I Gravity Kills vengono lanciati nella stratosfera della musica industriale
e dell'aggro dal travolgente singolo Guilty, uno dei capolavori del genere.
L'album omonimo del 1996 (per la TVT) rincara la dose, mitragliando Blame
(al limite della danza di guerra pellerossa), Enough (al limite
dello speed-metal), Never (al limite dell'alienazione dei Nine Inch Nails)
L'espediente e` sempre lo stesso: ritmiche pesantissime (Kurt Kerns),
schitarrate ferocemente stridenti (Matt Dudenhoeffer),
canto arrabbiato (Jeff Scheel). Gli stessi elementi servono per erigere
spaventosi affreschi della nevrosi post-industriale come Goodbye.
Le tastiere di Douglas Firley si fanno sentire soltanto nei brani piu`
ballabili, come Inside, ma sono quasi sempre sommerse dal frastuono degli
altri strumenti.
Cinque brani dell'album vengono remixati da tredici ospiti su
Manipulated (TVT, 1997).
Gravity Kills aumenta spropositatamente la posta in gioco al tavolo di
Ministry e Nine Inch Nails.
Ma Perversion (TVT, 1998) e` una grossa delusione.
Wanted tenta invano di ripetere il miracolo di Guilty
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