Buffalo Tom
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Self-titled , 5.5/10
Birdbrain , 6.5/10
Let Me Come Over , 6/10
Big Red Letter Day , 5.5/10
Sleepy Eyed , 5.5/10
Smitten , 5/10
Bill Janowitz: Lonesome Billy , 5/10
Bill Janowitz: Up Here , 5/10
Three Easy Pieces (2007), 6/10
Skins (2011), 5/10
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Fra i discepoli di Boston dei Dinosaur Jr I Buffalo Tom vennero alla luce durante la "restaurazione" post-punk dei tardi anni '80 a Boston. Meno eccentrici, meno geniali e forse meno sinceri dei loro maestri Pixies e Dinosaur Jr, Bill Janovitz (canto e chitarra), Chris Colbourn (basso) e Tom Maginnis (batteria) appartenevano forse al rock chitarristico da classifica, ma erano capitati nell'era sbagliata. I loro primi dischi sarebbero infatti lineari, se non fossero depistati da distorsioni chitarristiche e irregolarita` ritmiche che sembrano forzate, come se il gruppo fosse stato costretto dalle circostanze ad assumere un tono intellettuale.

Il primo album, Buffalo Tom (SST, 1989), e` un plagio persino troppo smaccato dei Dinosaur Jr. Sunflower Suit, Reasons Why e In The Attic sarebbero delle semplici ballate folkrock se non fossero sommerse dai feedback della chitarra e dal tempestare della batteria. Basta allentare un po' la presa per scivolare nel pop, e cesellare gemme melodiche come Impossible.
Basta accentuare un po' i singoli elementi per ottenere un effetto fortemente ipnotico, come in Racine, una melodia semplice innestata su un sinistro boogie delle paludi. E in ballate dal piglio enfatico come The Plank la scuola dei Dinosaur Jr si sposa a quella degli REM, sortendo momenti di alto pathos. Il confine armonico entro cui si muovono i Buffalo Tom e` piuttosto angusto, ma in quel luogo musicale riescono a pennellare canzoni (Sunflower Suit, Impossible, Racine) di cui non sempre i loro maestri sono stati capaci.

Il complesso rinuncio` quasi subito agli eccessi di quel sound e il secondo album, Birdbrain (Beggars Banquet, 1990), sterzo` verso suoni soffici e lenti, Per ogni "pop and thrash" alla Husker Du come Birdbrain e Directive c'e` una ballata nervosa e solenne (alla Neil Young) come Enemy o Fortune Teller a temperare l'elettricita` con toni sofferti quasi blues. Tutt'intorno brillano educati tributi alla tradizione che vanno dal pop psichedelico di Caress (uno dei loro vertici) al folk-rock di Crawl, dall'andamento straccione alla Dylan di Bleeding Heart (forse la canzone migliore dell'album) all'acid-rock dei Jefferson Airplane che trapela da Baby.

Meta` di Let Me Come Over (Beggars Banquet, 1992) e` praticamente inutile, perche' non fa che banalizzare sempre di piu` lo stesso concetto, ma l'altra meta` offre ancora momenti di grande emozione nel segno di un rock and roll spigliato (soprattutto Velvet Roof, forse il loro capolavoro), di un roots-rock di gran classe (Larry) e di un pop sempre piu` orecchiabile (soprattutto Staples e Taillights Fade, altri due dei loro vertici). Alcune canzoni sono le loro migliori di sempre, ma altre sono le loro peggiori di sempre.

Anche il terzo Big Red Letter Day (East/West, 1993) e` inconsistente. Sodajerk e I'm Allowed fanno il verso ai Lemonheads dell'ultimo periodo, mentre Late At Night riccorre alle abusate progressioni chitarristiche di Neil Young. Sempre meno violenti, i Buffalo Tom si auto-relegano alla genia dei gruppi di compromesso, quelli che accoppiano scosse elettriche a tocchi delicati per eccitare e cullare al tempo stesso.

Con una produzione piu` altisonante e un piglio piu` aggressivo, Sleepy Eyed (Beggar's Banquet, 1995) ritrova la forma dei primi tempi. Nei momenti migliori (Tangerine, It's You, Souvenir) sembra di riascoltare le veementi ballate di strada di Replacements e Husker Du Troppi pero` i "lenti" romantici, che rallentano il ritmo e allentano la tensione del disco. Il tono medio e` soffice e orecchiabile, come il rock da classifica (Kitchen Door, Sunday Night). Ne viene fuori un'opera che i punk apprezzeranno quando saranno pensionati.

Quello di Smitten (Beggars Banquet, 1998) e` il rock and roll piu` classico, quello dei tardi Byrds e dei tanti complessi di country-rock, dedicato a storie di sogni (e cuori) infranti. Rachael e Under Milkwood sono le tenerezze di turno, mentre White Paint Morning e` forse il brano che scoppietta di piu`.

Asides (Beggars Banquet, 2000) is a career retrospective.

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In the meantime, Bill Janovitz had already started his solo career. Lonesome Billy (Beggars Banquet, 1997) is still a confused work: Janovitz shines when he roams the roots-rock territory bordered by Tom Petty and the Rolling Stones (Gaslight) but trips too often over bluesy ballads that go nowhere (Shoulder, Peninsula), sour country-rockers (Girl's Club, Strangers) and an atmospheric instrumental (Ghost in My Piano). Unfortunately, that is the style that Janovitz pursued on the follow-up, Up Here (Spinart, 2001), armed of an acoustic guitar like an old-fashioned folksinger. Fireworks on Tv (Q Div, 2005) is a competent blurring of the folksinger, the rocker and the pop crooner.

Buffalo Tom reunited after nine years for Three Easy Pieces (Ammal, 2007), that boasted the best material since 1992 (Bad Phone Call, You'll Never Catch Him, Lost Downtown). Skins (2011) collects more songs written since, none of which changed the world.

Bill Janowitz pubblica il suo primo album solista, Lonesome Billy (Beggar's Banquet, 1997), una raccola di ballate country accompagnate da membri dei Giant Sand (Girl's Club, Strangers) e di canzoni intimiste (Shoulder, Peninsula), piu` una novelty strumentale Ghost in My Piano e una novelty canora Gaslight.
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