Ward Dotson e` stato protagonista di una delle saghe piu` oneste e intelligenti
del roots-rock Americano, prima con i Gun Club),
poi con i Pontiac Brothers e infine con i Liquor Giants.
I Pontiac Brothers erano un quintetto di Los Angeles, formato nella prima
meta` degli anni '80, con l'obiettivo dichiarato di imitare i
Rolling Stones.
Fin dal primo disco, l'orrendo Big Black River (Lolita, 1985), Matt Simon cantava come un Mick Jagger ancora adolescente, mentre Ward Dotson infiorettava il sound di stilettate blues, ben coadiuvato dal giovane Jon Wahl all'altra chitarra.
Doll Hut (Frontier, 1985) riprende alcune canzoni dal disco d'esordio ma soprattutto e` meglio suonato e prodotto. In Work With Me e Whole Damn World e` forte in realta` anche l'eco della furia punk, ma Out In The Rain potrebbe davvero uscire da un disco degli Stones. L'imitazione si spinge al blues bianco scoppiettante dei primi anni '60 con Straight And Narrow. Le inflessioni sinistre di palude di Almost Human e la ballata Keep The Promise completano un panorama che non e` soltanto epigonico.
Fiesta En La Biblioteca (Frontier, 1986) e` finalmente un'opera molto piu` varia i cui apici (Be Married Song e Doll Hut) non dovevano quasi nulla al modello Stones. Nel frattempo Wahl aveva lasciato il gruppo per formare i
Clawhammer.
In quella direzione piu` personale si muove anche Johnson (Frontier, 1988), forse il loro capolavoro. Ain't What I Call Home e` probabilmente il loro boogie piu` scatenato, degno di
Bruce Springsteen
per foga e fracasso (cosi` come Drop Of The Hat); ma la vera novita` dell'opera sta nelle ballate di Dotson, Creep e soprattutto Real Job, che rifanno il verso a quelle di Westerberg (Replacements). L'impeto e` talvolta heavymetal, ma la sostanza e` sempre rhtyhm and blues (American Dream) o rock and roll (Comin' True). Johnson corona la loro progressione dal rozzo bluesrock alla Stones degli
esordi a un passionale power-pop alla Replacements.
Ignorati dal pubblico, i Pontiac Brothers decisero di sciogliersi. Ci vollero
quattro anni perche' ci ripensassero ed uscisse Fuzzy Piece Of The World (Frontier, 1992).
Sorprendentemente il disco rigurgita di temi orecchiabili e sfoggia
una varieta` impressionante di stili, dal beat (Hard to Tell, con il
ritornello piu` orecchiabile della loro carriera)
al folkrock (Suicide Notes,
che potrebbe essere di Dylan),
dal pop (la title-track) al blues (Liberace's Dead).
A segnare la linea divisoria con il passato sono soprattutto le melodie,
tutte fenomenali (anche se quasi tutte gia` ascoltate cento volte negli annali
del rock...). Sotto sotto, pero`, ci sono ancora i vecchi Pontiac Brothers:
il ritornello di Cry, che e` un po' il simbolo del nuovo corso, oscilla
attorno a una frase blues che Jagger avrebbe invidiato.
E' l'album piu` commerciale della loro carriera, ma e` anche quello meglio
suonato e contiene alcune delle loro composizioni meglio riuscite.
I Pontiac Brothers, attraverso le loro due trasformazioni, hanno conservato
un'onesta` piccolo-borghese, e comunque sono riusciti a mettere insieme
un pugno di canzoni
(Work With Me, Out In The Rain, Be Married Song, Ain't What I Call Home,
Comin' True, Cry, Hard to Tell),
che faranno la loro fortuna presso le generazioni future.
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