rebels alla ballata barocca
Don't Come Around Here No More,
da It Ain't Nothing To Me alla lunga malinconica
storia che da` titolo al disco.
I successi non mancano, anche quando la vena sembra inaridita.
E anzi la popolarita` aumenta ancora, per effetto dell'alleanza con Dylan,
di cui Petty aveva sempre imitato il canto nasale e l'arrangiamento
folk-blues-rock: l'apocalittica e cinica Jamming Me, da
Let Me Up (MCA, 1987) lo riporta ancora una volta in classifica.
Nel 1987 la sua casa viene bruciata da un vandalo.
Petty recupera la forma migliore su Full Moon Fever (MCA, 1989),
album ricchissimo di storie e di umori dal solito fascino fatalista.
Le sue epopee di falliti (il proclama orgoglioso di I Won't Back Down,
la marziale danza di guerra di Love Is A Long Road,
continuano a tenere col fiato sospeso l'America.
Le dolenti elegie di Free Fallin' e A Face In The Crowd, che segnano
con tono funereo il percorso morale dei tanti "loser" e "loner" della provincia,
sono bilanciate dalla la filastrocca scanzonata Yer So Bad (una delle melodie
piu` memorabili della sua carriera) e dal boogie bruciante di
Runnin' Down A Dream (uno dei suoi rock and roll piu` epidermici).
Le liriche sono sempre da manuale dei poeti americani (lunghi viaggi attraverso
la prateria, sogni che si frantumano, donne cattive e tragedie domestiche).
Petty e` ormai il piu` grande in questo genere che ha ereditato da Dylan e
da Springsteen. E` una bandiera vivente del proletariato, una raccolta vivente
di storie archetipiche della piccola borghesia.
Il sound cristallino e pulito (merito anche del produttore Jeff Lynne)
esalta ancor piu` le cronache drammatiche di Petty.
Questo disco lo ha
imposto come non c'erano riusciti neppure i primi tre, perfetti, album.
Il successivo Into The Great Wide Open (MCA, 1991) segna il ritorno degli
Heartbreakers e brilla dell'onesta` tipica del personaggio,
ma non e` uno dei suoi album migliori: canzoni come Learning To Fly e
Built To Last
sono tecnicamente perfette, ma non hanno cuore
(e meno ancora Two Gunslingers e Into the Great Wide Open).
Il disco solista Wildflowers (Warner Bros, 1994), orfano cioe` degli
Heartbreakers, e` addirittura doppio (e si vocifera che decine di canzoni siano
rimaste inedite). La produzione passa da Jeff Lynne a Rick Rubin, il quale
abbandona gli accompagnamenti sintetici e preferisce concentrarsi sugli
strumenti "organici", ovvero dai suoni un po' arcaici, come il mellotron
e l'harmonium, forse a rievocare i Beach Boys di Pet Sounds.
Petty indulge forse eccessivamente nei toni piu` intimisti del suo canzoniere.
Si passa tutto il tempo ad aspettare che Petty imiti Petty (come in
You Wreck Me).
E` un disco che affonda nell'amarezza della mezza eta`
(You Don't Know How It Feels, Don't Fade On Me).
Il sound di
She's The One (Warner Bros, 1996), colonna sonora di un film,
ritorna alle origini smilze e radiose dei primi due album,
con gli Heartbreakers in eccellente forma.
Le canzoni accentuano la schizofrenia di Full Moon Fever:
da un lato l'artigiano pop di Walls, capace di accoppiare jingle
jangle e organetto surf,
che scodella anche l'orecchiabile California e l'ipnotica, trasognata
Hung Up And Overdue (cadenza di pianoforte, contrappunti di fisarmonica,
violoncello e flauto, e un pizzico dei Beatles di Magical Mystery Tour);
dall'altro il menestrello della ballata acustica Angel Dream e
della lunga e funerea Supernatural Radio.
Tom Petty il rocker e` relegato a una minore Climb That Hill, sfregiata
dalla nevrosi di Neil Young, e alla felicemente sinistra
Zero From Outer Space, con sferragliante passo di boogie e armonica
alla Bob Dylan.
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