Minneapolis' success story was that of Soul Asylum, originally disciples of
Husker Du, whose
Made To Be Broken (Twin Tone, 1986) retained the verve of pop-core while
adopting the romantic cliches of power-pop and folk-rock.
As guitarist Dan Murphy and vocalist Dave Pirner matured, the band's style
veered towards a melodic hard-rock tinged with the Replacements' epos on
Hang Time (1988). The mainstream sound of
And The Horse They Rode In (1990) led to Runaway Train (1992),
their best compromise between generational anthem and power-ballad.
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La carriera dei Soul Asylum e' stata contrassegnata da una serie di alti e
bassi; ma in realta' il problema del gruppo era sempre stato quello di
trovare un minimo di stabilita' e di sicurezza.
I loro dischi erano mal prodotti e ancor peggio promossi.
Composizioni come Stranger (dal primo),
Made To Be Broken, Tied To The Track, Ain't That Tough (dal secondo),
Crashing Down (dal terzo), Little Too Clean, Sometime To Return,
Standing In The Doorway (dal quarto), Can't Go Back, Miracle Mile,
Cartoon (le ultime tre del chitarrista Dan Murphy, tutte le altre del
cantante Dave Pirner),
che avrebbero reso ricchi altri, venivano invece registrate in maniera
approssimativa (anche per l'imperizia dei membri) e perdevano pertanto
gran parte del loro potere emotivo.
In realta' i primi dischi lasciavano gia' trapelare la grandezza del complesso,
in particolare le doti
di cantautore di Pirner. Sul primo album, Say What You Will (Twin Tone, 1984),
c'era gia' tutto il loro genio: Pirner grida sgolato l'esorcismo di
Voodoo Doll su un ritmo funky-tribale, balbetta il rock and roll epilettico
di Money Talks, canticchia spastico nell'honky-tonk di Walking, delira
fuori misura nel punkrock sferragliante di Black And Blue. Il piglio e'
sempre quello dei gioviali collegiali, influenzato dalla demenzialita' dei
Ramones, ma sotto sotto gia' segnato da lividi tragici.
I Soul Asylum erano fuori dall'hardcore, stavano anzi coniando un genere
originalissimo di interpretare con il furore e la passione dei neri generi
e tematiche tipicamente bianchi, tanto da far sembrare il country un sottocaso
del blues e il pop un sottocaso del gospel.
Non esitavano neppure ad impiegare le note accorate di un sassofono per
accompagnare la ballata Stranger, l'indizio piu' evidente della carriera
che seguira'. Qui il pathos di Pirner si riversa in uno stile di canto che sa
di pianto dirotto, di singhiozzi amari, di dolore atroce.
Ogni brano sfoggia una sua identita' ben distinta, senza condizionamenti e
senza tentennamenti. Tutt'al piu' l'eccesso di ironia le fa sembrare talvolta
delle novelty. Nei casi estremi Pirner sembra condurre un'orchestrina
di dementi o di ubriachi (Happy), ma non perde mai il senso della melodia
e dell'unita' armonica.
Un'enorme maturazione, in fase sia compositiva sia esecutiva, fece due anni dopo
di Made To Be Broken (Twin Tone, 1986)
uno dei primi album "pop" del dopo-hardcore.
In canzoni orecchiabili come
Tied To The Track e Ship Of Fools venivano
recuperati alla grande il ruolo baricentrico della melodia e quello periferico
delle armonie vocali.
Balzavano improvvisamente in primo piano la chitarra di Murphy, seconda voce
melodica del complesso, e la batteria del nuovo arrivato, Grant Young, con le
sue cadenze epidermiche. Pirner si faceva portavoce delle frustrazioni
adolescenziali e accordava il suo registro a un ruggito da ribelle bianco.
Murphy scriveva il suo primo capolavoro, Can't Go Back, ballata epica
e fatalista fra powerpop e folkrock.
I residui di garage-rock, come l'indemoniato pow-wow di Whoa, poco in sintonia
con il tono "serio" del disco, o la ruvida Ain't That Tough, con un crescendo
boogie e un contrappunto melodico dalle tonalita' eroiche (due capolavori di
arrangiamento) aggiungevano un po' di pepe. La macchina dei Soul Asylum era
adesso perfettamente oliata.
Al tempo stesso Pirner e Murphy riesumavano con maggior consapevolezza (e
rispetto) il fantasma della musica country, che gia' faceva capolino in
molti dei brani di Say What You Will (Twin Tone, 1989).
Ne scaturiva un "thrash-folk" che
innestava le melodie accorate e le cadenze marziali del folk nel marasma del
punkrock: la quadriglia di Another World, la title-track che oscilla fra il
bluegrass e la Band, la sbrigliata sarabanda di New Feelings.
Infine Pirner abbassava la voce e lo sguardo e intonava Never Really Been, uno
dei suoi mesti inni per gli sconfitti e i solitari della sua generazione.
L'album era destinato a rimanere il loro capolavoro e uno dei capolavori in
assoluto della scuola di Minneapolis.
Tanto felice era la vena compositiva di Pirner che il complesso registro'
subito un seguito: While You Were Out (Twin TOne, 1986).
Al confronto del precedente
questo album e' esageratamente isterico e frastornante; predilige i toni
"anthemici" del garage-rock piu' arroventato (Carry On)
e di un "cowpunk" accelerato allo spasimo (Crashing Down);
lascia l'impressione di voler invadere le sfere dell'heavymetal e del rock
sudista (Judge, Never Too Soon).
Il registro "piangente" di Pirner trova spazio soltanto
nel lungo blues strascicato di Passing Sad Daydream.
Non a caso il numero migliore e'
una filastrocca country alla Violent Femmes, No Man's Land.
Miracle Mile e' il tassello che Murphy infila nel mosaico, anch'esso
stravolto dalla foga del disco.
Anche Closer To The Stars e Freaks non sarebbero state male sul
disco precedente, ma rimane l'impressione che il gruppo le abbia registrate
in fretta e furia, soltanto per speculare sul momento di popolarita`.
Hang Time (Twin Tone, 1988) e' invece l'album della consacrazione.
Gli Husker Du si sono sciolti e i Replacements hanno iniziato la parabola
discendente: i Soul Asylum raccolgono la bandiera di Minneapolis, ripartendo
da Made To Be Broken. L'inizio e' all'insegna dell'hardrock venato di blues
degli anni '70 (gli Aerosmith nell'orecchiabile e sincopata
Little Too Clean, i Led Zeppelin nel chitarrismo stratosferico di
Down On Up To Me, i Lynyrd Skynyrd nella grinta sudista di Ode),
e piu' avanti faranno la loro apparizione il rock and roll grintoso di
Standing In The Doorway e il boogie scalmanato di Jack Of All Trades;
ma Sometime To Return trionfa con un ritornello powerpop e un accompagnamento
di distorsioni che fungono da "jingle jangle", e da li' in avanti prende il
sopravvento la Melodia con la "M" maiuscola: l'inno maestoso di Cartoon, un
folkrock corale da stare sull'attenti (Murphy l'autore), il beat spigliato alla
Who di Marionette. E' questa la chiave di lettura dell'opera, e, in generale,
della nuova carriera del gruppo.
Pirner ha imparato a modulare il suo grugnito, a padroneggiare la sua
terrificante emotivita', a temprare il suo arcigno melisma in una forma
ballata talmente addolorata da ricordare un salmodiare liturgico
(Beggars And Choosers, Endless Farewell).
Murphy e' altrettanto smaliziato, ormai onnisciente di ogni sorta di
tocchi chitarristici d'effetto, senza mai scadere nel protagonismo o nel
sensazionalismo; il suo e' un sottofondo armonioso di rintocchi
che esplode all'improvviso in riff di vita vissuta.
Young e' un modello di precisione e pulizia.
La varieta', la complessita' e l'eccellenza delle composizioni (fra cui anche un
altro scherzo alla Violent Femmes, Twiddly Dee) pone i Soul Asylum alla testa
del rinnovamento.
Corposo e sanguigno, il sound dei Soul Asylum celebra il matrimonio degli anni '80
con gli anni '70, cosi' come quello degli Husker DU aveva celebrato
quello con i '60.
Una fondamentale incertezza del gruppo era in effetti dovuta alla schizofrenia
del sound, che da un alto tentava di rimanere agganciato ai maestri del
Midwest (Husker Du e soprattutto Replacements) e dall'altro voleva aprire a
nuove sonorita', del tutto indifferenti all'hardcore.
A partire da Hang Time ebbe inizio la trasformazione che avrebbe
definitivamente seppellito il primo gruppo e lasciato mano libera al secondo.
La progressione e' stata rapida e inarrestabile: nei casi peggiori la
scintillante produzione di And The Horse They Rode In (A&M, 1990) li fa
assomigliare a una versione rurale dei Def Leppard o dei Journey
(Something Out Of Nothing), ma nei casi migliori (a partire da Veil Of
Tears, che ruba agli Stones il "refrain" di One Hit To The Body)
sottolinea un potente soul-rock.
Se ne avvantaggia Murphy (alla cui penna si deve la
fiaba leggiadra di Gullible's Travel, uno dei numeri migliori),
il cui stile
di accompagnamento altamente eclettico, pur rinunciando agli assoli, e'
costantemente primattore. E' in pezzi "minori" come la ballata da pub
Nice Guys e il country & western Brand New Shine che il gruppo dimostra
la propria incredibile fantasia armonica, caratterizzata da
un bizzarro senso della melodia e del ritmo, che li porta a prediligere
sempre soluzioni difficili invece che accontentarsi di esaltare
il ritornello e il riff.
Pirner, a sua volta, non e' tanto Young quanto Costello nei powerpop di
Spinnin' e soprattutto di Easy Street, e le sue liriche sono slogan ideali
per gli "sticker" della generazione piu' confusa del Dopoguerra:
"If I lost my mind/ would you help me find it";
"I need something to feel that the rest of my life's not in vain";
"Who do you turn to when the ones you turn to turn on you?"
Almeno Veil Of Tears e Easy Street si aggiungono al suo canzoniere.
Persa la verginita' e con essa il pudore, Grave Dancers Union (Columbia, 1992)
scala cosi' le classifiche di vendita con un sound vario e medio
che non prova neppure piu' a sembrare alternativo, ma prova semmai a
coprire il vuoto commerciale che separa i Guns & Roses dagli Husker Du.
Il nuovo repertorio e' rock and roll (Somebody To Shove), powerpop
(Without A Trace), hardrock (Get On Out), persino industriale (99%), ma
i Soul Asylum trovano una nuova vocazione nei toni teneri e tenui di canzoni
cantate sotto tono e arrangiate in maniera pudica come se fossero delle serenate
o delle ninnananne: Black Gold, una filastrocca folk quasi bisbigliata;
New World, lenta, solenne e classicheggiante; Sun Maid, una delicata fiaba
orchestrale (quasi Donovan);
e Runaway Train, la ballata piu' orecchiabile e romantica della loro carriera.
Sono composizioni cariche dell'energia fatalista della vita vissuta, colme di
nostalgia e di malinconia.
Pirner e' al culmine delle sue doti canore: il suo "phrasing" tremante, che
si libra all'improvviso in urla punk, riesce a non perdere mai il filo della
melodia, a passare con dolcezza dallo spleen piu' cupo all'ira piu' furente.
E Murphy ha messo a punto un chitarrismo discreto e cristallino che e' la
quintessenza dell'accompagnamento folkrock.
Pirner (classe 1964), che si ostina a considerare Artificial Heart (un brano
scartato da Hang Time) la sua miglior composizione di sempre, e' un altro dei
grandi "autori" del Midwest. Anzi, al declinare di Westerberg il giovane Pirner
(e' del 1964, ha iniziato giovanissimo) e' diventato il massimo cantore del
"thrash-folk", autore di alcune delle
composizioni drammaticamente e liricamente meglio sceneggiate dell'ultimo
decennio. La sua voce suadente e infida, che a tratti imita i singhiozzi di
un pianto e a tratti scorre sulle note come quella del piu' smaliziato dei "pop
singer", e' diventata "la" voce del rock populista.
Let Your Dim Light Shine (Sony, 1995) completa la transizione da punk
arrabbiati del Midwest a colonne del mainstream. L'album e` schizofrenicamente
diviso (con previsione quasi svizzera) in ballate gentili alla Runaway Train
(I Did My Best e soprattutto String Of Pearls, arrangiata sontuosamente con
chitarra funky e organo gospel).
e canzoni pop-metal alla Bon Jovi (Nothing To Write Home About,
Bitter Sweetheart, a meta` strada fra John Coughar Mellencamp e Eddie Cochran,
e soprattutto Just Like Anyone, il ritornello piu` orecchiabile).
Misery, il primo singolo, suona come i Police di Don't Stand So Close e
i Buggles di Video Killed The Radio Star.
Promises Broken, il secondo, sta a meta` strada fra gli Eagles piu` sognanti e i Beatles piu` languidi.
Le liriche sono sempre pessimiste, ma suonano un po' ipocrite.
Dopo aver perso la faccia, il gruppo perde anche il pubblico e presto perde
anche il contratto.
E infatti il gruppo si sfalda.
Murphy da` vita con Chris Mars dei Replacements,
Gary Louris e Marc Perlman dei Jayhawks
ai Golden Smog. Dopo un EP di covers, perso Mars e acquisito
Jeff Tweedy dei Wilco,
il supergruppo registra
Down By The Old Mainstream (Rykodisc, 1996),
sul quale figurano due canzoni degne del repertorio dei Soul Asylum:
Redheaded Stepchild e
Nowhere Bound, cantata dall'ospite d'onore Pirner.
Weird Tales (Rykodisc, 1998) sara` invece un disco piu` di Tweedy
(Jane) che di Murphy (To Call My Own).
Se, personalmente, Pirner si e' gia' guadagnato la sua fetta di gloria, i
Soul Asylum devono ancora affidarsi a Made To Be Broken, in quanto
quello e' l'unico disco su cui sono riusciti a catturare l'energia delle loro
esibizioni dal vivo.
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