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Gli Ass Ponys provengono dall'Ohio (da un paese vicino a Cincinnati).
Il primo album, Mr Superlove (Okra, 1990), definisce una volta per
tutte il loro stile: la ballad ariosa e maestosa, dai testi realisti (anzi
naturalisti), come dal manuale di composizione degli amici e maestri Afghan
Whigs, ma con un verace piglio campagnolo.
L'asse portante del gruppo e' composto dal cantante Chuck Cleaver, il cui
falsetto vibrato discende da quello di David Thomas dei Pere Ubu, e dal
chitarrista John Erhardt, i cui isterici arpeggi country fanno da contraltare
alle intense passioni di brani come la title-track, Eleven, Fingers Fall,
pregni di Dylan, Young e quanti altri hanno battuto le grandi praterie dello
spirito dei solitari.
Anche i ricordi piu' accorati zampillano dalle loro radici, da uno sfondo
sonoro che e' quello della loro terra, dal country ruspante di
Hey Swifty, Bible House e di Ride Ramona, per quanto deformato, e quasi
degradato, da una bizzarra fantasia strumentale.
Per un ritornello arioso come Thank You For The Roses o uno scherzo come
Peanut Butter, che scimmiotta le novelty degli anni '50, ci sono dieci
marce funebre pronte a seppellire l'ombra di un sorriso dalla faccia del
ragazzo medio di provincia.
Grim (Safe House, 1993) e' una raccolta piu` matura di
novelle rustiche degne dei migliori scrittori sudisti. Il popolino di
provincia e i suoi drammi quotidiani scorrono nelle cantilene accorate di
Azalea, No Dope No Cigarettes, Disappointed e Ballpeen
(che ruba ai Procol Harum un po' di Whiter Shade Of Pale).
Sfumature appena piu' patetiche compaiono nella serenata tex-mex di
I Love Bob e soprattutto nel valzer funereo di Julia Patrana.
L'opera e' imponente (sedici canzoni per oltre un'ora di musica) e non
lesina variazioni sul tema, dal languido country-rock di It's Not Happening
all'ipnotico girotondo psichedelico di Her Father Was A Sailor,
ma il tema rimane quello: una classe di metafore altamente evocative, espresse
con una grammatica molto ridotta, per trovare nel particolare le ragioni
dell'universale.
Sul fronte piu' movimentato si contano soltanto la
quadriglia comica di Not Since Superman Died,
il rave-up scalcinato di Dirty Backseat Car Thing e
soprattutto il boogie di High Heaven (anche se rielabora il tema di
Devil Inside degli Inxs).
Ma in ciascuno di questi cantici il vero protagonista e' la quantita'
di irregolarita' armoniche.
Rispetto al disco precedente, il cui cuore era spartito fra eccentricita'
country ed elegie dimesse, Grim tende ad uniformare lo stile con un rigore
asettico, che, paradossalmente, priva di emozioni le parti strumentali per
amplificare l'emotivita' dei testi. Cleaver non si immedesima in effetti nei
suoi protagonisti, si limita a raccontarli con un certo distacco, come i
cantastorie dei secoli passati; si limita a leggere manoscritti immaginari.
Il disco e' comunque una galleria di personaggi e di storie in cui si sublima il
senso di angoscia della generazione X.
Electric Rock Music (A&M, 1994) fa conoscere gli Ass Ponys a un pubblico
piu' ampio, grazie soprattutto al ritornello orecchiabile di quel
country & western un po' ubriaco che e' Little Bastard.
Eccellendo sempre nella loro forma di ballad stralunata (Lake Brenda,
Earth To Grandma), i Ponys non si avventurano troppo lontano, giusto fino
alla tormentata sceneggiata di Grim e alla quadriglia per psicotici di
Banlon Shirt. Il passo marziale del Neil Young di Harvest in
Place Out There e l'anelito sofferto di Dylan in Peanut '93
rendito omaggio ai loro maestri.
Con il quarto album, The Known Universe (A & M, 1996),
gli Ass Ponys si sistemano comodamente sul piedestallo
dei classici della ballata rock. Al centro dell'attenzione e` il cantante
Chuck Cleaver, forse sopravvalutato come poeta, ma certo capace di tenere
la scena in modo magistrale. Il nuovo chitarrista Bill Alletzhauser mette in
mostra una cornucopia di stili, dal vibrato di Pete Bucks al dimesso
cicaleccio del country, e contribuisce alla riuscita dello show.
Due soli momenti di serenita` (il folkrock spigliato di
Under Cedars And Stars, condotto dalla chitarra con tanto di contrappunto
jingle jangle e di quadriglia centrale, e l'inno corale a squarciagola
di It's Summer Here) sotto un'opprimente cappa di pathos pessimista, che
dalle prime note tremanti di Shoe Money si distende fino
all'urlo straziato e marziale di And She Drowned, toccando punte di delirio
nel valzer funereo ed epico di Dead Fly The Birds e
in quello spiritual in falsetto che e` God Tells Me.
L'abilita` del gruppo si vede in numeri impossibili come Redway, che vivono
soltanto di tocchi di classe
(falsetto acuto, strimpellio frenetico, distorsione d'organo).
Non faranno mai un capolavoro, ma al tempo stesso non sbaglieranno mai una
canzone.
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