Suzanne Vega, nata a Los Angeles ma cresciuta nel ghetto portoricano di
New York e laureata in letteratura, ebbe il coraggio di
fare la folksinger in un'era in cui quel tipo di musicista rock sembrava
estinto per sempre.
Suzanne Vega (A&M, 1985) raccoglie finalmente i brani che Vega
raffina da anni, le
varie The Queen and the Soldier, Marlene On The Wall, Cracking, Small Blue Thing.
Un nugolo di appassionati ammiratori, da Peter Gordon a Lenny Kaye a Mark
Isham collabora ad arrangiare ed elettrificare quelle ballate.
Anomala figura di bohemien "malata", per nulla selvaggia, anzi
tenera e crepuscolare, Vega esplora dall'interno un microcosmo che fa pensare
a un fiabesco dopo-apocalisse.
E` lo stesso mondo cantato un decennio prima dal Lou Reed di strada, ma per
Vega e` diventato un mondo "quotidiano", non straordinario.
La sua liturgia della solitudine adolescenziale pennella storie innocenti e
commoventi che provengono da un'infanzia magica e malinconica, dove il colore
e' un grigio uniforme e dove persino i giocattoli sembrano provare dolore.
Le canta con una voce distaccata e sognante, piana e persino monotona, che
rende la noia e l'incubo della vita nella metropoli.
Il successo del disco e` enorme e da` il la a tutto il fenomeno di revival
dei folksinger.
I singoli Left Of Center (1986) e Luka (1987) raffinano la sua
tecnica di canto, che unisce il soprano "montanaro" di Joni Mitchell, il gelido
recitato di Laurie Anderson e il bisbiglio onirico di Tim Buckley,
e le sue liriche di alienazione urbana,
e preparano il terreno per Solitude Standing (A&M, 1987), che si apre con
il monologo a cappella di Tom's Diner (un altro semi-hit),
include Gypsy e Calypso (due canzoni scritte nove anni prima!)
e trionfa nella trance di Wooden Horse.
Piu` emarginato, Days Of Open Hand (A&M, 1990) rinuncia alla canzone narrativa
a favore di meditazioni piu` concise e circoscritte, puntando tutto sulla
capacita` di Vega di identificarsi con il paesaggio urbano che canta,
siano suicidi, mutilati di guerra o persino bambini non ancora nati
(a cui dedica il valzer/ninnananna di Tired Of Sleeping).
A prevalere e` pero` il ritornello pop di Book Of Dreams.
Persa l'innocenza delle prime prove, Suzanne Vega sviluppo` un discorso
di modernizzazione che era iniziato forse con Tom's Diner (la cui
versione acid-jazz divenne un successo internazionale nel 1989).
99.9 F (A&M, 1992) impiega arrangiamenti lambiccati
(merito del marito Mitchell Froom)
che in parte ricordano Tom Waits per il calcolato e
anomalo recupero della tradizione e in altri sanciscono semplicemente
l'aggiornamento all'epoca della techno (Fat Man And Dancing Girl)
e industriale (Blood Makes Noise). Vega cerca nuovi sfoghi per la sua
verbosita` con In Liverpool e Rock In The Pocket,
ritrovando le sue origini soltanto in As Girls Go e When Heroes Go Down.
La cantautrice che meglio aveva rappresentato l'eta` della paura, i
turbamenti dei deboli, e` in realta` ancora alla ricerca di un'identita'
artistica.
Vega rientra nel 1996 dopo la parentesi familiare (matrimonio e gravidanza) con
Nine Objects Of Desire, sorta di concept autobiografico ancor piu` sofisticato
negli arrangiamenti, a partire dal soul organistico con cadenze voodoo di palude
che lo apre, Birth-day. Headshots e` una di quelle filastrocche svagate alla
A Day In The Life che si librano in apoteosi surreali. E infatti sembra di
ascoltare qua e la` reperti dei Beatles, tanto nelle armonie vocali dei brani
orecchiabili quanto nella progressione pianistica di World Before Columbus.
Narratrice implacabile, Vega esplora con la consueta smaliziata morbosita`
le insidie dell'amore lesbico in Stockings e ritorna al suo registro piu`
consueto in Cheap Thrill.
Meno le si addice il ruolo della chanteuse di night club, quella di Caramel
e di Thin Man, avvolta in vellutate atmosfere caraibiche e jazz. La modernita`
a tutti i costi di Casual Match la propone anche nei panni, ancor meno
indicati, di diva da discoteca.
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