Lo stile lento e cerebrale degli Slint (forse con un pizzico dell'obliquita`
dei Polvo) e` resuscitato a San Francisco nel trio di Erik Hoversten (chitarra
e canto, anche nei Threnody Ensemble) John Benson (basso) e Andee Connors (batteria): gli A Minor Forest.
Formati nel 1993, pubblicarono numerosi singoli ed EP prima di pubblicare un
album.
Le lunghe improvvisazioni strumentali di
Flemish Altruism (Thrill Jockey, 1996 - Runt, 1997), registrate
nell'arco di tre anni, vagano senza meta per minuti interminabili.
Bill's Mom Like To Fuck impiega dieci minuti a coagulare in
un urlo terrorizzato. E cio` non e` nulla al cospetto della tortura
ancor piu` apocalittica di So Jesus Was At The Last Supper (quattordici minuti).
I timbri sgraziatissimi non contribuiscono alla facilita` d'ascolto.
Ed Is 50 ha se non altro un violoncello ad animare il torvo paesaggio
armonico.
Ci si risveglia d'improvviso con i riff tempestosi e terribilmente fuori tempo
di The Loneliest Enuretic, l'unico brano in cui circola del sangue rock.
I brani si trascinano stancamente e alla fine il disco dura 75 minuti.
Quando gli Slint hanno deciso di tornare sulle scene, lo hanno fatto con
un singolo di nemmeno 15 minuti. E avevano molto di piu` da dire.
Inindependence (Thrill Jockey, 1998), improbabile tributo all'heavy
metal, mescola lunghe improvvisazioni strumentali e canzoni compatte. Le canzoni
lasciano alquanto a desiderare: le liriche sono poche e impercettibili, e
costituiscono piu` una distrazione che un'attrazione.
Erik's Budding Romance e` forse la migliore del gruppo.
Le jam strumentali
sono invece all'altezza del primo album, se non superiori in fatto di maturita`
e vigore.
The Dutch Fist comincia al passo catatonico dello "slo-core", ma poi si
inalbera in una progressione geometrica che fa pensare a un raga suonato dai
primi Sonic Youth.
Look At That Car, uno dei loro vertici, si apre con i rintocchi stridenti
della chitarra che ripetono una melodia sgraziata a volume sempre piu` alto,
fino a scatenarsi in una bagarre incandescente.
The Smell Of Hot, un tour de force di 18 minuti, sublima questo connubio
fra improvvisazione jazz e geometrie minimaliste, e infatti finisce per
ricordare le Saxophone Improvisations di Anthony Braxton piu` che
Shellac e Don Caballero. Gli accordi che danzano compassati sui droni "sottili"
dell'organo, le schermaglie tetre e spigolose, i frammenti melodici che nuotano
pigramente nei controtempi della batteria, i cicli armonici in crescendo, le
pause cervellotiche, rappresentano uno spaccato del rock d'avanguardia degli
ultimi vent'anni.
Il pianoforte conduce invece la danza anemica di Discoier.
Gli A Minor Forest hanno la maturita` per calibrare le metamorfosi con pacata
razionalita` e per incastonare le dissonanze in una geografia sonora molto
rigorosa.
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