Berlin Big F , 7/10 Is , 6.5/10 | Links: |
Nel 1980 i Berlin erano uno dei tanti gruppi di Los Angeles alla ricerca
dell'equilibrio magico fra punkrock e disco music, nel tentativo di ripetere
l'exploit di Blondie. La cantante, Terri Nunn, esibiva la propria sensualita`
da ragazza facile e il bassista, John Crawford, scriveva testi adeguatamente
scollacciati. Dopo il singolo A Matter Of Time,, passato inosservato, il
gruppo inizio` la progressione verso le zone alte delle classifiche di vendita
con il mini-album Pleasure Victim (Enigma, 1982), in particolare
Sex e The Metro.
No More Words (1984), tratto da
Love Life (Geffen, 1984), serbava ancora un minimo di verve punk, ma
la ballad atmosferica Take My Breath Away (1986), scritta
da Giorgio Moroder per una colonna sonora, li trasformo` in complesso
generico da classifica.
Su Count Three And Pray (Geffen, 1986), peraltro, si
facevano largo le personalita` di due membri: Crawford, con Sex Me Talk Me,
e ancor piu` il batterista Rob Brill, con l'orecchiabile Like Flames.
Il gruppo aveva pero` stancato anche i fan piu` accaniti con le loro
messinscene ipocrite.
John Crawford e Rob Brill, colti da rimorsi di coscienza, fecero naufragare il complesso e lanciarono una carriera solista di tutt'altra natura. Reclutato il chitarrista Mark Christian, nel 1989 registrarono un album a nome Big F (per la Elektra), che venne circondato dal piu` fitto mistero (i componenti del gruppo non volevano essere identificati con la carriera scandalosa del gruppo precedente). La musica di quell'opera era un hardrock potente ed eclettico che non indulgeva negli stereotipi del genere e affondava invece gli artigli nel blues piu` tempestoso (Why), traendone ritmi tribali e scariche torrenziali di chitarra, ovvero cerimoniali incandescenti, saturi di energia sessuale (Here's To The Good Life il piu` sfrenato, Biz About Brains il piu` lascivo, Power Pig il piu` satanico). Il contrasto fra le premesse (il blues piu` carico di angoscia) e le conclusioni (al limite del rock and roll acrobatico) causava traumi profondi alle armonie: l'atmosfera quasi trascendente di Kill The Cowboy esplodeva in una truce invettiva da rock "sudista" fino a diventare un orgiastico inno all'ego selvaggio, degno di Alice Cooper; Dr Vine sfogava la rabbia piu` primordiale in un jamming apocalittico; l'Alpert Tango oscillava fra atmosfere sinistramente psichedeliche e rock and roll alla Communication Breakdown. Il gruppo aveva il vizio di sviluppare pochissimo le canzoni, lasciando il fardello dell'arrangiamento quasi interamente sulle spalle del chitarrista, il quale poteva cosi` sbizzarrirsi in logorroici assoli da far impallidire (per la superbia) Jimi Hendrix e Leslie West, e del cantante (Crawford), che poteva gigioneggiare liberamente nel registro di Robert Plant. Nonostante tali eccessi, o forse proprio percio`, i loro brani, propulsi dalla cadenza sempre ossessiva del batterista, acquistavano un insolito potere di suggestione. Good God scatenava tutta l'isteria trattenuta nei brani precedenti in strutture armoniche altamente illegali, con il basso e la chitarra impegnati in due partitute completamente diverse. Killing Time, con quell'indemoniato assolo centrale di chitarra a ritmo impazzito e il guaito lascivo alla Whole Lotta Love, rimarra` negli annali dell'hardrock moderno. Il sound anticipava di fatto l'esplosione del neo-hardrock di Seattle.
Dopo un altrettanto misterioso periodo di silenzio il gruppo torno`
con Is (Fff, 1993), forte di una gemma grunge come
Patience Peregrine, danza tribale e indemoniata immersa in tempeste ritmiche,
chitarristiche e canore alla Led Zeppelin. Quel brano mozzafiato
definisce il nuovo vertiginoso stile del gruppo, una sorta di voodoobilly
lanciato a tripla velocita` (Walo To Bilo) o rallentato in cadenze
orrifiche (Wicked Thing), che poi presenta tutta una serie di sfaccettature,
fino al pop di Gone Ancient.
Fra gli antesignani del grunge, i Big F sono tanto misconosciuti quanto fantasiosi e viscerali. | If English is your first language and you could translate this text, please contact me. |
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