Redd Kross
(Copyright © 1999 Piero Scaruffi | Legal restrictions - Termini d'uso )
Born Innocent, 6.5/10
Neurotica, 7/10
Third Eye, 6.5/10
Phaseshifter, 6/10
Show World, 6/10
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If English is your first language and you could translate the Italian text, please contact me. I Redd Kross si sono conquistati un posto sicuro negli annali delle bizzarrie di Los Angeles. Quando si formarono, alla fine degli anni '70 (si chiamavano Tourists), Steven McDonald (il batterista) aveva appena dodici anni e suo fratello Jeff (il cantante) non aveva certo il carisma del "frontman". Eppure i brani inclusi nella compilation The Siren (Posh Boy, 1980), usciti un anno prima della grande esplosione hardcore, li resero subito famosi, grazie a capolavori melodici come Annette's Got The Hits e Standing In Front Of Poseur. Il gruppo cambio` poi nome in Red Cross per il primo EP (Posh Boy, 1980).

Benche' suonato in maniera amatoriale e costellato di brani inutili, Born Innocent (1982) presenta il loro humour sardonico di teenager alla ricerca di divertimento emulando il sound classico del passato. I fratelli McDonald avevano chiara la propria vocazione: iniettare il bubblegum e il glam nell'hardcore, ripercorrendo, mutatis mutandis, il cammino dei Ramones attraverso il boogie supersonico di Linda Blair e il rock'n'roll demenziale di White Trash, e quello di Johnny Thunders attraverso il beat scalmanato di I'm Alright e il garage-rock di Kill Someone You Hate.

Dopo un album di cover e un periodo in cui il gruppo sembrava scomparso dalle scene, era venuto il trionfale Neurotica (Big Time, 1987) e l'affermazione del mito underground con la Ballad Of A Love Doll, una canzone ironica che fece strage nei college. Ma tutto l'album era un concentrato di classici rock'n'roll, dalla title track (un pow-wow demoniaco con coretto beat e vocalizzi psichedelici) a Frosted Flake (con la foga e la frenesia del punkrock dei tempi andati), dalle trascinanti figure rhythm'n'blues che contrappuntano il rabbioso ritornello di Peach Kelli Pop al tremendo assalto sonoro in stile MC5 di What They Say (con il ritornello psicotico rubato a Non-Aligned Pact dei Pere Ubu). Steven McDonald fa la parte del leone con i suoi ritmi tribali.

Nei tre anni successivi Jeff McDonald e suo fratello si dedicano esclusivamente a progetti secondari, come quello dei Tater Totz, che fanno parodie di un po' di tutto ma dei Beatles in particolare. Invece di speculare sul momento di popolarita`, gli incorreggibili mattacchioni sperperano il loro talento.

Bisogna aspettare Third Eye (Atlantic, 1990) per riprendere la storia da dove era stata interrotta. Il trio (Jeffrey McDonald al canto, suo fratello Steven al basso e Robert Hecker alla chitarra) e` al culmine della propria abilita` compositiva ed esecutiva e il successo nelle classifiche di vendita arriva puntuale per The Faith Healer e Bubblegum Factory, degne (non a caso, visto il precedente dei Tater Totz) dei Beatles piu` sdolcinati, con organetto da surf, coretti del Mersey, schitarrate folkrock, assoli alla Ventures e compattezza alla Spector. L'intero album scorre all'insegna di un manierismo certosino, da far impallidire persino gli REM nella ballata esistenziale di Where I Am Today, gli U2 nella graziosa elegia di Annie's Gone e Petty nel "folk-rock and roll" spedito di Debbie & Kim.
Se il singolo elemento e` il massimo della banalita`, l'insieme nasce spesso da combinazioni imprevedibili, come quando Shonen Knife accompagna i riff contorti, la grinta volcale e le cataratte ritmiche degli Who con ritornelli corali alla Moody Blues; o come quando il ritornello alla Monkees di Elephant's Flare si fa largo in un'orgia di staffilate heavymetal e trovate eccentriche. Il loro potente e fantasioso powerpop aggredisce persino le strutture del country-rock, in I Don't Know How To Be Your Friend.
A svettare e` soprattutto la chitarra di Hecker, capace di far coesistere figure boogie a stacchi funky in 1976. I vocalizzi di McDonald, dal canto loro, hanno il pregio di saper imitare tanto il registro di Lennon quanto quello di McCartney, tanto quello di Daltrey quanto quello di Jagger, tenendosi sempre un'ottava piu` "effeminati" dell'originale, in un raro spettacolo di duttilita'.

Passano altri anni prima che esca Phaseshifter (Mercury, 1993), che vive le contraddizioni degli anni '90. Da un lato infatti Jimmy's Fantasy tenta di imporre un sound piu` volgare con poderose fucilate "grunge", ma due gemme di ruvido garage-pop come Visionary e After School Special dirottano il disco e danno il la` a una sfilata di certosine riesumazioni. Tutto, l'irruenza in stile Who di Lady In The Front Row, l'esuberanza "Beatles-iana" di Saragon, la saccarina formato Hollies di Monolith, rimane peraltro avvolto in un baccano assordante, lo scotto da pagare alle mode del momento. La formazione vede i fratelli McDonald affiancati da Eddie Kurdziel alla chitarra e Gere Fennelly alle tastiere.

Su Show World (Quicksilver, 1997) non e` rimasto nulla del loro passato punk (proprio adesso che Green Day e Offspring traggono vantaggio dalle loro intuizioni): questo e` soltanto un gruppo pop, disperatamente alla ricerca del successo di classifica che consenta loro di pagare i debiti. E` un album davvero noioso, quasi degno del brit-pop piu` deleterio.

Nonostante le numerose cadute di tono, i Redd Kross restano fra i grandi professionisti del revival dei Sixties: stendono una patina di produzione heavymetal su un arrangiamento che e` un elegante e armonioso collage di citazioni e stereotipi. Il loro forte rimangono comunque soprattutto le melodie e il modo (armonie vocali, cambi di ritmo, contrappunto di organo, riff di chitarra) in cui riescono a sottolinearle.

After 15 years, Redd Kross reformed to record Researching The Blues (Merge, 2012), a collection of hooky riffs (Uglier), rawer garage assaults (Researching The Blues), trivial refrains at frantic pace (Stay Away From Downtown) and slower gentler retro-nostalgic melodies bordering on Merseybeat (Hazel Eyes).
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