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Il primo singolo conferi' subito agli Hammerhead
(Paul Sanders on guitar and vocals,
Paul Erickson on bass and vocals, and Jeff Morridian on drums)
la fama di essere gli Helmet
del Midwest (North Dakota, per l'esattezza): Peep rubava la foga di un
iper-punkrock a testa bassa, mentre il retro, U.V., aperto da un minuto di
dissonanze caotiche, era un'esplosione di massima potenza sorretta da strutture
ritmiche granitiche.
L'album Ethereal Killer (Amphetamine Reptile, 1993) ando' in gloria con
alcune delle canzoni piu' truci del decennio, dall'inno trascinante
di American Rampage alla disperata arringa di Slumberyard.
Dal frenetico affanno di Vegas Incident alla nevrosi martellante di Moleboy
il disco non concede un attimo di tregua, mentre sfila un'umanita` di
omicidi, psicotici e debosciati.
I cantanti e chitarristi Paul Sanders e Paul Erickson conducono
il loro quartetto in un'orgia di lava e catrame sonori. Le armonie sono di
uno spessore terrificante, l'esecuzione e' viscerale, da ultimo secondo di
vita, le partiture strumentali sono post-hardcore come nella tradizione di
Slint e Bitch Magnet.
Sull'EP Evil Twin (Amphetamine Reptile, 1993)
fanno passerella la title-track, rocciosa come sempre
ma piu' melodica della media, la tribale orgia strumentale di Anvil
e soprattutto
Washout, brano di jamming infuocato, festival dei timbri abrasivi delle
loro chitarre. Decisi a rivendicare il primato di
"superpower-trio", gli Hammerhead continuano a suonare lo stesso rock
catastrofico, caratterizzato dai riff acrobatici della chitarra, dalle ritmiche
nervosamente pulsanti e da una distorsione di basso da legna che brucia.
Sul successivo Into The Vortex (Amphetamine Reptile, 1994)
sono invece numerose le novita':
Swallow e Double Negative sono all'altezza della reputazione del gruppo,
ma All This Is Yours e' un boogie piu' convenzionale, forse il loro brano
piu' accessibile di sempre, Galaxy 66 re-inventa il genere dello strumentale
surf all'insegna del loro "rumore", e Journey To The Center Of Tetnus 4
sperimenta addirittura una suite psichedelica alla Hawkwind.
A cambiare e' soprattutto il sound, molto piu' forte e regolare,
con grandeur degna dei Melvins in Empty Angel e cadenze
catatoniche degne dei Codeine in Starline Locomotive.
Dinamitardi piu` che mai, gli Hammerhead aprono
Duh The Big City (Amphetamine Reptile, 1996) con una
delle progressioni piu` selvagge dai tempi dei primi Chrome, Earth.
I boati-panzer del basso, l'ondulazione distorta della chitarra e la marcia
assordante della batteria fanno di Meanderthal un esempio spettacolare
di ultra-hardrock.
In generale pero` il clima claustrofobico dei dischi precedenti viene mitigato
da elementi piu` sereni, il passo da cabaret nelle turbolenze micidiali di
Mission: Illogical, o la cantilena orientaleggiante sulle scosse telluriche di
Monkey Mountain. Il trio riesce persino a inanellare un paio di ritornelli
elementari su riff lineari (NY Alone e Mune).
L'ultima sorpresa e` la title-track, che chiude l'album all'insegna di un
punkrock piuttosto primitivo e abrasivo, con qualche accenno di Clash.
Un plauso tanto a Craig Klaus, chitarrista indomabile, sempre all'attacco,
sempre a tutto volume, sempre di corsa, e a Jeff Mooridian, uno dei
batteristi piu` implacabili del momento, che compensano ampiamente le
carenze di Paul Erickson come cantante.
E` probabilmente l'album della maturita`, che riesce ad amalgamare
tanto i loro eccessi piu` sperimentali quanto i loro compromessi piu`
melodici in maniera assolutamente naturale.
Il gruppo si sciolse pero` poco dopo.
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