Best of the folk-rock generation of the 1980s were Mike Scott's Waterboys,
particularly on the eclectic and melodic This Is The Sea (1985),
featuring keyboardist Karl Wallinger and saxophonist Anthony Thistlewaite.
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I Waterboys sono uno dei gruppi che ha contribuito a rinnovare la decennale
scuola del folk-rock britannico aggiornandola alle istanze post-punk degli
anni '80.
Il gruppo nacque nel 1982, per iniziativa di
Mike Scott (canto, chitarra e pianoforte), gia` attivo da anni con diverse
formazioni e Anthony Thistlewaite (sassofono).
Per quanto vicini al movimento folk scozzese, si trattava di un gruppo di
musicisti provenienti anche da Galles e Inghilterra e stanziati a Londra.
Sull'EP omonimo (Chicken Jazz, 1983) svetta soprattutto
A Girl Called Johnny,
che incrocia il verso da colonna sonora televisiva del sassofono e il passo alla
Elton John del pianoforte, un po' "glam" e un po' "retro`".
Piu` rappresentativa ancora e` la ballata December,
che prefigura il pathos della maturita` e
in cui Scott dimostra buone doti di imitatore di Bruce Springsteen.
Il primo album, Waterboys (Ensign, 1983 - Chrysalis, 1986)
conferma pregi e difetti dell'operazione, poco originale anche
se ben confezionata.
A svettare e` ancora il sassofono, disteso in un incalzante riff di rhythm and blues,
nell'arringa arrabbiata di I Will Not Follow.
Scott e` un urlatore dignitoso, ma non molto originale.
Con Karl Wallinger alle tastiere il gruppo registra
A Pagan Place (Ensign, 1984), arrangiato in maniera lambiccata (oltre al sassofono e al pianoforte si aggiungono per le
registrazioni anche un violino e una tromba). Il rock proletario ed enfatico di Springsteen domina
Church Not Made With Hands e Rags; mentre il suo animo "glam" trabocca in Big
Music, in cui sembra di sentire un David Bowie o un Roger Waters prodotto da Jim Steinman, con
tanto di coriste gospel. Nella title-track rimane soltanto una versione amatoriale del rock operatico e
sinfonico del secondo e nel lamento penoso di Red Army Blues sembra di sentire un Bryan Ferry
ottantenne. E inflessioni gospel e funky propellono anche il folkrock di All The Things She Gave
Me, da far ricordare i complessi piu` commerciali di dancepop. Mostruosamente epigonico, Scott ha
soltanto il merito di non avere pudore.
Le ambizioni del leader fecero di
This Is The Sea (Island, 1985 - Chrysalis, 1987)
un album tanto vario quanto confuso.
Se e` quasi comico l'assolo "spagnolo" di tromba (da film di toreri) che apre
Don't Bang The Drum, un pomposo pop alla U2, e sono rubate a
Penny Lane dei Beatles le trombe barocche e le progressioni di
pianoforte di The Whole Of The Moon, il brano piu` melodico
del disco (e forse il loro capolavoro),
in altri brani l'iniezione di blues e country sortisce un ibrido intrigante
(il blues-a-billy Be My Enemy, uno dei loro apici).
Brani come Medicine
Bow lasciano sempre l'impressione che Scott sarebbe riuscito meglio se si fosse limitato ad imitare
Elton John, mentre la boriosa title-track indulge in climi melodrammatici che non concedono scampo.
Potrebbe trattarsi di un ottimo disco di parodie di generi di moda.
Questo disco inventa comunque una nuova carriera al gruppo e trova un pubblico
molto piu` ampio.
Fisherman's Blues (Chrysalis, 1988) cambio` drasticamente corso:
i Waterboys diventarono di colpo un
gruppo di folk prevalentemente acustico.
Lungi dal proporre una visione originale della
musica tradizionale (come invece facevano da anni i Pogues), i Waterboys si limitano pero` a speculare su
sonorita` piu` o meno suggestive, contando sul fatto che le giovani generazioni non abbiano mai ascoltato
i Chieftains (And A Bang On The Ear), Van Morrison (Strange Boat) e il Dylan di
Desire (la title-track). A salvare il disco sono gli interventi (magistrali) del violinista Steve
Wickham.
Il disco segna forse semplicemente il momento in cui Scott, incapace di
affermare una personalita` artistica,
getta la spugna e si rassegna a una carriera di mediocre folk da birreria.
Too Close To Heaven (BMG, 2001) raccoglie gli scarti di quelle
sessioni.
Nel frattempo Wallinger aveva lasciato il gruppo per andare a formare i World
Party.
Room To Roam (Chrysalis, 1990) continuo` la progressione dei Waterboys
verso un sound sempre piu` rustico, mescolando un po' di country e di cajun nella ricetta.
Ma le ballate di Scott sono spesso soporifere e comicamente seriose
(A Man Is In Love la migliore).
Abbandonato da tutti, Mike Scott, registra a New York con un pugno di
sessionman l'album Dream Harder (Geffen, 1993).
Finalmente libero da maschere impegnate e semplicemente alla ricerca del
ritornello pop (che trova almeno in Glanstonbury Song e
Preparing To Fly), Scott convince anche i suoi fan della propria
mediocrita`, malcelata dietro le sceneggiate melodrammatiche e gli
esperimenti imbarazzanti di Spiritual City e
The Return Of Jimi Hendrix.
Bring 'Em All In (Chrysalis, 1995) getta la maschera ed esce a suo nome.
Annunciato come un gesto catartico (Scott vi suona tutti gli strumenti e lo
registra in tutta umilta`), il disco accentua in realta` i difetti del
precedente. I testi di alcune canzoni sono degni di un avido lettore di
libri new age.
L'omaggio a Dublino di City Full Of
Ghosts deve aver fatto arrossire d'imbarazzo piu` di un irlandese.
She Is So Beautiful e
Bring 'Em All In sono i brani piu` musicali.
Mike Scott (Chrysalis, 1997) e
Still Burning (Minty Fresh, 1998)
sembrano raffazzonate antologie di
varie ed eventuali piu` che esercizi di eclettismo stilistico.
Scott e` un personaggio tuttora irrisolto, che non ha mai dimostrato un vero
talento ma a cui bisogna dar credito di averlo testardamente cercato.
This Is The Sea e` probabilmente il miglior album dei Waterboys e
oggi si puo` sospettare che Scott non ne fosse stato il protagonista.
Whole Of The Moon (1998) e` un'antologia dei Waterboys e dei primi
due album solisti di Scott.
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